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La Patti entrò in libreria come se fosse in una boutique. L’aria seria, la borsetta portata alla milanese, o meglio alla newyorkese, insomma in quel modo che hanno le donne per farsi venire il gomito del tennista. La prima persona che incontrò, malauguratamente, fu Clara, che la salutò con una stretta di mano, che lei interpretava ogni volta come un segno di inimicizia. Per rompere il ghiaccio, la Patti le chiese “come va?”, mentre sperava che Ornella si materializzasse al più presto. L’altra le rispose che il gatto non stava bene e la situazione in libreria era così disastrosa che difficilmente sarebbe potuta andare peggio. Era ancora arrabbiata per il cliente che era uscito senza acquistare Mafia, amore e polizia e questo le aveva rovinato la giornata. La Patti invece moriva dal desiderio di sapere come le stavano le scarpe nuove di cui non era ancora del tutto convinta, e che iniziavano a farle male.

Appena Ornella comparve, Clara andò via disgustata. Voleva evitare quelle scenette strappacuore che aveva visto troppe volte, e a cui non riusciva ad abituarsi. Così le due amiche aspettarono di essere sole prima di abbracciarsi, e ancora una volta la Patti tenne a bada la commozione per non sciuparsi il trucco.

«Sei sempre la più bella donna che abbia mai incontrato.»

«Anche se sono grassa e povera?»

«Ma non sei povera, Patti! Tra un po’ erediterai una fortuna!»

«Quindi stai dicendo che sono grassa?»

«Oddio, no. Non sto dicendo niente.»

«Ormai l’hai detto.»

Ornella cercò di farsi perdonare girando intorno all’amica con ammirazione. Non trovava mai le parole giuste per farle i complimenti: quando diceva la giacca, avrebbe dovuto dire le scarpe. Se le scappava “che bella borsa” l’altra le ricordava che era un regalo suo. Così cercava sempre di essere generica.

«È bello vedere che non sei cambiata.»

«Darling, ci siamo viste un mese fa.»

«Oddio, è vero! Come sta la zia Lucrezia?»

«Come vuoi che stia? Io quando mi ricordo di fare i controlli ho sempre qualche valore sballato. Alla cariatide le hanno fatto l’elettrocardiogramma e le hanno detto che ha il cuore di una cinquantenne.»

«Ma la cariatide è ancora intenzionata a tenersi il malloppo?»

Lei e la Patti avevano soprannominato la zia “la cariatide” perché stava sempre lì aggrappata al suo patrimonio.

«Certo. Dice che lei è stata povera fino a cinquant’anni ed è quello che le ha insegnato a vivere. E noi siamo terrorizzati che intesti tutto alla Chiesa!»

«Tuo marito che dice?»

«Dice che chi è povero muore povero. Lo sai, non è proprio Braveheart. Ma dimmi tu piuttosto: che succede, Orni?»

Ornella vide i libri intorno a sé e desiderò abbracciarli tutti con la musica di Ghost. Ma non aveva voglia di parlare del loro destino in quel momento, per cui non rispose. Cercò invece di dare una parvenza di ordine sugli scaffali, visto che era già ora di chiudere il negozio. Ci mise eccezionalmente solo dodici minuti, gli stessi che la Patti aveva impiegato per scegliere cosa mettersi. Per lei, Londra era un’eterna domenica in cui bisogna essere vestiti bene.

Quando le due amiche uscirono, Diego era seduto fuori e sembrava aspettarle, come i bambini davanti a una vetrina di giocattoli. Non fumava ma sorrideva. La Patti lo vide e si dimenticò subito di Samir. Si aggiustò il vestito e si sentì incredibilmente fiera delle sue scarpe scomode ma sensualissime. Lui aveva tutto ciò che la Patty trovava sexy in un uomo: i capelli ricci, il petto disegnato e i denti bianchi.

Amava i ragazzi giovani e in un paio di occasioni aveva ceduto alle avances del suo personal trainer, che aveva un debole per le donne mature.

Lei si era poi sentita così in colpa con suo marito che aveva smesso di andare in palestra.

Diego la vide avvicinarsi e si mise nella posa del guerriero partenopeo di cui aveva il copyright: braccia conserte, schiena dritta e mento in avanti.

«Ma quest’altra guagliuncella è pure lei italiana o è parigina?»

La Patti tornò a sentirsi la modella che sfilava durante l’università.

«Diciamo fifty-fifty. Veramente sono italiana, ma ho studiato a Parigi. E tu sei di Napoli?»

«Si sente assai?»

«Hai un accento lievemente marcato.»

