28
Sabato, ore 00.07
Mike Dunleavy guarda sua moglie che singhiozza, rannicchiata in posizione fetale sul pavimento del bagno. Si stende accanto a lei e comincia a piangere anche lui.
Posa la pistola sulle piastrelle. Non c’è motivo di andare in giro per casa con una pistola carica.
La pistola è inutile. Non c’è nessuno da uccidere.
«Come sta Toby?» gli chiede Helen tra le lacrime.
«Dorme. Gli ho detto che Amelia stava a casa di una sua amica per qualche giorno.»
«Ci ha creduto?»
«L’unica cosa che gli interessava era sapere dov’era il suo arco. Gli ho detto che era al sicuro.»
«Pensi che possiamo pregare Dio di aiutarci a fare una cosa del genere?»
«E tu sei convinta di farla?»
«Siamo obbligati.»
«No. Possiamo andare dalla polizia.»
«Se ci andiamo la uccidono. La donna che l’ha rapita è un mostro. L’ho capito dalla voce. Siamo i peggiori genitori di tutti gli Stati Uniti. Siamo peggio di quelli che muoiono di overdose in macchina.»
Helen ricomincia a piangere. I suoi singhiozzi sembrano rantoli di una moribonda. Dalla finestra del bagno entra la fioca luce della luna, facendola sembrare ancora più fragile, smarrita.
Mike non sa che cosa dire.
«Come farà Amelia a dormire senza Mister Boo?» gli chiede.
«Non lo so.»
«Faremo tutto quello che serve perché torni a casa, vero? Dimmi che lo farai.»
«Farò tutto quello che serve. Anche uccidere quei pezzi di merda uno a uno.»