DAL RACCONTO DELLA MOGLIE DI ZINATOV

“Ho pochi ricordi di lui… Per la casa, la famiglia… aveva perso qualsiasi interesse. Non pensava che alla fortezza, alla fortezza… Non è mai riuscito a dimenticare la guerra… Prima di allora insegnava ai bambini che Lenin era buono e che stavamo costruendo il comunismo. Quel giorno era rientrato a casa con un giornale tra le mani: ‘I grandi cantieri hanno bisogno di braccia. La Patria ci chiama,’ dice. I bambini erano ancora piccoli. Siamo partiti comunque. Se la Patria l’ordinava… Ci siamo ritrovati in un cantiere della BAM… A costruire il comunismo… E l’abbiamo costruito! Ci credevamo: l’avvenire si apriva davanti a noi. Credevamo profondamente nel potere sovietico. Con tutta la nostra anima. Ora siamo diventati vecchi… La glasnost’, la perestrojka… Passiamo il nostro tempo ad ascoltare la radio. Il comunismo ormai non esiste più… Dov’è finito quel comunismo? E non ci sono più neppure i comunisti… Non riusciamo a capire chi ci sia al potere oggi… Gajdar ha depredato il paese… La gente si è ridotta a vivere di espedienti… Rubano nelle fabbriche, nei kolchoz… Truffano gli altri… È così che sopravvivono… E mio marito? Era sempre tra le nuvole… da qualche parte, immerso nei suoi nobili sogni… Nostra figlia lavora in una farmacia, una volta ha portato a casa delle medicine di cui c’era penuria per rivenderle e guadagnare qualche soldo. Non so come abbia fatto a scoprirlo, a intuirlo… Si è messo a gridare: ‘È una vergogna! Una vergogna!’ E l’ha cacciata di casa. Non riuscivo più a calmarlo. Gli altri veterani hanno dei privilegi… Cui hanno diritto per legge… Gli ho detto: ‘Va’ a informarti. Magari anche a te spetta qualcosa.’ È andato su tutte le furie: ‘Ho combattuto per la Patria e non per ottenere dei privilegi.’ La notte è rimasto coricato a lungo senza dormire, con gli occhi sbarrati. Lo chiamo e non mi risponde. Abbiamo smesso di rivolgerci la parola. Era molto avvilito. Per noi, per la sua famiglia, per tutti quanti. Per il paese. Ecco che genere d’uomo era. Ne ho passate di tutti i colori con lui… Lo dico francamente a lei in quanto donna e scrittrice… Non lo capivo più…

Ha tirato su le patate nell’orto, si è messo l’abito buono ed è partito per la sua fortezza. Ci avesse lasciato almeno un pezzo di carta! Ha scritto allo Stato, a gente estranea. Ma a noi niente… neppure una parola…”

Tempo di seconda mano: La vita in Russia dopo il crollo del comunismo
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