IL RACCONTO DI N.
(Ha chiesto che non venga fatta menzione del nome e dell’incarico nell’apparato del Cremlino.)
Si tratta di un testimone eccezionale. Dal sancta sanctorum nonché principale baluardo del comunismo – il Cremlino. Un testimone di quella vita che ci era tenuta nascosta. Custodita nel segreto come la vita degli imperatori cinesi. Come la vita di dei sulla terra. L’ho dovuto pregare a lungo per convincerlo a raccontare.
Estratti dalle nostre conversazioni telefoniche
“… La storia, dice lei… Ma cosa c’entra qui la storia? Lei vorrebbe che le servissi dei fatti belli caldi, qualcosa di speziato, che solletichi il naso ai suoi lettori… Non è così? Il sangue e la carne, ecco lo spettacolo di successo. La morte come merce. Ne straripano le bancarelle. Per la gioia del benpensante… che si fa di adrenalina… Non capita tutti i giorni che crolli un impero. Che se ne resti col muso nel fango! Nel sangue! E non tutti i giorni un maresciallo dell’impero si toglie la vita al Cremlino… impiccandosi a un termosifone…
… Perché se ne è andato? Se ne era andato il suo paese e lui lo ha voluto seguire, qui ormai non era più un posto per lui. Lui… almeno così penso… si era già figurato come sarebbero andate le cose. Che avrebbero demolito il socialismo. Che le tante chiacchiere sarebbero finite nel sangue. Nel saccheggio continuo. Che avrebbero abbattuto le statue degli dei comunisti, mandandole alla rottamazione e al riciclaggio. Che avrebbero minacciato un processo di Norimberga a carico dei comunisti… E chi sarebbero stati i giudici? Dei comunisti avrebbero processato altri comunisti, vale a dire: quelli che avevano restituito la tessera già il mercoledì avrebbero giudicato quelli che l’avevano fatto solo il giovedì. E ancora, che avrebbero cambiato il nome a Leningrado, la culla della rivoluzione…15 E che sarebbe diventato di moda ingiuriare il PCUS e che tutti si sarebbero fatti sotto, ci avrebbero dato dentro con le invettive e le accuse. E che per le vie sarebbero sfilati manifestanti coi cartelli: ‘Morte al PCUS!’, ‘Hai ragione tu, Boris!’ Migliaia di manifestanti… Dai volti entusiasti! Il paese andava a rotoli e loro erano contenti. Spaccare! Buttar giù! Non chiediamo altro, per noi è sempre una festa… E che festa! Se solo dessero il comando ‘Attacca!’ comincerebbero i pogrom… ‘Giudei e commissari al muro!’ Il popolo aspettava solo quello. Ne sarebbe stato contento. Avrebbero organizzato la caccia ai vecchi pensionati. Ho trovato io stesso per strada dei volantini con gli indirizzi degli alti funzionari del Comitato centrale – nomi e cognomi, via e numero civico, numero dell’appartamento, e anche le loro fotografie erano affisse un po’ dappertutto. Perché all’occorrenza li si potessero riconoscere. Quelli della nomenklatura di partito scappavano dagli uffici, carichi di sacchetti di plastica e reticelle. Molti avevano paura di dormire in casa e si erano nascosti presso parenti. Eravamo informati… di com’erano andate le cose in Romania… Avevano fucilato Ceausescu e la moglie e rastrellato a frotte cekisti ed élite del partito, per metterli al muro seppellendoli poi in fosse comuni… (Una lunga pausa.) E lui… lui era un comunista idealista, romantico. Credeva nelle ‘splendenti vette del comunismo’. Nel senso letterale dell’espressione. E che il comunismo fosse per sempre. Adesso un convincimento del genere sembra un’assurdità… un’idiozia… (Pausa.) Non accettava quello che stava cominciando. Vedeva tutti questi giovani predatori prepararsi al balzo… i pionieri del capitalismo… Non più Marx o Lenin nei pensieri ma i dollari…
… Ma che putsch sarebbe, senza spari? L’esercito ha battuto vilmente in ritirata lasciando Mosca. Dopo l’arresto dei membri del Comitato per lo stato d’emergenza Achromeev si aspettava di venire arrestato a sua volta e di essere portato via in manette. Di tutti i consiglieri e assistenti del presidente solo lui aveva sostenuto i ‘putschisti’. Apertamente, senza nascondersi. Tutti gli altri aspettavano di vedere come sarebbe finita. L’apparato burocratico è una macchina dotata di grandi risorse… come capacità di manovra… Per sopravvivere. I princìpi? Una burocrazia non ha convinzioni o princìpi, tutta questa oscura metafisica. L’importante per loro è restarsene sulle loro poltrone e continuare a ricevere le regalie e bustarelle di sempre. La burocrazia è il nostro argomento preferito. Già Lenin diceva che la burocrazia è peggio di Denikin.16 L’unica cosa che conta per loro è la dedizione nel senso di tenere sempre presente chi è il tuo padrone e dalle mani di chi ti nutri. (Pausa.) Nessuno sa la verità su questo Comitato. Mentono tutti. In realtà si è giocata una grande partita, della quale non conosciamo tutte le leve e i personaggi che sono rimasti nell’ombra. Anche il ruolo di Gorbačëv è rimasto avvolto nella nebbia. Del resto, cosa ha dichiarato lui stesso ai giornalisti al suo ritorno da Foros? ‘Tanto, non vi dirò mai tutto comunque.’ E non lo dirà! (Pausa.) E magari è questo uno dei motivi per cui poi se ne è andato. (Pausa.) Queste manifestazioni con centinaia di migliaia di partecipanti… hanno certo avuto un ruolo importante… Era difficile far finta di niente… Ma non era tanto per sé che temeva, non riusciva ad accettare l’idea che presto tutto sarebbe stato calpestato e asfaltato: il sistema sovietico… la grande industrializzazione… la grande Vittoria… Si finirà per sostenere che l’Aurora non ha mai sparato la salva e che l’assalto al Palazzo d’Inverno non c’è mai stato…
… Ce la prendiamo coi tempi che corrono… E certo è un’epoca di squallore. Vuota. Colma di stracci e paccottiglia televisiva. Dov’è finito il grande paese? Se succedesse qualcosa di grave non riusciremmo a vincere. E Gagarin non volerebbe nello spazio.
