36

Il traffico sulla strada tra Boya e Miran Shah era stato scarso per tutto il giorno, e diventò quasi inesistente di notte. Qualche veicolo da trasporto, talebani in moto e alcuni autobus dai colori vivaci con piccoli specchi appesi sui lati come decorazioni. Ma le sentinelle non videro nulla che sembrava fuori dall’ordinario. Mohammed al Darkur riferì che secondo il suo prigioniero gli ufficiali dell’ISI sarebbero arrivati in aereo: sarebbero dovuti atterrare a Miran Shah e avrebbero dovuto percorrere quella strada per raggiungere il campo.

Ma nelle prime trentasei ore di sorveglianza, Driscoll e gli altri non videro nulla.

Tuttavia, al Darkur fotografò ogni singolo veicolo di passaggio. Non poteva essere certo che alcuni ufficiali di alto rango dell’ISI, o persino lo stesso generale Riaz Rehan, non si sarebbero travestiti da pastori di capre per raggiungere i campi d’addestramento di Haqqani. Quindi al Darkur e i suoi uomini riesaminavano le immagini ad alta risoluzione di ogni veicolo che aveva oltrepassato la loro posizione.

Ma fino ad allora nulla lasciava supporre che l’ISI, o qualche forza straniera, fosse operativa in quell’area.

Era da poco passata la mezzanotte, e Driscoll stava manovrando una fotocamera con visore notturno su un tripode rivolto verso la strada, mentre gli altri tre giacevano sulle brande nel corridoio dietro di lui. Un minuto prima era passato un autobus a tutta velocità, accompagnato da insistiti colpi di clacson; aveva alzato così tanta polvere da costringere Sam a sfregarsi gli occhi per un momento. Poi tornò a osservare.

Non riuscì a credere a quello che vedeva: quattro pick-up con i finestrini oscurati avevano accostato; degli uomini stavano scivolando fuori dai pianali dei veicoli. Portavano fucili, indossavano vestiti neri e si muovevano furtivi sul declivio roccioso, diretti verso la casa sicura dell’ISI.

«Ci attaccano!» gridò Driscoll. Mohammed gli fu accanto in un istante. Con il binocolo, vide una decina di uomini a un centinaio di metri di distanza e si rivolse a uno dei suoi capitani.

«Contatta la base. Di’ loro che ci serve un’esfiltrazione d’emergenza, adesso!» Il sottoposto si precipitò alla radio, e al Darkur si voltò di nuovo verso Driscoll.

«Se prendiamo i camion, ci abbatteranno con i lanciarazzi che hanno laggiù.»

Ma Sam non stava ascoltando; rifletteva. «Mohammed, perché hanno deciso di attaccarci in questo modo?»

«Cosa intendi?»

«Senza dubbio sanno che teniamo d’occhio la strada. Perché dovrebbero attaccarci dalla strada, in basso, quando potrebbero prenderci alle spalle dall’alto?»

Al Darkur ci pensò su per un attimo soltanto. «Siamo già circondati.»

«Esatto. C’è uno sbarramento dietro di noi; l’attacco arriverà da…»

Un’esplosione fece tremare la parete posteriore dell’edificio, a trenta metri dal punto del corridoio in cui si trovavano al Darkur e Driscoll, ma li fece comunque cadere a terra. Il maggiore dell’ISI cominciò a gridare ordini nella radio e si rimise in piedi. Sam afferrò l’M4 e corse verso le scale, facendo tre gradini alla volta, mentre si lanciava incontro al nemico che avrebbe provato a fare breccia nel muro dietro di loro.


Sam raggiunse il pianterreno e continuò a correre verso il retro. Oltrepassò due uomini del commando in una stanza alla sua sinistra. Puntavano le torce delle loro armi fuori da una finestra, avvolgendo la sezione orientale della struttura di luce bianca alla ricerca di un obiettivo. Driscoll continuò a procedere in fretta verso il terreno posteriore; sperava con tutto se stesso che le sentinelle appostate al cancello sul retro fossero ancora in grado di combattere e che stessero tenendo inchiodati gli uomini di Haqqani nella boscaglia e nelle colline circostanti.

