Parte quinta
Jaspers: dalla psicopatologia alla filosofia
La filosofia, che non abbia come suo momento lo spirito della scientificità, diviene oggi nel suo insieme non vera. La scienza, senza la filosofia, nonostante la correttezza delle singole conoscenze, si fa globalmente acritica, divenendo, nell’intima costituzione dei suoi esponenti, oscura e impenetrabile. [...] La via della scienza, infatti, benché in continuo progresso, ha nell’insieme i suoi limiti. Ciò che si può sapere grazie all’intelletto, che si attiene esclusivamente a ciò che è oggettivo, deve essere continuamente oltrepassato. Dove cessa la conoscenza scientifica, non cessa però il pensiero. Da quando gli uomini presero a filosofare, si ebbe un pensiero diverso, un pensiero che, di fronte agli oggetti, conduce al di là dell’oggettuale. Quest’altro pensiero si chiama ragione. Non affidandomi a esso mi perdo nei sentimenti non vincolanti o soverchianti dell’irrazionale. [...] Eppure si sente dire non di rado che filosofia vuol dire astrattezza, che essa è uno spazio senz’aria, in cui la voce non arriva lontano. La risposta giusta è: non che lo spazio è senz’aria, ma che, in realtà, non è altro che aria: apparentemente nulla, in verità aria che dobbiamo respirare per esistere, l’aria della ragione, senza la quale moriamo soffocati nel mero intelletto che presiede le metodiche scientifiche. Essa diviene il respiro vitale dell’esistenza. Solo per suo tramite l’esistenza parla da un’origine profonda.
K. JASPERS, Il medico nell’età della tecnica (1958), pp. 62-66.