Valentin Kovalenko non assomigliava affatto a suo padre. Mentre Oleg era grosso e imponente, il trentacinquenne era magro ma muscoloso e atletico. Indossava un bellissimo completo di sartoria: Laska non aveva dubbi che costasse più dell’auto che Oleg aveva a Mosca. Laska se ne intendeva abbastanza di lusso da valutare gli occhiali alla moda Moss Lipow di Valentin in almeno tremila dollari.
Un’altra differenza rispetto al contegno del padre, soprattutto se rapportato ai ricordi di Laska della Primavera di Praga, era che Valentin sembrava piuttosto amichevole. Al suo arrivo nella suite, appena dopo le dieci di sera, si era complimentato con il ceco per la sua instancabile attività filantropica e il suo sostegno alle cause degli oppressi, poi si era accomodato su una sedia accanto al camino, dopo aver educatamente rifiutato l’offerta di un bicchiere di brandy.
Quando entrambi si furono seduti di fronte al fuoco, Valentin esordì: «Mio padre dice di conoscerla dai tempi di Praga. Ma non mi ha raccontato altro, e io non ho insistito per saperne di più». Parlava inglese con un forte accento britannico.
Il ceco alzò le spalle. Il giovane voleva essere cortese, e forse quanto diceva era vero, ma se Laska intendeva portare avanti il suo piano, non poteva evitare che Valentin Kovalenko conoscesse i dettagli del suo passato. E non avrebbe potuto nascondergli il suo ruolo di talpa. Non aveva senso sorvolare su quel punto. «Lavoravo per suo padre. Se non lo sa già, lo saprà ben presto. Ero un informatore, e ricevevo ordini da lui.»
Valentin accennò un sorriso. «Mio padre riesce ancora a sorprendermi. Beve vodka a fiumi, ma è comunque capace di mantenere segreti. Mi stupisce profondamente.»
«Ne è capace, sì» concordò Laska. «Non mi aveva raccontato nulla di lei. Sono state le altre mie fonti dell’est, tramite il mio Progressive Nations Institute, a rivelarmi del suo ruolo nel SVR.»
Valentin annuì. «Ai tempi di mio padre chi avesse fatto trapelare una simile informazione sarebbe finito in un gulag. Ora mi limiterò a mandare una mail alla sicurezza interna comunicando la fuga di notizie; loro ne prenderanno atto e non faranno nulla.»
I due uomini osservarono per un momento le fiamme crepitare nel camino. Infine Paul si decise a parlare: «Ho un’opportunità che penso interesserebbe molto al suo governo. Vorrei suggerirle un’operazione. Se la sua agenzia è d’accordo, lavorerò soltanto con lei. E nessun altro».
«Riguarda il Regno Unito?»
«No, gli Stati Uniti.»
«Mi dispiace, signor Laska, ma esula dalle mie competenze.»
«Immagino, essendo un assistente rezident. Ma la mia proposta la renderà rezident in tutte le nazioni che vorrà. Le offro un’occasione unica.»
Valentin sorrise. Voleva mostrarsi divertito, ma Laska scorse uno scintillio negli occhi del ragazzo che gli ricordò suo padre quando era giovane.
«Qual è la sua proposta, signor Laska?» chiese Kovalenko.
«Distruggere il presidente americano, Jack Ryan.»
Valentin sollevò il capo. «Ha abbandonato ogni speranza per il suo amico Edward Kealty?»
«Assolutamente sì. Ryan sarà eletto. Ma preferirei non mettesse piede nella Stanza Ovale per iniziare il suo secondo mandato.»
«È un auspicio ambizioso. Mi dia ragione di condividerlo.»
«Possiedo un documento acquisito per vie riservate… un dossier, se vogliamo, riguardante un uomo di nome John Clark. Credo sappia di chi si tratta.»
Valentin sollevò la testa. Laska tentò di interpretare quel gesto, ma non ci riuscì. «Potrei conoscere quel nome» concesse il russo.
«È proprio come suo padre. Diffidente.»
«Da quel punto di vista sono come la maggior parte dei miei connazionali, signor Laska.»
