Il cuore di Eden si spaccò mentre la sua famiglia entrava in chiesa.

Mary trovò la funzione più piacevole di quanto avesse immaginato. Seduta tra i banchi, venne colta da uno strano senso di benessere. Una sensazione che le rimase addosso e al termine della messa, sulla porta della chiesa, quando un’amica di sua madre accennò a una festa di Natale nel quartiere, senza esitare disse che ci sarebbe andata volentieri.

Alla festa c’erano molti bambini; giocavano con i loro piccoli camion sui tappeti, o si nascondevano negli armadi e sotto ai tavoli. Andy si gettò nella mischia e Mary rimase vicino alla zuppiera del punch a parlare con le altre madri. Fingeva che nessuno sapesse della sua situazione, e le altre donne facevano lo stesso. Dopo che Mary, sua madre e sua figlia ebbero lasciato la festa, la piccola si addormentò in macchina. All’arrivo Mary la prese in braccio e la portò nella sua vecchia stanza. Quando tornò giù vide che la madre era immobile accanto alla segreteria telefonica.

L’apparecchio lampeggiava.

Mary premette il pulsante PLAY e sentì la voce giovane dell’infermiera di turno all’ospedale. Si sforzava di suonare calma e neutra, come quella dell’igienista quando ti chiama per ricordarti che è arrivata l’ora di fare la pulizia dei denti. Mary vacillò davanti alle parole che uscivano dall’apparecchio, ognuna come una lampadina che le si accendeva in faccia: «Arresto cardiaco... stiamo provando a rintracciarla, signora Malcolm... ridotta attività cerebrale... il paziente non riesce a dormire... imminente... imminente...»

Presero la bambina che dormiva nel suo letto e partirono tutte e tre per l’aeroporto.

Nessuno parlò, lungo il tragitto. La striscia discontinua tra le corsie veniva loro incontro pulsante, riflettendo la luce degli abbaglianti. I cartelli bianchi e verdi dell’autostrada interstatale scorrevano sopra le loro teste con un ritmo confortante come quello delle onde sulla battigia. Mary pensava a suo marito, alla parola imminente, e al fatto che una volta finito tutto, una volta che lui se ne fosse andato, la vita, per lei e la bambina, forse sarebbe migliorata.

Avrebbero ricominciato daccapo, e questa era una bella cosa.

La morte di suo marito sarebbe stata una bella cosa.

Sentì la slealtà di quel pensiero correrle tra le gambe e poi su nello stomaco, una sensazione che aveva già provato almeno una volta.

Guardò dal finestrino il paesaggio che correva di fianco alla highway, appiattito dall’oscurità. Si estendeva a perdita d’occhio, e a un certo punto intravide l’aeroporto, le luci delle piste e delle torri di controllo. Dapprima le sembrarono vicine, ma dovettero percorrere un altro lungo tratto. E quando sua madre imboccò la rampa che conduceva al terminal, ormai era quasi l’alba. Non incontrarono nessuno e proseguirono oltre i parcheggi occupati dalle automobili abbandonate dai vacanzieri. Poi si fermarono nella lunga corsia delle partenze.

Mary scese mentre l’auto era ancora in movimento. «Se è necessario posso mettere Andy su un volo per venire a dirgli addio» le gridò la madre.

Mary fece un passo indietro. Avvicinò le mani agli occhi per scrutare attraverso il finestrino: la bambina dormiva nella sua camicina da notte, le mani giunte come in preghiera strette tra le ginocchia.

Nella zona partenze c’era soltanto un inserviente che a bordo di una piccola macchinetta lucidava il pavimento; mezze lune di cera che le spazzole sulle ruote distribuivano sull’ampio pavimento di resina. L’inserviente ballonzolava sul suo sedile, e il disegno delle mezze lune lo conduceva verso Mary. Per sovrastare il rumore l’uomo gridò: «Ai primi voli del mattino manca ancora qualche ora. Dove va?»

«A casa» rispose lei.

Provò a sedersi sulle panche di vinile reclinando la testa su una spalla, ma dormire così era impossibile. Allora si sdraiò sul duro pavimento lucido. Le doleva un fianco come la sera prima, quando aveva dormito per terra accanto alla figlia. L’inserviente sulla lucidatrice fece un giro e si fermò a poca distanza da lei. «Vicino a USAir c’è una cappella» le gridò dopo aver spento il motore, ma senza scendere. «È aperta e il sacerdote lascia sempre qualche branda.»

Lei lo guardò. «No, grazie, sto più comoda qui.»