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Tra barba e capelli, Diego sperava sempre che gli chiedessero di fare i capelli.

Perché aveva maggiore controllo sugli occhi dei clienti e quindi poteva rimediare più facilmente alla prima espressione di terrore che compariva sul loro volto. La barba sembrava un’operazione più semplice, ma gli errori erano più difficili da correggere: come lo allunghi un pizzetto se l’hai appena sbagliato? E se aveva dubbi su come stesse andando, suo nonno gli diceva che il cliente scontento lo senti dalle spalle: “Uaglio’, se non gli piace cosa stai facendo s’irrigidisce, e appena può si tocca la testa”. Quindi era sempre lì a vigilare sulla schiena del signore di turno per capire se era contento oppure no.

Quel pomeriggio il negozio era tutto suo e lui già si vedeva padrone della via: da un lato la libreria, di fronte il negozio di barbiere, e presto avrebbe acquisito anche Paul’s, la gioielleria, l’agenzia immobiliare, Julie e le sue piante e il pub in fondo alla strada. Altro che Harrods: sarebbe diventato il nuovo Mohamed Al-Fayed di Londra.

Se fosse stato ricco, sarebbe stato insopportabile, già lo sapeva, quindi era contento del suo precariato in sterline, che rispecchiava il suo precariato sentimentale.

Furono ore piuttosto tranquille, anche se dalle cinque in poi tutti sentirono la necessità del suo “tocco magico”, come amava dire lui.

Uno degli ultimi clienti aveva una cinquantina d’anni e apparteneva alla categoria che nessuno vorrebbe: quelli affezionati a un altro barbiere.

Diego, però, anziché andare in affanno, pensava a quanti problemi inutili si faceva la gente, e se ne fregava: “pienz’ a salut” gli diceva suo nonno. Si concentrava, si sforzava di sorridere, chiedeva sempre “allora come li facciamo?” e, se commetteva qualche errore, diceva “sorry sorry”.

Il messaggio di Carmine lo aveva sconvolto, ma la decisione di non rispondergli lo aveva quasi convinto di essere guarito. Era stata però una dura lotta con se stesso, che gli era costata una notte insonne.

Il cliente, vedendolo sbadigliare, era sempre più sospettoso, e ogni volta che Diego avvicinava le forbici alla sua testa si metteva quasi sull’attenti, accompagnando ogni ciocca caduta con una specie di sospiro.

Ma lui non demordeva e, complice l’assenza del manager, si teneva sveglio sentendo in streaming la partita di ritorno di Coppa del Napoli. Ogni tanto diceva “tutto ok?”, convinto com’era che gli italiani stessero simpatici a prescindere, mentre il signore rispondeva “yes” con lo stesso entusiasmo di un bambino a una mensa scolastica.

L’Italian Bookshop di fronte era il polmone verde di Diego. Anche se, da quello che vedeva, il clima non doveva essere troppo allegro quel giorno: Clara spariva spesso nel retro e Ornella faceva cadere troppi libri, inseguita dalla Patti, che per lui era un’altra grande attrice di sceneggiata.

Appena il suo cliente andò via – senza lasciare la mancia – lui uscì a fumarsi una sigaretta, anche perché era troppo teso per l’esito della partita. Erano ai supplementari e lui preferiva distrarsi un attimo. Anche Julie in quel momento era fuori dal suo negozio e stava indicando delle piante a una signora. Tirava su ciclamini fioriti, bouquet, piccoli cactus. Doveva trattarsi per forza di un regalo.

Dopo una serie di “no” con la testa, la signora andò via senza acquistare niente, e i due si guardarono a distanza pensando che non fosse giornata.

Diego aveva il cuore infranto ma la scrutava con la stessa sicurezza che gli aveva dato la ragazza burrosa, e tirò di nuovo il mento in fuori. E così fu Julie che, poco abituata a qualcuno che non corresse da lei, gli si avvicinò per un istante.

«Non vieni più a trovarmi perché hai paura che ti faccia spendere troppo?»

Diego rimase a bocca aperta.

«Ma che dici?»

«Avevi una faccia l’altro giorno quando hai visto lo scontrino che non me la scorderò mai... sembravi l’attore di The Artist! Ma potevi dirmelo che non avevi soldi!»

«No, guarda che qua ti stai facendo dei film che non esistono. Io sono espressivo di mio perché sono napoletano, e da noi le cose si sottolineano... ora non so dire bene “sottolineare” in inglese...»

«Non ti preoccupare, ho capito. Sei il solito italiano orgoglioso e permaloso.»

«Ma che ne sai tu degli italiani?»

«Il fidanzato di mia sorella basta e avanza.»

«Ah, Nunzio... come sta?»

«Forse dopo passa di qui a trovare Anastasia.»

«E allora digli che lo aspetto per fare uno shampoo da me.»

Julie scappò via e Diego, vedendola in mezzo alla gente, pensò che potesse essere la ragazza giusta per lui. Era dolce, semplice e intelligente. Ma quando fai la lista delle qualità non è mai un segnale incoraggiante per una storia: il vero amore non sa mai rispondere ai perché.

Ornella era uscita un attimo dalla libreria, quando li aveva visti confabulare. Aveva bisogno di fuggire e distrarsi. La notizia di Axel l’aveva sconvolta e non sapeva come affrontarla se non nel modo che le era venuto sempre naturale: fuggire. Diego la vide immobile in strada e la raggiunse.

