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La notizia che la libreria aveva ancora un anno di speranza venne accolta da una specie di ola all’Italian Bookshop. Era come se avessero fatto gol tutti insieme e Clara si lanciò pure in un abbraccio con Diego, lasciando Ornella senza parole. Abituata a essere sempre l’ago della bilancia, si sentiva messa da parte da tutti e due.
In realtà lei era orgogliosa di come, in poche settimane, fosse completamente cambiata l’atmosfera, che aveva ritrovato la magia dei primi tempi, quando la libreria sapeva diventare ora casa, ora bar, ora pianerottolo, ora confessionale. Le persone avevano percepito queste energie e l’effetto era stato dirompente: nuovi libri venduti, nuovi clienti acquisiti.
Clara riuscì a smorzare gli entusiasmi con il suo pessimismo che non era mai sparito del tutto, ma Diego la zittì con un “Maro’, Cla’, non portare peste, jamme” e fece il gesto delle corna togliendole ogni diritto di replica. L’euforia era contagiosa e regalò a tutti un pomeriggio indimenticabile, coronato dalla visita della signora Lovely che aveva un chiodo fisso: rivedere Mr George.
L’arrivo di due ragazze calabresi, invece, fece andare Diego nel pallone. «Siamo le cugine di Nunzio» gli disse una delle due, «che si è raccomandato di trattarci bene.» E lui capì che forse lo aveva perdonato.
Dopo l’approccio infelice in camera sua, Nunzio era sparito. Diego aveva provato a mandargli qualche messaggio, ma aveva ricevuto sempre risposte di circostanza. Lo tirava su di umore soltanto Julie quando gli regalava un fiore, e ogni volta lui era terrorizzato che Clara glielo fregasse.
Così servì le due ragazze calabresi come se da quello dipendesse il suo futuro. Chiese loro di salutare Nunzio, e non appena uscirono iniziò a tenere d’occhio il telefono, convinto che lui si sarebbe fatto vivo.
Niente. Diego si ammutolì in modo quasi eloquente. E più si sforzava di sorridere, più gli veniva da piangere. Ornella lo intuì e gli si avvicinò.
«So che forse ora non ti interessa, ma volevo dirti che questa libreria ha una specie di magia e guarisce da tutti i dolori. E adesso questo posto ha bisogno di te.»
«Ma io non ci sto con la testa, Orne’.»
«Invece la testa c’è. È la lingua che manca. Devi trovare la forza di parlare. Abbiamo già Russell & Crowe che stanno sempre zitti.»
«Non so se ci riesco.»
«Ce la farai. Ti fidi di me?»
«Certo. E non ti ho mai detto grazie, Ornella.»
«Nemmeno io ti ho mai detto grazie: è anche merito tuo se le cose si sono risollevate. E poi, se non fossi arrivato tu, io e Clara avremmo sicuramente litigato... quindi sappi che per me sei un portafortuna.»
«Per un napoletano è un onore.»
Continuarono a dirsi cose belle per tutto il pomeriggio, mentre Clara confabulava al telefono con un tono talmente basso che entrambi pensarono che parlasse con il veterinario, o un amante segreto. Per un attimo mise la chiamata in attesa e chiese a Diego se era libero quella sera, con un tono che non ammetteva forfait. Lui rispose di sì, anche perché aveva in programma una cena solitaria e depressa nella sua casa di Kilburn. «Bene» rispose Clara. «Stasera ti porto a teatro.»
Diego non oppose resistenza, anzi. Era sotto un treno e qualcuno si stava prendendo cura di lui. Ornella gli aveva regalato parole dolci e Clara aveva deciso di portarlo fuori.
Uscirono un po’ prima del previsto, sollecitati da Ornella, per poter arrivare a Soho con calma. Quando passarono davanti al negozio di Julie, a lui venne un’idea. Chiese a Clara di scusarlo un attimo e sparì tra le piante.
«Volevo un fiore per una donna speciale...»
Julie vide fuori Clara già un po’ innervosita per l’attesa imprevista.
«Immagino che questa donna sia anche abbastanza impegnativa...»
«Be’, un po’ sì.»
«Abbiamo almeno cinque sterline di budget?»
«Anche dieci.»
Julie si guardò intorno e vide delle belle rose bianche appena arrivate.
«Non so quanto dureranno... però ti consiglierei una di queste. Perché sono un po’ misteriose. E te la confeziono per cinque sterline.»
«Ma a me piace di più così, senza niente.»
«Sicuro?»
«Sicuro.»
Dopo aver pagato, Diego prese la rosa e la regalò a Julie.
«Questa è per te. Basta un po’ d’acqua e un po’ di luce e potrai farla contenta.»
Julie si mise una mano davanti alla bocca e lo abbracciò forte. Aveva trovato qualcuno che parlava la sua stessa lingua.
