24

Jack Ryan Junior raggiunse Liberty Crossing, il nome dato alla sede del National Counterterrorism Center, poco dopo le undici. Aveva appuntamento per pranzare con Mary Pat Foley, ma la donna gli aveva chiesto di arrivare prima per fargli visitare l’edificio.

Dapprima Mary Pat aveva proposto di mangiare al ristorante del NCTC dopo la visita. Ma Junior le aveva accennato alla natura professionale di quell’incontro; per questo motivo, preferiva andare in un luogo fuori mano, tranquillo, dove avrebbero potuto parlare di lavoro. Mary Pat Foley era l’unica persona di Liberty Crossing a conoscenza dell’esistenza del Campus; Jack voleva che restasse tale.

Accostò davanti al cancello principale con il suo Hummer H3 giallo; esibì i documenti a una guardia dall’aspetto severo la quale controllò sul computer che il suo nome si trovasse su una lista di visitatori autorizzati. Fece segno al veicolo di passare; Jack proseguì per raggiungere il numero due dell’esecutivo del NCTC.

Si incontrarono nell’atrio. Mary Pat lo aiutò a ottenere il badge di ospite e si diressero a un ascensore che conduceva al centro operativo. Era il regno di Mary Pat; la Foley si assicurava di trascorrere ogni giorno un po’ di tempo con gli analisti che lavoravano in quella sezione, mettendosi a disposizione di chiunque avesse bisogno del vicedirettore.

La stanza era imponente; c’erano decine di postazioni di lavoro di fronte a diversi grandi schermi a parete. L’immenso open space sorprese Ryan; non poté fare a meno di paragonarlo al suo luogo di lavoro, che, sebbene possedesse una tecnologia all’avanguardia, non aveva certo il lustro del NCTC. Eppure, Jack sapeva che lui e i suoi colleghi analisti del Campus erano al corrente in pratica di ogni bit delle informazioni che lampeggiavano sui monitor lì intorno.

A Mary Pat piaceva fare da guida al giovane Ryan. Gli spiegò che oltre sedici agenzie lavoravano insieme al National Counterterrorism Center, compilando, mettendo in ordine e analizzando i dati raccolti dalle fonti di tutti i servizi segreti statunitensi, così come dai partner stranieri.

Quel centro operativo, spiegò, lavorava ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette; era orgogliosa del loro ragguardevole livello di efficienza in una burocrazia come quella del governo federale degli USA.

Mary Pat non disturbò nessuno degli analisti alle loro scrivanie mentre procedevano attraverso l’animato centro operativo. Se ogni persona in quella stanza avesse interrotto la propria attività ogni volta che entrava un pezzo grosso, ben poco lavoro sarebbe stato svolto. Condusse Jack a una postazione vicina al corridoio che portava all’ufficio del vicedirettore. Lì Jack vide una splendida ragazza, più o meno della sua età, con i capelli scuri raccolti in una coda di cavallo.

La signora Foley concluse la sua apologia delle virtù della cooperazione tra le agenzie con un’alzata di spalle. «Così dovrebbero andare le cose, almeno. La maggior parte del tempo lavoriamo piuttosto bene, ma, com’è normale che sia, la qualità del nostro lavoro dipende dai dati. Un buon prodotto porta a migliori conclusioni.»

Jack annuì. Anche lui la pensava allo stesso modo. Non vedeva l’ora di uscire da quell’edificio per condividere l’eccellente prodotto che aveva portato con sé.

«Grazie per il tour.»

«È un piacere. Andiamo a mangiare. Ma prima, voglio farti conoscere qualcuno.»

«Certo» rispose Jack, sorprendendosi a sperare che si trattasse della bella ragazza alla scrivania proprio accanto a loro.

«Melanie, hai un momento?»

Con gioia di Ryan, la ragazza dai capelli color nocciola si alzò e si voltò. Indossava una camicia celeste e una gonna blu navy a tubino. Jack vide una giacca in tinta sulla spalliera della sua sedia girevole. «Jack Ryan Junior, ti presento Melanie Kraft. È la mia ultima scoperta qui al centro operativo.»

I due si strinsero la mano sorridendo.

Melanie commentò: «Mary Pat, quando mi hai assunta non mi hai detto che avrei incontrato personaggi famosi».

«Be’, Junior non è un personaggio famoso, è uno di famiglia.»

Ryan imprecò tra sé sentendosi chiamare Junior di fronte a quella ragazza. La trovava fantastica: era difficile distogliere lo sguardo dai suoi occhi vivaci e gentili.

Melanie annuì e aggiunse: «Sei più alto di come sembri in televisione».