Il fragore delle detonazioni arrivava dall’entrata principale della casa sicura, mentre il nemico risaliva il versante roccioso della collina verso la casa.

Mentre Sam correva a tutta velocità verso la porta posteriore, aperta, preparandosi a schizzare verso il cancello attraverso lo spazio nero come la pece, la voce di al Darkur parlò nel walkie-talkie di Sam, in inglese. «Sam! Le sentinelle non rispondono. Il nemico deve essere già entrato!»

Lo slancio che aveva preso lo portò oltre la soglia nel momento stesso in cui registrava quell’informazione. Non aveva percorso nemmeno due metri nella notte quando lampi di luce improvvisi comparvero dal cancello venti metri davanti a lui; gli spari dei kalashnikov riecheggiarono sulle pareti esterne della casa. Driscoll inciampò nella polvere, si voltò e si ritrasse all’interno della casa, acquattato.

Il telaio della porta andò in frantumi, crivellato dai proiettili dei combattenti di Haqqani, ma Sam riuscì a riportarsi al piano superiore senza venire ferito. Trovò al Darkur, che continuava a impartire ordini nel walkie-talkie. Entrambi si sporsero oltre l’angolo e spararono qualche colpo nella notte. Nessuno dei due pensava di poter respingere l’attacco con un paio di scariche di fucile, ma nutrivano la speranza di far capire ai nemici che non sarebbe stato facile entrare dalla porta posteriore e salire fino al corridoio.

Dopo qualche altra scarica nello stretto corridoio, al Darkur gridò nell’orecchio di Sam: «Ho richiesto un elicottero dalla base di Miran Shah, ma non potrà partire prima di un quarto d’ora».

«Merda» rispose Sam inginocchiandosi e illuminando il corridoio con una nuova raffica di proiettili.

«Ci vorranno trenta minuti, o forse più, prima che arrivi.»

Driscoll sostituì il caricatore vuoto dal fucile. Ora le pallottole fischiavano in tutte le direzioni e via radio arrivavano urla; sebbene Driscoll non capisse le parole sembrava che tutto l’edificio stesse per essere devastato.

«A quanto pare, non li abbiamo trenta minuti. Quanti uomini sono rimasti?»

Al Darkur tornò al walkie-talkie per scoprirlo, mentre Sam si chinò vicino all’angolo del corridoio, poi si appoggiò lentamente a terra sulla spalla destra, sdraiandosi in direzione della porta posteriore. Cercava eventuali minacce, ma nel buio non riusciva a vedere nulla, per cui attivò la torcia del fucile, posta sul lato dell’M4. Duecento lumen di forte luce bianca inondarono il corridoio, rivelando due combattenti di Haqqani che stavano procedendo in silenzio verso la postazione di Sam. Furono accecati dal raggio, ma sollevarono comunque le armi.

Driscoll premette il grilletto del fucile e scaricò una decina di colpi sui due uomini. Morirono prima di poter rispondere al fuoco.

Una serie di altre scintille provenienti dal buio della notte all’esterno lo costrinsero a tornare al riparo dell’angolo, dove ricaricò le munizioni.

«Ho sei uomini ancora vivi» lo informò Mohammed.

Sam annuì, mentre assicurava il caricatore. «D’accordo. Ce la facciamo a raggiungere i camion nel garage sul lato est?»

«Dobbiamo tentare, ma la strada sarà sorvegliata dagli uomini di Haqqani.»

«Non passeremo dalla strada.»

Driscoll afferrò una granata a frammentazione, tolse la spoletta e la lanciò verso il corridoio come fosse una piccola palla da bowling. Poi lui e Mohammed al Darkur si fiondarono verso gli uomini alla finestra a est mentre l’esplosione squarciava la soglia.