Paul Laska annuì, riconoscendo la verità dell’affermazione. In risposta, aggiunse: «Quest’operazione non richiederà la sua fiducia. John Clark è molto vicino a Jack Ryan. Hanno lavorato insieme e sono amici».
«Okay, vada avanti. Cosa dice il suo dossier?»
«John Clark era un assassino della CIA. Agli ordini di Jack Ryan, il quale firmò a suo beneficio un’amnistia presidenziale. Sa di cosa si tratta?»
«Certo.»
«A mio avviso, però, Clark potrebbe essere responsabile anche di altre azioni. Azioni che, se venissero a galla, implicherebbero direttamente anche Ryan. Le chiedo di accedere al file della sua agenzia su Clark e condividere i documenti già in mio possesso.»
«Se avessimo già delle prove, vale a dire un dossier su questo John Clark con cui fosse possibile accusarlo di atti criminali, non pensa che l’avremmo già sfruttato? Magari durante la prima presidenza di Ryan?»
Laska liquidò il commento con un cenno della mano. «Con rapidità, senza suscitare troppo clamore, la sua agenzia dovrebbe interrogare di nuovo chiunque conosca quell’uomo o le sue operazioni. Per redigere un dossier approfondito, con ogni verità, mezza verità e allusione.»
«E poi?»
«I documenti devono essere consegnati allo staff di Kealty.»
«Perché?»
«Perché non posso rivelare la mia fonte di informazioni. Il dossier deve provenire da qualcun altro, al di fuori degli Stati Uniti. Voglio che la sua organizzazione copra le mie informazioni con le vostre, per mascherarne la fonte.»
«Le insinuazioni non mandano in galera la gente nel suo Paese, signor Laska.»
«Ma possono distruggere una carriera politica. E per di più, le malefatte di Clark devono essere rese pubbliche. Ho ragione di credere che operi per qualche associazione extragiudiziale, che commette crimini in tutto il mondo. E non sarebbe là fuori a poter agire indisturbato, se non fosse per l’amnistia concessagli da John Patrick Ryan. Se raccogliamo abbastanza prove su Clark, Kealty costringerà il Dipartimento di Giustizia ad avviare un’indagine. Il presidente uscente lo farà per le sue ragioni egoistiche, non c’è dubbio. Ma non mi interessa. L’unica cosa importante è che l’indagine scoperchi un vaso di Pandora.»
Valentin Kovalenko guardò il fuoco. Paul Laska fissava lui e il riflesso delle fiamme nelle lenti dei suoi occhiali Moss Lipow.
«Sembra un lavoretto semplice, almeno per quanto riguarda la mia parte. Una sfogliatina a un vecchio dossier polveroso, una rapida indagine usando uomini di qualche altro gruppo come tramite, senza tirare in ballo il SVR o il FSB. Più gli intermediari per passare i risultati della ricerca a qualcuno dello staff di Kealty. Non ci esporremmo troppo. Ma non so quale possa essere la possibilità di successo di un’operazione del genere.»
«Non riesco a credere che il suo Paese non abbia alcun interesse a opporsi al ritorno dell’amministrazione di Ryan.»
Durante tutta la conversazione, Kovalenko si era esposto poco, ma all’ultima osservazione di Laska scosse la testa, guardando negli occhi l’uomo più anziano. «Certo che ce l’ha, signor Laska. Ma… questa faccenda di Clark sarebbe abbastanza per farlo cadere?»
«In tempo per salvare Ed Kealty? No. Forse nemmeno in tempo per impedire il suo insediamento. Ma il Watergate di Richard Nixon impiegò molti mesi per diventare qualcosa di così grande e dirompente da condurre al suo impeachment.»
«Anche questo è vero.»
«E quanto so delle azioni di John Clark farà sembrare gli eventi del Watergate una specie di barzelletta.»
Kovalenko annuì. Mentre rifletteva, un sorriso gli increspò le labbra. «Forse, signor Laska, prenderò un po’ di brandy mentre continuiamo la nostra chiacchierata.»