Lui non capì se la Patti stesse scherzando, ma non gliene importava: era fiero del nome che portava in omaggio a Maradona. Era nato lo stesso anno del mitico scudetto della sua squadra del cuore e mamma Rosa non aveva avuto dubbi: il bambino si chiamerà accussì. Ornella intanto aveva fatto un passo indietro per lasciarli parlare, e Diego ricercò subito la sua attenzione.

«Oggi non so se bastano le bollicine per tirarti su l’umore, eh signora?»

«Be’, se chiami la mia amica “guagliuncella” e a me oggi dai della “signora” non migliori la situazione.»

«Ecchenesò, prima mi hai salutato così freddamente che pensavo preferissi mantenere le distanze.»

«Ma io non ce l’avevo con te!»

La Patti osservava la sua amica e riconobbe il tono di quando era contenta. Pensò che la bellezza di Diego facesse diventare tutti più espansivi.

«E tu, guagliuncello, che facevi in Italia?»

«Il ragioniere per una cooperativa, e ora faccio il barbiere part-time.»

«Però, che carriera.»

«C’aggia fa’... Ho dovuto decidere in fretta, ma a volte hai giusto il tempo di prendere e partire.»

«Sei pentito?»

«Macché. Quando scappi non ti devi mai pentire.»

Il motivo della fuga si chiamava Carmine, ma non poteva dirlo. Era un amico della sua ragazza, fidanzato anche lui, e alla fine, senza volerlo, Diego se ne era innamorato. Si vedevano clandestinamente a fine serata, dopo aver riaccompagnato le ragazze a casa dal cinema o da una pizza da 50 Kalò. La doppia vita li elettrizzava, ma mentre per Carmine era un gioco, Diego aveva iniziato a prenderla sul serio.

La sua fidanzata aveva intuito e lo aveva lasciato. Ma appena fu libero e solo davanti alla sua ossessione, Diego decise di scappare. Carmine aveva iniziato a essere meno presente, a defilarsi, a intuire che non era più solo divertimento: un pezzente salito non poteva permettersi dubbi sulla propria virilità.

I problemi della cooperativa erano solo una scusa e Diego ci si era aggrappato per togliersi da quella situazione: Londra gli era sembrata l’unica via d’uscita.

Perso nei suoi pensieri, si rese conto che stava ostruendo il passaggio della via, mentre Ornella e la Patti lo guardavano con occhi materni.

«Aggio capit’, volete parlare un po’ e forse sono di troppo...»

«Stiamo andando alla Burgh House a fare due chiacchiere. Se ti va ci raggiungi dopo, così ce la tiriamo un po’. Sarai il nostro Brad Pitt.»

«E ja’ mi fa piacere! Tengo ancora un cliente e arrivo.»

Diego non aveva la più pallida idea di dove fosse la Burgh House ma era convinto che l’avrebbe trovata.

Finalmente sole, lontano dai libri e dall’emozione, Ornella e la Patti si accomodarono al tavolino di un cortile dove la vita scorreva più lenta, e anche le cameriere parevano non avere fretta. A quell’ora non c’erano molti clienti, che lo frequentavano soprattutto nel pomeriggio, all’ombra dei rampicanti. Ogni tanto le due amiche si toccavano le braccia, per essere sicure di avercela fatta a vedersi in meno di ventiquattr’ore.

«Innanzitutto dimmi se sei riuscita a finire Incubo di Ferragosto

«Sì, anche se ho avuto qualche problema di stomaco. Sai che a me i libri brutti fanno proprio stare male fisicamente...»

«Non avrai mica rovinato il tappeto anche a me?»

«No, tranquilla. Ho invece avuto qualche problema a spedire il documento, così sono tornata a bussare a Bernard per il wi-fi.»

«Cioè sei entrata in casa sua?»

«Certo, devi vedere che casa.»

«Ci sono stata solo una volta e poi ci siamo sempre parlati sulla porta.»

«Fai male. Quell’uomo lo devi tenere d’occhio, anche se so che gli uomini non ti interessano.»

«La vuoi piantare?»

«Ah, è vero che sei ancora sposata...»

L’unico modo che la Patti aveva per affrontare quel discorso era provare a scherzarci sopra, ma Ornella era abilissima nel cambiare argomento.

«Dài, che non è il momento. E poi secondo me è gay.»

«A me non pare. Ride forte?»

«No.»

«Ascolta Nina Simone o Barbra Streisand?»

«Solo jazz, mi pare.»

«Il jazz va bene. Esce sempre come se avesse i paparazzi davanti a casa?»

Ornella scoppiò a ridere e si chiese come mai non potesse vivere tutta la vita con la Patti al suo fianco.

«Ho capito, Patti... non è gay, mi hai convinta. Possiamo parlare della libreria, adesso?»

«Sono volata qui per questo.»

