Capitolo 36

Jordan

 

 

 

 

 

 

Lo sapevo che c’era qualcosa che non andava in Mackenzie, lo sapevo. Istinto? No, certezza matematica. Ma cosa? Possibile che mi abbia preso in giro per tutto questo tempo, possibile che io non abbia capito niente di com’è fatta davvero? Non sarebbe la prima volta che mi capita con una donna. A dispetto di come appaio, riescono a fare di me ciò che vogliono. È questo il mio fottuto problema. Quando mi do, mi do tutto e quasi sempre sono io che ci vado sotto.

Sono passate quattro settimane dall’ultima volta che ho visto Mackenzie. Ho aspettato che mi chiamasse lei, ma dopo quattro giorni mi sono arreso e ci ho provato io. Ha risposto che non potevamo vederci perché era a Montpelier per qualche giorno. «La moglie di Keith ha bisogno di aiuto in casa perché la sua sembra essere una gravidanza difficile». Ci ho creduto. Ho richiamato dopo altri quattro giorni. Ha detto che era ancora a Montpelier, dai nonni. «Li vedo così poco. Sto qui per qualche giorno. Ci vediamo quando torno, okay? Ti chiamo». Ci ho creduto ancora.

Dopo circa una settimana ho richiamato. Non ha risposto. Mi ha scritto un messaggio.

 

Sono occupata, non posso rispondere. Ti richiamo io.

 

Ho cominciato a non crederci più e mi sono detto che, forse, Mackenzie non era dentro questa storia quanto lo ero io e, come uno stupido, mi sono sentito abbandonato. Sordo a questi segnali, ho provato a richiamarla e ancora una volta non ho ricevuto risposta. Stavolta nemmeno un messaggio. Sono andato sotto casa sua, ma non l’ho trovata. Helena è sempre a New York e non c’è nessuno a cui posso chiedere cosa diavolo sta succedendo. È probabile che Mac abbia perso interesse, che si sia resa conto che di me, dopotutto, non le importa molto, oppure che, come le ho detto una malaugurata volta, noi due, in fin dei conti, siamo davvero troppo diversi per poter stare insieme. O forse non ho detto le cose giuste quando avrei dovuto? O forse c’è un altro? O forse ho corso troppo e si è spaventata? O forse ha solo voluto divertirsi un po’, oppure me la sta facendo pagare per il benservito che le ho dato alla cava di marmo? Forse, forse, forse! Mi sembra di impazzire.

All’inizio di ottobre mi sto ancora facendo queste domande, affogando le risposte dentro una bottiglia di buon vino d’annata nell’unico wine bar aperto a Pretty Creek. Una nota chic in questo posto del cazzo e siccome la vita, in questo periodo, ce l’ha a morte con me, incontro l’unica persona al mondo con cui mi sfogherei volentieri prendendola a pugni.

«Guarda un po’ chi si vede da queste parti», dice mentre si avvicina. La sua voce è fastidiosa come la ricordo. «Questa scena mi è piuttosto familiare. Tutto bene, amico?»

«Bene, Hawkins, grazie. Gira al largo, per favore. Questo posto potrebbe essere una tentazione per te».

Kyle scuote il capo con un sorriso. «Niente da fare, Captain America. Sono un compagno devoto e un padre responsabile. Ora rigo dritto. Ho chiuso con quella merda».

«Buon per te, Kyle, e tanti auguri. Siate felici». Invece di desistere, Kyle si accomoda accanto a me.

«Ti ho visto dalla vetrina e non so perché mi sono detto che qualcosa non andava. Non è da te stare a testa bassa davanti a un bicchiere di vino. Una volta era la mia specialità. Allora, che mi racconti, Peterson?»

«Un cazzo».

Lo sento ridacchiare e vorrei strozzarlo. «Gira voce che la bella cioccolataia ti abbia dato il benservito. Amico, fai davvero schifo con le donne».

«Be’», mi volto a guardarlo con lo sguardo appannato, «se consideriamo quanto facevi schifo tu qualche tempo fa e Katherine ti ha preso lo stesso, allora sì, tu sei quello fortunato, Kyle. I derelitti piacciono».

«Peccato che tu non abbia fratelli che possono schiantarsi contro un albero e morire, così magari potresti giustificare l’alcol e diventeresti abbastanza derelitto da piacere alle donne, eh?».

Dio, come ho fatto a dimenticare questa storiaccia e l’inferno attraverso cui Kyle è passato? Vorrei sempre fracassarlo di pugni, ma non posso scordare quanto ha sofferto per la morte del fratello. È rinato proprio grazie all’amore di Katherine. «Ehi, mi dispiace, amico. Ho parlato a sproposito».

«Lascia perdere. So per esperienza che quando nelle vene scorre più alcol che sangue, è facile cadere preda di certi equivoci».

«È colpa sua».

«Di chi?»

«Di Mackenzie. È colpa sua. Mi ha lasciato senza spiegazioni. Abbiamo fatto l’amore e poi è sparita, come se non fosse successo niente». Bevo un lungo sorso di vino e ne verso dell’altro per berne ancora, un po’ per dimenticare Mackenzie e un po’ per consolarmi del fatto che sto qui, a confidarmi con l’uomo che per mesi ho detestato.

«Okay, con questo basta per oggi». Kyle fa cenno al cameriere di venire a riprendersi la bottiglia e io non oppongo resistenza. Non ne ho la forza. «Quindi è vero», continua.

«Certo che è vero».

«Ne sei innamorato, giusto?»

«Fanculo, Hawkins, perché credi che mi stia ubriacando?»

«Volevo esserne sicuro». Kyle appoggia le braccia sul tavolo e mi studia, infine prosegue dicendo: «Perché diavolo sei qui a ubriacarti, invece di cercarla e chiedere spiegazioni?»

«Ci ho provato, cosa credi? Ma non mi vuole».

«Se mi fossi fermato al primo “non ti voglio” di Katherine, a quest’ora sarei sottoterra a far compagnia a Austin. Devi impegnarti di più, Captain America. Io faccio il tifo per te, se non altro perché così non dovrò più guardarmi le spalle, o meglio, le spalle di Katherine».

«Ehi, tranquillo, amico. Mi è passata, okay? Katherine è solo un bel ricordo, niente di più e non è neanche paragonabile a quello che provo per Mackenzie. Lei è… è…».

«Come il Super Bowl, il sole che governa questo cazzo di mondo, vero?»

«Già». Annuisco, quasi estasiato dalle parole di Kyle. «Proprio così. Il sole che governa questo cazzo di mondo. Non avrei saputo dirlo meglio». Tutto ruota intorno a Mackenzie, il mio mondo, la mia vita, ogni decisione che ho preso da quando è entrata nella mia esistenza, tutto me stesso.

«Sei fottuto, Peterson. Fottutissimo. Andiamo, ti riaccompagno a casa, non sei in grado di guidare».

«Grazie Hawkins, a buon rendere».

«Mi basta sapere che Katherine non è più nelle tue mire».

«No, giuro. È tutta tua».

«Lo sarebbe stata comunque».

Ecco, appunto. Ma di questo, adesso, non mi importa più un fico secco. Voglio solo una donna. Capelli rossi, ricci, indomabili, lingua lunga, corpo da favola, occhi verdi come non ne ho mai visti, pelle chiara. Voglio lei, la sua folle famiglia, voglio litigarci tutti i giorni e tutti i giorni farci l’amore. Voglio lei, Mackenzie. Voglio lei e la sua cioccolata.