Jack sorrise. «Non vado in tv da anni. Immagino di essere cresciuto un po’.»

Mary Pat spiegò: «Sai, Jack, ho rapito Melanie dalla sua scrivania di Langley».

«Non finirò mai di ringraziarti» ribatté la ragazza.

«Non potresti lavorare per un capo migliore» rispose Jack con un sorriso. «Né fare un lavoro più importante di quello del NCTC.»

«Grazie. Sei qui perché intendi seguire le orme di tuo padre al servizio del governo?»

Jack rise. «No, sono qui per pranzare con Mary Pat. Non cerco lavoro. Apprezzo il vostro operato, ma sono un ragazzo facoltoso. Un avido capitalista, direi quasi.»

«Niente di male, purché paghi le tasse. Altrimenti non verrò retribuita.»

Risero tutti e tre.

«Be’, sarà meglio che torni al lavoro» concluse Melanie. «È stato un piacere conoscerti. In bocca al lupo a tuo padre per il mese prossimo. Facciamo il tifo per lui.»

«Grazie. Voi, qui, avete tutta la sua stima.»

Mary Pat aveva appena chiuso la portiera dell’auto di Ryan e, ancora prima che lui potesse accendere il motore, lo guardò e sorrise. Lui ricambiò il sorriso. «Vuoi dirmi qualcosa, Mary Pat?»

«È single.»

Jack rise. Con un po’ di affettazione nella voce, rispose: «Non so di cosa stai parlando».

Mary Pat Foley rise a sua volta. «Potrebbe piacerti sul serio, è molto intelligente. Anzi no, non intelligente. Penso che sia maledettamente brillante. Io e Ed l’abbiamo già invitata a cena; lui la adora.»

«Ottimo» replicò Jack. Non era facile metterlo in imbarazzo, ma stava iniziando ad arrossire. Conosceva Mary Pat da quando era un bambino; non si era mai impicciata degli affari suoi, tanto meno aveva cercato di combinargli degli appuntamenti.

«Viene dal Texas, non so se hai notato l’accento. Non ha molti amici in città. Vive in un piccolo appartamento, una ex rimessa per carrozze, ad Alexandria.»

«È molto interessante, Mary Pat, e quella ragazza sembra molto carina, ma sono venuto a trovarti per un altro motivo. Qualcosa di più importante della mia vita sentimentale.»

Lei rise. «Ne dubito.»

«Aspetta e vedrai.»

Si fermarono in un sushi bar in un centro commerciale su Old Dominion Drive. Il piccolo ristorante era assolutamente anonimo e si trovava tra una lavanderia e un bar, ma Mary Pat gli garantì che il sashimi era il migliore che Ryan avrebbe mai mangiato fuori da Osaka. Come primi clienti del giorno poterono scegliere il tavolo; Ryan decise per un séparé in un angolo defilato.

Per un po’ chiacchierarono delle loro famiglie, ordinarono il pranzo, poi Ryan prese le due fotografie dalla borsa e le mise una accanto all’altra.

«Di cosa si tratta, Junior?»

«Il tipo sulla destra è dell’ISI. Direttore della Joint Intelligence Miscellaneous.»

La Foley annuì, poi rispose: «E c’è lui anche sulla sinistra, più giovane e senza uniforme».

Jack annuì. «Un agente di LeT di nome Khalid Mir, alias…»

Mary Pat sollevò lo sguardo su Jack, stupita. «Abu Kashmiri?»

«Esatto.»

«Mi sbagliavo, Jack.»

«Riguardo a cosa?»

«Sul fatto che la tua vita sentimentale fosse più interessante di ciò di cui volevi parlarmi. Kashmiri è stato ucciso tre anni fa.»

«Ma sarà vero?» chiese Ryan. «Rehan e Khalid Mir sono la stessa persona. E Khalid Mir è conosciuto anche come Abu Kashmiri. Se Rehan è vivo, allora, per parafrasare Mark Twain…»

Mary Pat concluse la frase: «Le notizie sulla sua morte sono un’esagerazione».

«Esatto.»

«Ho visto l’immagine digitale di un corpo, ma era stato colpito da un Hellfire particolarmente preciso: avrebbe potuto trattarsi di chiunque. È il problema degli attacchi missilistici. Se non si ricorre alla prova del DNA, non si può mai sapere se la persona eliminata sia quella giusta.»

«Immagino che nel Waziristan non ci sia una Scientifica pronta a recarsi su ogni scena del crimine per raccogliere prove.»

