Capitolo 23
Mackenzie
«È difficile, Helena, difficile».
«Con gli uomini non c’è niente di facile, Mac. Sono esseri semplici, ma fanno le cose sempre difficili. Vedi, di noi donne dicono che siamo complicate, ma in realtà sono loro a esserlo davvero. Ti stai comportando bene e il fatto che tu lo tenga – in parte – a distanza, sta dando i suoi frutti».
«Mi chiedo dove mi porterà tutto questo», le dico mentre preparo l’impasto per una torta fredda al cocco e cioccolato.
«Nel suo letto?».
Sollevo lo sguardo su Helena. Socchiudo gli occhi e scuoto la testa. «Mi piacerebbe ambire a qualcosa di più, nonostante l’idea mi elettrizzi».
«Be’, ti è sempre piaciuto, ma prima c’era Katherine, ora Priscilla».
«Mi stai dicendo che…». Do un colpo di frusta troppo veloce all’impasto e la crema mi schizza sull’angolo della bocca. La lecco via. Ottimo sapore. «Che dovrei mettermi l’anima in pace?»
«Dico che, forse, finire nel suo letto sarebbe già un gran bell’affare».
«No. Insomma, se capitasse probabilmente non mi tirerei indietro. Voglio dire, dovrei essere idiota, ma so già come finirebbe. Con me in lacrime».
«Perché ti innamoreresti?».
Annuisco.
«A volte mi chiedo se menti consapevolmente o non ti accorgi davvero di quello che provi».
«Che vuoi dire?»
«Ecco, vedi? Voglio dire che ci sei già dentro con tutte le scarpe, amica mia. Non parliamo più di cotta. Quella era prima, quando lo vedevi in giro per il paese e andavi in iperventilazione, lo facevamo un po’ tutte per lui, o quando veniva a trovare la signora Tantlebaum alla cioccolateria. Cotta raffreddata nel momento in cui ha deciso di silurarti e prontamente rinfocolata poco dopo. Ma ora parliamo di puro desiderio, sentimento, prendimi e portami via, facciamo tanti figli insieme, prendiamo una casa con un cane e mettiamoci dentro una famiglia. Di questo parliamo ora».
Con un sospiro rassegnato mi lascio cadere sulla sedia dietro di me. «La tua stramaledetta teoria delle anime gemelle ha condizionato la mia esistenza da quando ti conosco, dannazione».
Helena allunga un indice nell’impasto e se lo porta alla bocca, assaporandolo. «Presto se ne accorgerà anche lui».
«Preferirei odiarlo come quando mi ha lasciata senza la cioccolateria. Invece ho scoperto che il bastardo è capace di grandi gesti gentili, a parte silurarmi e darmi il benservito dopo che l’ho baciato, ovvio».
«Il confine fra odio amore è labile», dice lei continuando a raccogliere crema.
«Qualche altra ovvietà di cui vuoi farmi partecipe?». Helena sorride arricciando il naso e strizzando gli occhi.
«Che a letto secondo me è una bomba, con quel corpo da favola».
Mi alzo di scatto e riprendo a mescolare con forza, troppa forza. «Non sei affatto di aiuto».
«È divertente vederti in confusione. Non capita tutti i giorni».
«Ultimamente anche troppo spesso».
«Forza, ragazza, forza. Ora perdonami, ma ho un appuntamento di lavoro. Farò tardi stasera. Ti suggerisco di non mangiarla da sola, tutta quella torta».
Un suggerimento come un altro, certo. Resto per un’ora buona a preparare il mio dolce pensando e ripensando a cosa fare. Quasi non mi accorgo di incartare la torta, ma mi accorgo benissimo di spedire un sms a Jordan.
Ti trovo a casa?
Attendo la risposta con la stessa ansia con cui aspetterei di vedere un ago infilarsi nelle mie chiappe. Arriva circa dieci minuti dopo. Dieci minuti in cui ho seriamente pensato di scrivergli ancora e dirgli: “Scusa, ho sbagliato numero”.
Sì.
Però, prolisso.
Sto arrivando.
Okay.
Conversazione stimolante.
Che diamine mi prende? Faccio un doccia esagerando con il bagnoschiuma. Indosso una canotta rosa shocking, una giacca sportiva bianca, un paio di jeans puliti, un paio di scarpe da ginnastica e monto sulla mia bicicletta. Sul sellino dietro di me, un cesto con dentro la torta al cocco e cioccolato.
Perché continuo a sentirmi ridicola? Una via di mezzo fra un’idiota e una mezza pazza? Penso che mi odierò per il resto della vita, ma sono troppo vigliacca per autoflagellarmi.
Jordan mi sta aspettando sulla porta. Mi sta aspettando sulla porta! Con i pantaloni della tuta, una maglietta scura, i capelli disfatti e l’aria di uno che è uscito sconfitto dallo scontro con un muro.
«Ehi», mi saluta quando lo raggiungo. «Che hai lì?», mi chiede fissando il cesto portavivande.
«Un dolce. Era troppo solo per me: Helena è uscita. Così ho pensato di condividerlo con il mio nuovo migliore amico». Propongo il modello di sorriso di quella che fa la simpatica. Lui lo accoglie e in risposta mi propone il suo, di quelli che ti prendono il cuore e i polmoni e li strizzano.
