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Mosca, Russia
Tomasz Burliuk interruppe la telefonata con Petrenko e mise via il cellulare. Il malavitoso bielorusso lo aveva informato del fatto che i suoi sicari erano riusciti a regalargli la sua prova di forza, anche se tre di loro erano morti nel farlo. A Burliuk non importava affatto della morte di qualche sicario. A lui interessava soltanto che Petrenko mantenesse segreto il suo accordo con Yamout, e Kasakov non scoprisse che Burliuk aveva trattato con i nemici mortali del suo migliore amico.
Burliuk trasse un respiro per ricomporsi e controllò il proprio riflesso allo specchio più vicino, per cercare tracce di stress e, non vedendole, usò il palmo per spazzolare le spalle della giacca. Appiattì un ciuffo di capelli ribelle, si voltò e tornò sul lato opposto della sala da pranzo dove Kasakov sedeva con Eltsina e due potenziali clienti. Erano nordcoreani, seri, cinquantenni, rappresentanti di Pyongyang.
Il club era uno dei più raffinati di Mosca e il preferito di Kasakov, il che significava che era anche il preferito di Burliuk. Burliuk accompagnava spesso l’amico a pranzo, ma era raro vedere Eltsina allo stesso tavolo. Mentre Kasakov e Burliuk erano amici oltre che colleghi, nessuno dei due provava affetto per la russa. Eltsina era una donna priva di ironia, che sorrideva raramente e non sembrava mai divertirsi. Battute che facevano piangere dalle risa Kasakov, spesso non causavano alcuna reazione in Eltsina. Per quel pranzo particolare, tuttavia, era richiesta la sua competenza.
Fare affari con la Corea del Nord avrebbe portato Kasakov a farsi notare, se ogni aspetto non fosse stato gestito con la massima discrezione e un’attenta strategia che limitasse l’esposizione. Sebbene si ricavassero enormi somme di denaro vendendo armi al regime comunista, come pure vendendo armi prodotte da loro, tradizionalmente Kasakov trattava con Pyongyang solo quando era il momento giusto, e il rischio era minimo. Ora, tuttavia, i tempi erano cambiati e il bisogno di un grosso accordo con i comunisti era essenziale per l’organizzazione.
«Signori,» stava dicendo Kasakov «spero che abbiate gradito il pranzo e siate pronti a parlare di affari. Come ben sapete, vi sto offrendo l’opportunità eccezionale di aggiungere il Mikoyan MiG-31 alla vostra aeronautica. Si tratta di una versione multiruolo BM molto rara ed estremamente sofisticata del modello intercettore, dotata di aggiornamenti significativi rispetto alla progettazione originaria. Questi includono, tra gli altri, la capacità di trasportare missili terra-aria, comandi HOTAS, un’avionica avanzata, datalink digitale, un’antenna passiva a scansione elettronica Zalson-M. Questo radar ha una portata di quattrocento chilometri e consente ai vostri piloti di attaccare in contemporanea sia bersagli terreni che aerei. Il catalogo ha la lista completa delle vaste migliorie.»
Kasakov sorrise prima di proseguire. «Ora, la NATO ha ritenuto di chiamare questo aeromobile Foxhound, e converrete che si tratti di un nome piuttosto adatto. Gli aerei di Seul e Washington si comporteranno come volpi con questi cani crudeli.»
I nordcoreani sedevano con volti inespressivi. Burliuk si sistemò di fianco a Kasakov e sussurrò: «Scusami tanto.»
Kasakov annuì, ma Burliuk lo conosceva abbastanza bene da sapere che era contrariato. Nessun altro dei presenti rispose alle scuse.
«Il MiG-31BM è un caccia rarissimo» aggiunse Kasakov. «Con questi potenti jet nella vostra aeronautica entrerete a far parte dell’élite mondiale. Coloro che attaccano la vostra sovranità nazionale, compresa l’America, avranno paura a inviare i loro velivoli nel vostro spazio aereo o le loro navi nelle vostre acque. La vostra potenza non avrà pari e realizzerete le vostre ambizioni. Ne ho venti da vendere, al ragionevolissimo prezzo di settanta milioni di dollari ciascuno. Il prezzo non è negoziabile e comprende la spedizione degli aerei in un luogo e in un momento stabiliti da voi.»
Uno dei coreani parlò. Era alto, di una magrezza mortale, i capelli neri corvini tagliati corti. «Gli indiani ci venderanno MiG-29 aggiornati per quaranta milioni di dollari ciascuno.»
Eltsina si strinse lievemente nelle spalle. «Be’, lo immagino, visto che valgono non più di quindici milioni, aggiornati o meno. E quei MiG devono essere stati modificati in India. Noi vi offriamo armamenti di autentica produzione russa, che eccedono i nostri bisogni, ma che non sono mai stati operativi. Sono perfettamente funzionanti. Inoltre, quando comprate da noi, avete il cento per cento di sicurezza di ricevere il cento per cento dell’ordine.» Sorrise e inarcò le sopracciglia. «Non vi succederà come nello sfortunato caso Kazakistan/Azerbaijan.»
I nordcoreani cominciarono a consultarsi nella loro lingua. A Burliuk sembrava un linguaggio alieno. Agitò l’inalatore e lo usò per facilitare la respirazione.
