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Victor arrivò al Best Eastern mezz’ora dopo aver lasciato lo Europe, ovvero più in fretta di quanto avrebbe desiderato, ma una controsorveglianza fatta per bene non era possibile con un braccio ferito. Passare due ore ad accertarsi di non essere seguiti era corretto in teoria, ma non in pratica, se come risultato la ferita si fosse infettata o ci fosse stato il rischio di essere scorti da un poliziotto in pattugliamento.
Una volta in camera sua, si tolse i vestiti e aprì l’acqua per fare il bagno. Mentre l’acqua scorreva, esaminò la ferita allo specchio. Il sangue gli macchiava l’intero braccio. La ferita in sé era lunga circa dieci centimetri, forse profonda tre millimetri, e sanguinava molto di più rispetto ai momenti successivi allo sparo. Inserì il tappo nel lavandino e aprì il rubinetto dell’acqua calda. La stanza d’albergo era fornita di bollitore, tazze, bustine di tè e caffè istantaneo, zucchero. Victor infilò due bustine di tè in una tazza e vi versò acqua fredda sufficiente a bagnarle. Prese una maglietta pulita dalla valigia e la fece a brandelli. Il dolore risultante gli fece fare una smorfia.
Abbassò il tricipite ferito nel lavandino e in pochi secondi l’acqua diventò rosso chiaro. A denti stretti, lavò la ferita per togliere ogni traccia di vestiti e altri detriti. Si tamponò il braccio con un asciugamano, prese le bustine umide dalla tazza e le premette sulla ferita. Tenne il gomito allineato orizzontalmente alla spalla per mantenere in equilibrio le bustine mentre si avvolgeva un brandello di maglietta attorno al braccio. Legò saldamente la ferita, ma non in maniera troppo stretta, per dare alle bustine il modo di funzionare al meglio. I tannini emostatici presenti naturalmente nel tè avrebbero favorito l’interruzione del sanguinamento, ridotto le possibilità d’infezione e facilitato la guarigione. Victor controllò le bustine dopo cinque minuti, trovandole impregnate di sangue. Le sostituì con altre due e legò la ferita con un poco più di pressione. Quando controllò, dopo altri cinque minuti, il sanguinamento era cessato.
Victor aprì una bustina di zucchero granulare e la versò con attenzione nel solco della ferita. Non sapeva se fosse infetta, ma l’azione antimicrobica dello zucchero avrebbe assicurato che non lo diventasse. E se era infetta, lo zucchero avrebbe probabilmente ucciso i batteri, o quantomeno ne avrebbe rallentato la diffusione. Poi riavvolse il braccio in un altro brandello di maglietta, tracannò due bottigliette di vodka dal minibar e si infilò nella vasca, tenendo il braccio destro fuori dall’acqua.
Adesso che la ferita era pulita e aveva smesso di sanguinare, poteva iniziare a guarire. Victor si sarebbe ritrovato con un’ennesima cicatrice, ma visto che ne aveva così tante una in più non avrebbe fatto molta differenza. Lui non aveva l’abitudine di togliersi la camicia in pubblico, ma se la cicatrice si fosse rivelata troppo marcata allora avrebbe dovuto versare altri soldi nelle tasche di un chirurgo plastico. A parte le donne ricche, gli assassini erano probabilmente i loro clienti migliori.
Sebbene le bustine di tè e lo zucchero fossero in grado di curare una ferita, sarebbe stato meglio usare un kit di pronto soccorso appropriato. Victor non si era azzardato a cercare una farmacia notturna subito dopo l’attacco, un momento in cui la polizia sarebbe stata più vigile che mai. Dubitava che cercassero un uomo solo, quantomeno per il momento, ma se lui si fosse attardato in strada avrebbero potuto fermarlo per un controllo a casaccio. Probabilmente erano svegli a sufficienza da mettere sotto sorveglianza ospedali e farmacie.