In modo del tutto inatteso al termine di una delle nostre conversazioni telefoniche mi sono sentita finalmente dire: “D’accordo, venga a trovarmi.” Ci siamo incontrati il giorno dopo a casa sua. Indossava un completo scuro e la cravatta, malgrado il caldo. L’uniforme del Cremlino.
“Mi dica, ci è andata da… (Nomina alcuni noti personaggi.) E… (Un altro di cui da molto tempo si parla parecchio.) Loro sostengono che l’hanno ammazzato ma io non ci credo. Pare ci siano delle voci riguardo a certi testimoni… fatti emersi… Dicono che la corda era troppo sottile per appendersi, ma adatta a strangolare e che la chiave era stata trovata infilata nella serratura ma all’esterno… Dicono di tutto… La gente va matta per i segreti di palazzo. Ma io le posso dire che anche i testimoni possono essere manipolati. Non sono dei robot. E a pilotarli è la televisione. E poi i giornali, i loro amici, gli interessi corporativi… Chi detiene la verità? Secondo me, a poter cercare la verità sono solo persone che hanno una specifica formazione in questo senso, vale a dire giudici, scienziati, preti… Tutti gli altri sono condizionati dalle loro ambizioni ed emozioni… (Pausa.)
Ho letto i suoi libri… A mio parere, fa male a fidarsi così della gente… della verità che le raccontano… La storia è la vita delle idee. Non sono le persone a scriverla, ma il tempo. La verità dei singoli, uomini e donne, è un chiodo al quale ognuno appende il proprio cappello.
… Dobbiamo cominciare da Gorbačëv. Non fosse stato per lui vivremmo tuttora in Unione Sovietica. El’cin sarebbe il primo segretario del comitato regionale di Sverdlovsk ed Egor Gajdar correggerebbe gli articoli di economia per il giornale Pravda e crederebbe nel socialismo. Sobčak terrebbe lezioni all’università di Leningrado… (Pausa.) L’URSS sarebbe potuta durare ancora a lungo. Un colosso dai piedi d’argilla? Tutte fesserie! Eravamo una formidabile superpotenza e la nostra volontà era legge per molti paesi. La stessa America ci temeva. C’era penuria di collant e jeans? Per vincere una guerra nucleare non servono i collant ma missili e bombardieri moderni. E noi li avevamo – di prim’ordine. Avremmo vinto qualsiasi guerra, contro chiunque. Il soldato russo non ha paura di morire. In questo siamo asiatici… (Pausa.) Stalin aveva creato uno stato che era impossibile minare dal basso, era impenetrabile. Ma in alto, come s’è visto, poteva rivelarsi vulnerabile, indifeso. Anche se nessuno poteva davvero pensare che la sua distruzione potesse cominciare dai vertici e che i sommi dirigenti del paese avrebbero imboccato la via del tradimento. Rinnegati! E chi poteva solo immaginare una tale rivelazione: il rivoluzionario numero uno era proprio il nostro segretario generale piazzatosi al Cremlino. Dall’alto era stato facile demolire lo Stato e il sistema. La ferrea disciplina del partito nonché la sua struttura gerarchica hanno paradossalmente propiziato proprio la sua dissoluzione. Un fatto unico nella storia… Come se alla distruzione dell’Impero romano ponesse inizio Cesare in persona… No, Gorbačëv non è un pigmeo, non è un giocattolo in balia degli eventi e neppure un agente della CIA… Ma allora chi è?
‘L’affossatore del comunismo’ e ‘un traditore della Patria’, ‘il trionfatore del Nobel’, ‘il grande innovatore’, ‘il dissidente numero uno’ e ‘il tedesco modello’, ‘un profeta’ e ‘il Giuda’, ‘un grande riformatore’ e ‘un grande commediante’, ‘il grande Gorby’ e ‘il bieco Gorbač’, ‘l’uomo del secolo’ e ‘un Erostrato’… Tutto questo in un solo uomo.
