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L’uscita dalla clinica fu molto più rapida dell’entrata e Ornella ritrovò i passi della casa di Piero senza alcuna indecisione. Verona non era cambiata e sembrava volerle bene. Anche i semafori erano verdi e le auto la lasciavano attraversare, come se tutti cogliessero il suo stato d’animo. Era sconvolta e camminava veloce, cercando di non pensare ma sapendo già cosa avrebbe fatto. La Patti stava provando a chiamarla da almeno mezz’ora senza ottenere risposta: Ornella voleva prima essere sicura del piano che aveva in mente.
Si attaccò al citofono di Piero con la stessa determinazione con cui ci si era già attaccata molto spesso, con il terrore che lui per una volta non ci fosse. Invece le rispose con il tono di chi la stava già aspettando e le chiese di salire.
Piero la osservò entrare con gli occhi dritti davanti a sé, senza più la disperazione che l’aveva contraddistinta in passato. Ma Ornella era la sua donna sbagliata, e lui le aveva voluto bene per quello. E ora che ce l’aveva di nuovo di fronte, un po’ più adulta ma finalmente lucida, gli sembrava ancora la ragazza di un tempo.
«Ti devo chiedere un favore, Piero. Un altro. L’ultimo.»
«Smettila di dire sempre che è l’ultimo...»
«No, dài... Vorrei che mi prestassi la tua macchina.»
«Ora?»
«Be’, sì. Te la riporto domani al massimo, dimmi che non ti serve.»
Piero ebbe la certezza di avere ancora un debole per lei.
«Mi serve, ma mi arrangio. Ornella, ma tu hai la patente?»
«Naturalmente no. Ma la Patti ce l’ha, è una mia amica... è cauta, affidabile. Devo solo avvisarla che stiamo per partire.»
«È qualcosa di grave?»
«Axel sta morendo, e la sua fine dipende anche da me. Prima però devo parlare con una persona.»
Sapeva di essere evasiva e che stava facendo una cosa fuori dal comune, ma sentiva che doveva partire. Davanti a quegli occhi, Piero non ebbe scampo, anzi si offrì di accompagnarla, ma Ornella voleva solo la Patti. La chiamò mentre lei era in giro per Verona a cercarla, terrorizzata che si buttasse giù da qualche ponte sotto gli occhi dei turisti. Anche nelle disgrazie, la Patti amava pensare in grande.
«Ornella, sei viva.»
«Sì, io sì. Axel... un po’ meno, ma non ho tempo di spiegarti ora. Dobbiamo partire.»
«In che senso?»
«Devo tornare in comunità e ci posso tornare solo con te.»
La Patti sentì la terra mancarle sotto i piedi.
«Perché?»
«Te lo spiego dopo, dimmi solo se hai la patente.»
«Certo che ce l’ho, ma io non so se me la sento di tornare là... Poi devo consegnare Tante vite, un solo angelo e mio marito mi sta dando per dispersa.»
«Patti, non mi puoi mollare proprio adesso. Tanto domani ritorniamo qui. Sarà veloce, vedrai. Devo solo fare quattro chiacchiere con una persona.»
«E chi sarebbe?»
«Ora non posso dirtelo... ma non è don Rigoni.»
«Meno male. Ci mancava solo lui.»
La Patti, per un attimo, pensò al suo giardiniere che ogni tanto le appariva in sogno e di cui non aveva avuto più notizie. Lo aveva cercato anche su Facebook, inutilmente. Ornella continuava a restare in attesa di una risposta.
«Dimmi solo se te la senti di guidare fino in Toscana.»
«Certo. Io con questi tacchi ho girato il mondo!»
«Allora muoviti. Ti aspetto qui dal mio amico Piero, ti ricordi?»
«Oddio, quello a cui hai venduto la macchina per fare la fonduta!!!»
«Sta in piazza San Nicolò. Prendi un taxi tanto ci metti pochi minuti.»
Fu tutto così concitato che Ornella non ebbe il tempo per un’esitazione.
La Patti invece cedette un attimo – l’idea di rivedere il suo giardiniere le aumentò i battiti cardiaci – ma era talmente concentrata sul futuro della sua amica che cercò di dimenticare il suo conto in sospeso con quel luogo in Toscana.
Quando ti salvi insieme a qualcuno, stringi con lui un patto che va oltre i comuni sentimenti, e il destino dell’uno resta inevitabilmente intrecciato a quello dell’altro.
