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Giovedì, ore 09.16
Quando Rachel torna a casa, a Plum Island, entra in cucina e cade sul pavimento. Non è svenuta. Non ha avuto un mancamento. Semplicemente non riesce a rimanere in piedi. Resta sul linoleum come un punto interrogativo sbilenco. Il cuore le batte a mille, è come se qualcuno la strozzasse. Forse sta per venirle un infarto.
Ma non può permettersi di avere un infarto. Deve salvare sua figlia.
Si mette seduta sul pavimento per respirare e pensare.
La polizia di sicuro sa cosa fare in un caso come il suo. O no?
Sta per afferrare il cellulare ma si blocca. No. Non osa rischiare.
Non chiamare gli sbirri. Mai metterli di mezzo. Se scoprono che l’ha fatto, uccideranno Kylie immediatamente. C’era qualcosa, nella voce della donna... Disperazione. Ma anche determinazione. Farà quello che ha minacciato di fare e poi passerà a un’altra vittima. Tutta la storia della Catena è pazzesca, è incredibile, eppure... Quella donna non sembrava mentire. Era evidentemente terrorizzata dalla Catena e dal suo potere, ci credeva.
E ci credo anch’io, pensa Rachel.
Ma non deve affrontare tutto questo da sola. Ha bisogno di aiuto.
Marty. Lui saprà consigliarle qualcosa.
Tocca il numero che ha tra i preferiti, ma c’è la segreteria. Riprova, ma non cambia niente. Cerca in rubrica e fa il numero della sua nuova casa a Brookline.
«Prontooo?» risponde Tammy con la sua cantilena.
«Tammy?» chiede Rachel.
«Sì, chi è?»
«Sono Rachel. Sto cercando Marty.»
«È fuori città.»
«Ah. E dove?»
«È a... ehm... Hai presente dove giocano a golf?»
«In Scozia?»
«No! Molto più vicino. Era così entusiasta.»
«E da quando in qua gioca a g... Lascia perdere. Senti, Tammy, è un’emergenza e non riesco a raggiungerlo sul cellulare.»
«È un ritiro aziendale, per cui avranno dovuto consegnare i telefoni.»
«Ma dove? Cerca di ricordare.»
«Augusta. Ecco, Augusta. Devo avere un numero da qualche parte, se ti serve.»
«Sì, mi serve.»
«Aspetta... fammi cercare... trovato.» Legge un numero.
«Grazie, Tammy, lo chiamo subito.»
«Aspetta, è successo qualcosa?»
«Niente. Un problema col tetto. Una perdita. Niente di che. Grazie», risponde, terminando la chiamata.
Digita il numero che le ha dato Tammy.
«Gleneagle Hotel», risponde l’addetto alla reception.
«Vorrei parlare con Marty O’Neill, per favore. Sono sua... moglie e ho dimenticato il numero della stanza.»
«Mi faccia vedere... Settantaquattro. Attenda in linea.»
Non risponde nessuno. Rachel richiama la reception e lascia un messaggio per Marty, che la richiami appena possibile.
Rachel tocca l’icona di fine chiamata e si siede di nuovo sul pavimento.
È confusa, ammutolita, inorridita.
Con tutta la gente malvagia che c’è al mondo, con tutti quelli che hanno un karma negativo, proprio a lei doveva succedere? Dopo tutto quello che ha passato negli ultimi due anni? Non è giusto. E Kylie, che è solo una ragazzina...
Il cellulare squilla. Rachel legge sullo schermo Utente sconosciuto.
Oh, no.
«Hai intenzione di parlare col tuo ex marito?» dice la solita voce distorta. «Sei proprio sicura di volerlo fare? Puoi fidarti di lui? Te la senti di mettere nelle sue mani la tua vita e quella di tua figlia? Devi essere davvero molto sicura, perché se lui dice qualcosa a qualcuno, Kylie è morta e a quel punto dovremo uccidere anche te. La Catena protegge sempre se stessa. Prima di fare un’altra telefonata, magari pensaci due volte.»