… Achromeev ha preparato il suo suicidio nel corso di alcuni giorni: dei biglietti che ha lasciato due sono stati scritti il 22 e il 23 e gli ultimi il 24 agosto. E cosa è successo quel giorno? Proprio il 24 era stata diffusa da radio e televisione la dichiarazione con la quale Gorbačëv comunicava le proprie dimissioni da Segretario generale del Comitato centrale del PCUS e chiedeva l’autoscioglimento del Partito. ‘È necessario prendere una decisione certo difficile, ma onesta.’ Il segretario generale abbandonava il campo senza combattere. Non si è rivolto al popolo e ai milioni di comunisti. Ha tradito. Ha trascinato tutti nella resa. Posso immaginare come si sarà sentito Achromeev in quei momenti. Non è escluso, ed è anzi assai verosimile, che andando in ufficio abbia visto ammainare le bandiere dagli edifici governativi. Dalle torri del Cremlino. Cosa avrà provato? Lui che era un comunista, lui che era stato al fronte… La sua vita era ormai priva di senso… Non me lo vedo nel mondo di oggigiorno. Un mondo che non ha più niente di sovietico. Seduto al tavolo della presidenza sotto il tricolore russo e non la bandiera rossa. Non sotto il ritratto di Lenin ma sotto l’aquila imperiale. È del tutto fuori posto in questi nuovi interni del potere. Era un maresciallo sovietico… capisce? So-vie-ti-co! E poteva vivere solo così e non in altro modo. Solo così…
Al Cremlino non si sentiva a suo agio. Era ‘una mosca bianca’, ‘un soldataccio’… E non è mai riuscito ad ambientarsi, diceva che ‘il vero cameratismo disinteressato esiste solo nell’esercito’. Ci aveva passato l’intera esistenza… sempre in mezzo ai militari. Mezzo secolo. Aveva indossato la sua prima uniforme a diciassette anni. Un bel po’ di tempo! Tutta una vita! Si è ritrovato in un ufficio del Cremlino dopo aver lasciato il posto di capo di stato maggiore. Aveva optato lui stesso per il pensionamento. Da una parte perché riteneva opportuno ritirarsi in tempo per far spazio ai giovani (avevano visto troppi carri funebri), dall’altra perché era entrato in conflitto con Gorbačëv. Questi non amava l’esercito, come Chruščëv che trattava i generali e i militari nel loro insieme da scrocconi. Il nostro era un paese militar-industriale, il settanta per cento dell’economia era, direttamente o indirettamente, al servizio delle forze armate. E anche i migliori cervelli… i fisici, i matematici… Tutti lavoravano alla produzione di carri armati e bombe. Anche l’ideologia era di tipo militare. Gorbačëv, invece, era un civile fin dentro il midollo. I precedenti segretari generali avevano fatto la guerra mentre lui aveva studiato alla facoltà di filosofia dell’università di Mosca. ‘Vi preparate a una guerra?’ chiedeva ai militari. ‘Io no! E mi risulta che nella sola Mosca abbiamo più generali e ammiragli di quanti ve ne siano nel mondo intero.’ Prima nessuno parlava in questo modo ai militari, erano loro i personaggi più importanti. Non era il ministro dell’Economia a presentare per primo il suo rapporto davanti al Politburo ma quello della Difesa per dire quanti armamenti avevano prodotto. Armamenti, non videoregistratori. È per questo che un videoregistratore costava da noi come un appartamento. Ma adesso stava cambiando tutto… e i militari sono insorti: ‘Un esercito forte e potente ci è indispensabile, con quel po’ po’ di territorio che abbiamo, confinante con mezzo mondo! Ci prendono sul serio finché siamo forti ma se ci indeboliamo non sarà certo grazie al «nuovo pensiero»17 che riusciremo a farci rispettare.’ Anche Achromeev gliene aveva parlato più di una volta personalmente… Era soprattutto su questo che si trovavano in disaccordo. Riguardo ad altri conflitti di poco conto non starò qui a ricordarli. Dai discorsi di Gorbačëv erano sparite certe parole ed espressioni che erano familiari a ogni sovietico, come ‘le mene dell’imperialismo mondiale’, ‘rispondere colpo su colpo’, ‘i faccendieri d’oltreoceano’. Tutto cancellato. Ormai parlava solo di ‘nemici della glasnost’’ e ‘nemici della perestrojka’. Solo quelli aveva in testa. E nel suo ufficio li ricopriva di contumelie (era un asso del turpiloquio!) e li considerava dei coglioni. (Pausa.) ‘Dilettante’ e ‘Gandhi russo’ non erano certo gli appellativi più offensivi che capitava di udire nei corridoi del Cremlino. I vecchi arnesi reazionari erano naturalmente nel panico, presagivano la catastrofe: sarebbe colato a picco trascinandosi dietro tutti quanti. Per l’America eravamo ‘l’impero del male’ ci minacciavano di una crociata, prospettavano ‘guerre stellari’… E il nostro comandante in capo? lui sembrava un monaco buddista: ‘la pace è la nostra casa comune’, ‘cambiamenti senza violenza e spargimenti di sangue’, ‘la guerra non è più la continuazione della politica…’ e via dicendo. Achromeev s’era battuto a lungo ma poi s’era stancato. All’inizio voleva convincersi che Gorbačëv fosse influenzato, o addirittura ingannato, da rapporti non veritieri di qualcuno nelle alte sfere, ma poi si era persuaso del tradimento. E ha chiesto di poter andare in pensione. Gorbačëv ha accettato la richiesta ma ha voluto che restasse nei paraggi. Così l’aveva nominato consigliere militare.
