Prologo
Sto annegando. La corrente del fiume mi sfianca. Ho calciato via gli stivali, ma i jeans zuppi mi si sono incollati alle gambe. Mi brucia il petto per il bisogno d’aria. Dov’è lei? L’ho persa di vista… no, eccola, vicinissima alle cascate. La sua testa galleggia sulla superficie dell’acqua, il volto pallido guarda verso l’alto. Le labbra blu.
Mi lancio verso di lei, ma la corrente mi trascina giù. Ingoio grandi sorsate d’acqua. Lotto con tutte le mie forze per riemergere e ci riesco, sputando fango e limo. Il rombo della cascata si trasforma in un fragore assordante.
«Sto arrivando!», urlo. «Afferra qualcosa!». È cosciente? O meglio, è ancora viva? Chiedo aiuto gridando con quanto fiato ho in gola, ma le mie urla stridule si perdono nella tempesta. Braccio destro, sinistro, allunga, tira. Non sento più le dita delle mani. Lo stesso vale per i piedi. Nel cielo si vedono dei lampi, poi si sente un tuono. Una voce familiare urla qualcosa dalla cima della collina, una figura scura si muove veloce lungo la riva.
«Bon voyage a entrambe», grida la voce trionfante. «Che liberazione!».