Capitolo 21
Jessie estrasse una cipria compatta coordinata, anch’essa con incise le iniziali m.k. Aprì la cipria e lo specchietto catturò un raggio di luce solare.
«Questi sono i trucchi magici di una principessa, e sono tutti per me». Fece la scena di mettersi il rossetto color ciliegia, ammirando il suo riflesso nello specchio.
Mia spalancò la portiera e uscì senza preoccuparsi di averci fatto venire un colpo. «Voglio provarlo», disse, afferrando il rossetto. Poi, il suo viso si contorse in una smorfia, e le labbra presero a tremarle. I suoi occhi si velarono di lacrime. «Mamma», disse in tono lamentoso. «Voglio la mamma. Dov’è la mia mamma? Mamma!».
La mia irritazione svanì all’istante. Presi in braccio Mia e la strinsi forte. «Va tutto bene, tesoro. Siamo qui».
Ci misi un po’ a calmarla, e più tardi, dopo che avevamo riportato Mia da Harriet, affrontai Jessie sulla strada di ritorno al cottage. «Hai derubato i Kimball».
Seduta sul sedile del passeggero, creò un alone di vapore sul finestrino con la bocca e tracciò un cerchio con l’indice sul vetro.
«Come sei entrata in possesso dei trucchi di Monique?», le chiesi di nuovo.
Jessie fece spallucce. «Mi prestava delle cose». Si tolse il rossetto e la cipria dalla tasca, poi le appoggiò sul sedile. «Le avrei restituite».
«Jessie, ti rendi conto…».
Il suo viso si contrasse. «Per favore, non dirlo a nessuno. Pensavo che non le importasse. Dovevo andare all’Under Club. Avrei rimesso i trucchi al loro posto subito dopo. Lo faccio sempre. Non avrebbe mai saputo che li avevo presi. Ma invece lei e Chad sono tornati prima del previsto».
«Non puoi tenerti le sue cose».
«Perché no? Ormai è morta».
«Jessie...».
«Be’, è la verità. Sono morti tutti e due». Jessie guardò fuori dal finestrino. Dopo un minuto, disse: «Pensi che lei fosse bella?»
«Chi, Monique?»
«Faceva la modella un tempo. In Francia».
«Era elegante». La voce di Monique mi ritornò in mente, così come il luccichio del suo vestito, e il modo in cui camminava sui tacchi come se volasse su una nuvola.
«Credi che il suo accento fosse sexy? Tipo Le fromage est sur la table?»
«Stai imparando il francese?»
«Ho detto “il formaggio è sul tavolo”».
«Bene. Hai preso altre cose a Monique? Che altro hai?».
Jessie si guardò le dita piene di anelli d’argento. Poi, rialzò lo sguardo su di me, aveva gli occhi spalancati e ansiosi. «Lo dirai ai miei genitori?»
«Dipende da te. Devi parlare tu con loro».
«Mi uccideranno».
«Magari si arrabbieranno, ma ci passeranno sopra».
«Ho qualche altra cosa...».
«Non puoi tenere niente».
«Lo so». Jessie si torse le mani in grembo. «C’è una cosa... è personale. Non avrebbe voluto che nessuno la vedesse».
«Che cosa?»
«Un diario. Non ce l’ho fatta a trattenermi. Ma non mi ha rivelato nulla di interessante».
«Che vuol dire? Che cosa avrebbe dovuto rivelarti?». Svoltai in Shadow Bluff Lane, gli alberi proiettavano lunghe ombre autunnali sulla strada.
Jessie sbatté le palpebre per ricacciare indietro le lacrime. «Una volta, stavo facendo da babysitter a Mia. Ho provato i trucchi di Monique, così, per divertirmi. Dopo che avevo messo a letto Mia. Ho indossato uno dei reggiseni neri di Monique. Stavo solo cazzeggiando. E... lui è tornato a casa».
«Chi è tornato?»
«Chad». Jessie concentrò lo sguardo sulla fitta foresta fuori dal finestrino. «Non l’avevo sentito entrare. Ha detto di aver dimenticato qualcosa. Sembrava stesse piangendo. Come se volesse scappare da Monique. Tipo come se stessero litigando».
Entrai nel vialetto del cottage e parcheggiai. «Come ha reagito trovandoti lì? Era arrabbiato?»
«All’inizio, pareva come scioccato. Del tipo, che cosa ci fai nella nostra stanza? Ma poi mi ha guardato in un modo completamente diverso».
Mi si gelò il sangue nelle vene. «In che modo?»
Le lacrime rotolarono giù dalle guance di Jessie. Non si prese la briga di asciugarle. «Ha detto che ero bella».