… Manomettere questa costruzione… staliniana, sovietica, la chiami come vuole, comportava rischi evidenti. Il nostro Stato ha sempre funzionato in regime di mobilitazione permanente, fin dai primi giorni. Non prevedeva un’esistenza pacifica. Torno a ripeterlo… davvero pensa che non saremmo stati capaci di sfornare scarpette alla moda o bei reggiseni per le nostre donne? O videolettori portatili? L’avremmo potuto fare, eccome. Ma i nostri obiettivi erano altri… Il popolo, dice? (Pausa.) Il popolo ha bisogno di cose semplici. Pane e companatico, certo, e in abbondanza! E uno zar! Gorbačëv non ha voluto esserlo. Si è anzi rifiutato. Ma prendiamo El’cin… Quando nel 1993 ha sentito traballare la poltrona presidenziale sulla quale era seduto non si è perso d’animo e ha ordinato di cannoneggiare il Parlamento. Nel 1991 i comunisti non hanno osato farlo… Gorbačëv ha ceduto il potere senza spargimenti di sangue… El’cin invece ha fatto muovere i carri armati ed è stata una carneficina. Per mentalità e nel suo inconscio il popolo è zarista. Ce l’ha iscritto nei geni. Ivan IV (in Europa soprannominato ‘Terribile’)18 il quale ha sottomesso le città russe versando fiumi di sangue e ha perduto la nostra guerra contro la Livonia, viene ricordato con timore reverenziale e ammirazione. Come Pietro I, come Stalin. Invece Alessandro II, il Liberatore… lo zar che ha dato la libertà alla Russia… l’hanno ammazzato… Un Vaclav Havel può andar bene per i cechi ma noi di un Sacharov non abbiamo bisogno, è uno zar che vogliamo. Uno zar, un padre! Che si faccia chiamare segretario generale o presidente fa lo stesso, per noi è sempre uno zar. (Una lunga pausa.)
Mi mostra un taccuino con delle citazioni dai classici del marxismo. Ne trascrivo una di Lenin: ‘Sono disposto a vivere in una porcilaia, purché vi sia instaurato il potere sovietico.’ Confesso che neanch’io ho letto Lenin.
… Be’, poi ci sono altri aspetti… diciamo minori… Tanto per distenderci un po’… Siamo tra noi, in privato, per così dire. Il Cremlino aveva un suo cuoco. Tutti i membri del Politburo gli ordivano aringa marinata, lardo, caviale nero, ma Gorbačëv puntava sempre alla pappa di semola. Le insalatine. Chiedeva espressamente di non servirgli il caviale: ‘Col caviale ci sta bene la vodka e io non bevo.’ Lui e Raisa Maksimovna si attenevano a delle diete con digiuni intermittenti. In generale anche nella vita privata era completamente diverso dai segretari generali che l’avevano preceduto, il suo stile non era quello solito sovietico. Amava teneramente sua moglie. Passeggiavano tenendosi per mano. Invece El’cin, per dire, si faceva il suo bicchiere di vodka accompagnato da un cetriolo già al mattino. Questo sì che era russo! (Pausa.) Il Cremlino è un terrario. Adesso le dico… Però se lo pubblica, non faccia il mio nome… riferisca in modo anonimo… Io sono già in pensione… Quando El’cin ha costituito la sua squadra, i gorbacioviani sono stati spazzati via, in un modo o nell’altro si sono liberati di tutti. Se adesso sono qui con lei è perché sono in pensione, diversamente non avrei aperto bocca, come un partigiano. Il magnetofono non mi fa paura ma mi mette a disagio. Un riflesso condizionato. Già ci radiografavano di continuo, come ai raggi ‘x’… (Pausa.) Ci sono cose che sembrano inezie che invece caratterizzano meglio di altre la personalità… Quando Achromeev si è dunque trasferito al Cremlino, come prima cosa ha rifiutato l’aumento di stipendio che gli proponevano (e ne avrebbe avuto il trattamento precedente moltiplicato di alcune volte). Ha chiesto di mantenere quello di prima: ‘Mi basta.’ Chi tra noi è un Don Chisciotte? E c’è qualcuno, mi dica, che considera Don Chisciotte una persona normale? Quando è iniziata la campagna contro i privilegi ed è stato promulgato il Decreto del Comitato centrale del PCUS e del governo che obbligava a conferire allo Stato i regali ricevuti da stranieri di valore superiore ai 500 rubli, lui è stato il primo e uno dei pochi a ottemperare all’obbligo. Gli usi e costumi del Cremlino… Servire, piegare la schiena, sapere contro chi fare la soffiata al momento giusto, e alla battuta di chi ridacchiare compiaciuti in tempo utile. Chi salutare con tutti i crismi e a chi fare un leggero cenno del capo. Disporre di tutti gli elementi in anticipo, vale a dire: e dica, dove l’hanno messa come ufficio? non allo stesso piano del presidente? allora non siete nessuno, siete un pesce piccolo… Oppure: che telefoni avete sulla vostra scrivania? C’è quello con la linea diretta all’esterno? Quello con scritto ‘presidente’ che vi mette in comunicazione con ‘lui in persona’? Avete una vettura del parco macchine speciale a disposizione?
