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Bologna, Italia
Era sempre un piacere visitare Bologna. Era una città colma di bellezza e storia in un Paese immerso in entrambe. Il centro della città affascinava Victor con la sua architettura, i monumenti, i portici e le fortificazioni vecchi ottocento anni. Il sicario si affacciò dalla cima della pendente Torre degli Asinelli, alta novantasette metri. Era la più alta delle famose Due Torri di Bologna, e l’esteso paesaggio urbano sotto di lui era tutto tetti rossi e pareti color ocra, fatta eccezione per i punti in cui grigie torri medievali sporgevano al di sopra del basso profilo cittadino.
La vicina Firenze attirava i turisti, mantenendo Bologna più autentica e intatta, e Victor sperava che rimanesse sempre così. Il numero relativamente basso di visitatori significava che c’erano meno stranieri tra i quali nascondersi, ma la città era molto più piacevole da girare grazie alla mancanza di turisti attrezzati di macchina fotografica.
Faceva caldo e l’aria era secca. Victor indossava una camicia di lino bianca e un paio di ampi pantaloni sportivi di cotone e si teneva fresco camminando nel labirinto ombreggiato dei famosi portici cittadini. In tutto c’erano quaranta chilometri di camminamenti coperti: perfetti per ritirarsi e seminare pedinatori. Victor non vide nessuno e continuò a camminare fino a via Rizzoli, dove esaminò con cura le molte e pittoresche librerie e botteghe di antiquariato, utilizzando nel frattempo le vetrine dei negozi di moda per controllare ulteriormente un’eventuale presenza di inseguitori. Non notò alcuna minaccia, ma rimase cauto mentre pranzava e continuava a eseguire una controsorveglianza andando in cerca dei palazzi rinascimentali quando la maggior parte dei negozi chiudeva tra l’una e le tre del pomeriggio.
Victor non aveva nemici in Italia ed era questa una delle ragioni per cui gli piaceva visitarla quando poteva, ma dopo lo scontro con la squadra di sorveglianza a Minsk doveva stare particolarmente attento. Chiunque fosse il loro capo poteva già essere sulle sue tracce, ed era per questo che era essenziale scoprire chi fosse.
Quando Victor fu certo di aver fatto tutto ciò che poteva per evitare di essere seguito, entrò in un’osteria dal basso soffitto e scrutò la folla alla ricerca di facce strane voltate nella sua direzione. Era ancora nel centro della città, ma il quartiere era più povero, più trasandato e meno accogliente. Incrociò lo sguardo di quelli che guardavano verso di lui, per mostrare di non essere un bersaglio facile, ma non abbastanza a lungo da invitare a una sfida. Le conversazioni ripresero e Victor ordinò una coca cola alla smilza barista e si sedette su uno sgabello, sistemandosi in modo da trovarsi comodo sulla dura sedia. Un vecchio, due sgabelli più in là, gli chiese se aveva un accendino. Lui scosse il capo.
Sorseggiò la sua bibita e attese. Era di spalle al resto del bar, ma i tavoli agli angoli erano tutti occupati e un enorme specchio dietro il bancone gli permetteva di tenere d’occhio i propri fianchi.
Passarono alcuni minuti prima che qualcuno si sedesse sullo sgabello accanto al suo. L’uomo era basso, un po’ sovrappeso, con braccia robuste e una barba scura e arruffata. Era quarantenne e a giudicare dalle macchie giallastre di nicotina che aveva sulle mani e sui denti non gli restava molto da vivere.
«Ho sentito dire che stai cercando Giordano» disse l’uomo, senza guardare Victor.
«È difficile da rintracciare. Sai dove posso trovarlo?»
«So talmente tante cose che temo che il mio cervello non sia abbastanza grande da contenerle tutte.»
«Dove potrei trovarlo?»
«Mi dispiace doverti dire che non puoi. Ma io sono una persona disponibile e te lo andrò a chiamare. Sai, Giordano è molto diffidente nei confronti degli stranieri.»
Victor non credette per un istante a ciò che gli veniva detto. Se l’uomo barbuto gli avesse detto dove trovare Giordano, la sua utilità si sarebbe esaurita. Tenendo Victor all’oscuro, manteneva il proprio ruolo di intermediario e i suoi margini di profitto.
Victor aprì il portafoglio e sfogliò le banconote da cento euro che c’erano all’interno. Ne prese una e la mise sul bancone, ma ci tenne un dito sopra.
«Dimmi dove posso trovare Giordano.»
L’uomo allungò la mano per prendere i soldi, ma Victor li allontanò dalle sue dita avide.
«Dove?» chiese Victor.
L’uomo grugnì. «Non è così che si gestiscono queste cose. Lascia che io ti liberi di quel brutto pezzo di carta e poi ti presenterò Giordano.»
