Siamo tornati tutti a Tolosa, la stessa sera.
È due giorni dopo che l’incidente è capitato. Io dovevo comunque andarmene e proprio mentre stavo finendo di fare la valigia per andare alla stazione ecco che sento qualcuno che grida qualcosa davanti alla casa. Ascolto... Bisognava sbrigarsi a scendere sùbito nella grotta... Non la vedevo la persona che mi chiamava a quel modo... Ma dal tono della voce, doveva esserci una fretta maledetta... D’urgenza dovevo andarci, sembrava.
“Nemmeno un minuto? Cos’è che brucia?” rispondo io, solo per non precipitarmi... Doveva essere verso le sette, giusto prima di cena. Quanto ai saluti, dovevamo farceli alla stazione, c’eravamo messi d’accordo così. Andava bene a tutti perché la vecchia doveva tornare un po’ più tardi a casa. Giusto quella sera lì, per via di un pellegrinaggio che aspettava alla grotta.
“Venga sùbito dottore! insisteva ancora la persona in strada... è capitata una disgrazia alla signora Henrouille!
- Va bene! va bene! faccio io... Vado sùbito! D’accordo... Scendo!”
Ma il tempo di sistemarmi un po’: “Vada avanti, aggiungo. Gli dica che arrivo dopo di lei... Che corro... Il tempo di infilarmi i pantaloni...
- Ma bisogna fare in frettissima! insisteva ancora la persona... Ha perso conoscenza le ripeto!... S’è rotta un osso della testa a quanto pare!... è caduta dai gradini della grotta!... Di colpo fino giù in fondo è volata.”
“Ti pareva!” mi son detto tra me e me sentendo ‘sta bella storia e non ho avuto bisogno di star molto a pensare. Son filato dritto verso la stazione. Sapevo il da farsi.
Son riuscito a prenderlo il mio treno delle sette e quindici, comunque, ma per un pelo.
Non ci siamo fatti i saluti.