Capitolo 36
Mi addentrai nella stanza, avevo il respiro corto, affannato, il cuore che galoppava. Che razza di ossessione morbosa era mai quella? La camera profumata in cui mi trovavo era in realtà un elaborato santuario dedicato a Johnny. La sua faccia mi fissava dalle numerose fotografie che erano attaccate allo specchio sopra il comò o racchiuse nelle cornici appese alle pareti.
Questa è la stanza che uso per rilassarmi.
Nell’armadio aperto c’erano négligé di seta di tutti i colori: rosso, viola, turchese. Spalline sottili e pizzo, tacchi a spillo e perizomi, bottiglie di colonia allineate sul comò. Lozioni, trucchi, spazzole per capelli. Dei preservativi, ancora chiusi negli involucri colorati, erano disposti su un vassoio come finger food a una festa.
E il letto schiacciato contro la finestra, con le coperte tutte aggrovigliate? Eris dormiva lì tutte le notti, rimirando le fotografie di Johnny da quell’unico cuscino? Quella era la sua camera da letto? Chi poteva mai abitare uno spazio simile, pieno di desideri e manie folli?
Sul comodino c’era una bottiglia di vino con due bicchieri. Calici puliti, che aspettavano un uomo che poteva non arrivare mai, e non una bottiglia di vino qualsiasi. La bottiglia di Chardonnay che Johnny aveva regalato a Eris. Intatta. Non l’aveva aperta durante la cena. Aveva fatto sparire la bottiglia ed era tornata con del vino rosso.
Su uno scaffale c’erano dei testi di medicina disposti in ordine alfabetico per titolo, alcuni ancora avvolti nella plastica. Eris li aveva comprati, ma non si era mai presa la briga di aprirli. E riviste di architettura. Manuali di autoaiuto. Come adescarlo e non farselo scappare. Ama te stessa. Pelle perfetta. Chi leggeva libri del genere? Cominciai a iperventilare, un conato di vomito mi serrò la gola.
Respira. Pensa. Che cosa significa tutto questo? Appoggiato sul davanzale c’era un grosso binocolo. Da lì Eris aveva una visuale perfetta del cottage, proprio al di là del bosco in linea d’aria. Forse non poteva vedere dentro casa da quella distanza. Ma poteva controllare se io e Johnny rientravamo o uscivamo. Con una copia della chiave poteva introdursi in casa nostra, quando non c’eravamo.
Aveva attaccato delle foto intorno allo specchio sopra il comò. Johnny che usciva dalla clinica con indosso il completo. Johnny seduto nel suo suv. Johnny che faceva jogging sul sentiero. Johnny che usciva dalla casa di Sitka Lane e saliva in macchina. Eris doveva aver usato un teleobiettivo. Aveva aggiunto Johnny alle proprie fotografie oppure aveva ritagliato altre persone dalle foto di Johnny. Il risultato erano Eris e Johnny in piscina, su una pista da sci o seduti a tavola che si fissavano a lume di candela. La foto di Johnny sul molo. Eris doveva averla rubata dal cottage. Aveva tagliato Monique dall’immagine.
Tremavo da capo a piedi. Non poteva essere vero. Appoggiate su una sedia c’erano tre magliette del Polar Bear Plunge, tutte della taglia di Eris, ma per il resto identiche a quelle di Johnny. Era andata a cercarle? Le aveva mai indossate?
Aveva disposto delle candele in cerchio sul comò e al centro, accanto al viso di Johnny ritagliato da qualche foto, aveva messo un biglietto scritto a mano. verrà il tempo, amore mio, diceva il biglietto. prima o poi.
Io chiaramente non ero in nessuno di quegli scatti. Non c’erano fotografie in cui comparivo con il volto sfigurato o una freccetta conficcata nella fronte. No, per Eris non esistevo proprio. Se ero insieme a Johnny in qualcuna di quelle foto, doveva avermi cancellata senza tante cerimonie.
Come poteva Eris apparire così spigliata, normale e sicura di sé? Come poteva mostrarsi così affabile? Quando aveva annunciato di essersi innamorata, non stava parlando di Steve. Si riferiva a Johnny, l’uomo che secondo lei era invischiato in un matrimonio infelice, che aspettava di “districarsi” da una relazione complicata. C’erano due Eris, quella che viveva lì dentro e quella che viveva fuori. Quella che viveva lì dentro mi spaventava a morte.
Quella che era là fuori aveva con sé Mia.