«Mi spiace, ma... non sono neanche riuscita a parlargli. Ho solo lasciato un messaggio. È che non... non so se sono capace di fare tutto questo da sola...»
«In un secondo momento potremo autorizzarti a farti aiutare da qualcuno. Ti diremo come contattarci e ce lo potrai chiedere. Ma per ora, e te lo diciamo per il tuo bene, non parlare con nessuno. Trova i soldi e comincia a pensare a un bersaglio. Ce la puoi fare, Rachel. Sei stata brava a sbarazzarti del poliziotto in autostrada. Sì, ti abbiamo vista. E ti controlleremo passo dopo passo finché tutto sarà finito. Adesso muoviti.»
«Non ce la faccio», obietta Rachel debolmente.
La voce sospira. «Non scegliamo bersagli che richiedono istruzioni di continuo. Sarebbe assurdo. Ci piacciono le persone intraprendenti e piene di iniziativa. Quelle come te, Rachel. E adesso alza il culo dal pavimento e datti una mossa!»
La comunicazione viene troncata.
Rachel osserva il cellulare inorridita. Quella gente la sta osservando. Sanno chi chiama e tutto quello che sta facendo.
Fa scivolare lontano il cellulare, si alza e raggiunge il bagno barcollando, come se fosse appena scampata a un incidente automobilistico.
Apre il rubinetto e si spruzza acqua sulla faccia. L’unico specchio di tutta la casa si trova nella stanza di Kylie. Rachel li ha tolti per evitare di assistere all’orrore della perdita dei capelli. Ovviamente in famiglia hanno fatto di tutto per convincerla che non stava morendo. Sua madre, infermiera, le ha detto subito che il suo era un tumore al seno al secondo stadio, tranquillamente curabile con asportazione chirurgica e successive radiazioni e chemioterapia. Ma in quelle prime settimane, nello specchio del bagno si vedeva rimpicciolire, svuotarsi, perdere ogni linfa vitale.
Eliminare tutti gli specchi è stato un passo importante nella guarigione. Nei giorni bui della chemio non è stata costretta a vedersi trasformata in un pallido scheletro. La sua guarigione non può essere considerata un miracolo – dopotutto, con un tumore al secondo stadio, la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi è del novanta per cento. Ma l’ombra di quel dieci per cento non garantisce sonni tranquilli.
Rachel chiude il rubinetto.
Meno male che non c’è lo specchio, perché il suo riflesso la guarderebbe con occhi gelidi e accusatori. Lasciare una ragazza di tredici anni sola alla fermata dell’autobus? Sarebbe successo se con lei ci fosse stato Marty?
No che non sarebbe successo. È successo perché te ne dovevi occupare tu, Rachel. Perché, diciamocelo, sei una perdente. Su di te si sono sbagliati di grosso. A trentacinque anni inizi il tuo primo lavoro serio? E finora cosa hai fatto? Che spreco. I Peace Corps? E chi ci va nei Peace Corps? Quanti anni buttati via con Marty a vagare nel Guatemala. Sì, adesso diciamo che hai un lavoro, ma solo dopo che lui ha deciso di diventare avvocato.
Quante balle ti sei raccontata. Ma sei solo una perdente e adesso tua figlia è caduta nella ragnatela dei tuoi errori.
Rachel punta un dito verso la parete, dove una volta era appeso lo specchio. Brutta stronza. Avrei voluto che morissi. Che tu rientrassi in quel dieci per cento.
Chiude gli occhi, respira, conta fino a dieci, li riapre. Va in camera da letto, si cambia e si mette la gonna nera e la camicetta bianca che ha comprato per andare a insegnare. Si mette un giubbino di pelle dall’aria costosa, un paio di scarpe con un tacco rispettabile, si passa una mano tra i capelli, si mette la borsa in spalla. Prende i documenti, il portatile, il contratto di assunzione del Newburyport Community College. Recupera le sigarette nascoste da Marty quando preparava l’esame di Stato e i soldi nel sacchetto di plastica. Corre in cucina, inciampa sui tacchi e quasi sbatte la testa contro la cappa. Si dà una sistemata, prende il telefono e si precipita verso la macchina.