«Molto bene.» Victor tolse la banconota dal bancone e la rimise nel portafoglio. «Quando puoi organizzarmi l’incontro?»
«Ti va bene domani?»
«Troppo tardi» rispose Victor, comprendendo il gioco.
«Mi dispiace, ma questo genere di incontri necessita tempo» disse l’uomo.
«E soldi?» Victor mise duecento euro sul bancone. «Che ne dici di farmelo conoscere adesso?»
L’uomo barbuto rispose: «Mi sembra una soluzione perfettamente consensuale.»
Attraversarono a piedi Piazza Maggiore. Persone del posto e turisti sedevano attorno all’imponente piazza, godendosi il sole e l’atmosfera cordiale di Bologna, mentre i piccioni si facevano largo per prendere le briciole e sfuggivano alle cariche dei bambini. Su tutti i lati della piazza si affacciavano edifici risalenti al medioevo. A sud, Victor vide la basilica di San Petronio dominare la piazza. La sua enorme facciata era composta di eleganti blocchi di pietra bianchi e rossi con incisioni elaborate e arcate nella parte inferiore. Sopra, tuttavia, era composta da semplici mattoni nudi. Il risultato era bizzarro per i più, orribile per alcuni, ma per Victor era stranamente affascinante, una mescolanza di bello e brutto.
L’uomo barbuto mantenne un passo lento e fumò sigarette per tutto il tragitto, accendendone subito una nuova mentre le braci morenti della precedente ardevano ancora nel canale di scolo. Victor cercò di tenersi lontano dal fumo il più possibile, perché era l’aroma più dolce che avesse mai sentito da lungo tempo e metteva alla prova la sua determinazione.
Le strade cittadine erano strette e particolarmente prive di alberi, l’unico tratto negativo attribuibile alla bellezza di Bologna. L’uomo barbuto condusse Victor attraverso vari portici tortuosi e lui si rese conto che il percorso che stavano facendo era altrettanto tortuoso. Fu felice di stare al gioco e godersi la vista della serie di edifici in terracotta che superarono. L’architettura moderna era rara a Bologna e la città dava l’impressione che il tempo si fosse fermato all’interno delle sue mura, mentre il mondo attorno cambiava.
Alla fine superarono i resti delle mura medievali che circondavano il centro storico e uscirono dalla zona immersa nel passato. Le strade si fecero più affollate, il traffico più rumoroso, le luci più intense. L’uomo barbuto guidò Victor per un altro quarto d’ora, poi svoltarono in un vicolo che correva lungo il retro di una fila di ristoranti.
«È arrivato il momento di separarci» disse l’uomo barbuto, togliendo la sigaretta dalle labbra. «È stato un piacere. Ora, prosegui e svolta all’angolo.»
Indicò la direzione e gli porse la mano.
«Ci troverò Giordano?»
«Sarebbe troppo facile, no? Troverai un giornale sotto una cassa di legno. Cerca la pagina con i giochi. Nel cruciverba ci sono l’ora e il luogo. Addio.»
L’aria era calda. Giungeva musica da un bar nei paraggi. Victor camminò lentamente, controllando la zona, ma non c’era niente che potesse preoccuparlo. Trovò la cassa e il giornale e si infilò in tasca la pagina dei giochi ripiegata.
Il sole basso spinse Victor a cercare l’ombra mentre tornava nel centro di Bologna. Passò tra le folle, inosservato, dimenticato. Da giovane, desiderava che tutti lo guardassero. Adesso, quando qualcuno lo faceva, diventava un nemico fino a prova contraria. Usò i puntuali autobus della città per andare in giro. Per qualche ragione, i taxi non si fermavano quando li si chiamava. Victor passò un’ora a cambiare autobus, poi si diresse alla stazione ferroviaria dove si sedette sulla panchina di un binario, a sfogliare una rivista automobilistica. Quando il treno delle diciotto e cinquanta per Roma arrivò, attese fino alle diciotto e quarantotto e poi salì a bordo. Alcune persone salirono dopo di lui.
Una volta sul treno, rimase nel vestibolo, la mano sulla porta, a contare i secondi che passavano. Dal vetro osservò l’assistente sul binario dare il via libera al conducente, poi spalancò la porta e saltò giù. La richiuse dietro di sé e la sentì bloccarsi un secondo dopo.
Con la coda dell’occhio vide l’assistente scuotere il capo. Lo ignorò, guardando su entrambi i lati del binario.
Non era sceso nessun altro.
Il bar era elegante, con tondi tavolini bianchi e sgabelli al posto delle sedie. Le pareti erano lisce e bianche, con molti specchi. A Victor la cosa piaceva. Per una volta, poteva sedersi ovunque e con una semplice occhiata vedere l’ingresso, il bancone, le porte dei bagni e perfino le gambe lunghe e perfettamente toniche della bionda seduta alla sua destra. Anche se la distrazione causata dalla donna era sicuramente più un ostacolo che un beneficio.
