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Un napoletano non potrà mai lasciare veramente Napoli. Potrà dimenticarla per un periodo, potrà non rivederla per anni, ma quel golfo e i suoi colori prima o poi torneranno da lui. Diego non faceva eccezione, anche se odiava il caffè in tazza calda e la pizza gli restava sullo stomaco, e ora finalmente lo poteva ammettere.

Ornella non lo conosceva, ma lo salutava dal primo giorno in cui l’aveva visto – almeno un mese – anche se quella specie di sorriso con cui lui la guardava la metteva a disagio. In realtà, la osservava perché si sentiva solo, e quella donna gli ispirava fiducia.

Prima di Londra, Diego aveva lavorato come ragioniere in una cooperativa, che poi era fallita, facendo sentire un fallito anche lui. Era pure naufragata tristemente la sua storia d’amore con una ragazza. Toccato il fondo, aveva deciso di ricominciare all’estero, e Londra era stata l’unica meta possibile. Perché un suo cugino era da tanto che gli diceva di venire, lui che era riuscito a entrare in uno studio legale. Poi, però, quando si era trattato di aiutarlo concretamente a trovare casa e lavoro, era sparito e Diego era rimasto da solo a distribuire curricula a ristoranti, bar e catene di abbigliamento. Era stato l’orgoglio a fargli trovare quel posto come barbiere. Sarebbe stato per sempre grato a suo nonno che gli aveva insegnato un mestiere, quando il sabato se lo portava nella sua bottega a borgo dei Vergini: “Uaglio’, un gran signore si riconosce dalle scarpe e da un bel taglio di capelli!” gli ripeteva.

Ma vedendo Diego non avresti mai pensato a una persona complessa, perché lui diceva che la gente aveva già abbastanza problemi per cui non gli puoi rovesciare addosso anche i tuoi.

Ornella lo guardava chiedendosi se sarebbe stata in grado di iniziare una conversazione, stanca com’era della sua giornata di lavoro.

«Io non ho ancora capito chi comanda nella tua libreria.»

Lei si rese conto che non era una domanda stupida.

«Io sarei la direttrice, diciamo così, e Clara è una dipendente. Anzi, una collaboratrice, come bisogna dire oggi per non offendere nessuno. Poi c’è il proprietario, Mr Spacey, che non viene mai e quando viene sono dolori.»

«Ah sei tu la direttrice?»

«Perché, non sembra?»

«No, ti muovi sempre come se avessi paura. Temi che quell’altra ci resti male, maronna mia... e quella sta sempre storta... quando vi mettete a sistemare la vetrina vi sento di là e mi fate venire i nervi. E poi a me i libri messi così mi sembrano un carnevale, dai retta a me! Ci credo che poi la libreria va male...»

«E tu cosa ne sai?»

«Io sarei napoletano, diciamo così.»

Ornella sorrise, e avrebbe sempre più voluto accendersi una sigaretta e fargli compagnia. Diego, come se le avesse letto nel pensiero, le lasciò in mano la sua e rientrò in negozio a prendere la giacca. «Su andiamo» le sussurrò riprendendosi la Marlboro, «offriamo una birra a questa bella signora prima che le venga l’appucuntria» le disse facendole gonfiare l’ego in modo spropositato. Dopo i cinquant’anni la parola “bella” equivale a “bellissima”.

«Cos’è l’appucuntria?»

«È quel misto di noia, nostalgia, mal d’amore, insoddisfazione e solitudine.»

«Ah, ce le ho tutte!»

Diego pensò che Ornella era una napoletana mancata e si sentì un po’ a casa. Lei aveva ritrovato il solito passo e sembrava rilassarsi. In fondo le bastava un complimento per cambiarle l’umore, e mai come in quei giorni ne aveva bisogno. Era la campionessa mondiale di cadute – scale, scale mobili, androni, porte girevoli, pavimenti bagnati, pavimenti sdrucciolevoli, tappeti, sentieri, bar – ma continuando a cadere si rischia poi di non rialzarsi più. Ora però un giovanotto le offriva una birra e un braccio, e lei era contenta così.

Per essere maggio non faceva caldo, ma entrambi sentirono la necessità di sedersi fuori dal pub. Come se l’aria fresca li aiutasse a chiarirsi le idee. Ornella si accomodò al tavolino all’angolo della via, e Diego entrò a prendere da bere. Dopo poco tornò a mani vuote.

«Scusa, guagliuncella, ma mi è venuto un dubbio: tu sei da birra o da prosecco?»

«Oh, io bevo tutto ma preferisco le bollicine. »

«Lo sapevo, ja’. Tieni proprio la faccia.»