Prima di lasciare temporaneamente la stanza sull’Adige, la Patti diede una ripassata al trucco. Già che poteva rivedere il giardiniere, non voleva farlo senza un minimo di fard. Poi unì le cose sue e di Ornella, chiamò un taxi e andò a casa di Piero. Era curiosa di conoscerlo perché la sua amica gliene aveva parlato molto, a Cetona, tra passeggiate e preghiere, e glielo aveva sempre descritto come un santo. Lei quindi se lo immaginava con la pancia molle e le tettine cadenti.
Ecco perché rimase piuttosto sorpresa quando si trovò davanti un uomo tonico e brizzolato, dall’aria sicura, una giacca un po’ lisa e lo sguardo profondo. Certo, subito dopo perse molto della carica sexy quando lei vide la macchina che le stava prestando: una Seicento blu piuttosto andata. Quella vecchia auto contrastava parecchio con la mise della Patti, che si era presentata in tacchi e chiffon.
Se Piero non avesse voluto bene a Ornella in modo così incondizionato, non le avrebbe mai lasciato la macchina, soprattutto dopo aver visto la partenza della Patti, che era tutta una lotta tra freno e frizione. L’unica cosa che le venne bene fu il doppio colpo di clacson che gli fece in partenza, mostrando una certa sicurezza fino al bivio successivo: lì né lei né Ornella seppero più in che direzione andare. Così, dopo aver provato inutilmente a inserire l’indirizzo della comunità sulla app del telefonino, decisero di ritornare al caro vecchio metodo, rivolgendosi ai passanti. Cominciarono chiedendo indicazioni per Firenze, convinte com’erano che tutti dovessero conoscere le autostrade italiane. Poi provarono con Bologna, fino a quando a un signore si accese una lampadina e indicò loro l’imbocco per il casello.
Il cielo era ancora dalla loro parte e regalava raggi felici. C’era anche un’autoradio estraibile che Ornella riuscì a sintonizzare su Radio Nostalgia.
Alla prima canzone di Gianni Morandi iniziò a cantare a squarciagola e la Patti non la seguì, concentrata com’era alla guida con il tacco. Al secondo autogrill si fermarono a fare benzina e a chiarirsi le idee. Ornella sembrava più rilassata e la Patti aveva iniziato a ingranare le marce come si deve. Aveva scoperto che dopo la terza poteva mettere la quarta e nel parcheggio aveva anche provato la retromarcia: funzionava.
Entrarono nel bar e dopo essere state venti minuti nella toilette come due brave ragazze, si presero un caffè macchiato. La Patti lo avrebbe voluto corretto con la grappa, ma a Ornella mancava solo il sequestro di un’auto per guida in stato di ebbrezza, per cui la supplicò di non farlo.
Finalmente, risollevata da un cioccolatino e dagli occhi di un cameriere, la Patti mise Ornella nell’angolo per cercare di capire quale fosse la ragione di quell’ultima follia.
«Ci eravamo dette che a Cetona saremmo tornate per i nostri sessant’anni, e mi pare che manchi ancora parecchio.»
«Io non direi “parecchio” con così tanta sicurezza.»
«Allora, mi dici cosa dobbiamo andare a fare là? Che se ci ritrova don Rigoni è capace che ci mette di nuovo a sgobbare.»
«Magari non c’è, dài, e poi troviamo il modo di non incontrarlo. Più tardi chiamiamo la reception... Ti ricordi? Metà edificio è occupato dai ragazzi della comunità ma nell’altra metà c’è l’albergo! Mio Dio quanto invidiavamo quelli dall’altra parte... Non dobbiamo più essere segregate nelle cellette!»
Era sempre stato un sogno di Ornella tornare in comunità non come paziente, ma come cliente, in quella parte dell’ex convento adibito a hotel dove i ragazzi della comunità potevano avere accesso solo per fare le pulizie.
La Patti non si dava per vinta.
«Quindi mi confermi che non devi parlare con don Rigoni.»
«No, non è una persona vera e propria.»
«Ornella, non me lo dire. Non me lo dire ti prego Ornella non me lo dire. Vuoi andare a parlare alla tua madonnina?»
«È grave?»
«No, però potevi farlo anche con il pensiero da Verona, senza farci quattrocento chilometri con me alla guida.»
