Capitolo 31

A casa Ramirez non rispondeva nessuno e il vialetto era vuoto, ma io mi sentivo osservata.

Feci il giro fino alla camera di Jessie.

Il muschio sotto la finestra era rovinato, appiattito. Forse Jessie sgusciava fuori, atterrava sul muschio e poi sgattaiolava lungo il fianco della casa per raggiungere la strada. E probabilmente Felix Calassis, che soffriva di insonnia e stava sempre incollato al suo binocolo a raggi infrarossi, la osservava ma manteneva il segreto. La mia mente correva all’impazzata.

Era stata Jessie ad appiccare il fuoco in casa dei Kimball? Era gelosa di Monique? Si aspettava forse che in qualche modo Chad sarebbe sopravvissuto?

«Che stai facendo?», chiese qualcuno nelle vicinanze.

Mi voltai e vidi Jessie camminare sull’erba verso di me. «Cercavo te», risposi.

«Perché?». Jessie s’irrigidì, a un tratto era sulla difensiva. Sembrava esausta, aveva il mascara sbavato sotto gli occhi. «Sono a pezzi. È tutto uno schifo».

«Sono contenta che tu sia a casa». Portava dei grossi cerchi alle orecchie, gli stessi che indossava la sera dell’incendio. In quel momento capii cos’era che non mi convinceva di lei. «Eri già in piedi quando è scoppiato l’incendio. Quando sei uscita eri vestita».

«Sì, e allora?», Jessie fece un passo indietro, innalzando un muro invisibile intorno a sé.

«Ti sei cambiata piuttosto in fretta. Quei jeans così attillati non sono difficili da infilare? Devi sdraiarti sul letto, trattenere il respiro e poi...».

«Cos’è, un interrogatorio?»

«Eri uscita di nascosto dalla finestra quella sera?».

Jessie sporse un fianco e si guardò le scarpe, un paio di Keds di tela. La sinistra aveva un piccolo squarcio vicino alla punta. «Mi hanno già fatto cinquemila domande. Quell’indagine è un disastro colossale».

«E cosa dovrebbero fare secondo te?».

Jessie alzò le spalle, poi mi fissò con gli occhi grandi e orlati di kajal. «Prendere il colpevole». Fece il giro della casa fino al portico sul davanti e io la seguii.

«Eri uscita dalla finestra per incontrare Adrian, non è vero?».

Gli occhi di Jessie si riempirono di lacrime. «Non ho niente a che fare con l’incendio. Lo giuro».

«E lui? Ha qualcosa a che fare con l’incendio? Può aver... lasciato qualcosa?»

«Ma che dici? Adrian era insieme a me. Quando siamo tornati, ha percorso la strada a fari spenti... e poi io sono rientrata in casa».

«Dalla finestra?».

Mi guardò con la disperazione negli occhi. «Non dirlo a nessuno».

«Non posso farti promesse».

«Sarah, per favore! Io non ho fatto niente. E nemmeno Adrian. Lo giuro». Jessie si morse il labbro e abbassò lo sguardo sulla punta della scarpa che picchiettava contro il gradino. «Perché tutti pensano che Adrian sia un delinquente?»

«Hai visto qualcun altro quella sera?»

«Nessuno». Spostò lo sguardo sul cellulare. Le era appena arrivato un messaggio. Poi guardò di nuovo me. «Quindi ti trasferisci?»

«Cosa? Chi te l’ha detto?»

«L’ho sentito dire... da qualche parte su al nord, giusto?». Mi lanciò un’occhiata accusatoria.

«Ho visto un posto carino, sì».

«Non volevi che io scappassi, ma adesso sei tu a scappare».

«Non è così. La prossima settimana ho un incontro con i lettori e altre cose da sistemare qui. Non vado da nessuna parte». Il che era vero. Non potevo allontanarmi tanto da Jessie, da Mia, da Harriet. Da Natalie, quando sarebbe tornata.

Da Johnny.

«Proverò a venire a quella roba del libro», disse Jessie. La Buick nera truccata di Adrian svoltò l’angolo, dalla strada arrivava il sordo martellio dei bassi.

«Stai ancora con lui?», le chiesi. «Per poco non ti ha staccato un braccio...».

«Non lo ha fatto apposta. Non è quel genere di persona».

«Come fai a dirlo?»

«Sono a casa, giusto? Non era questo che volevate tutti?»

«Oh, Jessie, si tratta del tuo futuro».

«Questo è il mio futuro».

L’auto accostò al marciapiede, il motore al minimo. Adrian abbassò il volume della radio. Non ebbi il tempo di fare altre domande. Jessie stava già percorrendo spedita il vialetto e io non potevo fare nulla per impedirle di salire sulla macchina di Adrian e andare via con lui.