39
Domenica, ore 23.27
A sinistra paludi, a destra acquitrini. Ha messo gli abbaglianti. Odore di olio per armi, di sudore, di paura. Non parlano. Rachel è al volante. Pete, al suo fianco, imbraccia il fucile.
Beverly, Massachusetts.
Vecchie case di legno. Castagni. Qualche raro condominio. Tutto tranquillo. Le luci dei televisori accesi e le spie degli allarmi.
Un quartiere residenziale sonnacchioso. Meglio. Pochi impiccioni in giro.
Poseidon Street.
A casa Dunleavy le luci sono spente.
«Gira attorno all’isolato», dice Pete. «Non fermarti qui.»
Rachel parcheggia in una parallela.
Che mortorio di quartiere. Ma la domanda rimane sempre valida: perché Helen Dunleavy non risponde al telefono?
Rachel immagina tutti i membri della famiglia in cucina, legati alle sedie, con la gola tagliata.
«Possiamo entrare dal retro passando in mezzo a quegli alberi», dice Pete.
«Come?»
Pete le mostra una chiave inglese e gli attrezzi da scassinatore. «Se ce ne sarà bisogno...»
«Tanto, arrivati a questo punto...»
Arrivati a questo punto è un eufemismo. Rachel ci è dentro fino al collo. E deve andare ancora più a fondo. È in gioco la vita della sua famiglia.
«Nel caso ho anche un jammer per disabilitare l’allarme. Questa te la do per quando siamo dentro», le dice, ficcandole in mano il revolver .38 che tiene nel cassetto del pickup. Ha anche una .45 e una 9 millimetri.
Pete scavalca la palizzata con qualche difficoltà. Mentre lo osserva, Rachel si chiede che cosa abbia. È l’effetto della droga? O ha qualche lesione di cui non le ha mai parlato? Comunque non ci voleva.
«Tutto a posto, Pete?» gli chiede in tono secco.
«Sì, e tu?»
Rachel gli lancia un’occhiataccia.
«Allora, andiamo?»
«Eccomi.»
Il prato sul retro della casa dei Dunleavy. Giocattoli, mobili da giardino, un’altalena. La porta che dà sulla cucina.
«Vieni», dice Rachel.
Torce e jammer a portata di mano.
Pete armeggia con la serratura. La mano gli trema leggermente.
«Ce la fai?»
«Non è la prima volta. Abbi fede.»
Tre minuti. Quattro minuti.
«Sei sicuro?»
Alla fine la serratura cede. Pete gira la maniglia. Non c’è nemmeno una catenella di sicurezza. Non scatta nessun allarme.
«Possiamo entrare?» chiede Rachel.
«Sì.»
Si infilano le maschere da sci e avanzano in cucina. Rachel fa sciabolare la luce della torcia su mobili e pareti.
Non ci sono né cadaveri né assassini.
«Sappiamo dove stiamo andando?» sussurra Rachel.
«Sì», risponde Pete. «Vieni con me.»
Rachel segue Pete al piano di sopra.
Moquette. Foto alle pareti. Una pendola in cima alle scale. Uno specchio che la fa sobbalzare quando riflette una persona con una pistola.
«La prima camera a sinistra», sibila Pete.
Aprono la porta. Odore di corpi umani e di alcol. Una donna sta russando. Non c’è nessun altro. Pete si avvicina al letto in punta di piedi, si inginocchia accanto alla donna e le mette una mano sulla bocca. Quella si sveglia e cerca di urlare.
Rachel ispeziona il bagno en suite mentre Pete tiene giù la donna e ne soffoca gli strilli con la mano.
«Non c’è nessuno», dice Rachel.
«Sei Helen Dunleavy?» le chiede Pete. «Rispondi con un cenno.»
La donna annuisce.
«Dov’è tuo marito? Di’ solo in quale stanza. A bassa voce. Se urli sei morta.»
«Cantina», geme Helen.
«Ho cercato di telefonarti. Riconosci la mia voce?» le chiede Rachel.
«Sei quella che ha preso Amelia», risponde Helen, cominciando a piangere.
«Dov’è il ragazzino?» chiede Rachel.
«In cantina.»
«Con tuo marito?»
