Jack trovò Tony Wills seduto alla sua scrivania. Insieme a lui c’era Gavin Biery, il capo della sezione IT della Hendley Associates. Sulla sedia di Ryan, accanto alla postazione di Wills, suo cugino Dom Caruso lo stava aspettando. Sam Driscoll era appoggiato alla parete divisoria tra una scrivania e l’altra. Anche Sam Granger e Rick Bell, responsabili delle operazioni e degli analisti, si trovavano lì.
«È una festa a sorpresa?» chiese Ryan. Dom e Sam alzarono le spalle. Neanche loro sapevano perché Tony li avesse convocati.
Ma Wills aveva sul viso un sorriso compiaciuto. Chiamò tutti vicino al suo monitor. «C’è voluto un po’, soprattutto perché l’operazione parigina si è messa in mezzo, ma anche a causa della qualità delle foto, però il software di riconoscimento facciale finalmente ha ottenuto qualche risultato sul tipo che Sam e Dom hanno visto insieme a Mustafa el Daboussi al Cairo l’altro giorno.»
«Fantastico. Chi è?» chiese Dom.
«Gavin, a te la parola» rispose Wills.
«Be’» Gavin Biery si fece strada tra il gruppetto di uomini nell’ufficio e si accomodò sulla sedia di Wills, «il software ha ristretto le possibilità a due individui.» Digitò qualcosa sulla tastiera e una delle foto scattate dalla fotocamera nascosta di Dom nel caravanserraglio al Cairo comparve su una metà del monitor ventidue pollici.
Gavin riprese: «Secondo il software di riconoscimento facciale c’è il novantatré per cento di possibilità che quell’uomo sia…». Cliccò. «Questo qui.» Un altro volto comparve sullo schermo, accanto a quello immortalato da Dom. Era uno scatto per un passaporto pakistano di un uomo di nome Khalid Mir. Indossava occhiali con la montatura tonda e aveva una barba curata; sembrava più giovane di diversi anni rispetto alla foto scattata al Cairo.
Caruso esclamò subito: «È cambiato molto, ma mi sembra la stessa persona».
«Sì?» rispose Wills. «Allora il vostro uomo è Khalid Mir, alias Abu Kashmiri, un agente accertato di Lashkar-e Taiba, l’Esercito dei giusti, in Pakistan. Sono pericolosi, e Khalid Mir era uno dei loro pezzi grossi.»
«Era?»
Ryan rispose prima che potesse farlo Wills. «Un attacco dei missili teleguidati del presidente Kealty lo avrebbe eliminato in Pakistan, circa tre anni fa. Si tratta più o meno dello stesso periodo in cui il gruppo ha iniziato a espandersi e a inviare i suoi membri contro obiettivi occidentali. Prima di allora erano stanziati quasi soltanto in Kashmir, e il loro unico obiettivo era l’India.»
Dom Caruso si voltò e guardò Ryan. «Non offenderti, Junior, ma non dovresti conoscere il volto di tutta quella gente?»
Jack fece spallucce. «Se quel tipo faceva parte di LeT e combatteva contro l’India, e per di più risulta morto tre anni fa, non era propriamente sulla mia lista di terroristi pericolosi per l’Occidente.»
«Hai ragione. Scusa.»
«Figurati.»
Granger ora guardò Driscoll. «Sam, tu non dici nulla? Dom pensa si tratti dell’uomo che avete visto al Cairo.»
Caruso rispose al posto del suo partner. «Secondo Sam quell’uomo era un ufficiale dell’esercito pakistano.»
Driscoll annuì. «Già, ne ero sicuro, ma guardando questa foto parrebbe trattarsi della stessa persona.»
Gavin Biery fece un sorrisetto. «Pensavi fosse un ufficiale dell’esercito, eh? Be’, secondo il software di riconoscimento facciale esiste una probabilità del novantasei per cento che tu abbia ragione.» Con qualche altro clic del mouse, la foto del passaporto di Khalid Mir scomparve e fu sostituita dall’immagine sgranata di un uomo con un’uniforme verde militare che attraversava la strada, portando una valigetta e dei documenti sotto il braccio. Il viso di quell’uomo sembrava più vecchio e pieno di quello di Khalid Mir.
Driscoll annuì con vigore. «Quello è l’uomo del Cairo.»
«Maledizione» disse piano Sam Granger. «Chi è, Tony?»
«È il generale di brigata Riaz Rehan.»
«Di quale corpo?»
«È nelle forze armate pakistane. Al momento è anche direttore della Joint Intelligence Miscellaneous dell’ISI. Una figura poco chiara, sebbene sia un generale a capo di un dipartimento; non ci sono pervenute altre foto di quell’uomo a parte questa.»
«Ma aspetta» intervenne Clark. «Se questo è l’uomo del Cairo, può esserlo anche Khalid Mir?»
«Potrebbe» rispose Biery senza aggiungere altro.