«Ci voleva», mi dice e tossisce.
Sembra stanco. «Che c’è? Non stai bene?»
«Solo un po’ di raffreddore. Occhi gonfi, naso chiuso, gola irritata. Insomma, tutto il repertorio».
«Tu lavori troppo».
Si massaggia le tempie mentre si siede sul divano in salotto. «O può darsi che un bagno nell’acqua gelida non mi abbia fatto per niente bene». Mi guarda con sguardo d’accusa.
«Parli della gita alla cava di marmo? Ma se è passata una settimana, forse di più».
«Nove giorni».
«Preciso. Ma questo prova che non puoi averlo preso lì, a meno che il tuo non sia un raffreddore tardivo. A ogni modo, sei fatto di cartapesta».
Mossa a pietà e mossa soprattutto da bassi istinti, mi avvicino a lui e gli tasto la fronte. «Devi avere qualche linea di febbre, povero piccolo».
«Piantala, strega. Mi sento malissimo».
«Vuoi fare testamento?»
«Infierisci pure. Vorrei vedere te al mio posto».
«Ho lavorato in condizioni peggiori».
«Come? Con i boccoli mosci?».
«I miei boccoli non si ammosciano. Sono naturali».
Jordan solleva un angolo della bocca in una sorta di sorriso strafottente. «Simpatica come una vescica sul culo».
«Divertente come le emorroidi, se vogliamo rimanere in tema».
«Me lo dai questo dolce o devo pregarti in ginocchio?».
Mi chino verso di lui, a pochi centimetri dal suo viso. «Non sarebbe un’idea malvagia».
«Potrei attaccarti il raffreddore se mi stai così vicino».
«Paura, per caso?»
«Di te?».
«Di me».
Lui solleva una mano fino al mio viso e lo accarezza con esasperante lentezza. Poi attorciglia una ciocca di capelli fra le dita. «Mai».
Provocalo e lascialo andare, suggerisce la mente.
Ma il cuore non la pensa allo stesso modo: Afferra quella mano, stringila, portala sul tuo petto e fagli vedere quanto lo desideri.
Diamine, un po’ di contegno ragazza. Finezza, maledizione, finezza. Sei una signora, si ribella la ragione.
Ma vaff…
Contegno, merda!
Non puoi lasciarti sfuggire questa occasione.
Cos’è? La caccia al pezzo di manzo? Non avevi detto di volere di più? Non è questo il modo di ottenerlo. Maledetto cuore, non sai controllarti. Pretendi sempre tutto e subito.
E tu, sempre a razionalizzare qualunque cosa. A volte bisogna solo lasciarsi andare.
«Ti preparo un tè. Ti farà bene». Mi allontano in fretta. La ragione ha vinto ancora. Mi avvio in cucina, preparo il tè che gli ho promesso, taglio un pezzo di torta e torno da lui in salotto. È ancora disteso sul divano, ha gli occhi chiusi e sembra che dorma. Appoggio tutto sul tavolino e chissà perché, mi vengono in mente quelle stupide favole in cui il principe sveglia la principessa dal sonno eterno con un solo bacio. «Tu mi morderesti la lingua», sussurro. Sbuffo e mi volto per andarmene quando sento la sua mano afferrare la mia.
«Resta», mi dice, gli occhi sempre chiusi. «Resta», ripete.
Come si ferma il tempo?
«Hai bisogno di riposare, Jordan».
«Ho bisogno di te».
Parole giuste, probabilmente momento sbagliato. «La febbre deve essere salita. Insieme al tè, trovi un’aspirina. Buttala giù, ti farà bene».
La sua mano scivola lentamente via. Si mette in posizione fetale sul divano. Appare piccolo nonostante l’altezza e la muscolatura, appare indifeso nonostante tutto. Sembra che abbia freddo, così prendo la coperta ai suoi piedi, pregna del suo profumo. Gliela metto addosso e resto seduta accanto a lui per un po’, fino a che non mi accorgo che il suo respiro si è fatto regolare. Il tè si fredderà, ma che importa. Questo momento è così pieno di pensieri che non riesco ad arginarli, così colmo di tentazioni che dovrei fuggire a gambe levate prima di rendermi ridicola, ancora una volta. Come se non fosse bastato arrivare qui come Cappuccetto rosso con un cesto di cose buone per la nonnina e invece di trovare una vecchina, trovo il lupo sexy, tenero e maledettamente attraente. Ho toccato il fondo.
Mi avvio verso la porta. Non mi volto indietro. Helena sbaglia. Io sbaglio. Jordan è stato chiaro e io mi sto solo umiliando. Terrò stretta a me la voglia di lui, non la lascerò fuggire, non le lascerò condizionare le mie azioni per quanto difficile sarà. Da oggi in poi terrò le distanze. Sì, ho deciso. Ce la metterò tutta. Basta Jordan. Chiusa parentesi.
Caro cuore, questa guerra la vincerò io.
Cara ragione, non è detta l’ultima parola. Ride bene chi ride ultimo. Le statistiche dicono che io sono più forte. I sentimenti battono la razionalità. Sempre.