Sto leggendo La mia vita di Trockij. Vi è raccontata molto bene la ‘cucina’ della rivoluzione… Adesso tutti tirano in ballo Bucharin. Oggigiorno il suo slogan: ‘Arricchitevi, accumulate’ torna a fagiolo. Alla perfezione. ‘Bucharčik’ (così l’aveva battezzato Stalin) proponeva di ‘radicarsi nel socialismo’ e chiamava Stalin ‘Gengiskhan’. Resta comunque una figura anche ambigua: era pronto, come tutti, a gettare la gente nella fornace della rivoluzione mondiale, senza contare le perdite. A educare con le esecuzioni. Non è stato Stalin a inventarlo… Erano uomini di guerra – dopo la rivoluzione, la guerra civile… e tutto quel sangue versato… (Pausa.) C’è un’osservazione di Lenin: la rivoluzioni arrivano non quando qualcuno le vuole, ma quando pare a loro. Già… la perestrojka… la glasnost’… abbiamo lasciato che le cose andassero per conto loro… Come mai? Ai vertici del potere c’era parecchia gente preparata e competente… che leggeva Brzezinski… Ma il loro progetto era questo: si riaggiusta qua e là la macchina, un’oliata agli ingranaggi e ripartiamo. Non sapevano fino a quale punto la nostra gente fosse stufa di tutto quello che era sovietico. Loro stessi, nelle loro alte sfere, non credevano veramente nel radioso avvenire, ma credevano che il popolo continuasse a crederci… (Pausa.) No… Achromeev non è stato assassinato… Lasciamo perdere queste teorie cospirative… Il suicidio è stato la sua ultima argomentazione. Lasciandoci è riuscito a dire la cosa più importante: stiamo precipitando nel baratro. Esisteva un immenso paese, un paese che aveva vinto una guerra terribile e che adesso stava crollando. La Cina non era crollata. Né la Corea del Nord, dove pure la gente muore di fame. E anche la piccola Cuba socialista resiste, e noi scompariamo. Non ci hanno presi con i carri armati e i missili ma distruggendo quello che era il nostro punto di forza. Lo slancio che ci animava. Il sistema si è decomposto, il partito si è decomposto. E forse è stata anche questa una concausa della sua dipartita…
… Era nato in un remoto villaggio della Mordovia, aveva perso prematuramente i genitori. Era partito per la guerra ancora allievo ufficiale dell’Accademia della Marina. Come volontario. Il giorno della Vittoria era ricoverato in ospedale per un grave esaurimento nervoso, pesava trentotto chili. (Pausa.) L’esercito che ha vinto la guerra era un esercito allo stremo, malato. Esaurito, squassato dalla tosse, tormentato da ulcere gastriche, artriti, radicoliti… Così lo ricordo… Lui e io siamo di una stessa generazione, quella della guerra. (Pausa.) Da allievo ufficiale che era è salito fino al vertice della piramide militare. Il potere sovietico gli ha dato tutto: il più alto grado militare, quello di maresciallo dell’URSS, la Stella di Eroe, il Premio Lenin… E non era un principe ereditario ma un ragazzo uscito da una semplice famiglia contadina. Di una sperduta provincia. Allo stesso modo il potere sovietico ha dato un’opportunità a migliaia di giovani come lui. A persone povere… piccole… E lui amava il potere sovietico.
Suonano alla porta. Entra qualcuno. Lunghi conciliaboli nell’ingresso. Quando N. ritorna lo vedo un po’ contrariato, non parla con la disinvoltura di prima ma poi, fortunatamente, si lascia di nuovo trascinare dal gusto per la narrazione.
Un mio ex collega di lavoro… l’ho invitato a unirsi a noi, ma non ha voluto: sono segreti di partito, ha detto, e non vanno divulgati. Perché metterne a conoscenza degli estranei? (Pausa.) Io non ero amico di Achromeev ma lo conoscevo da molti anni. Nessuno s’è sacrificato per la salvezza della nazione e lui l’ha fatto. Lui solo. Noi invece ci siamo messi a brigare per non perdere le pensioni e l’uso delle dacie governative. Questo lo devo dire…
… Prima di Gorbačëv il popolo vedeva i nostri leader solo in piedi sulla tribuna del mausoleo: berretti di topo muschiato e facce di pietra. C’è una battuta in propositi: ‘Come mai sono spariti i berretti di topo muschiato?’ – ‘Perché la nomenklatura si moltiplica più in fretta dei topi muschiati.’ (Ride.) Da nessuna parte si raccontavano tante barzellette come al Cremlino. Barzellette politiche… antisovietiche… (Pausa.) La perestrojka… Non ricordo esattamente ma mi sembra proprio di aver sentito per la prima volta questa parola all’estero, da qualche giornalista occidentale. Da noi si preferiva parlare di ‘accelerazione’, di ‘via leninista’. Ma all’estero era iniziato il boom di Gorbačëv e il mondo intero era in preda alla ‘gorbymania’. Hanno cominciato a etichettare come perestrojka tutto quello che succedeva da noi. Ogni cambiamento. Quando passava il corteo di macchine di Gorbačëv, migliaia di persone si assiepavano sui marciapiedi per vederlo sfilare. Commozione, sorrisi. Me ne ricordo bene. Hanno cominciato a volerci bene. Il KGB non faceva più paura come prima e soprattutto era stata dichiarata la fine della follia nucleare… E per questo il mondo ci era