Ornella tolse il foulard e per un attimo dimenticò le preoccupazioni. Nascose la borsa sotto il tavolo e si mise comoda mentre Diego le portava due bicchieri accompagnandoli con un sorriso. All’estero ogni gesto assume un significato più profondo, perché la solitudine amplifica tutto, e avere qualcuno con cui chiacchierare dopo il lavoro può diventare la tua festa di compleanno.

Le giornate si stavano allungando e il cielo regalava sfumature difficili da imitare. Flask Walk era un viavai di persone veloci, che sembravano correre verso chissà quale appuntamento.

Diego e Ornella restarono lì a vederle passare e a bere prosecco, leggermente impacciati. Nessuno dei due voleva lasciare indizi del proprio malessere, quindi sorridevano e bevevano, limitandosi alla superficie delle loro esistenze.

«Anche a Napoli facevi il barbiere?»

«No, lì facevo il ragioniere per una cooperativa di prodotti equosolidali: il Sud del mondo, il chilometro zero, tutte quelle cose che ti fanno sentire utile alla società... Poi so’ finiti i soldi e me ne sono venuto qui.»

«Oddio, povero, mi dispiace.»

«E per cosa, per il lavoro? Sai quante persone stanno nella mia situazione? Almeno ora riesco a mantenermi... E poi l’importante è stare bene con se stessi.»

«E tu stai bene con te stesso?»

«Io sto una chiavica... ma tutt’appost’, poi mi ripiglio.»

Ornella capì il senso, ma non le parole, e avrebbe voluto rispondergli: “Non sei solo”. Invece gli disse: «Passerà», come la canzone di Aleandro Baldi. Lo invitò a finire di bere e si alzò per andare a prendere il secondo giro. Diego provò a fermarla, ma lei lo fulminò dicendo: «Non puoi vietare a una bella guagliuncella di offrirti un altro bicchiere». Quanto si piacque mentre lo diceva, neanche fosse Angela Luce in Lacrime napulitane, e fu per miracolo se riuscì a tornare al tavolo senza rovesciare i bicchieri.

Entrambi sentivano il bisogno di novità. Diego si calò nel ruolo del seduttore che associa ancora l’Inghilterra a una meta adolescenziale dove spezzare i cuori. Cercava di essere simpatico e di ridere anche quando non era il caso, in una sorta di ansia da prestazione senza motivo. Un paio di vetrine più in là, la ragazza del negozio di fiori stava vendendo un bouquet.

«E di lei che mi dici?»

«Julie? Ah, è adorabile. È danese e gestisce questo posto delizioso con sua sorella, che tra l’altro sta con un ragazzo italiano.»

Ornella sapeva vita, morte e miracoli di quelli che lavoravano intorno alla libreria.

«E Julie è fidanzata?»

«Prima lo era di sicuro, perché un tizio la aspettava sempre davanti al negozio alla sera... ora sono due o tre settimane che non lo vedo più. Oddio, non si saranno mica lasciati?»

«Tanto l’amore è sempre una lotta, Orne’. E tu sei sposata?»

Lei lo guardò con un sorriso tirato, che a volte è più eloquente di un broncio. E anche se era una domanda semplice, banale e comprensibile, non seppe rispondere.

“Tu sei sposata?” era la cosa più difficile che le persone le potessero chiedere.

Diego interpretò il suo silenzio come quello di una zitella in imbarazzo, e provò a distrarla parlandole dell’unica persona che gli venne in mente in quel momento: sua mamma Rosa. Ornella gli chiese:

«Ma tua mamma è una di quelle che ti manda i pacchi con le mozzarelle?»

«Guarda che sto qua da un mese! E poi le mozzarelle no perché sono intollerante al lattosio.»

«Oh mi spiace.»

«Ma va’, è una fortuna! Sai che oggi bisogna essere intolleranti almeno a una cosa altrimenti a cena non vieni più considerato... Se mangi tutto, diventa un problema. Tu a cosa sei allergica?»

«Per ora a niente, ma a questo punto m’ingegno subito. Va bene anche se dico pomodoro?»

«Certo, si può essere intolleranti a tutto. Ma è meglio dire cose più particolari tipo l’origano o le rape rosse.»

«L’intolleranza all’origano mi piace! Non vedo l’ora di cominciare.»

«Brava! E vedrai come verrai subito rispettata.»

Diego gesticolava molto mentre sosteneva quella conversazione surreale, e con l’occhio ogni tanto puntava Julie, quando lei faceva capolino per sistemare le piante esposte.

Ornella lo ascoltava e rideva, e già si immaginava la sua vita da intollerante. Fino a che si rese conto che si erano fatte le sette e venti e stava per iniziare la soap opera di cui avrebbe tanto voluto far parte: EastEnders.