Capitolo 18
Mackenzie
«Ma che fai, ora? Piangi?». Helena si prende il viso tra le mani e spalanca la bocca. Sollevo la testa dal tavolo e la fisso con gli occhi gonfi.
«Per quell’idiota che detesto più di quanto detesti me stessa. Per essere così stupida? Per essermi umiliata come un’adolescente scema? Mai. Ho solo un bruscolino nell’occhio», mento.
«Te lo hanno lanciato con una fionda? Perché per piangere così, o hai preso un pugno oppure…».
«Non dirlo!».
«Hai preso una cotta».
«No!». Sbatto di nuovo la testa sul tavolo. Più volte e con fredda determinazione. Sono una povera idiota.
«Guarda il lato positivo: hai trovato la tua visione al cioccolato. L’infinito…», dice Helena con tono di voce solenne e sguardo assorto, mentre apre le braccia e le richiude come a voler abbracciare l’aria. «Mi piace, mi piace un sacco».
«Non ho ancora idea di che cosa mettere dentro al cioccolatino. Al momento mi viene in mente solo il lassativo».
«Potrebbe essere un’idea valida. Molte donne risolverebbero la loro vita a San Valentino. “Caro, ho un regalo per te. Tieni, mangiali tutti”».
Un sorriso timido e impacciato si affaccia sulle mie labbra. Alla fine Helena riesce sempre a farmi sorridere. «Comunque non mi sono presa una cotta», mento ancora. «Mi piace, okay, basta».
«Se stai così per uno che ti piace e basta, sei mentalmente instabile».
«Senti da che pulpito».
Helena si allunga sul tavolo e mi prende le mani fra le sue. «Non c’è niente di male ad ammettere una debolezza, tesoro mio. Soprattutto se si chiama Jordan Peterson. Insomma, non mi lamenterei tanto se fossi in te: hai il potere della cioccolata dalla tua e, credimi, è un potere da non sottovalutare». Fa un cenno di assenso mentre addenta il suo snack. «Cioccolato barra ragazza carina che sa inventare dolci fuori dall’ordinario e ogni uomo di questo pianeta vorrà sposarti».
«Certo. C’è la fila fuori, non vedi?»
«Lascia perdere il sarcasmo. Vivi a Pretty Creek e qui quelli carini sono tutti più o meno impegnati. È normale. Ma lui, Jordan, lui no, lui è libero e facilmente influenzabile. È un uomo, come potrebbe essere altrimenti?».
«Mi ricorderò di queste parole quando si fidanzerà con Priscilla».
«Oh, quella… quella col nome da bambola di porcellana».
«E l’aspetto», ribatto.
«E i soldi».
«E un padre banchiere», le ricordo.
«E un culo da favola».
«La picchierei!», esclamo.
Helena sospira e riprende a mangiare il suo snack, pensierosa. «Mark dice che non è interessato davvero, solo che sua madre punta molto su una loro eventuale unione per entrare nel patinato e lercio mondo delle banche americane e tenere al sicuro l’azienda di famiglia».
«Sua madre è una pigna in culo!».
Helena annuisce. «Non potrei essere più d’accordo».
Riprendo a sbattere la testa sul tavolo, prima di chiedere: «C’è del rum? Ho bisogno di qualcosa di forte».
«Abbiamo solo dell’assenzio, mi dispiace», ironizza la mia amica. Non abbiamo dell’assenzio e nemmeno del rum, a dire il vero. Forse una birra potrà bastare. Mi alzo dalla sedia dopo circa un’ora. Ho il sedere che mi formicola. Mi dirigo verso il frigo e tiro fuori una bottiglia. La stappo e lancio il tappo nel lavabo della cucina. Mi attacco alla bottiglia come se non ci fosse un domani.
«Se ubriacarti potrà lenire i tuoi dispiaceri, fallo, ti prego», mi dice Helena raggiungendomi.
«Non credo», le rispondo, «è solo per fare scena».
«Saresti un avvocato con le palle».
«Ma sono solo una cioccolataia».
«E?»
«E ho il potere, cavolo! Ho il potere».
Helena solleva le braccia al cielo. «Amen sorella, amen!».
«Sono una dannata professionista!».
«Lo sei, dannazione, lo sei».
«E non ho bisogno di nessun uomo, tantomeno di quel bamboccione barbuto con le idee più confuse della storia. Chi siamo noi?». Sollevo un pugno in aria.
«Ragazze libere», risponde Helena con un’ottava di voce più alta.
«E cosa vogliamo?».
«Tanta cioccolata e, all’occorrenza, un vibratore».
«E litri di buona birra!».
Mi sento meglio, sì. La birra mi sta facendo bene e anche l’idea di essere più forte di chiunque altro. In fondo non è la prima volta che mi piace un uomo. Posso gestirla benissimo.
«Ma come faccio a guardarlo ancora in faccia, ora che mi ha toccato le tette?», vacillo nella mia convinzione.
«Pensa se avesse conquistato la tua vagina!». Helena solleva gli occhi al cielo e fa un gesto con una mano come per dirmi di tacere. Lo faccio, perché in effetti ha ragione. «Cazzata, vero?»
«Bella grossa, soprattutto perché se avesse insistito, avrebbe espugnato la fortezza senza troppa fatica».
«Mi fai sembrare una facile».
«No, ti conosco, so che concedi le tue grazie con parsimonia. Sto dicendo che tutti e due siete al limite ormai. Sarebbe pure ora che succedesse qualcosa. Io lo spero e anche Mark, se proprio vuoi saperlo. Lui è convinto che se di rossa si deve trattare, meglio tu che la silfide con tendenze bulimico-anoressiche».
Come fare a controbattere alle argomentazioni di Helena? «Sei proprio un fottuto avvocato!».