Ma avevamo avuto un bel fare, lei aveva molta più astuzia di noi tutti insieme. Prova ne è che lei l’ha rivisto il suo Robinson, e anche come ha voluto lei... Il primo che li ha ritrovati insieme, è Parapine. Stavano sulla terrazza d’un caffè di fronte alla Gare de l’Est.

Lo sospettavo già io che loro si rivedevano ma non volevo più aver l’aria d’interessarmi per niente ai loro rapporti. Quello non mi riguardava insomma. Lui si sdebitava col servizio all’Istituto, niente male d’altronde, ai paralitici, uno sgobbo ingrato al massimo, a togliergli le cacche, lavarli, cambiargli biancheria, farli cianciare. Non potevamo chiedergli di più.

Se lui approfittava dei pomeriggi in cui lo mandavo a Parigi in commissioni per rivedere la sua Madelon, era affar suo. Fatto sta che noi non l’avevamo più rivista a Vigny-sur-Seine, Madelon, dopo lo schiaffo. Ma pensavo che lei aveva dovuto raccontargliene poi di porcherie sul mio conto!

Gliene parlai nemmeno più di Tolosa a Robinson, come se niente di niente fosse mai capitato.

Sei mesi passarono così, volenti o nolenti, e poi si presentò un posto vacante nel nostro personale e all’improvviso ci fu bisogno d’una infermiera molto esperta per i massaggi, la nostra se n’era andata senza preavviso per sposarsi.

Un gran numero di belle ragazze si presentarono per quel posto, e a noi non restò di conseguenza che l’imbarazzo della scelta tra tante solide creature d’ogni nazionalità che affluirono a Vigny non appena uscì il nostro annuncio. Alla fin dei conti ci decidemmo per una slovacca di nome Sophie con una carne, un portamento agile e tenero insieme, una salute divina, che ci parvero, bisogna confessarlo, irresistibili.

Lei conosceva questa Sophie solo poche parole di francese, ma mi preparavo quanto a me, era davvero il meno che potessi fare, a darle lezioni all’istante. D’altronde al suo fresco contatto mi sentivo rinascere una passione per l’insegnamento. E dire che Baryton aveva fatto di tutto per togliermela. Impenitente! Ma che giovinezza anche! Che vivacità! Che muscolatura! Che scusa! Elastica! Nervosa! Stupefacente al massimo! Non era attenuata questa bellezza da alcuno di quei falsi o veri pudori che tanto imbarazzano le conversazioni troppo occidentali. Per conto mio e per dirla tutta, non finivo d’ammirarla. Di muscolo in muscolo, per gruppi anatomici, procedevo... Per versanti muscolari, per regioni... Quel vigore determinato ma sciolto al tempo stesso, ripartito in fasci fuggenti e consenzienti al tempo stesso, alla palpazione, non potevo stancarmi d’inseguirlo... Sotto la pelle vellutata, tesa, distesa, miracolosa...

L’era di queste gioie viventi, delle grandi innegabili armonie fisiologiche, comparative deve ancora arrivare... Il corpo, divinità manipolata dalle mie mani vergognose... Mani d’onest’uomo, questo prete in incognito... Licenza dalla Morte e dalle Parole, per cominciare...! Quante smancerie sfrontate! è imbrattato d’un greve spessore di simboli, e imbottito fino alla zucca d’escrementi artistici che l’uomo raffinato va a farsene una... Poi succeda quel che vuole! Bell’affare! Il vantaggio d’eccitarsi in fin dei conti solo su delle reminiscenze... Puoi possederle le reminiscenze, puoi comperarne di belle e di splendide una volta per tutte di reminiscenze... La vita è più complicata, quella delle forme umane specialmente. Un’avventura paurosa. Non c’è niente di più disperato. A confronto di questo vizio delle forme perfette, la cocaina non è che un passatempo per capistazione.

Ma torniamo alla nostra Sophie! La sua sola presenza sembrava un’audacia nella nostra casa musona, spaurita e losca.

Dopo qualche po’ di vita comune, noi eravamo certo sempre felici di poterla annoverare tra le nostre infermiere, ma non ci potevamo tuttavia nascondere il timore che lei un giorno si mettesse a mandare all’aria l’insieme delle nostre infinite prudenze o semplicemente un bel mattino prendesse all’improvviso coscienza della nostra micragnosa realtà...