Il discorso cominciò con qualche minuto di ritardo perché Ornella voleva evitare di piangere e aveva bisogno di concentrazione. Si aiutò con un brindisi e si aggrappò a una ciotolina di pistacchi: sbucciarli la rilassava.

Finalmente spiegò la situazione in modo piuttosto lucido. La Patti, al primo “purtroppo”, la fermò e la fece ricominciare. Detestava quella parola. Poi tirò fuori un taccuino e cominciò a scrivere. Aveva preso la questione seriamente, anche se ogni tanto controllava come le stavano le scarpe e in cuor suo pensava: “Forse dovevo prenderle bordeaux”. Ma era il suo modo per essere meno tesa.

«Quindi Mr Spacey vi ha dato un ultimatum.»

«Sì, ha detto proprio: “Due mesi e decido”.»

«Magari ha già deciso.»

«È quello che sostiene Clara, e se tu e Clara pensate allo stesso modo non può che finire male.»

La Patti allontanò le mani di Ornella dai pistacchi e le prese tra le sue.

«Ti ricordi qual è stato il nostro mantra per tanti anni?»

«Certo: “Non può finire così”.»

«Ecco, non dimenticarti questa frase proprio adesso...»

«Il problema però è che da quando Mr Spacey ce l’ha comunicato le cose sono peggiorate.»

«E quando c’è stato l’annuncio?»

«Ieri mattina.»

«Ma sono solo due giorni, Ornella! Sempre la vittima devi fare, mamma mia!»

«Tu lo sai che senza la libreria io sono fregata. Dove vado a sbattere la testa alla mia età?»

La Patti le fece cenno di abbassare la voce.

«Alla mia età! Questa frase non devi dirla mai più. Never ever, chiaro? Non c’è una scadenza nella vita, finché hai le forze!»

«Quindi, cosa sono io adesso?»

«Tu sei una donna e basta, e io pure. Solo perché non ci siamo rifatte non vuol dire che siamo sfatte.»

«Certo che no. È inutile sembrare più giovani se tutti ti ridono alle spalle.»

«Esatto: io dico no al botulino. E alle punturine.»

«No punturine. No botulino. No filler.»

«Da quando conosci i filler, Ornella?»

«Una mia cliente vorrebbe che li provassi. Mi dice sempre: “È un attimo”.»

La Patti non commentò. Semplicemente la fulminò prima di proseguire.

«Torniamo a parlare di libri, va’... Ora ti chiedo: perché secondo te se ne vendono meno?»

«Bella domanda.»

«Allora prova a dare una bella risposta.»

«Be’, un po’ dipende dal fatto che la gente sta sempre attaccata al telefono... come se il telefono contenesse le risposte a tutto. E poi c’è Amazon.»

«Altre ragioni?»

Ornella pensò a com’era cambiata la libreria in quegli anni, a parte l’arrivo dei pesci rossi.

«Forse qui i clienti non si sentono più a casa come un tempo. La nostra libreria è sempre stata la più amata dagli italiani, come la Scavolini...»

«Ma non era la Cuccarini?»

«Non mi sembra importante, Patti! Il fatto è che ora è come se non avessero più bisogno di questa casa.»

La Patti prendeva appunti e faceva strani disegni di cui non era sicura nemmeno lei. Era sempre stato un suo sogno scrivere e deliberare, come fanno i medici, gli architetti o gli avvocati. In realtà aveva bisogno di prendere tempo. Loro due avevano vinto battaglie ben più difficili e quella sicuramente non le avrebbe spaventate.

Diego entrò nella Burgh House in quel momento, senza specificare quanto ci aveva messo a trovarla. Regalò loro uno sguardo così rassicurante che entrambe si rilassarono.

«Ue’, ma qua mi pare che sta scarseggiando tutto, pure i pistacchi. Aspettatemi che torno subito!»

E come si avvicinò al banco per prendere nuovi calici, la Patti ebbe un’illuminazione.

«La soluzione è lui.»

«Brad Pitt?»

«Certo. Assumilo, anche solo per due mesi.»

«Più a lungo non sarebbe possibile. Comunque non abbiamo più soldi...»

«Li troviamo.»

«Ma è un ragioniere.»

«Meglio ancora, non c’entra niente e fa quadrare i conti, che mi sembra un’ottima cosa. È bello, è un ragioniere ed è napoletano. E anche lui è fuggito qui come te.»

«Sì, ma dice che non parla un inglese perfetto.»

«Sarà la sua arma vincente. E la sua presenza allenterà anche la tensione tra te e Clara. La famiglia, ti ricordi? Nella famiglia un maschio ci sta sempre bene. È vero uaglio’?»

Diego arrivò in quel momento con i bicchieri di prosecco e si rese conto che stavano parlando di lui.