grato. Per decenni avevamo vissuto tutti, anche i bambini, nella paura di una guerra atomica. Ci eravamo abituati a scrutarci dalle rispettive trincee. Attraverso un mirino… (Pausa.) Nei paesi europei hanno incominciato a studiare la lingua russa… e a servire pietanze russe nei ristoranti: boršč, pel’meni…19 (Pausa.) Ho lavorato dieci anni negli Stati Uniti e in Canada. Sono rientrato al tempo di Gorbačëv… Ho visto un gran numero di persone oneste e sincere, desiderose solo di contribuire al cambiamento. Persone ed espressioni come quelle le avevo viste solo quando Gagarin era volato nello spazio… Gli stessi volti pieni di fervore… I sostenitori di Gorbačëv, i quali condividevano le sue idee, erano numerosi nel paese, ma non nella nomenklatura. Sia a livello del Comitato centrale, sia nei comitati regionali… Lo chiamavano ‘Segretario termale’ perché l’avevano fatto venire a Mosca da Stavropol’, capoluogo di una regione ricca di centri di cura e villeggiatura dove i segretari generali e i membri del Politburo amavano passare le acque. Gli altri soprannomi di ‘Segretario minerale’ e quello che tirava in ballo sua madre e i succhi di frutta se li era meritati con la campagna contro gli alcolici. E si accumulavano anche i fatti compromettenti: trovandosi a Londra non aveva fatto visita alla tomba di Marx… Un fatto inaudito! Tornando dal Canada raccontava a tutti come si stava bene. C’era questo… c’era quest’altro… Da noi invece… Be’, non c’è bisogno che ve lo spieghi… qualcuno non si era potuto trattenere: ‘Michail Sergeevič, anche da noi sarà così, fra cent’anni.’ – ‘Vedo che sei un ottimista.’ Per inciso, dava del tu a tutti. (Una pausa.) Ho letto in un articolo di un giornalista ‘democratico’ che la generazione bellica… cioè noi… era rimasta troppo a lungo al potere. Avevamo vinto la guerra, avevamo ricostruito il paese, però dovevamo togliere il disturbo perché non eravamo in grado di pensare e attuare per il tempo di pace criteri diversi da quelli bellici. Ed era questa la ragione per la quale eravamo così in ritardo rispetto agli altri paesi… (In tono aggressivo.) ‘Chicago boys’, ‘riformatori con le mutandine rosa’…20 Dov’è finito il nostro grande paese? Fosse stata una guerra, l’avremmo vinta noi… Una guerra dichiarata… (Fa fatica a recuperare la calma.)
… Ma più si andava avanti, più Gorbačëv veniva ad assomigliare a un predicatore piuttosto che al Gensek21 di cui avevamo bisogno. Era diventato una star televisiva. E presto i suoi sermoni sono venuti a noia a tutti: ‘ritornare a Lenin’… ‘un balzo verso il socialismo sviluppato’… Sorgeva spontanea la domanda: ‘ma allora cosa abbiamo costruito finora? Un «socialismo sottosviluppato»’? Che cosa si voleva da noi?… (Pausa.) Ricordo che il Gorbačëv ‘da esportazione’, quello che si vedeva all’estero era del tutto diverso dal Gorbačëv che agiva ‘in casa’. Laggiù si sentiva libero. Sfornava battute azzeccate, esponeva con chiarezza i propri pensieri. Da noi invece intrigava, si barcamenava. E questo lo faceva apparire un debole. Un chiacchierone. Ma non era un debole. E neppure un pavido. Niente di tutto questo. Era un politico freddo e navigato. Come si spiegano i due Gorbačëv? Se avesse parlato da noi con la stessa franchezza che lo caratterizzava laggiù all’estero, i ‘vecchi’ gli avrebbero immediatamente dato addosso, facendone un boccone. C’è anche un altro motivo… Lui… questa è la mia opinione… aveva smesso da tempo di essere comunista… ormai non credeva più nel comunismo… Segretamente o inconsapevolmente era un socialdemocratico. Anche se non lo ostentava, tutti sapevano che da giovane aveva studiato all’università di Mosca con Dubček, il futuro leader della ‘primavera di Praga’ e il sodale di questi Zdenek Mlynar.22 Erano diventati amici. Mlynar ha scritto nelle sue memorie che quando, nel corso di una riunione a porte chiuse del partito all’università, avevano loro letto il rapporto ‘segreto’ di Chruščëv al XX congresso, lo choc era stato talmente violento da togliere loro il sonno. Avevano vagato tutta notte per le vie di Mosca e al mattino sulle colline Lenin, come Herzen e Ogarëv in altri tempi, hanno giurato di lottare per tutta la vita contro lo stalinismo. (Pausa.) Tutta la perestrojka viene da lì… Dal disgelo chruscioviano…
