27
Nel pieno della notte Ornella si svegliò di soprassalto con l’impressione di essere all’Opera. In effetti, lo era. La Patti era rientrata dopo la serata con Samir e, anziché andare a dormire, aveva messo su Il barbiere di Siviglia a tutto volume – anche Bernard se n’era accorto, ma faceva finta di niente – che ascoltava bevendo sambuca, l’unica cosa che era riuscita a trovare.
Ornella la vide sul divano, con lo sguardo vuoto e il bicchiere pieno, mentre le labbra mimavano “Contro un cor che accende amore” con una precisione nel playback che neanche una drag queen.
«Cosa è successo?»
«Cosa vuoi che sia successo, Ornella? Lo amo.»
«Non puoi amare nessun altro, tu, a parte me e le tue scarpe. Sei sposata. Questa è solo un’avventura.»
«Anche mio marito si concede un sacco di avventure... ormai l’ho capito. Quando dice che ha il torneo di burraco so già come finirà.»
La Patti aveva allungato le gambe sui braccioli, mentre Ornella le girava intorno.
«Questo non ti giustifica.»
«Sei sempre stata antica, mamma mia, Ornella.»
«Ora cosa hai intenzione di fare?»
«Come vedi, di bere. La nostra storia non ha futuro. Già all’aperitivo ho capito che saremmo finiti a mangiare un felafel. Quando il cameriere ha portato il primo conto da ventiquattro sterline, Samir mi ha guardato terrorizzato.»
«E quanto avete bevuto?»
«Solo due bicchieri, ma di champagne. Per lui era la prima volta... Pensa: mi ricorderà per sempre come la donna che gli ha fatto scoprire lo champagne. Ma non vuoi un po’ di sambuca?»
«Oh, sì. Un goccio di sambuca alle due di mattina ci sta sempre bene. Non so se riuscirò a riprendere sonno.»
«Sei angosciata per Axel?»
Ornella prese una sedia e l’avvicinò alla Patti.
«Sono angosciata per tutto. Riuscirò a trovare pace?»
«Amica mia, sono arrivati gli arretrati, e non hai alternative. Per fortuna ci sono io qui ad aiutarti. Il bello dell’amicizia è che bisogna essere almeno in due.»
«E poi, se dovessimo naufragare, abbiamo sempre la zia Lucrezia.»
«Lascia stare... Ora che la cariatide è fuori pericolo, è molto più generosa, e non è da lei.»
«Magari ha deciso di fidarsi. In fondo è una povera donna.»
«Si vede che leggi troppi libri... non ti fa bene. Ci sono persone che riescono a essere tirchie anche in punto di morte.»
«Ma mi hai appena detto che è diventata altruista!»
«Sì, ma lo ha fatto solo per depistaggio. Poi darà tutto alla Chiesa, vedrai...»
In compagnia, quella bevuta notturna diventò meno triste, e lentamente la conversazione virò su toni più spensierati, ma sempre con il melodramma in sottofondo. In realtà sapevano di essere due privilegiate: sopravvivere all’eroina è una vittoria che non dipende solo dalla volontà, ma anche dalla fortuna. E sebbene Ornella si sentisse perennemente in dovere di aiutare gli altri, sapeva anche farsi aiutare, e questo la rendeva incredibilmente umana.
La Patti non era da meno. Al di là della sua eccentricità, aveva un cuore di bambina, solo un po’ più cinica, a volte. Raccontò per filo e per segno a Ornella della cena con Samir a base di felafel. Quando aveva capito che avrebbe dovuto pagare tutto lei, aveva deciso che un panino era la scelta più romantica a un primo appuntamento.
L’incontro non era sfociato in una notte di fuoco, perché Samir divideva la casa con altre sette persone e la Patti non aveva avuto il coraggio di portarlo a Hampstead. Però c’era stato un “bacio al cardamomo” che lei raccontò in ogni particolare, perché non le era mai capitata una bocca così speziata. Lui le aveva promesso che la volta successiva l’avrebbe portata a cena da suo zio, che aveva un ristorante a Brick Lane, e lei già sentiva di puzzare di curry.
Il sonno se n’era andato, così Ornella decise di preparare la valigia. Come sempre, scelse a caso e dimenticò un po’ di tutto.
Si addormentò molto tardi, e alle sette aveva gli occhi sbarrati e un pensiero fisso: doveva parlare di nuovo con Clara. Provò a chiamarla, ma lei, che raccontava sempre di svegliarsi presto per il gatto, non rispose. Così Ornella decise di andare a bussarle alla porta. Sapeva che era un gesto poco inglese, ma non poteva tornare in Italia avendo un conto in sospeso con la sua compagna di viaggio della libreria.
