Capitolo 41
Johnny e io imbocchiamo il vialetto di pietra del numero 24 di Oceanview Lane. La casa non è ammobiliata. Alla porta c’è una robusta serratura che ci impedisce di entrare.
Cammino in punta di piedi sull’erba e raggiungo la grande finestra panoramica. La brezza mi solleva i capelli. Le stanze all’interno mi allettano: lucidi pavimenti di quercia, ingresso piastrellato, soffitti a volta. Riesco a vedere persino la portafinestra scorrevole che si affaccia sulle dune erbose e, al di là di esse, l’oceano baciato dal sole.
Johnny mi raggiunge. Appoggia le mani a coppa contro il vetro della finestra. «Cavolo, che vista. Che te ne pare?»
«Devo vedere l’interno».
Tira fuori la chiave che gli ha dato l’agente immobiliare, la gira nella toppa e apre la porta. In casa c’è odore di vernice fresca. Johnny percorre l’ampio corridoio e si dirige verso le camere da letto, mentre io indugio nell’ingresso e tocco la busta ancora chiusa che ho in tasca. Ho avuto a malapena il tempo di prendere la posta mentre uscivo. Nella cassetta c’erano solo due buste, una fattura della carta di credito e quella lettera. Non l’ho ancora mostrata a Johnny.
«Questo potrebbe essere il tuo studio», esclama lui. «E a tua madre piacerà un sacco la camera degli ospiti, quando tornerà».
«Mia madre non resterà», dico, a voce troppo bassa perché lui possa sentirmi. Vado in cucina, apro la portafinestra che dà sul giardino. Il dolce rumore delle onde si mescola al richiamo stridulo dei gabbiani. Il vento accarezza l’erba sulle dune. In lontananza si vede un uomo che passeggia sulla spiaggia, un cane nero gli gironzola intorno.
«Mi hai sentito?», chiede Johnny dietro di me, sento l’eco dei suoi passi sul pavimento.
«Forte e chiaro». Riesco addirittura a sentire la voce di Natalie dall’India. E se arriva uno tsunami? Sei troppo vicina all’oceano.
«Non sei sbalordita?», mi chiede Johnny.
«La casa è stupenda».
«Ma?»
«Non sono sicura». Di parecchie cose non sono sicura. «Vado a fare due passi». M’incammino lungo il sentiero che attraversa le dune.
Johnny non mi segue, quasi abbia intuito che ho bisogno di stare da sola. Quando arrivo al bagnasciuga, tiro fuori la lettera. In lontananza vedo dei sinuosi cormorani cavalcare le onde, mentre una nave da carico scivola sull’acqua all’orizzonte.
Apro la busta e guardo la lettera. In cima al foglio c’è il logo del laboratorio che ha effettuato il test del dna. Mi tremano le mani mentre leggo.
Stando alle analisi del dna, non è da escludere che il padre presunto, Jonathan McDonald, sia il padre biologico della bambina, Mia Beaumont, poiché i due hanno dei marcatori genetici in comune. Le probabilità che ci sia la suddetta relazione sono riportate qui sotto e calcolate mediante confronto con un individuo della stessa etnia, non imparentato e non sottoposto a test.
Probabilità in percentuale: 99,9942%
Le parole si mescolano fino a confondersi. Le onde mi bagnano le scarpe, l’acqua è fredda sulle punte dei piedi, ma io quasi non me ne accorgo.
Johnny mi sta chiamando adesso, cammina in mezzo alle dune. «Tutto okay?», grida. «Torna qui. È in arrivo una tempesta».
Lo so, la sento. Sono immobile fra la terra e il mare, tra il passato e il futuro, con la pioggia che mi bagna la pelle e il vento che mi spettina i capelli.