Due minuti più tardi, un gruppo di otto combattenti di Haqqani che attaccavano dal basso era riuscito a oltrepassare il cancello e a risalire il vialetto a sudovest dell’edificio. Altri quattro erano caduti, uno morto, abbattuto da un colpo allo stomaco, e altri tre feriti: uno da una pallottola e due da una bomba a mano gettata giù per il declivio da una sentinella al cancello, rimasta uccisa a sua volta un attimo più tardi.

Ma ora gli otto sopravvissuti erano a venti metri dal garage. La porta era aperta e all’interno era buio; si avvicinarono lenti, in silenzio, mentre i loro compagni sparavano nell’edificio dagli altri lati. Se fossero riusciti a entrare dalla porta che si trovava nel garage avrebbero potuto, restando bassi per evitare il fuoco amico, setacciare la struttura per distruggere le forze rimaste.

Mentre gli uomini arrivavano a una decina di metri dall’entrata del garage, quello che li guidava riuscì a distinguere due camion parcheggiati all’interno. La sua visione al buio era completamente compromessa, dopo aver sparato diversi caricatori del kalashnikov; mentre procedeva dovette strizzare gli occhi per cercare una porta che conducesse all’interno dell’edificio.

Tutti e otto oltrepassarono i camion, trovarono l’ingresso ed entrarono in fila, acquattati e in allerta per eventuali pericoli.

Non appena gli otto uomini di Haqqani furono scomparsi dal garage, Sam Driscoll, Mohammed al Darkur, due ufficiali dell’ISI e quattro uomini del commando Zarrar uscirono furtivamente dal nascondiglio sotto il camion più lontano dalla porta. Un autista, al Darkur e altri tre salirono sui sedili anteriori, mentre Sam e altri due restarono sul retro del garage. Quando Driscoll sentì il guidatore togliere con delicatezza il freno a mano, insieme agli altri due spinse il camion da dietro con tutta la sua forza. Il cofano del veicolo era già orientato verso il declivio, dunque, una volta che l’ebbero tirato fuori dal garage, iniziò a prendere velocità. Diedero un’altra spinta, più forte, e saltarono sul pianale coperto.

L’autista non accese il motore, né i fari. L’unico suono prodotto dal camion scuro era lo scricchiolio sul vialetto roccioso, mentre avanzava sempre più veloce giù per la collina. L’uomo alla guida disponeva soltanto della fievole luce del cielo nuvoloso per raggiungere il cancello principale: se avesse sbagliato di qualche metro a destra o a sinistra, il veicolo avrebbe urtato il muro di cinta e avrebbero dovuto accendere il motore, rendendo nota a chiunque si trovasse ancora sulla collina o sulla strada la loro esatta posizione.

Ma il conducente riuscì ad attraversare il cancello, mentre il veicolo procedeva sempre più in fretta; l’uomo dovette usare tutta la sua forza per sterzare le ruote a sinistra e a destra. Per raggiungere la strada sotto di loro c’erano ancora un centinaio di metri di ripida ghiaia e curve: il sentiero proseguiva fitto di svolte e tornanti.

Riuscirono a uscire dal complesso, dove era concentrata la maggior parte dei talebani armati, ma qualcuno sul versante della collina sentì o dovette avvistare il camion quando era ancora a soli venti metri di distanza dal cancello. Qualcuno lanciò il segnale, poi seguirono una serie di grida e infine il fuoco dei fucili. Sam Driscoll dal retro del camion ordinò all’autista di abbandonare il sentiero di ghiaia: ormai dovevano soltanto evitare i proiettili e allontanarsi il più in fretta possibile; non importava dove il veicolo sarebbe finito o in quali condizioni. L’uomo lasciò la strada, lanciando il camion nel buio.