Kasakov si rivolse a Burliuk e gli fece cenno di avvicinarsi. Mentre questi lo faceva, Kasakov sussurrò: «Ti dispiace dirmi cosa c’era di così urgente da spingerti a lasciare il tavolo nel bel mezzo di un accordo che a tuo dire era disperatamente necessario?»
Kasakov parlò sommessamente, con tono calmo e controllato, ma Burliuk percepì dell’astio.
«Perdonami, Vladimir, ma ti assicuro che era indispensabile. Ieri mi sono giunte delle voci, da un mio socio di Minsk, secondo il quale un assassino stava attraversando la città diretto in Russia, con l’intento di ucciderti. Ho inviato alcuni uomini a verificare la validità delle voci. Si sono rivelate vere. I miei uomini hanno intercettato l’assassino. Purtroppo, quando hanno cercato di imprigionarlo, c’è stato uno scontro a fuoco e l’assassino è stato ucciso prima di essere interrogato.»
Kasakov si mostrò sorpreso, credendo in pieno alla bugia, e poi accennò anche un sorriso. «Allora perdonami, amico mio.» Guardò Eltsina. «Pensavo ti occupassi tu della mia sicurezza, Yuliya. Forse d’ora in poi dovrei consegnare a Tomasz i tuoi assegni.» Eltsina fece un sorrisetto ma non ribatté. Kasakov sorrise e allungò una mano a prendere il vino. Ne bevve un gran sorso. «Oh, riguardo a tale questione, se uno di voi due fosse così gentile da scoprire chi desidera farmi uccidere, lo apprezzerei molto.»
Sul lato opposto del tavolo, i nordcoreani si stavano ancora consultando.
«Ho sentito dire di un’uccisione di massa in un albergo di Minsk» disse Eltsina a Burliuk. «Ti riferisci a questo incidente?»
Burliuk sorseggiò la sua acqua minerale ed evitò di guardare la collega. «Mi dispiace ma non ho ancora tutti i dettagli.»
«Quando li avrai» disse Eltsina, con tono gentile e comprensivo «mi piacerebbe venire informata.»
Burliuk annuì.
«Soprattutto» fece Kasakov «che novità ci sono sul bastardo che ha ucciso mio nipote? Hai scoperto dove si nasconde, e hai assoldato delle persone che mettano fine alla sua miserabile esistenza?»
Eltsina disse: «Stiamo seguendo delle tracce, ma Ariff non si trattiene mai in un posto più di un anno o due e adotta molte precauzioni per non farsi trovare. Dunque, ci vorrà del tempo. Ma ti prometto che lo troveremo. Una volta saputo dove si trova Ariff, l’opzione migliore ci sembra quella di inviare una squadra americana. Mi è stata fortemente consigliata dai miei colleghi all’interno dei servizi segreti russi. Ha un curriculum eccellente. L’unico problema è che chiedono un sacco di soldi.»
Sul volto di Kasakov apparve una rabbia controllata. «Quando vi ho detto che i soldi non sono un problema, avete capito male?»
Eltsina si accigliò. «Non sono io a firmare gli assegni. È stata un’idea di Tomasz quella di negoziare un ribasso del prezzo.»
Kasakov guardò Burliuk. Stavolta la sua rabbia non fu controllata.
«Chiedono una tariffa ridicolmente alta, Vladimir» ribatté subito Burliuk, sentendo i polmoni serrarsi. «Tu ti aspetti da me che gestisca le tue finanze, ed è ciò che faccio. Con il denaro che ti chiedono, potresti arruolare un esercito. Non esagero.»
Kasakov si accostò a Burliuk. «Se sono così bravi come dice Yuliya, allora cessa immediatamente i negoziati e paga tutto, tutto ciò che chiedono. Non riesco a tollerare che Ariff viva un istante di più. Se mi porteranno la testa dell’egiziano intatta, di modo che io possa appenderla alla parete, li pagherò il triplo. Sono stato abbastanza chiaro?» Burliuk annuì. «Tu assicurati solo che quell’essere spregevole e la sua famiglia muoiano. In fretta.»
I nordcoreani smisero di parlare e li guardarono.
«Bene, signori» prese a dire Kasakov, la rabbia ormai sbollita, tornato con la mente agli affari. «Avete deciso?»
Il nordcoreano magro intrecciò le dita. «Che mi dice degli armamenti? Vogliamo sapere cosa intendete spedire con gli aerei.»
Burliuk usò l’inalatore una seconda volta e si sforzò di non sorridere. Tutti, governi inclusi, volevano qualcosa in cambio di nulla.
«Un segugio sdentato non serve a nulla» disse Kasakov «ma ci vogliono tanti soldi per avere zanne affilate. Sarete felici di sapere che io ho un accesso quasi illimitato a missili aria-aria come l’R-33 e il più nuovo R-77, come pure missili terra-aria, compreso il missile antinave X-55. Vi prego, miei cari amici, controllate il catalogo per avere una lista completa dei prezzi. Tuttavia, in segno della nostra lunga amicizia, se sarete così gentili da acquistare tutti e venti i jet, li rifornirò di missili a vostra scelta. Senza alcun costo aggiuntivo.» Fece una pausa. «Allora, affare fatto?»
Il nordcoreano magro annuì. «Ma vogliamo garanzie sulla qualità.»
«Certo» rispose Kasakov con un altro sorriso. «Vi offriamo la garanzia soddisfatti o rimborsati.»