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Diego non avrebbe mai immaginato che i romanzi potessero davvero cambiare un po’ la vita. Aveva chiesto alle due libraie il permesso di portarne qualcuno a casa, alla sera, e Clara era convinta che li rivendesse al mercato dell’usato.
Lui sceglieva sempre quelli più venduti e gli ultimi arrivati, e andava su internet a cercare le recensioni dei lettori. Poi stilava una sorta di classifica con tanto di media dei voti, numero di giudizi, emozioni suscitate.
Questa sfida lo aiutava soprattutto a non pensare a Napoli, che cominciava a mancargli. Aveva nostalgia di quel suo traffico a singhiozzo, che non si ferma mai ma che non scorre mai, come una pentola che cuoce un eterno ragù. E poi gli mancavano la funicolare di piazza Fuga e le partite al San Paolo, quando la città si bloccava. In realtà avrebbe voluto solo Carmine, ma non poteva dirlo.
Divideva la casa con un ragazzo greco che rientrava tardissimo alla sera – faceva il barista a Soho –, per cui non si incrociavano quasi mai. E anche quando succedeva, sembrava non importargliene niente di lui: non gli faceva domande, non lo invitava nel bar dove lavorava, e Diego aveva l’impressione che gli mangiasse pure la sua marmellata. Altro che “una faccia una razza”.
I libri divennero presto una buona scappatoia, e lui si divertiva soprattutto a leggere quelli in italiano destinati agli inglesi, con quelle storie facilitate che lo facevano sorridere. Una sera con Mario il pizzaiolo era il suo preferito.
Un pomeriggio, incredibilmente, si trovò solo in libreria per la prima volta. Ornella era andata a ritirare un elettrostimolatore che aveva vinto con i punti della farmacia e Clara era appresso al gatto. Diego provò quel senso di potere assoluto che hanno gli adolescenti quando i genitori escono a cena.
Si prese la briga di sistemare alcune pile di libri e allontanò un po’ l’acquario dalla cassa in modo che fosse visibile anche dall’esterno: Russell & Crowe erano due vere star. Già che c’era, improvvisò un angolo di lettura, e tirò fuori da un cassetto dei cioccolatini che giacevano intatti da tempo.
E proprio quando stava per godersi quel nuovo ambiente, entrò una vecchia signora e lui andò nel panico. La salutò con un “good afternoon” e cercò di replicare le mosse di Clara, che erano sostanzialmente attendiste. Ma lui amava giocare d’attacco per cui, dopo qualche minuto, le si avvicinò e le disse in italiano: «Buonasera, come va?».
La signora restò perplessa, ma il sorriso di Diego le sembrò così irresistibile che rispose in una lingua non sua.
«Bene, grazie.»
«Le piacciono i thriller?»
Diego cercava di usare parole di facile comprensione.
«Oh, I love thriller!»
«Ha già letto Delitto in Piazza del Campo?»
«Oh my God, no. La piazza del Palio di Siena... ho visitato... bellissima. Ma non so se libro troppo difficile per mio livello linguistico.»
La signora scandiva le parole come il tomtom quando ti dice di svoltare a destra. Diego andò a prendere il libro e mentre correva ebbe il primo brivido da quando lavorava lì: sapeva dove si trovava il volume.
Prima di darle la copia, si mise dinanzi a lei e le cominciò a leggere le prime righe per vedere se capiva. L’aveva visto fare a Ornella e gli era parsa un’idea geniale.
“Gli inglesi adorano i quiz e amano essere interrogati” gli aveva detto di nascosto da Clara “ma non li devi umiliare.” La signora annuiva estasiata dicendo che “capiva tutto perfettamente” e Diego non poté fare a meno di consigliarle anche Le polpette di zia Dora per imparare i segreti della frittura all’italiana. La signora era così esaltata che continuava a curiosare, e lui lì assestò il colpo della serata: un corso avanzato con tanto di dizionario annesso.
«Se va avanti così, non avrà più bisogno dei libri facilitati, signora...?»
«Jones, mi chiamo Phillida Jones.»
In quel momento entrò Ornella e per un attimo pensò di svenire. La padrona dei nani, cui Clara aveva insegnato l’italiano a colpi di lettere e di tè, era davanti a lei. Decise di applicare il motto della sua vita nei momenti drammatici: “Nega l’impossibile, parla il meno possibile e renditi invisibile”.
Salutò la signora freddamente e cercò di fare la distaccata, anche se riuscì a far cadere tre libri in cinque minuti.
Di colpo la libreria non le parve più sua. La prima cosa che vide, ovviamente, furono i suoi pesci spostati, anche se di poco, e i suoi cioccolatini alla cassa.
Diego sembrava imbarazzato, ma lei lo guardò con gli occhi di una madre alla partita di calcetto del figlio, convinta di aver messo al mondo un campione.
Si sentì sollevata solo quando lo vide accompagnare la signora Phillida alla porta.
«La mia prima vendita, marò che soddisfazione...»
«Sei stato bravo.»
«Non abbastanza.»
«Invece lo sei. Perché sei riuscito a instaurare un rapporto con lei. Gli inglesi bisogna saperli prendere...»
«Il problema non sono gli inglesi. Sei tu, Ornella. Non puoi avere paura dei tuoi clienti...»
Lei non poteva spiegargli il motivo per cui si comportava così con quella signora.
«... Soprattutto ora che la libreria ha le ore contate...»
«Ma tiè!»
Ornella gli fece il gesto delle corna.
«No, per carità, intendevo dire che ora dobbiamo buttarci avanti e offrire i cioccolatini. Dobbiamo rischiare. “Quanno buono buono, chiù nero d’a mezzanotte nun po’ veni’.”»
Ornella lo guardava come un grande attore che senti per la prima volta in lingua originale: ti piace ma non capisci niente. Le prese una strana euforia, che riuscì a farle vendere anche una copia di Pinocchio – libro che trovava di una noia mortale – e un bestseller di Bruno Vespa, Il palazzo e la piazza, che giaceva dimenticato da ventiquattro mesi, come un parmigiano stagionato.
Per chiudere in bellezza, arrivarono anche Julie e sua sorella Anastasia, che voleva un regalino per il suo fidanzato calabrese, Nunzio.
Diego le consigliò Cazzimma, perché parlava di Napoli e non era scritto da Erri De Luca. Fu così persuasivo che le due ragazze lo comprarono all’istante. “Bye bye Diego” gli dissero per salutarlo, e lui se lo sarebbe voluto tatuare sulla schiena.
Prima di uscire, Ornella tornò indietro a prendere due cioccolatini, uno per sé e uno per lui. Quelle furono le uniche parole che riuscì a trovare per dirgli grazie.