«Allora, che succede?»

«Niente, dài.»

«Vi manco oggi?»

«Molto. Ci siamo tutte affezionate a te.»

«Be’, Clara non mi sembra proprio.»

«Ma lei è fatta così. Senti, volevo parlarti di una cosa...»

«Dimmi.»

Ornella stava per prendere la rincorsa e raccontargli la sua angoscia, ma riuscì a fermarsi in tempo. Non aveva alcun diritto di intristire un ragazzo che conosceva da poco, che le era simpatico e che la guardava con gli occhi più dolci del mondo, anche se cercava solamente di sentire la partita.

«Allora, che succede?»

«Ehm... Volevo chiederti... mi puoi cambiare dieci sterline in moneta per la libreria?»

Disse la prima cosa che le venne in mente, ma Diego la prese alla lettera. La fece entrare in negozio, che in quel momento era occupato solo dal contropiede del Napoli. Digitò il codice, aprì la cassa, contò le monete e quando gliele consegnò, Ornella si rese conto di non avere la banconota da dieci, per cui tornò in libreria a prenderla, sotto gli occhi perplessi di Clara e della Patti, che la osservavano preoccupate. Era sull’orlo della disperazione e si aggrappava a quella banconota come se fosse la sua unica ragione di vita.

Appena si ripresentò dal barbiere, trovò Diego con addosso il giubbotto, pronto ad andare via. Il suo sguardo era teso e irriconoscibile.

«Ornella ti devo chiedere un favore, e scusami se non ti do preavviso, ma si tratta di un’emergenza.»

«Oddio, non ti senti bene? Attacco di panico? Vado a prendere l’Ansiolin.»

Quel problema la distrasse subito dal suo.

«No, no. Il Napoli... la partita finisce ai calci di rigore.»

«E allora torni a Napoli?»

«Ma che dici, Orne’, stai fuori... faccio un salto al pub, che lì la trasmettono di sicuro... è Europa League, capisci? Vedo i rigori e torno. Ti giuro... solo dieci minuti. Tu intanto prega ’a maronn’ e stai qui a fare la guardia, così vedi la tua libreria da un’altra prospettiva.»

Ornella era così spiazzata che accettò suo malgrado. Preferiva stare lontano dalla Patti perché le diceva cose che non voleva sentire. Entrò in quel nuovo ambiente che aveva sempre osservato da fuori e cominciò a curiosare tra phon, forbici e schiume da barba. Stava in piedi, sola e un po’ impacciata, quando vide arrivare Nunzio, il ragazzo calabrese.

«Ma lei non è la libraia?»

«Sì, ormai con la crisi tutti fanno tutto. Io sto dando una mano a Diego, che in questo momento è... impegnato... ma tra poco arriva...»

«Tanto mi serve giusto una spuntatina, quindi può iniziare a fare lo shampoo.»

Lavare la testa a qualcuno era sempre stato uno dei sogni di Ornella, ma mai avrebbe pensato che glielo potessero chiedere sul serio. Si affacciò per vedere se Diego spuntasse all’orizzonte, invece niente. I rigori sanno essere lunghi e traumatici, ma lei era fiduciosa. Nunzio cominciò a sembrare impaziente e a sbuffare con la solita presunzione degli arricchiti.

Lei era tentata di dirgli che suo marito stava morendo e che la sua fretta in quel momento era ridicola e inopportuna, ma per parlare di certe questioni ci vuole tanta forza, e lei non ne aveva. Andò nel panico e capì che doveva ingegnarsi e fare qualcosa. Più che altro, non voleva più rientrare in libreria per affrontare la realtà.

Cercò di ricordarsi i gesti che aveva sempre visto fare in quel negozio, come un robot. Chiese a Nunzio di accomodarsi sulla poltrona, gli mise addosso un asciugamano cercando di essere naturale, aprì il rubinetto, chiese “va bene l’acqua?”, e improvvisò un lavaggio. Mentre gli massaggiava le tempie, pensò che era proprio una sciampista nata.

Nunzio chiudeva gli occhi sforzandosi di rilassarsi, ma era preoccupato dall’impressionante quantità di schiuma.

Quando finalmente arrivò Diego urlando di felicità – il Napoli aveva vinto sette a sei! – trovò Ornella con gli occhi persi nel vuoto senza sapere più cosa fare, e Nunzio che lo salutava come il suo salvatore. Prese un asciugamano pulito e lo passò alla “sciampista” senza fare commenti: si sentiva in colpa ma, soprattutto, gli veniva da ridere. Per la prima volta era lui a insegnarle qualcosa. Le disse che per quel giorno aveva già dato e le consigliò di tornare in libreria. Lei sarebbe restata tutta la sera a lavare teste, ma non era possibile. Doveva affrontare la realtà.

Rimasto solo, Diego si poté dedicare con calma alle basette di Nunzio, che era di fretta, ma troppo educato per darlo a vedere. Il linguaggio del corpo un po’ lo tradì, e Diego fu più celere del solito. Si sentiva in soggezione con lui, per il fatto che gli ricordava Carmine.

Al momento di pagare, gli indicò gentilmente la porta. Nunzio provò a insistere tirando fuori una manciata di banconote, ma alla fine dovette accettare il regalo.

Prima di uscire gli disse solo: «Non si fa così e non finisce qui».