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I primi giorni Diego non fece altro che spostare volumi. Mai avrebbe pensato che i suoi bicipiti potessero tornare così utili. Se li riguardava la sera nella sua stanzetta di Kilburn, dopo aver fatto le flessioni per non stare a controllare Carmine su Facebook. La ginnastica gli faceva compagnia e lo stancava tanto da farlo crollare.
La lingua inglese era l’unico punto di contatto tra lui e Clara, che era un po’ rigida e si sentiva sempre più esclusa da quello che considerava il suo posto. Lui, invece, l’ammirava soprattutto quando l’ascoltava conversare con i clienti. Gli sembrava di essere a una lezione di Listen and Repeat della BBC.
Clara si era accorta di essere osservata, ma faceva finta di nulla. Aveva comunque deciso di non dargli confidenza. Lo considerava come uno che serviva a sollevarla da tutte le incombenze. “Già che vuole fare lo stagista, che faccia cose da stagista” diceva tra sé. Lo chiamava per arrampicarsi in cima a uno scaffale, per rincorrere una signora che aveva dimenticato un pacco, per cambiare l’acqua alla vaschetta di Russell & Crowe – gesto che le dava particolare soddisfazione – o per fare telefonate ai clienti, cosa che Diego viveva con grande apprensione. Quelle erano un vero e proprio esame, e Clara lo osservava con un certo sadismo.
Ornella, invece, sentendosi un po’ Maria Goretti, era sempre disposta a rispondere alle domande che lui le faceva di continuo, mettendola in difficoltà.
«Perché i vocabolari sono lontani dai corsi di lingua? Da cosa capisco se un libro è nuovo? Come distinguo un classico da un romanzo contemporaneo?»
«Diego, una domanda alla volta. Prima devi capire il cuore delle storie.»
«È questo il vostro problema, Ornella! Il cuore! Voi li amate troppo questi libri, invece dovete essere più distaccate...»
«Io non ci riesco.»
«Invece devi. Fidati di un ragioniere: prima facciamo quadrare i conti, poi vediamo il resto.»
Clara ascoltava di nascosto ed era sempre più convinta che Diego avesse un solo obiettivo: arrivare alla cassa. Così suggerì a Ornella di stare all’erta, anzi le consigliò di lasciare dei soldi in giro per vedere se il loro stagista era veramente onesto. Peccato che le banconote venissero avvistate anche dai clienti, che con grande disinvoltura se le intascavano facendo finta di nulla.
Ma Ornella era convinta che Diego non potesse essere un ladro: aveva occhi che ogni tanto parevano allontanarsi da lì, per poi riaccendersi non appena si sentiva osservato. Anche lei, in fondo, era così. Serena con gli altri, malinconica con se stessa.
Clara, invece, sembrava seriosa su tutti i fronti e da ogni punto di vista. Era felice solo quando arrivavano le cinque e si preparava il suo bel tè.
Un pomeriggio le venne da chiedere a Diego se ne gradiva una tazza e lui, pur di conquistarla, le disse che quando fosse andata a trovarlo a Napoli l’avrebbe portata al caffè arabo in piazza Bellini, e che mamma Rosa le avrebbe fatto le zeppole. Discorsi che lei pensava appartenessero ormai a un’Italia passata. “Ma l’Italia è sempre passata” aggiungeva amara, ripromettendosi di non offrirgli più nulla.
Dopo una settimana, Ornella chiamò per l’ennesima volta la Patti, con cui era in filo diretto sullo stato di salute della zia Lucrezia.
«Ornella, brutte notizie.»
«Oh, Patti... Alla fine ci si affeziona sempre alle persone, anche a quelle che pensiamo non ci piacciano.»
«Non hai capito. La cariatide sta migliorando e l’hanno tolta dall’isolamento...»
«Oh, ma... è un miracolo!»
«Eh, sì. Anche i medici non se lo spiegano... dicono che sia una donna geneticamente superiore.»
«Meglio così, Patti. Tu con troppi soldi perderesti la testa, e anche tuo marito. Per cui devi essere contenta.»
«Se lo dici tu. Ma perché non lo sono?»
«Perché sei una donna, e una donna è sempre insoddisfatta.»
«Parli come Clara. Come va il ragioniere?»
«Alla grande. Abbiamo già incrementato le vendite!»
Non era sicura che fosse vero, ma non voleva abbattere ulteriormente l’umore della sua amica.
«Te l’avevo detto. Digli di mettersi camicie un po’ attillate e vedrai che succederà. Ricordati che i libri li leggono soprattutto le signore.»
«E come glielo dico?»
«Prova a dirglielo in napoletano. Su Google trovi il traduttore automatico.»
«Ah ah. La povertà ti rende più spiritosa.»
«Poi fallo sentire un eroe... e fregatene di Clara!!! Vado che mio marito vuole portarmi fuori a cena per festeggiare la ripresa della zia. Dice che non era pronto a prendere le redini del patrimonio. Che faccio, gli sparo o mi metto il cappello rosso?»
«Inizia a metterti il cappello.»
«Tu che fai per cena?»
«Non so. Mi mangio due uova, un pezzo di cheddar e bevo un bicchiere di prosecco. Sono abbastanza triste?»
«Non lo sarai mai quanto me.»
Ornella mise giù sorridendo, senza rendersi conto che Bernard era seduto sui gradoni di casa sua e la stava osservando.
«Hai sentito che cenerò con un pezzo di cheddar?»
«Eh?»
«HAI SENTITO CHE CENERÒ CON UN PEZZO DI CHEDDAR?»
«Be’, adesso sì...»
Mentre Bernard si avvicinava al muretto che li separava, Ornella avrebbe voluto sparire dentro un tombino.
«Quindi, a questo punto, o uniamo i nostri pezzi di cheddar, o ti invito a cena fuori.»
Unire due pezzi di formaggio poteva essere un’idea, ma le venne il dubbio che il suo cominciasse ad avere un po’ di muffa. Provò a pensare a una scusa, ma quell’uomo la rassicurava. Temette che potesse riconoscere il nano rubato, per cui decise di accettare senza titubanze. «Dammi cinque minuti e sarò Marilyn» gli disse distrattamente, e lui sorrise.
Quando entrò in casa e aprì l’armadio, Ornella si chiese come avesse fatto a dire una frase così stupida. Ma erano anni che un uomo non la invitava a uscire.