L’aroma di caffè appena macinato profumava l’aria. Il locale era spazioso ma pieno, vivace e rumoroso. Victor sedette con un giornale aperto davanti a sé e un alto bicchiere di succo d’arancia accanto. Il bicchiere era coperto di goccioline dovute alla condensa. Le lancette sull’orologio sopra il bancone segnavano le ventuno. Victor avrebbe concesso altri dieci minuti, giustificati dal traffico. Se l’uomo non si fosse fatto vivo entro quell’ora, sarebbe stato un peccato.
Attraversò la porta mentre Victor stava finendo il succo. Era come sempre: magro, abbronzato, biondo, perfettamente curato, eternamente giovane, sicuro di sé, incredibilmente bello.
Sorrise a Victor mentre si avvicinava e disse: «Vernon, mio squalo preferito, sei venuto fino a Bologna per vedermi. L’intera città è onorata dalla tua presenza.»
«Squalo?»
Il biondo si sedette di fronte a lui. «Mi pare che la metafora si adatti piuttosto bene a te. Mentre venivo qua ti ho pensato.» Si sporse in avanti e sussurrò: «Tu nuoti nell’oceano senza farti notare, colpisci senza preavviso e poi svanisci negli abissi, invisibile ma sempre temuto.»
«Una bella immagine» fece Victor, senza inflessione.
«Lo so.»
«Sei in ritardo, Alberto.»
Alberto Giordano fece spallucce e non disse niente, il semplice gesto a giustificare il ritardo.
«Stavo per andarmene» proseguì Victor.
«Senza vedermi? Assurdo. La gente mi aspetta sempre.»
Il sorriso di Giordano svanì all’istante quando notò che la mano destra di Victor era sotto il tavolo. «Che stai facendo, Vernon?»
«Tu che pensi?»
Giordano fece una smorfia. «Che maniere. Credevo avessimo superato queste sciocchezze. Se sono così minaccioso, perché hai voluto incontrarmi?»
«Mi sento solo.»
Alberto indicò la mano invisibile di Victor. «Considerando che tratti la gente in questo modo, non me ne stupisco.»
«Parliamo dell’uomo che oggi mi ha fatto girare mezza città.»
Giordano sorrise: «Una piccola avventura non fa male a nessuno. Non fingere che non ti sia piaciuta. E poi, tu mi hai sempre detto che dovevo essere più cauto. Una difesa sfaccettata, e tutte quelle cose buffe. Adesso sono più cauto. Se la gente vuole vedere Giordano, deve stare alle mie regole, così posso capire di che pasta è fatta. E funziona. Non posso mica permettermi che questa bella faccia venga sfregiata da un rozzo manigoldo, no? E non provare a fingerti offeso; hai fatto salire un mio amico su un treno per Roma. Lo hanno sorpreso senza biglietto. Sai quanto vengono le multe in questo Paese? Secondo me i fascisti sono ancora al potere.»
«Non mi piace essere pedinato.»
Si avvicinò una cameriera, con una divisa elegante aderente alle curve. Il suo sguardo si illuminò quando vide Giordano e gli fece un ampio sorriso. Non diede a vedere se notò Victor. Giordano ordinò un espresso per sé e un altro succo d’arancia per Victor.
«Oltre a voler godere della mia compagnia, immagino tu stia per richiedermi il solito prodotto» disse Giordano.
«Sì.»
«Di che nazionalità?»
«Stavolta sto pensando a quella italiana.»
Giordano sorrise. «Vernon, per cortesia, non sono sicuro che tu sia abbastanza bello da essere uno di noi.»
«Io sono bello dentro.»
Giordano rise e fecero conversazione spiccia finché la cameriera riapparve e servì da bere. La donna passò alcuni minuti a flirtare con Giordano, sporgendosi sul tavolo per rendere evidente che i bottoni in cima alla sua camicetta erano slacciati. La temperatura doveva essersi impennata, dopo che aveva preso l’ordinazione, pensò Victor. Sorseggiò il succo e cercò di non importunare. Alla fine, la cameriera prese il numero di Giordano e tornò al suo lavoro.
«A volte è una maledizione essere belli» disse Giordano con aria malinconica dopo che la donna se ne fu andata. «Quando hai questo aspetto, tutte le donne vogliono parlarti. E io non posso rifiutarmi, altrimenti penserebbero che sono maleducato. E, prima che tu dica qualcosa di impertinente, io parlo anche con quelle orrende. Solo che poi non le chiamo.»
Victor non ribatté. Disse: «L’identità deve essere autentica. E totalmente pulita.»