… Abbiamo già iniziato a parlare di questo… Da Stalin e fino a Brežnev, i dirigenti che si sono trovati a capo della nazione avevano fatto la guerra. Erano sopravvissuti all’epoca del Terrore. La loro psicologia era condizionata da un contesto di violenza e arbitrio. Di perpetua paura. Non potevano certo dimenticare il 1941… L’ignominiosa ritirata dell’esercito sovietico fino a Mosca. I soldati che venivano mandati in battaglia dicendo loro: l’arma ve la dovete procurare sul campo. Non si contavano gli uomini, ma le munizioni. Come fosse normale… È dunque logico che uomini i quali di questo serbavano memoria, ritenessero indiscutibile un assioma: per vincere il nemico bisognava fabbricare carri armati e aerei. Più ce n’erano e meglio era. Nel mondo c’era una tale mole di armamenti che l’Unione Sovietica e l’America avrebbero potuto annientarsi a vicenda un migliaio di volte almeno. Ma si continuava a produrne. Ed ecco che è arrivata una nuova generazione. I componenti della squadra di Gorbačëv erano figli dell’epoca del dopoguerra… Nella loro coscienza era piuttosto impressa la felicità della pace… il maresciallo Žukov che, caracollando su un bianco destriero,23 passa in rassegna le truppe vittoriose… Era un’altra generazione… e tutto un altro mondo… I primi diffidavano dell’Occidente, lo consideravano un nemico, i secondi volevano vivere come gli occidentali. Naturalmente Gorbačëv preoccupava, e non poco, i vecchi arnesi del potere. Quando parlava di costruire ‘un mondo senza più armi nucleari’, congedando implicitamente la dottrina postbellica dell’‘equilibrio del terrore’… O quando dichiarava che ‘in una guerra atomica non ci possono essere vincitori’, e questo significava un ridimensionamento dell’apparato militar-industriale e degli effettivi delle forze armate. Le nostre eccellenti fabbriche belliche si sarebbero messe a produrre pentole e passaverdure… C’è stato un momento in cui i vertici militari si sono trovati quasi in guerra con la direzione politica. Col segretario generale. Non potevano perdonargli la perdita del Blocco orientale, la nostra fuga dall’Europa. Specialmente dalla RDT. Perfino il cancelliere Kohl era rimasto meravigliato per l’imprevidenza di Gorbačëv: ci avevano offerto ingenti risorse finanziarie per andarcene dall’Europa, Gorbačëv aveva rifiutato e poi l’aveva comunque fatto. A stupire era la sua ingenuità. La semplicioneria russa. Era invece l’irrefrenabile aspirazione di Gorbačëv di compiacere gli occidentali… di vedere gli hippies francesi portare la maglietta col suo ritratto… Gli interessi del paese venivano svenduti in modo futile e vergognoso. L’esercito è stato lasciato a se stesso, ridotto a vivere sotto le tende e in rifugi interrati per campi e foreste. La perestrojka, più che una rinascita, ricordava una guerra…
Nei negoziati russo-americani sul disarmo, erano sempre gli americani ad avere la meglio, ottenendo tutto quello che volevano. Nel suo libro Con gli occhi di un maresciallo e di un diplomatico Achromeev descrive lo svolgimento delle trattative sul missile Oka (denominato in Occidente SS-23).24 Un missile nuovo, che nessuno aveva e che la parte americana aveva tutto l’interesse a eliminare. Per le sue caratteristiche non rientrava però nel trattato in discussione: esso riguardava infatti i missili di media gittata, da 1000 a 5500 km, e quelli a corta gittata, da 500 a 1000 km. Il raggio d’azione degli Oka era di 400 km. La proposta dello stato maggiore sovietico agli americani era: facciamo un compromesso onesto e mettiamo al bando tutti i missili di gittata da 400 (e non 500) a 1000 km. Ma in quel caso gli americani avrebbero dovuto sacrificare il loro missile appena rinnovato Lance-2, con una gittata da 450 a 470 km. Era iniziata una lunga e sorda battaglia dietro le quinte… Poi, all’insaputa dei militari Gorbačëv aveva preso la decisione di distruggere gli Oka. Era stato allora che Achromeev aveva pronunciato la sua famosa frase: ‘Non sarà venuto il momento di chiedere asilo politico alla neutrale Svizzera e di restarci?’ Non poteva prender parte allo smantellamento di ciò cui aveva consacrato l’intera esistenza… (Pausa.) Il mondo è diventato unipolare, e oggi appartiene all’America. Siamo diventati deboli e subito ci hanno relegato alla periferia. Hanno fatto di noi un paese di terza categoria, un paese sconfitto. Abbiamo vinto la Seconda guerra mondiale, ma la Terza guerra mondiale l’abbiamo persa… (Pausa.) E lui… non ce l’ha fatta a sopportarlo.
… 14 dicembre 1989. I funerali di Sacharov. Migliaia di persone hanno affollato le vie di Mosca. Secondo le stime della milizia, da settanta a centomila. Accanto al feretro, El’cin, Sobčak, Galina Starovojtova…25 L’ambasciatore americano Jack Matlock ha scritto nelle sue memorie26 di aver trovato logica la presenza di queste persone ai funerali del ‘simbolo della rivoluzione russa’ nonché ‘più importante dissidente del paese’ ma di essere rimasto sorpreso nel notare, ‘un po’ in disparte’, la figura solitaria del maresciallo S. Achromeev. Vivo Sacharov, erano stati nemici e irriducibili avversari. (Pausa.) Ma Achromeev era venuto a rendergli l’estremo omaggio. Tranne lui, non c’era alcun rappresentante del Cremlino o dello stato maggiore militare…
… Era bastato dare un po’ di libertà perché subito apparissero, avidi e gretti, i musi della borghesia. Per Achromeev, uomo ascetico e disinteressato al denaro, è stato un brutto colpo. In pieno cuore. Non voleva credere che il capitalismo potesse instaurarsi nel nostro paese. Con la nostra gente sovietica, la nostra storia sovietica. (Pausa.)