Mary Pat rise. «Questa me la segno.» Tornò seria. «Jack, perché non sono già a conoscenza della connessione tra Kashmiri e l’ISI?»

Ryan scrollò le spalle. Gerry gli aveva raccomandato di tenere i dettagli delle operazioni del Campus fuori dalla conversazione: non poteva raccontarle della missione di Dom e Driscoll al Cairo e che la loro foto era stata l’anello di congiunzione per il software di riconoscimento facciale.

«Jack?»

Ryan ritornò al presente.

Mary Pat riprese. «Fammi indovinare. Il senatore Hendley ti ha incaricato di mostrarmi le foto ma ti ha detto di non rivelarmi le fonti o i metodi con cui avete scoperto il collegamento.»

«Mi dispiace.»

«Non devi. Il nostro mondo è fatto così. Lo rispetto. Ma sei qui per qualche altra ragione, vero?»

«Sì. Questo tipo, il generale di brigata Riaz Rehan. È stato visto qualche giorno fa al Cairo.»

«E…?»

«Ha incontrato Mustafa el Daboussi.»

Mary Pat Foley inarcò le sopracciglia. «Be’, non promette nulla di buono. E maledizione, non ha nemmeno molto senso. El Daboussi ha già i suoi appoggi: fa parte dei Fratelli Musulmani. Non ha bisogno dell’ISI. E l’ISI dispone di organizzazioni militanti al suo servizio proprio lì in Pakistan. Perché Rehan sarebbe dovuto andare al Cairo?»

Jack sapeva cosa Mary Pat stava pensando. Ma non poteva menzionarle il lavoro di el Daboussi nei campi d’addestramento della Libia orientale. Erano informazioni secretate. Era una informazione che il Campus aveva intercettato nel traffico tra la CIA e il NCTC: per questo Jack ne era a conoscenza.

«Non lo sappiamo. Ne siamo sorpresi anche noi.»

Quando arrivò il pranzo, mangiarono in silenzio per qualche istante, mentre la Foley continuava a lavorare, usando il suo iPad per esaminare una specie di database. Jack immaginò si trattasse di dati riservati, pertanto non chiese nulla. Si sentiva un po’ a disagio sapendo che lui e la sua organizzazione stavano, per così dire, spiando il NCTC e il suo lavoro, ma non si soffermò troppo su quella considerazione. Gli bastò ripensare alle parole di Mary Pat di quella mattina: Jack e i suoi colleghi avevano sfruttato informazioni dell’intelligence statunitense, migliorandole con il proprio lavoro, e ora restituivano il prodotto arricchito senza oneri per i servizi segreti.

Il Campus aveva operato in quel modo per gran parte dell’anno precedente: era una relazione soddisfacente, anche se uno dei due membri della coppia non sapeva dell’esistenza dell’altro nella sua vita.

Mary Pat guardò Ryan. «Be’, ora so perché questo generale Rehan non era sul mio radar. Non è un barbuto.»

«Un barbuto?»

«Un islamista dell’esercito pakistano. Come saprai, esiste una spaccatura tra i militari: ci sono quelli che spingono per avere un governo teocratico e quelli che, pur essendo musulmani, vogliono una nazione governata da una democrazia secolare. Va avanti così da sessant’anni. “Barbuto” è il termine che usiamo per indicare i sostenitori del governo teocratico nell’esercito.»

«Quindi Rehan è un laico?»

«La CIA lo pensava, basandosi sul poco che si sapeva su quell’uomo. A parte il nome e quella foto, non c’era una biografia disponibile, eccetto per la sua promozione da colonnello a generale di brigata circa un anno fa. Ora che quest’uomo, come tu mi hai appena dimostrato, si rivela essere anche Abu Kashmiri, devo azzardarmi a dire che la CIA aveva torto. Kashmiri non era certo un laico.»

Jack sorseggiò la sua bibita. Non era sicuro dell’importanza di quell’informazione, ma Mary Pat sembrò entusiasta.

«Jack, sono molto contenta di sapere che lavorate su questo.»

«Davvero? Perché?»

«Perché ero un po’ preoccupata: pensavo fossi coinvolto nella sparatoria a Parigi dell’altro giorno. Magari non personalmente, ma con Chavez e Clark. Però se il tuo gruppo stava lavorando al Cairo, non avreste potuto essere nello stesso momento a Parigi.»

Ryan sorrise. «Ehi, non posso parlare di ciò che non ci riguarda.»

Mary Pat Foley sollevò leggermente la testa. Jack percepì uno sguardo indagatore.

Cambiò subito argomento. «Allora… Melanie è single e vive ad Alexandria.»

Inizio


Il giorno del falco
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