«Per lei, signor Squalo, questo e altro. Hai portato una foto, immagino.»
Victor tirò fuori da una tasca una foto formato passaporto e la consegnò a Giordano. «Avrei bisogno anche di un altro favore da te.»
«Posso provare a insegnarti a parlare con le donne, se vuoi» disse Giordano con un ampio sorriso. «Ma non posso prometterti che loro abbiano voglia di parlare con te.»
«Mi arrangio, sul serio, Alberto.»
«Non credere che non sappia cosa significa, amico. Mia sorella, nonostante non sia una bellezza, è una donna piuttosto piacevole. Penso che andreste d’accordo. È taciturna, come te.»
«Permetteresti a tua sorella di frequentare uno come me?»
«Ciò che una persona fa di mestiere non lo definisce. Tutti hanno bisogno di soldi, no? Il modo in cui scegliamo di ottenerli non è un riflesso dei nostri cuori ma della nostra società. Io sono un falsario o sono Alberto Raphael Giordano, amico, amante, artista, figlio? E poi, tu sei un brav’uomo, Vernon, anche se non vuoi crederci.»
«Apprezzo la tua offerta, ma un appuntamento amoroso non è esattamente ciò che avevo in mente.» Victor ritrasse la mano da sotto il tavolo e mise una delle telecamere senza fili che si era procurato a Minsk sul piano del tavolo. Giordano fissò la mano vuota per un istante, sorrise e scosse il capo. «Perché sei così cattivo da avermi spinto a pensare che fossi armato? Sono ferito.»
«Sono certo che la cameriera ti aiuterà a sentirti meglio.»
Giordano sorrise ancora e prese la telecamera. «Carina» disse, esaminandola attentamente. «Molto carina.»
«Che sai dirmi a riguardo?»
«È stata prodotta in America. Ha un raggio di cinquanta metri in un ambiente urbano, di cento all’esterno. Produce immagini ad alta risoluzione sia a colori che a infrarossi. Con una batteria da nove Volt dura una settimana. Questa è una tecnologia all’avanguardia. Di esclusivo uso governativo. Vernon, non avevo idea che tu avessi gusti così raffinati.»
«Tu riusciresti a procurartene una?»
«Con enorme difficoltà, e con molti più soldi di quelli che spenderei per guadagnarmi il cuore di Venere in persona.»
«Ma sarebbe possibile, se tu non facessi parte di un’agenzia governativa statunitense?»
«Tutto è possibile.»
«Saresti in grado di impossessarti di una dozzina di queste, se ce ne fosse bisogno?»
Giordano sollevò le mani. «Apprezzo la tua fiducia, Vernon, ma non ci proverei neppure. Sono certo di potermene procurare una, forse addirittura tre, ma non ho alcuna voglia di farmi sfondare la porta dai bruti della CIA e farmi chiedere perché possiedo materiali riservati.»
Victor annuì e cercò di nascondere i propri pensieri. Chiese: «Saresti in grado di recuperare il numero seriale della telecamera e scoprire chi l’ha comprata?»
«Per te, ci proverei molto volentieri.»
«Guarda cosa riesci a fare» disse Victor. «Ma sii discreto. Non correre alcun rischio, ti prego. A prescindere dal risultato, puoi tenerti la telecamera.»
Giordano gettò un’occhiata alla cameriera. «Potrei testarla più tardi.»
Victor scosse il capo. «Quanto ci vorrà per avere il passaporto?»
«Qualche giorno» rispose Giordano.
«Chiamami non appena è pronto.»
«Percepisco un’urgenza che non è da te.»
Victor non rispose.
«Sei nei guai, Vernon?»
«Direi proprio di sì.»
«Allora perché non ti lasci quei guai alle spalle e ti ritiri, finché sei ancora giovane e relativamente bello? Vivi, non limitarti a esistere.»
Victor bevve un sorso di succo d’arancia e disse: «Quando ho iniziato, pensavo a cosa avrei fatto quando avessi messo da parte i soldi sufficienti a ritirarmi. Ho stabilito una cifra e giurato che non avrei lavorato un giorno di più.»
«Ragionevole ed encomiabile. Quanto ti manca a raggiungere quella cifra?»
«L’ho raggiunta molto tempo fa.»
«Allora ritirati. Goditi la vita.» Sorrise e si tirò indietro sulla sedia. «Come me.»
Victor scosse il capo. «Magari fosse così facile, Alberto. Faccio questo mestiere da troppo tempo. Mi sono fatto troppi nemici. Se mi ritirassi, diventerei lento, rammollito. Non mi accorgerei del loro arrivo, se dovessero rintracciarmi.» Giordano perse il sorriso. «Avevi ragione, prima, quando hai detto che sono uno squalo. Se smettessi di nuotare, annegherei.»