La Patti, in realtà, ce l’aveva con il prete perché l’aveva cacciata dopo aver scoperto il suo flirt con il giardiniere. Molte volte, negli anni a seguire, l’aveva considerato responsabile della sua infelicità.
Ornella sapeva benissimo cosa passava per la testa dell’amica, ma era troppo presa dal suo dilemma. La disperazione rende tutti un po’ egoisti. Tuttavia, mentre ripartivano a razzo in direzione Firenze, le disse la ragione per cui stavano facendo quella pazzia.
«Axel mi ha chiesto di aiutarlo a morire. Dice che sarebbe un regalo che lo farebbe andare via felice.»
La Patti scalò la marcia facendo sobbalzare la macchina in modo spaventoso. Era nera di rabbia.
«È il solito egoista e non si è smentito fino all’ultimo. Una sanguisuga che continua a chiedere fino alla fine... senza ritegno. Capisco che hai bisogno della tua madonnina.»
«Patti, non parlare così, povero Axel.»
«Povero? POVERO? La povera sei solo tu, che ancora gli dai retta. Ma spero che siano davvero gli ultimi sforzi... per te e per me.»
Ornella non aveva mai sentito la Patti usare un tono così secco.
«Me l’ha chiesto in un modo che non ti so dire... con una dolcezza che mi ha lasciata senza forze. Io non so se ce la farò, non credo... ma con quella madonnina ho un discorso ancora in sospeso.»
«Chissà se si ricorda. Gliel’hai fatto vent’anni fa.»
«Certo che se lo ricorda. È una madonna, e il suo lavoro è ricordarsi i fioretti e le promesse.»
A volte la Patti avrebbe preso Ornella a ceffoni, ma poi si pentiva subito.
«Sì ma la madonnina non ti dirà mai che puoi staccare la spina a tuo marito, neppure se lui te lo chiede in punto di morte.»
«Lei mi aveva promesso che Axel si sarebbe salvato.»
«Non ti aveva promesso un bel niente. Avevi fatto tutto da sola.»
«Patti, è il famoso mistero della fede!»
La conversazione da surreale divenne malinconica, fino a prendere una deriva silenziosa in cui le due deposero le armi. Il dolore sfinisce davvero.
«Tu in realtà non hai paura di incontrare don Rigoni, ma il giardiniere... di’ la verità, Patti.»
«Io non ho paura di niente.»
Superata Firenze, Ornella crollò addormentata, e la Patti poté finalmente lasciare andare una lacrima che teneva prigioniera da troppo tempo. Non stava vivendo una vita ma tante, tutte insieme. E in poco tempo. Si rese conto che, anche se si era persa anni preziosi, ora quella caduta agli inferi sembrava avere un senso. Se non fosse andata lì, non avrebbe mai incontrato un’amica così speciale, e pazienza se aveva dovuto pagare un prezzo tanto alto. Le grandi amicizie sono comunque dei lussi.
Le sparì il sonno, le sparirono le paturnie, sparì anche il nervoso che aveva nei confronti di suo marito Adolfo, che mentre lei guidava la bombardava di telefonate affinché chiamasse la zia Lucrezia per farle un saluto. E lei, pur di avere una tregua, si era fatta viva con la cariatide.
Fece un altro paio di soste in autogrill per chiedere indicazioni stradali, e capì che a volte basta poco per affezionarsi alle cose: si stava innamorando della Seicento. Era bruttina, ma non l’avrebbe mai scambiata per una Mini piena di spocchia. Oddio, per una Mini nuova forse sì.
Appena superò Siena era già buio ma le luci della città le accesero il cuore. Le aveva viste tante volte, mentre andava a casa “in esperienza”, come si diceva allora, quando dopo un po’ di mesi ti lasciavano andare a trovare i familiari per qualche giorno, se ti eri comportato bene. La Patti all’epoca non vedeva l’ora di tornare indietro, e non solo per il suo amore segreto. Perché la comunità è sì una prigione ma anche una salvezza, per questo è difficile sia entrarci sia uscirne.
Provò a fermarsi per prenotare una stanza in “albergo” al telefono, ma non riuscì a trovare il numero della reception. Si sarebbero presentate così, all’improvviso. L’importante era trovare la madonna e non il prete. Sul giardiniere, invece, aveva ancora le idee confuse.