Doveva uscire in fretta, senza controllare che la Patti fosse ancora viva, dato che era rimasta sul divano e giaceva con la bocca spalancata e immobile. La musica era finita e il quadretto era un po’ meno poetico di qualche ora prima. Per evitare dubbi, le grattò il piede e lei fece una smorfia.
Guardò la finestra di Bernard, ma di lui non c’era traccia. Si sentì sollevata, anche se arrivata in cima alla strada si voltò di nuovo per vedere se fosse comparso in giardino. Invece vide solo una ragazza vestita da majorette che stava andando dal vicino insospettabile.
Mentre camminava insieme agli extraterrestri dell’alba – “ma questi corrono a tutte le ore?” – pensava al discorso da fare. Ci mise un po’ a trovare la via, ma riconobbe la casa perché aveva una targhetta con un gatto appesa alla porta. E poi era di fianco ai nani della signora Phillida! Quella mattina avrebbero potuto anche arrestarla perché non aveva più paura di niente.
Ornella suonò. Nessuno rispose. Suonò di nuovo con insistenza. Silenzio. Con il suo solito spirito, pensò che Clara fosse caduta battendo la testa e ora fosse riversa sul pavimento leccata dal gatto. Per cui bussò con tutte le sue forze fino a che Clara piuttosto seccata le aprì la porta con una cuffia in testa.
«Oddio scusa... ti ho disturbato?»
«Vedi tu... sono le sette e mezzo del mattino.»
«Scusa.»
«Che è successo?»
Clara restò sulla porta senza farla entrare e ordinò al gatto immaginario di scendere dal divano. Pensò che fosse un bello scherzo da fare a una che ti butta giù dal letto.
«Niente... Visto che oggi pomeriggio parto e in libreria ci sarà un po’ di casino... volevo solo dirti...»
«...»
«Grazie. Vorrei dirti grazie per il tuo lavoro.»
«Mi piacerebbe che me lo riconoscessi anche davanti agli altri, non solo qui sottovoce dopo la sbronza di ieri sera.»
Forse aveva esagerato con la sambuca.
«A volte ci dimentichiamo proprio di dire le cose più ovvie... Posso entrare?»
Con la coda dell’occhio le era sembrato che Phillida fosse in giardino e le era già sparito il coraggio.
«Preferirei di no. Il gatto oggi sembra pronto all’assalto... per cui meglio evitare sorprese altrimenti si nasconde per settimane.»
«Allora scappo.»
«Sono gatti. Anche loro hanno i loro difetti.»
«Be’ certo Clara... io sono esperta mondiale di difetti.»
Clara la guardò senza ridere. Era ancora un po’ offesa e non voleva più parlare.
«Allora vado, ci vediamo tra poco.»
«Arrivi in ritardo come al solito?»
«Credo di sì.»
Lei chiuse la porta, gettando ancora di più Ornella nello sconforto. Phillida sembrava essersi dissolta e lei diede un’ultima occhiata al giardino dei nani. Davanti a sé aveva quattro possibilità: rubare un altro nano; costituirsi alla polizia; aprire in anticipo la libreria; fare un salto al parco.
Scelse la libreria.
Passò la giornata accanto a Clara, cercando di comunicarle che si fidava di lei, ma esagerò un po’ negli elogi e ottenne l’effetto contrario.
Le lasciò libertà totale nella gestione, e glielo diceva sempre in modo che Diego o qualche cliente potesse sentire: “Tu che conosci i libri meglio di me, sentiti libera di agire come vuoi”. Clara annuiva con maggiore convinzione anche se era sempre un po’ stizzita alla vista di Diego, che secondo lei aveva rivelato la sua vera identità cialtrona.
Non sarebbero state certo le idee da quattro soldi a cambiare le sorti del settore. “Bisogna elevare i lettori, non abbassare i librai” pensava. Diego lo capì benissimo e se ne stette mogio mogio tutto il pomeriggio.
Quando Ornella vide che la Patti era venuta a prelevarla, smise di essere la persona serena che era sembrata per tutta la giornata. Era arrivato il momento. Diede da mangiare a Russell & Crowe e le parve persino che Russell scodinzolasse. Salutò Nanni Moretti, che invece sembrava sempre di malumore. Cercò di evitare addii troppo formali con Clara e Diego per limitare l’imbarazzo.
Partiva, ma non sapeva bene se sarebbe tornata.
Ad aspettarle fuori, parcheggiato male sull’angolo, c’era Samir. La Patti non se la sentì più di salire dietro come faceva da una vita. Così si accomodò davanti, come una di famiglia. Per l’ennesima volta, quel giorno, Ornella si sentì isolata da tutti.