Ignorava ancora la somma dei nostri oziosi abbandoni Sophie! Una banda di falliti! Noi l’ammiravamo, viva accanto a noi, al suo solo alzarsi, semplicemente, venire al nostro tavolo, ripartirsene ancora... Ci mandava in estasi...

E ogni volta che lei faceva quei gesti così semplici, noi ne provavamo sorpresa e gioia. Facevamo come dei progressi in poesia solo con l’ammirare il suo essere tanto bella e tanto più incosciente di noi. Il ritmo della sua vita scaturiva da altre sorgenti che non le nostre... Striscianti per sempre le nostre, invidiose.

Questa forza allegra, precisa e dolce insieme che l’animava dai capelli alle caviglie ci veniva a turbare, ci inquietava in un modo incantevole, ma ci inquietava, è la parola.

Il nostro stizzoso sapere delle cose di questo mondo faceva il broncio a quella gioia se l’istinto vi trovava il suo tornaconto, stava sempre lì quel sapere, spaurito in fondo, rifugiato nei sotterranei dell’esistenza, rassegnato al peggio per abitudine, per esperienza.

Lei possedeva Sophie quell’andatura alata, agile e precisa che si trova, così frequente, quasi abitualmente nelle donne d’America, l’andatura dei grandi esseri dell’avvenire che la vita porta ambiziosa e persino leggera verso nuove modalità dell’avventura... Un tre-alberi di tenera allegria, in rotta verso l’Infinito...

Parapine, che pure non era dei più lirici su questi argomenti di seduzione, se ne sorrideva a se stesso una volta che lei era uscita. Il solo fatto di contemplarla ti faceva bene all’anima. Specialmente alla mia, per essere giusti, che restava così piena di desiderio.

Solo per sorprenderla, per farle perdere un po’ di quella superbia, di quella specie di potere e di prestigio che aveva preso su di me, Sophie, di sminuirla, insomma, d’umanizzarla un po’ alla nostra meschina misura, entravo in camera sua mentre dormiva.

Era allora tutt’altro spettacolo Sophie, familiare stavolta e comunque sorprendente, perfino rassicurante. Senza uniforme, quasi niente coperte, di traverso sul letto, cosce al vento, carni madide e dispiegate, duellava con la stanchezza...

S’accaniva sul sonno Sophie nelle profondità del corpo, ronfava. Era il solo momento in cui la trovavo alla mia portata. Niente più stregonerie. Niente più scherzi. Solo cose serie. Lei faticava come sul rovescio dell’esistenza, per pomparle altra vita... Ingorda com’era in quei momenti, ebbra persino a forza di riprendersela. Bisognava vederla dopo quelle sedute d’abbioccamento, tutta ancora gonfia e sotto la pelle rosa gli organi che non finivano d’estasiarsi. Lei era buffa allora e ridicola come tutti quanti Lei barcollava di felicità per qualche minuto ancora e poi tutta la luce del giorno tornava su di lei e come dopo il passaggio d una nuvola troppo greve lei riprendeva gloriosa, affrancata, il suo volo...

Si può copulare con tutto questo. È molto piacevole toccare il momento in cui la materia diventa vita. Uno sale fino alla piana infinita che si spalanca davanti agli uomini. Uno fa: Uff! E uff! Uno ci gode sopra fin che può ed è come un gran deserto...

Tra noi, suoi amici più che suoi padroni, io ero, credo, quello più intimo. Per esempio mi tradiva regolarmente, si può ben dirlo, con l’infermiere del reparto agitati, un ex pompiere, per il mio bene mi spiegava lei, per non sovraffaticarmi, per via dei lavori intellettuali che avevo in cantiere e che s’accordavano assai male con gli accessi del temperamento che lei aveva. Solo per il mio bene. Mi faceva becco per motivi igienici. Niente da dire.

Tutto quello m’avrebbe dato in definitiva solo del piacere, ma la storia di Madelon mi restava sulla coscienza. Ho finito un bel giorno per raccontarle tutto a Sophie per vedere quel che ne direbbe. M’ha sollevato un po’ raccontarle le mie grane. Ne avevo basta, era vero, di discussioni a non più finire e rancori sopraggiunti per via dei loro amori infelici, e Sophie fu assolutamente d’accordo con me a ‘sto proposito.