C’erano uomini di Haqqani su entrambi i lati del mezzo lanciato nella folle corsa, ma se avessero sparato avrebbero corso il rischio di colpire i compagni. Fecero comunque fuoco, e le fiancate del camion furono crivellate di proiettili da 7,62 millimetri. L’uomo accanto a Driscoll venne colpito alla testa e altre due pallottole gli bucarono il bicipite e la spalla sinistra. Sam si beccò un proiettile sulla lastra SAPI (Small Arms Protective Insert) nel giubbotto tattico. L’impatto lo fece cadere sul pianale, proprio mentre il grosso camion sbatteva con violenza su un grosso masso, con un salto di qualche metro. Il corpo del soldato di Zarrar, quasi decapitato, scivolò con Sam sul fondo del veicolo. Il camion proseguì, sbandando giù per il versante, continuando a sobbalzare; l’autista dovette compiere uno sforzo sovrumano per evitare che il veicolo si ribaltasse.

Mancavano soltanto una ventina di metri alla strada, quando Mohammed vide altri combattenti della Rete Haqqani uscire dall’oscurità e aprire il fuoco verso il camion in corsa. Uno di loro reggeva in mano un lanciarazzi.

Non c’era modo di colpirlo dall’interno dell’abitacolo; sarebbe stato impossibile anche se non fossero stati scossi in tutte le direzioni dalla discesa del declivio roccioso: non aveva senso nemmeno tentare di prendere la mira.

Invece di farlo, gridò sul retro: «Sam! Lanciarazzi, sulla destra, a venti metri!».

«Ce l’ho!»

Al Darkur non riusciva a vedere l’americano dietro di lui: Driscoll sollevò l’M4 alzandosi in piedi sul pianale e reggendosi alla roll-bar. Mentre il veicolo raggiungeva la strada principale, con una brusca svolta a sinistra per evitare un pick-up della Rete Haqqani parcheggiato, Sam si sporse fuori dal retro del camion, tenendo con una mano sola il fucile puntato sulla strada, e svuotò un caricatore da trenta su qualsiasi cosa vedesse muoversi nel buio. Un razzo si accese e si diresse come un lampo verso l’americano, ma la testata scintillante esplose nel cielo notturno senza provocare danni.

Colpi di mitragliatrice provenienti dall’altro lato della strada colpirono le parti metalliche del camion mentre svoltava a est e si dirigeva verso Miran Shah. Sam provò a tornare all’interno, per evitare di essere un bersaglio troppo facile. Ma scivolò e si ritrovò appeso alla roll-bar che tendeva la tela del camion. Lasciò la presa sul fucile per aggrapparsi meglio alla sbarra con entrambe le mani; l’arma rimase appesa alla cinghia che teneva intorno al collo. Mentre lottava per riportare entrambi gli stivali nel veicolo, l’unico soldato del commando sopravvissuto sul pianale con lui sparò colpi del suo M4 verso il declivio da cui erano appena scesi. Il fuoco del contrattacco del nemico guizzò come uno sciame di lucciole dalla collina rocciosa.

Proprio in quel momento, una scarica di proiettili da 7,62 millimetri mandò in mille pezzi il parabrezza, frantumando il vetro su entrambi i lati. Le schegge colpirono il giubbotto antiproiettile del capitano dell’ISI alla sinistra di al Darkur e alcune si conficcarono nel collo dell’autista. Ma l’uomo non morì sul colpo. Con un gorgoglio e un sibilo, strinse con una mano la ferita sul collo e si contorse per il dolore. Il camion sterzò brusco verso destra e uscì di strada, iniziando a sobbalzare giù per la collina, verso il letto del fiume in secca sotto di loro.

Sam aveva appena messo entrambi i piedi sul pianale quando il veicolo sbandò prima di intraprendere una discesa a tutta velocità. Il movimento scagliò violentemente Sam contro la fiancata del camion, poi gli fece perdere la presa sulla sbarra metallica e Driscoll venne sbalzato fuori dal veicolo.

L’americano cadde a terra a soli venti metri dalla strada, mentre il camion continuava la sua corsa fuori controllo giù dalla collina.

Inizio


Il giorno del falco
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