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Giovedì, ore 08.56
Rachel comincia a tremare. Sta male, ha la nausea, si sente crollare il mondo addosso. Come quando, durante la chemio, lasciava che l’avvelenassero e la bruciassero nella speranza di stare meglio.
Il traffico procede martellante alla sua sinistra mentre lei rimane seduta, immobile come il cadavere di un esploratore che si è schiantato molto tempo prima su un pianeta alieno. Sono passati quarantacinque secondi da quando la donna ha chiuso la chiamata. Sembrano quarantacinque anni.
Il cellulare suona, facendola sobbalzare. «Pronto?»
«Rachel?»
«Sì?»
«Sono la dottoressa Reed. La aspettavamo per le nove, ma non è ancora passata dall’accettazione.»
«Sono in ritardo. Il traffico», dice.
«Capisco. A quest’ora è sempre un disastro. Per che ora pensa di arrivare?»
«Come...? Oggi non posso. Mi spiace.»
«Prego? Ossignore... potrebbe andare bene domani?»
«No. Questa settimana no.»
«Rachel, devo parlarle dei suoi esami.»
«Ora non posso proprio.»
«Senta, non mi piace discutere di queste cose al telefono, ma stiamo parlando di valori molto elevati dell’antigene tumorale CA 15-3. Dobbiamo vederci...»
«Non posso venire, gliel’ho detto. La saluto, dottoressa Reed», dice Rachel, premendo l’icona rossa sullo schermo. Nello specchietto retrovisore appare un lampeggiante. Un massiccio agente della polizia del Massachusetts scende dalla propria vettura e si avvicina alla Volvo.
Lei rimane seduta, smarrita. Le lacrime si stanno asciugando.
L’agente bussa sul finestrino e lei, dopo un attimo di esitazione, preme il tasto per abbassarlo. «Signora?» esordisce, per poi accorgersi che lei ha appena pianto. «Uhm, signora, ha qualche problema con la macchina?»
«No. Mi scusi.»
«Be’, questa corsia è riservata alle emergenze.»
Diglielo, pensa. Digli tutto. No, non posso, la uccideranno. Quella donna ucciderà mia figlia. «So che non avrei dovuto fermarmi qui. Ma ero al telefono con la mia oncologa e... non mi stava dando delle belle notizie.»
L’agente annuisce. «Pensa di essere in grado di spostarsi da qui?»
«Sì.»
«Non le farò la contravvenzione, ma le chiederei di ripartire. Bloccherò il traffico mentre lei si rimette in carreggiata.»
«Grazie, agente.»
Rachel accende il motore e la vecchia Volvo, borbottando, torna in vita. Il poliziotto ferma i veicoli che sopraggiungono nella corsia di destra e Rachel riparte senza difficoltà. Prosegue per un chilometro e mezzo fino alla prima uscita e imbocca la rampa. Più a sud c’è l’ospedale dove forse potrebbe ancora rimediare un appuntamento, ma adesso non ha più senso. È del tutto irrilevante. Riesce solo a pensare a riavere Kylie.
Prende la I-95 in direzione nord, e spinge il motore della Volvo come mai aveva fatto prima.
Corsia di destra, corsia di mezzo, corsia di sorpasso.
Novanta chilometri all’ora, cento, centodieci, centoventi, centotrenta, centoquaranta.
Il motore è al limite ma Rachel ha in testa una cosa sola. Vai vai vai.
Le sue priorità adesso sono altre. Ottenere un prestito dalla banca. Recuperare dei cellulari usa e getta. Procurarsi una pistola e tutto quanto le può servire per riavere sua figlia.