Amici com’eravamo stati, Robinson e io, lei trovava, dovremmo riconciliarci, il più semplicemente, simpaticamente e rapidamente possibile. Era un buon consiglio che veniva da un cuore buono. Ce ne sono molti di cuori buoni di tal fatta nell’Europa centrale. Solo, lei non era molto al corrente dei caratteri e delle reazioni della gente di qui. Con le migliori intenzioni del mondo lei mi consigliava proprio storto. Me ne sono accorto che lei s’era sbagliata, ma troppo tardi.

“Dovresti rivederla Madelon, m’ha consigliato lei, dev’essere una brava ragazza in fondo, da quel che racconti... Solo che tu, l’hai provocata e sei stato proprio brutale e sgradevole con lei!... Le devi delle scuse e anche un bel regalo per farle dimenticare...” Si facevano così le cose al suo paese. Insomma iniziative assai cortesi mi consigliava lei, ma niente pratiche.

Li ho seguiti i suoi consigli, soprattutto perché vedevo in fondo a tutto quel blablà, a quelle manovre diplomatiche e a quegli esibizionismi, la possibilità di una bella partita a quattro che allora sarebbe quanto di meglio per distrarsi, rigenerarsi perfino. La mia amicizia diventava, lo noto con pena, sotto la pressione degli avvenimenti e dell’età, subdolamente erotica. Tradimento. Sophie mi aiutava senza volerlo a tradire in quel momento. Era troppo curiosa per non amare i pericoli Sophie. Un ottimo carattere, con niente di protestante, che non cercava di sminuire in qualcosa le occasioni della vita, che non era diffidente per principio. Proprio il mio genere. Lei andava ancora più in là. Lei capiva la necessità dei cambiamenti nelle distrazioni del sesso. Disposizione avventurosa, dannatamente rara, bisogna ammettere, tra le donne. Davvero, avevamo scelto bene.

Lei avrebbe voluto, e lo trovavo molto naturale, che io potessi darle qualche dettaglio sul fisico di Madelon. Temeva di sembrare maldestra di fronte a una francese, nell’intimità, per via specialmente della gran nomea d’artista di quel genere, che le hanno fatto alle francesi all’estero. Quanto a subire allo stesso tempo Robinson per giunta, era proprio per farmi piacere che avrebbe acconsentito. Non l’eccitava per niente Robinson, mi diceva lei, ma tutto sommato, eravamo d’accordo. Era la cosa più importante. Bene.

Ho aspettato un po’, che si presenti una buona occasione per metterlo a parte in due parole del mio progetto di riconciliazione generale Robinson. Una mattina, che in economato era intento a ricopiare le osservazioni mediche sul libro mastro, m’è sembrato il momento opportuno per tentare e l’interruppi per chiedergli soltanto cosa pensava d’una mia iniziativa con Madelon per dimenticare il recente violento passato... E non potevo magari nella stessa occasione presentarle Sophie, la mia nuova amica? E poi finalmente, se non pensava che era arrivato il momento per tutti che ci spiegassimo tranquillamente una buona volta.

Prima, ha esitato un po’, ho visto bene, e poi m’ha risposto, ma senza slancio ecco, che lui non vedeva inconvenienti... In fondo, credo che Madelon gli aveva annunciato che cercherei di rivederla presto con un pretesto qualunque. A proposito dello schiaffo del giorno che lei era venuta a Vigny, non ho profferito motto.

Non potevo rischiare di farmi insultare là e prendermi del cafone in pubblico, perché dopo tutto anche se amici da un sacco di tempo, in quella casa lui era comunque un mio sottoposto. Autorità prima di tutto.

Cascava bene di tentare quella specie d’iniziativa al mese di gennaio. Decidemmo, perché era più comodo, che ci incontreremmo tutti a Parigi una domenica, che poi andremmo al cinema insieme e forse passeremmo prima un momento alla fiera delle Batignolles per cominciare se però non faceva troppo freddo fuori. Lui aveva promesso di portarla alla fiera delle Batignolles. Lei andava matta per i parchi dei divertimenti, Madelon. Quello cascava bene! Per la prima volta che ci si rivedeva, sarebbe meglio, se capitava in mezzo a una fiera.

 

Viaggio al termine della notte
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