«Facciamo i turni per...»
Rachel si rivolge a Pete. «Porta su il marito. Io rimango con lei.»
Accende la luce e punta il revolver contro Helen, mentre Pete scende.
«Che è successo al tuo telefono?» ringhia Rachel. «Perché non è acceso? Perché non lo tieni sotto il cuscino come farebbe una persona normale in questa situazione?»
«Non... non... lo so. Non è sul comodino?» Helen ha la faccia smunta e terrorizzata, gli occhi rossi e incavati.
Rachel vede il cellulare sul comodino. Spento. «Hai dimenticato di metterlo in carica», le dice.
«Non... non me n’ero accorta.»
«Ti hanno rapito la figlia e dormi? Cos’hai, in quella testa?»
«Stavo solo...» inizia a dire, quando si apre la porta.
Mike Dunleavy entra con le mani alzate. Non assomiglia alla foto che c’è su Facebook. È molto più vecchio, grigio, grasso, stupido. Non doveva essere un uomo brillante e ricco? Invece sembra il tipico padre idiota che arriva in ritardo a prendere il figlio a scuola perché si è dimenticato che quel giorno toccava a lui. Logico che quei due buffoni abbiano fatto casino. Magari non hanno rapito nessuno e hanno raccontato una balla.
«Il ragazzo è in cantina?» chiede Rachel a Pete.
«Già», dice Pete con un sospiro, come se avesse preferito non vedere quello che ha visto.
«Siete quelli che hanno rapito Amelia?» chiede Mike, con un vago accento inglese.
«Sì.»
«Amelia sta bene?» chiede Helen disperata.
«Ci stiamo prendendo cura di lei.»
«Perché siete qui?» chiede Mike. «Abbiamo fatto tutto quello che ci avete chiesto.»
«No. Avete fatto una cazzata dopo l’altra. Abbiamo cercato di contattarvi, ma il vostro telefono e il vostro computer sono staccati.»
Adesso Helen la sta guardando in modo strano. Se dice qualcosa tipo «Penso di sapere chi è lei», la devo ammazzare all’istante, pensa Rachel.
«È per qualcosa che hanno fatto gli Hogg, vero?» chiede Helen.
«Qualcosa che stanno per fare», precisa Pete.
«Uno zio di Seamus è un federale. E domani lo vedrà a Stamford», aggiunge Rachel.
«E cosa significa?» chiede Helen, sgomenta.
«In teoria significa che voi dovete uccidere il piccolo Henry e ricominciare da capo, altrimenti saremo noi a uccidere Amelia e ricominciare da capo. Molto semplice. E io sono disposta a tutto perché la Catena lasci in pace me e la mia famiglia. Chiaro?» scatta Rachel.
«Ci deve essere un altro...» comincia a dire Mike.
«C’è. Noi tre andiamo a Providence e spieghiamo tutto al signor Hogg in persona», dice Rachel.
«Noi tre?» chiede Pete.
«Noi tre», insiste Rachel. «Non ci possiamo fidare di voi. Tu rimani qui e badi al bambino», dice alla signora Dunleavy. «E tuo marito viene con noi. Prendiamo la vostra macchina. È una BMW, vero?»
«Sì», conferma Mike.
«Dovrebbe essere abbastanza veloce. Intanto mettiti un paio di scarpe. E va’ a prendere Mister Boo. Ci serve», ordina Rachel.
«Mister Boo?» chiede Mike.
«L’orsacchiotto di Amelia. Lo vuole.»
Helen va a prendere il peluche.
«Se mentre siamo via chiami la polizia, avverti gli Hoggs o fai qualcosa di stupido, Amelia è morta. Uccideranno lei e poi toccherà a te e a Toby. Hai capito?»
Helen annuisce.
La BMW di Mike è una top di gamma, grande e nera. Dev’essere un benefit aziendale. Lussuosa, confortevole e veloce.
Mike porge le chiavi a Rachel, che si mette al volante.
Pete sale sul sedile posteriore insieme a Mike.
Rachel accende il motore e controlla nello specchietto retrovisore. Pete è ancora un po’ frastornato. Mike se la sta facendo sotto. Può gestirli entrambi.
«Allacciatevi le cinture», dice.