La presenza della polizia sarebbe stata vasta per tutta la notte, con la speranza di acciuffare i colpevoli mentre erano in fuga. La fuga era infatti la linea d’azione più plausibile. Era ciò che facevano i criminali in quelle situazioni. E Victor la considerava una buona tattica in caso di crisi. Se la postazione era compromessa, bisognava allontanarsi. Una volta lontani dalla zona pericolosa, ci si poteva fermare, riorganizzare e formulare un piano. Tuttavia, in questo caso, una fuga frettolosa sarebbe stata troppo rischiosa con la sua ferita. Di notte c’erano poche persone in strada a cui mischiarsi e meno mezzi con i quali allontanarsi in maniera rapida. Adesso che era fresca, la ferita si nascondeva male e lo avrebbe ostacolato, se lo avessero scorto.
Si sentiva stanco. I postumi dell’adrenalina erano al picco e Victor faceva fatica a tenere gli occhi aperti. Gli balenavano nella mente le immagini dell’attacco. Sarebbe potuta andare peggio: Yamout era scappato, Victor era stato costretto a uccidere la squadra di sorveglianza di qualcuno, e nel farlo era rimasto ferito.
Non sapeva molto sulla squadra, ma sapeva che erano stati là a registrare l’incontro tra Yamout e Petrenko, e tuttavia non avevano affiliazione con nessuno dei due malgrado il loro intervento nel momento in cui Victor aveva iniziato a massacrare tutti. Se fossero stati soci di Yamout o di Petrenko, avrebbero risposto alle grida di aiuto. Non erano neppure dei servizi segreti bielorussi. Il russo dell’osservatore non era buono come quello di una persona del posto, e i poliziotti o le spie locali si sarebbero identificati come tali, e avrebbero cercato di arrestare Victor invece di sparargli.
Il sicario scacciò quei pensieri dalla mente. Non aveva intenzione di escogitare qualcosa nella vasca da bagno, e sarebbe stato tutto irrilevante se non fosse riuscito ad andarsene da Minsk.
I rubinetti gli premevano fastidiosamente sulle spalle, ma era necessario stare rivolti verso la porta del bagno. L’aveva lasciata aperta, per poter vedere la camera e il piccolo specchio posizionato sul pavimento in modo da riflettere la porta della stanza d’albergo. Victor non si aspettava che arrivasse qualcuno, ma le precauzioni funzionavano solo se le si prendevano sempre.
Trascorse venti minuti nel bagno, a godersi il calore e l’alcol nel flusso sanguigno. La sua tolleranza era abbastanza alta da rendere minimo l’effetto di intossicazione. Una scossa di adrenalina l’avrebbe facilmente superato, ma l’effetto fu sufficiente ad aiutarlo a rilassarsi. Tenne la SIG dell’osservatore nella mano sinistra per tutto il tempo.
Dopo essersi asciugato, Victor mise in ordine la camera da letto e il bagno. Nei punti insanguinati, pulì con un brandello di maglietta bagnato di altra vodka trovata nel minibar. L’asciugamano insanguinato e le prove delle sue medicazioni ad hoc finirono nella sua ventiquattrore. Schierò una serie pulita di abiti e ordinò il servizio in camera, poi si vestì mentre aspettava che arrivasse la cena. Dopo essersi rifocillato e assicurato che tutti i suoi effetti fossero in valigia ed essersi preparato per fuggire all’istante, infilò la SIG sul davanti dei pantaloni e si distese sulle coperte.
Se il suo datore di lavoro della CIA non aveva già scoperto cos’era successo, lo avrebbe fatto presto. Forse la voce sarebbe stata più comprensiva, se avesse saputo che solo l’intervento di una terza parte aveva impedito il compimento del lavoro. O forse l’aver ucciso quegli uomini si sarebbe rivelato dannoso e avrebbe messo ancor più sotto pressione il committente. E reso Victor un peso di cui sbarazzarsi.