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Giovedì, ore 08.35
In teoria è solo una visita di routine. Un controllo semestrale per essere sicuri che va tutto bene e che il tumore al seno è sempre in remissione. Rachel ha detto a Kylie di non preoccuparsi. Si sente alla grande e non c’è motivo di credere che ci sia un problema.
Non le ha detto che un problema, in realtà, potrebbe esserci. L’appuntamento era fissato per il martedì prima del Giorno del Ringraziamento, ma la settimana precedente ha fatto gli esami del sangue e, quando la dottoressa Reed ha visto i referti, ha chiesto a Rachel di andare quella stessa mattina. Subito. La dottoressa Reed è originaria della Nuova Scozia, è seria, equilibrata e imperturbabile, e non è tipo da farsi prendere dal panico.
Rachel cerca di non pensarci mentre guida sulla I-95, in direzione sud.
Perché preoccuparsi? Al momento non sa nulla. Forse la dottoressa Reed torna a casa per il Giorno del Ringraziamento e ha anticipato tutti gli appuntamenti.
Rachel non sta per niente male. Anzi, è da un paio d’anni che non si sente così su di giri. Per un po’ si era convinta di essere abbonata alla sfiga. Ma poi ha voltato pagina. Ormai il divorzio è alle spalle. Sta preparando le lezioni per il nuovo corso di filosofia che inizia a gennaio. Dopo la chemio le sono ricresciuti quasi tutti i capelli, si sente di nuovo in forze e sta mettendo su chili. I conti con il passato sono chiusi. È tornata la persona pratica e organizzata che faceva due lavori per pagare il master di Marty e il mutuo della casa a Plum Island.
Ha solo trentacinque anni. Ha tutta la vita davanti.
Tocca ferro, pensa, e sfiora il freno a mano, anche se teme che sia di plastica. Nell’annosa confusione del bagagliaio della Volvo 240 ci deve essere il crick, ma non è proprio il caso di fermarsi.
Sul cellulare vede che sono le 08.36. Kylie sarà scesa dallo scuolabus e starà perdendo tempo con Stuart davanti all’entrata. Invia a Kylie un sms con la barzelletta scema che le è venuta in mente quella mattina: Il colmo x un vegetariano?
Dopo un minuto Kylie non ha ancora risposto, e le scrive: Mangiarsi il fegato.
Ancora nessuna risposta.
Non l’hai capita? digita.
Kylie la sta ignorando apposta. Ma scommetto che Stuart sta ridendo, pensa. Ride sempre alle sue battute sceme.
Sono le 08.38 e il traffico sta aumentando.
Non vuole arrivare in ritardo. Non è mai in ritardo. E se lasciasse l’interstatale e prendesse la Route 1?
Si è ricordata che in Canada non festeggiano il Ringraziamento nello stesso giorno degli Stati Uniti. Se la dottoressa Reed l’ha convocata, è perché gli esami non vanno bene. «No», dice ad alta voce, scuotendo la testa. Non intende ricadere nella spirale del pessimismo. È oltre. E anche se non si può considerare ufficialmente guarita, non si sente neanche malata. È qualcosa che appartiene al passato. Come fare la cameriera, la tassista per Uber e credere alle balle di Marty.
Finalmente sta usando tutto il suo potenziale. Adesso è una prof. Forse Schopenhauer è troppo pesante. Forse dovrebbe cominciare la lezione con la barzelletta su Sartre e la cameriera ai Deux...
Il cellulare suona e la fa sobbalzare.
Utente sconosciuto, legge.
Risponde con il viva voce. «Pronto?»
«Devi ricordare due cose», dice una voce distorta da qualche congegno. «Uno: non sei la prima e di certo non sarai l’ultima. Due: non è una questione di soldi. Ogni cosa viene fatta per la Catena.»
Deve essere uno scherzo, sta dicendo una parte della sua testa. Ma gli strati più antichi e profondi del cervello rettiliano stanno cominciando a reagire con quello che si può solo descrivere come puro terrore animale.
«Deve avere sbagliato numero», azzarda.
La voce prosegue imperterrita: «Tra cinque minuti, Rachel, riceverai la telefonata più importante della tua vita. Dovrai accostare la macchina e prestare la massima attenzione. Riceverai istruzioni dettagliate. Assicurati di avere carta e penna a portata di mano. Non voglio illuderti che per te le cose saranno facili. Ti aspettano giorni molto duri, ma la Catena ti farà arrivare sino alla fine.»
Rachel raggela. In bocca sente un sapore ferroso. Le gira la testa. «Guardi che se non la smette chiamo subito...»
«Niente polizia. Niente forze dell’ordine. Ce la farai da sola, Rachel. Se avessimo pensato il contrario non saresti stata scelta. Quello che ti verrà chiesto potrà sembrare impossibile, ma hai tutti gli strumenti per farlo.»
Un ghiacciolo le scende lungo la schiena. Un assaggio di ciò che si manifesterà tra pochi minuti.
«Chi siete?» chiede.
«Prega di non scoprire mai chi siamo e di cosa siamo capaci.»
Dopodiché cade la linea.
Rachel controlla di nuovo il numero del chiamante, ma non compare. Ripensa alla voce, alterata e decisa; sicura, gelida, arrogante. Che cosa intendeva, riferendosi alla telefonata più importante della sua vita? Controlla nello specchietto retrovisore e si sposta dalla corsia di sorpasso in quella centrale, nel caso riceva davvero un’altra chiamata.
Si è accorta che un filo sta uscendo dal suo maglione rosso quando suona l’iPhone.
Un altro utente sconosciuto.
Rachel martella l’indice sull’icona verde. «Pronto?»
«Rachel O’Neill?» chiede una voce. Una voce diversa, di donna. Una donna che sembra molto agitata.
Rachel vorrebbe rispondere: «No». Vorrebbe allontanare la catastrofe incombente puntualizzando di avere ripreso a usare il cognome da nubile – Klein –, ma sa che è inutile. Non c’è nulla che possa dire o fare per evitare che questa donna le comunichi il peggio.
«Sono io», risponde.
«Mi dispiace, Rachel, ho una terribile notizia da darti. Hai carta e penna per le istruzioni?»
«Che cosa è successo?» Adesso Rachel è davvero terrorizzata.
«Ho rapito tua figlia.»