«E...?». Chad poteva aver approfittato di questa giovane donna, proprio sotto il naso di tutti? All’apparenza era così amichevole, così... normale. Ma del resto anche Ted Bundy, il serial killer, era apparso perfettamente normale ai vicini. Gli occhi di Jessie si riempirono di lacrime, pieni di dolore e desiderio.
«Mi ha detto che avevo lo stesso profumo di sua moglie. Mi ero messa il suo profumo di Dior. La bottiglietta era così bella».
Feci un respiro profondo. «Lui ha..? Tu hai…? Voi avete…?»
«Per prima cosa, lui ha fatto questo». Jessie tenne la mano vicino alla mia guancia. «Io non mi sono mossa. Ho chiuso gli occhi. Volevo che mi toccasse».
Cercai di tenere un tono di voce fermo. «Che cosa è successo dopo?»
«Mi ha baciato».
«Davvero?».
Jessie si abbandonò contro il poggiatesta. «Era il miglior baciatore in assoluto. Non mi ha limonata, non come fa Adrian almeno. Adrian sbava. Ma Chad è stato gentile».
«Ti ha baciata e basta? Se è successo qualcosa di più, puoi dirmelo. Me lo terrò per me. Sarà una cosa tra me e te».
Jessie mi guardò con un’espressione a metà tra la tristezza e il desiderio.
«Mi ha detto di andare a casa».
«Tutto qui?»
«L’ho chiamato qualche volta dopo quell’episodio. Ma poi ha cambiato numero di telefono. E anche Monique ha iniziato a guardarmi in modo strano. Non importava cosa facessi, come mi vestissi, cosa dicessi, volevo che guardasse me come guardava lei. Mi aveva detto che ero bella, ma a quanto pare non lo ero abbastanza. Non ero bella quanto lei».
Avevo vissuto proprio di fronte a Jessie, accanto a Chad. Li avevo visti entrambi andare e venire. Ma non avevo guardato attentamente.
«Sai che lui non avrebbe dovuto fare qual che ha fatto. Tu sei minorenne e Chad... era un uomo sposato». Ha approfittato della tua ingenuità, della tua immaturità.
«Ma io volevo farlo. Era anche una mia decisione».
Tu credi solo che lo fosse. «Avevi una cotta per Chad».
Jessie si piegò in avanti, le braccia incrociate sull’addome. «Era più di una cotta. Mi fa ancora male il cuore, lo stomaco persino, come se avessi mangiato qualcosa di avariato, come quella volta che avevo l’influenza».
«Mi dispiace, tesoro». Mi morsi la lingua per trattenermi dallo sputare dei consigli inutili. «E che mi dici di Adrian?»
«Non gliel’ho detto, ma sapeva che qualcosa bolliva in pentola».
«Sei stata con lui mentre succedeva tutto questo». Ai tempi delle superiori, occasionalmente e senza alcun tipo di vergogna, mi ero destreggiata tra più di un ragazzo alla volta. Non che Chad fosse stato il “ragazzo” di Jessie, per quanto ne sapevo.
«Sì, ma...».
«So che è dura. Sei una persona dal cuore d’oro. Ti meriti un gran futuro e tanta felicità». Presi un fazzoletto dal pacchetto sul cruscotto e glielo diedi.
«Anche tu», disse lei, soffiandosi il naso.
«Grazie». Mi sono dimenticata il significato della parola felicità. «Hai iniziato, uhm, a prendere in prestito le cose di Monique dopo quell’episodio con Chad?».
Jessie annuì. «Tutti i ragazzi la guardavano. Anche Adrian. Diceva che era figa».
«Volevi essere come lei. Così forse allora Chad avrebbe voluto te».
Jessie ignorò il fazzoletto appallottolato che aveva in grembo e si pulì il naso con il dorso della mano. Le lacrime continuavano a scendere. «Com’era possibile che incantasse tutti? Anche Adrian? Che cosa aveva lei che io non ho? Mi sento male anche solo a pensare queste cose».
«Non c’è bisogno che tu sia come lei o come qualcun altro. Sei bella come sei».
«A parte per la storia del furto, giusto?»
«Devi parlare con i tuoi genitori e confessare tutto».
«Sì».
Guardai il cellulare. Erano le quattro. «Te la senti di guidare fino a casa? Posso accompagnarti. Possiamo riportarti la Honda più tardi».
Jessie si sedette dritta e fece un respiro profondo, come per raccogliere il coraggio.
«I miei genitori saranno a casa per le sei. Perciò abbiamo tempo».
«Tempo per cosa?»
«Devi venire da me. Devo farti vedere una cosa».