Ricordo tuttora, vividamente come se li avessi sotto gli occhi, due episodi: nella dacia governativa che Achromeev e i congiunti – otto persone – avevano in uso, corre per i locali una giovane ragazza bionda e grida: ‘Ma guardate un po’, per favore! Due frigoriferi e due televisori! Ma chi sarà mai questo maresciallo Achromeev per permettersi due frigoriferi e due televisori!?’ Adesso però nessuno fiata più sui privilegi… E si capisce: tutti i precedenti record in fatto di dacie, appartamenti, automobili e simili sono stati da tempo polverizzati. Automobili di lusso, uffici arredati all’occidentale, vacanze non in Crimea ma in Italia… Nei nostri uffici noi avevamo mobili sovietici, ci spostavamo su macchine sovietiche. I nostri abiti e calzature erano di fabbricazione sovietica. Chruščëv veniva da una famiglia di minatori… Kosygin era di origini contadine. E tutti, come ho già detto, erano passati per la guerra. Un’esperienza di vita, certo, limitata. Non era comunque solo il popolo a vivere dietro la ‘cortina di ferro’, c’erano anche i suoi capi. Eravamo tutti quanti come immersi in un acquario… (Pausa.) E l’altra cosa… magari di poco conto anch’essa ma significativa… Può darsi che il cono d’ombra in cui era finito il maresciallo Žukov dopo la guerra sia dipeso non solo dalla gelosia di Stalin per la sua fama, ma anche dal ‘bottino di guerra’ di tappeti, mobili e fucili da caccia che aveva accumulato nella sua dacia. Anche se, in definitiva, tutto quanto messo assieme non avrebbe riempito neanche due camioncini. Ma un bolscevico non poteva possedere tutta quella roba… Sono cose che in base ai criteri attuali, fanno semplicemente ridere… (Pausa.) Gorbačëv amava vivere nel lusso… A Foros s’era fatto costruire una villa con marmi provenienti dall’Italia, piastrelle dalla Germania… la sabbia per la spiaggia dalla Bulgaria… Nessun leader politico occidentale di allora aveva niente del genere. Confronto alla villa di Gorbačëv la residenza estiva di Stalin in Crimea ricorda un pensionato studentesco. I segretari generali erano cambiati… e soprattutto le loro mogli…
Ma c’è stato qualcuno che ha preso le difese del comunismo? Non i professori, non i segretari del Comitato centrale, ma un’insegnante di chimica di Leningrado, Nina Andreeva… Ha fatto molto rumore il suo articolo Non posso transigere sui princìpi. Anche Achromeev scriveva sui giornali, interveniva in pubblico… Mi diceva: ‘Bisogna restituire colpo su colpo.’ Riceveva telefonate, minacce, lo accusavano di essere un ‘criminale di guerra’ per via dell’Afghanistan. Pochi sapevano che era stato contrario a quella guerra. E che non aveva portato con sé da Kabul diamanti e altre pietre preziose, o quadri dal museo nazionale, come avevano fatto altri generali. Lo attaccavano costantemente sulla stampa… In particolare perché disturbava i ‘nuovi storici’ che dovevano dimostrare che nel nostro recente passato non c’era stato niente di buono, e che avevamo lasciato dietro di noi il deserto. E che non c’era stata nessuna Vittoria della quale essere fieri, ma solo ‘reparti di sbarramento’ e ‘battaglioni punitivi’.27 E che la guerra l’avevano vinta i detenuti dei campi di lavoro costretti a combattere ed erano stati loro ad arrivare fino a Berlino sotto il fuoco delle mitraglie. Ma quale Vittoria? Abbiamo disseminato l’Europa di cadaveri… (Pausa.) Le forze armate venivano denigrate e umiliate in questo e in altri modi. E come avrebbero potuto prevalere nel 1991? E come avrebbe potuto sopravvivere a tutto questo il loro maresciallo?
I funerali di Achromeev… Accanto alla tomba c’erano solo i familiari e pochi amici. Non gli sono stati resi gli onori militari. La Pravda non ha ritenuto meritevole di un necrologio un ex capo di stato maggiore di un esercito di quattro milioni di uomini. Il precedente ministro della Difesa Jazov si trovava in prigione insieme agli altri ‘putschisti’, mentre quello nuovo, Šapošnikov pare fosse indaffaratissimo a insediarsi nell’appartamento di Jazov dal quale era stata rapidamente sfrattata la vedova. Meschinità, egoismi… Però devo dire… ed è secondo me importante… che si possono accusare di qualsiasi cosa i membri del Comitato per l’emergenza, ma non di aver perseguito degli interessi personali. Di averlo fatto per venalità… (Pausa.) Nei corridoi del Cremlino si sussurra a proposito di Achromeev: ‘Ha puntato sul cavallo sbagliato.’ Certo, invece loro, i funzionari, si sono affrettati a saltare sul carro di El’cin… (Fa eco a una mia domanda.) Il senso dell’onore? Non mi venga fuori con certe domande ingenue! Non s’è accorta che le persone normali sono passate di moda?… C’è stato un articolo-necrologio, ma sulla rivista americana Time. L’ha scritta l’ammiraglio William Crowe28 che era stato presidente dello stato maggiore interforze degli Stati Uniti sotto Reagan (l’equivalente del nostro capo di stato maggiore generale). Si erano incontrati spesso in riunioni bilaterali su questioni attinenti la sicurezza e il disarmo. E Crowe rispettava Achromeev per la sua fede, anche se gli era estranea. Il nemico gli rendeva l’onore delle armi… (Pausa.)
Solo un sovietico può comprendere un altro sovietico. Non avrei raccontato queste cose a nessun altro…”