Tony Wills lo ammonì. «Gavin, ne abbiamo già parlato…»
Biery alzò le spalle. «Maledizione, noi informatici non possiamo mai divertirci. Okay, questi sono i fatti: entrambe le foto, sia quella del generale dell’ISI sia del tipo di LeT, sono nel database della CIA da molto tempo, ma non sono mai state associate l’una all’altra.»
«Perché no?» chiese Clark.
Gavin sembrò contento della domanda. «Perché gli algoritmi di riconoscimento facciale non sono perfetti. Funzionano meglio quando le facce messe a confronto sono fotografate dalla stessa angolazione con la stessa illuminazione. Usando la biometria facciale, vale a dire la distanza tra punti di riferimento come occhi e orecchie, il software determina una probabilità statistica che si tratti dello stesso volto. Se ci sono troppe anomalie, perché la corrispondenza non è precisa oppure le fotografie hanno una risoluzione differente o in una di esse il soggetto si muove, allora le possibilità di riconoscimento diminuiscono. Possiamo provare a risolvere queste discrepanze ricorrendo all’Active Appearance Model, che esclude la forma del viso e usa come metodo di comparazione soltanto la texture.»
Dom Caruso lo interruppe: «Scusa, Gavin, ma tra dieci minuti dobbiamo tornare al piano di sopra. Possiamo venire al punto?».
«Dom, concediamogli ancora un minuto, okay?» intervenne John.
Dom annuì e Biery si rivolse direttamente a Clark, come se gli altri non fossero nella stanza. «La foto di Khalid Mir sul passaporto e quella di Riaz Rehan in strada a Peshawar sono troppo diverse perché l’attuale software di riconoscimento facciale possa confrontarle: ci sono troppe variazioni di angolazione, illuminazione, nel tipo di macchina usata per la fotografia. Inoltre Rehan indossa occhiali da sole, e per quanto ciò non rappresenti un problema con i nuovi software, di certo non aiuta. Dunque queste due foto» passò il cursore dall’una all’altra sul monitor «non corrispondono tra di loro.» Poi spostò il puntatore sulla foto del Cairo scattata pochi giorni prima. «Ma corrispondono entrambe a questa immagine, poiché condivide un numero sufficiente di caratteristiche con le altre due. È nel mezzo, per così dire.»
«Quindi i tre scatti rappresentano senza dubbio lo stesso uomo?» chiese Chavez.
Biery alzò le spalle. «Senza dubbio? No. Non ci piace usare quell’espressione quando si parla di probabilità matematiche.»
«Okay, qual è la probabilità?»
«Al novantuno per cento, il tipo del Cairo, il generale e il morto sono la stessa persona.»
Tutti i presenti sgranarono gli occhi. Ryan espresse a parole la reazione di tutti: «Porca miseria!».
«Porca miseria davvero» gli fece eco Wills. «Abbiamo appena saputo che un noto terrorista di LeT non solo è ancora vivo, ma è a capo di un dipartimento dell’intelligence pakistana.»
Granger aggiunse: «E questo capo del dipartimento dell’ISI, che è, o era, un agente di LeT, ha appena incontrato un tipo poco raccomandabile al Cairo».
«Odio dire cose scontate» intervenne Dominic, «ma dobbiamo saperne di più su questo Rehan.»
Granger guardò l’orologio. «Be’, è stata la pausa pranzo più produttiva degli ultimi tempi. Torniamo alla sala conferenze.»
Al piano di sopra, Granger informò Hendley degli sviluppi. La scoperta fatta da Tony Wills e Gavin Biery soppiantò ben presto l’operazione di Parigi nell’ordine del giorno della riunione.
«La faccenda scotta» cominciò Hendley «ma questa è soltanto un’analisi preliminare. Non voglio compiere mosse affrettate né passare informazioni alla CIA o al MI6 o a chiunque altro non sia fidato al cento per cento. Dobbiamo ottenere altre informazioni su questo generale dell’ISI.»
Tutti assentirono.
Hendley aggiunse: «Come possiamo muoverci?».
Ryan fu il primo a offrire un suggerimento. «Mary Pat Foley. Il National Counterterrorism Center sa tutto di Lashkar. Se riusciamo a scoprire qualcosa su Khalid Mir, prima di diventare Riaz Rehan, magari possiamo trovare un collegamento tra le due identità.»
Hendley concordò. «È un po’ che non facciamo visita a Mary Pat. Jack, perché non le fai un colpo di telefono e la inviti a pranzo? Potresti fare un salto a Liberty Crossing e illustrarle cosa sappiamo di Mir e Rehan. Scommetto che lo troverà molto interessante.»
«La chiamerò oggi stesso.»
«Okay. Ma ricorda: le nostre fonti e i nostri metodi sono riservati.»
«D’accordo.»
«E Jack… in ogni caso, non dire di essere appena tornato da Parigi.»
Tutta la sala conferenze scoppiò in una stanca risata.