Clara lo stava aspettando fuori sempre più impaziente e delusa nel vedere che il fiore non era per lei: «Era il suo compleanno» le disse lui per giustificarsi e Clara abbozzò un sorriso.
Presero la metro fino a Leicester Square, che a quell’ora era impregnata di ogni genere di odore e rumore. L’aria aveva il sapore di zucchero filato e una musichetta animava piccole giostre nel giardino. Clara guardava tutto con aria piuttosto schifata: lei la Londra turistica proprio non riusciva a comprenderla. Davanti al teatro, Diego capì che non sarebbe stata una serata come le altre: Clara lo stava portando a vedere Mamma mia!
Per la prima volta, da quando era rimasta vedova, Clara andava a vedere un musical in compagnia di un uomo e un po’ rideva pensando che lui potesse sembrare un gigolò. Quando Diego le chiese del gatto, fu tentata di dirgli che era immaginario, ma poi pensò che quel segreto dovesse essere soltanto suo.
Appena si spensero le luci, la magia scese e lo show ebbe inizio. Con The Winner Takes It All, Diego si lasciò scivolare sulla poltrona, e tutte le frustrazioni degli ultimi giorni gli crollarono addosso. Le lacrime scesero silenziose, e lui le lasciò andare senza fermarle.
Durante gli applausi, che furono scroscianti e calorosi, riuscì ad abbracciare Clara e a dirle «Stasera ho trovato un’amica» e lei contraccambiò con un «I’m so proud of you». Erano anni che non abbracciava qualcuno.
Appena usciti, Diego ricevette finalmente un messaggio da Nunzio: “Le mie cugine ti adorano! Quando ci rivediamo?”. Lui sentì che doveva parlargli appena possibile per sistemare le cose.
Caricò Clara su un taxi e decise di tentare l’ultima carta per provare a essere finalmente se stesso. Chiamò Nunzio, che era da solo nella sua reggia e stava guardando un film.
«Ma che sorpresa! Vuoi passare a bere qualcosa?» gli disse, e Diego poco dopo era già lì.
Aveva bisogno di scusarsi, ma soprattutto di confidarsi con qualcuno.
«Tu non lo dirai a nessuno, vero, quello che è successo l’altra sera?»
Nunzio lo guardò con gli occhi pieni di tenerezza.
«L’altra sera non è successo niente, Diego. Tu hai frainteso il mio comportamento e hai pensato che io volessi fare sesso con te... sono cose che succedono, e non sei l’unico che si comporta così con me... anche se tu sei stato il più spudorato. È che io, quando decido di diventare amico di qualcuno, ci metto così tanta passione che viene scambiata per passione fisica... invece sono solo il classico calabrese! Anche se non mangio la ’nduja, sempre di fuoco siamo fatti.»
«Sentirtelo dire mi dà sollievo perché io sono solo, Nunzio. Solo con questo segreto... e sapere che qualcuno lo sa e non mi giudica per me è la cosa più bella del mondo.»
«Quando l’altra sera hai mollato lì la cena era per un ragazzo, vero?»
«Eh sì... lasciamo perdere. Una volta ti racconterò...»
«Tu devi stare tranquillo perché adesso hai qualcuno di cui puoi fidarti. E poi volevo dirti una cosa che non ho ancora detto a nessuno. Ho appena deciso di sposare Anastasia... e mi piacerebbe che tu fossi il mio testimone di nozze.»
«Ma ci siamo visti solo tre volte in croce... e io ti sono pure saltato addosso!»
«Sei la prima persona che mi confida un segreto. E questo è un privilegio che nessuno mi aveva mai concesso. Quindi, se sarai al mio fianco in un giorno così importante, io ne sarò fiero.»
Diego lo salutò con un abbraccio e uscì di casa senza riuscire a dire molto. Vagò per un po’, felice di essersi tolto finalmente un peso dalla coscienza. Trovò un autobus notturno che andava a Kilburn. Le luci dei lampioni gli si riflettevano sul volto, creandogli un po’ di fastidio. Uno strano rumore attirò la sua attenzione. Sembrava un rantolo. Si girò e vide in uno degli ultimi sedili un ragazzo in lacrime. Aveva poco più di vent’anni. Erano lacrime d’amore, era evidente, ed erano molto più dolorose delle sue. Diego aprì la rubrica del telefono, si mise a smanettare, e quando gli apparve la scritta: “Sei sicuro di voler cancellare Carmine?” rispose: “Sì”.
Si voltò verso il ragazzo e gli fece un saluto con la mano. Per un attimo si scambiarono un piccolo sorriso e una certezza: non erano soli. Fu il più bel regalo che Londra gli potesse fare a quell’ora della notte.