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La Shoreditch House era uno dei pochi club londinesi dove si poteva entrare senza cravatta, anche se non era quella la ragione per cui Nunzio ci si era iscritto. Appena aveva saputo che Madonna ci aveva fatto una festa di compleanno, si era subito fatto introdurre da uno dei soci, aveva pagato una megaquota, e ogni tanto ci portava Anastasia per un cocktail. Uno dei baristi era calabrese e gli faceva tutte le modifiche fuori menu.
Diego era piuttosto impressionato dal contrasto tra l’anonima facciata del club – non c’era una targa, né un citofono – e l’eleganza modaiola che si respirava a ogni piano.
Era un posto apparentemente più informale del locale della sera prima e Nunzio propose di spiluccare qualche tapa.
«Vedi, Diego, il mio problema è che mi annoio, quindi mi piace scoprire posti nuovi e un po’ alternativi.»
«Sì, ma qui uno stuzzichino ti costa una tombola!»
«Ti sbagli. E poi ti prego: già parlo tutto il giorno di soldi, e alla sera mi piace solo spenderli. Ma non pensare che io sia arrogante, sono solo realista.»
«Figurati. Se c’è una cosa che non provo è l’invidia per chi sta meglio di me.»
Nunzio fece un cenno al barista e dopo poco arrivarono due cocktail Martini come piacevano a lui. Diego beveva soprattutto alla faccia di Carmine, che non solo non gli aveva risposto al messaggio, ma neppure al telefono.
Al secondo giro non ci pensava già più, anche perché l’altro lo faceva sentire importante, con tutte quelle attenzioni. Gli disse che Anastasia, oltre a raccogliere le adesioni per un volo diretto Copenaghen-Lamezia Terme, quella sera aveva un corso di pasticceria insieme a Julie, e magari una volta gli avrebbero fatto assaggiare qualche bignè. Fu l’unico momento in cui Anastasia venne menzionata. Per il resto, si divertirono con poco, come quando due persone finalmente si trovano, e si crea un’alchimia di cui si è quasi inconsapevoli. Dopo il terzo cocktail, durante il quale si raccontarono le loro vacanze più disastrose, chiesero il conto e si avviarono.
Mentre tornavano verso casa, Diego decise di osare.
«Vuoi bere qualcosa nella mia modesta casetta?»
«Cos’hai di buono?»
«Tengo solo birra.»
«Un limoncello no?»
«Marò, dici a me, ma poi anche tu con questi luoghi comuni...»
Salirono ridacchiando, mentre Diego si rendeva sempre più conto che la sua non era proprio una casa in stile Chelsea. Ci mancava solo la cucina invasa dai greci, invece quella sera regnava il silenzio più totale e un disordine triste.
Diego si vergognava un po’, ma Nunzio sentiva che non allontanarsi dalla realtà fosse il modo migliore per godersi le cose. Dopo un primo momento di impaccio, Diego gli mostrò dove dormiva il povero ragioniere. Quando chiuse la porta, non aggiunse altro. Posò il telefono sulla scrivania e, aiutato dall’alcol, si lanciò in un abbraccio che sembrava più un rito tribale che un approccio amoroso, ma Nunzio lo respinse malamente.
«Ma che fai?»
«Io... niente... pensavo che ti facesse piacere... così... per divertirci.»
«A me piace divertirmi solo con Anastasia, forse non ti era chiaro.»
«Certo, anche a me piacciono le ragazze... però così... qualche volta...»
Diego voleva morire all’istante in modo rapido e indolore.
«Sì, qualche volta... Non è il mio caso, mi spiace. Se vuoi che diventiamo amici, va bene. Ma amici e basta.»
«Scusa, Nunzio. Scusa.»
Diego gli chiese poi se potesse abbassare la voce, perché aveva il terrore che il suo coinquilino stesse per rientrare a casa da un momento all’altro.
Moriva dall’imbarazzo e dalla delusione, mentre Nunzio si rese conto di essere stato frainteso. Lui, in realtà, aveva solo il piacere di fare nuove conoscenze e di frequentare qualcuno che fosse fuori dai suoi giri. Riprese in fretta le sue cose e scese in strada per trovare un taxi e togliersi dall’atmosfera che si era creata.
Appena rimase solo nella sua stanzetta, Diego pensò che quella era l’ultima volta che lo avrebbe visto.
Ci mise un po’ a addormentarsi, anche perché non sapeva più a cosa pensare. Ora sì che aveva toccato il fondo. Stava per chiudere gli occhi quando un bip dal suo telefonino gli accese la speranza. Nuovo messaggio.
Lo aprì con un po’ di batticuore, ma restò presto deluso: “Sono tornata. Ci vediamo domani in libreria. Ornella”.
Trovò la forza di rispondere: “Che bello!!!” con tre punti esclamativi, come le lacrime che gli erano scese.