L’offerta di Lady Anna
All’inizio di marzo Lady Anna era in via di guarigione, ma non aveva lasciato la casa di Keppel Street e la confusione e il turbamento della contessa erano più grandi che mai. Lady Anna aveva dichiarato che non avrebbe lasciato l’Inghilterra per il momento. Le fu ricordato che comunque fino al 10 di maggio era soggetta al controllo materno. Ma ormai la durezza della madre aveva prodotto in lei una analoga durezza. «Sì, mamma; ma non andrò all’estero. Ci sono delle cose da sistemare e io non mi sento ancora abbastanza bene per partire». La contessa sosteneva che si potesse predisporre tutto dall’estero, che fosse possibile farsi inviare i documenti, che il signor Goffe si sarebbe recato da loro, e insisteva con gran sfoggio d’autorità. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per riuscire ad allontanare Lady Anna dall’influenza di Daniel Thwaite quando la ragazza non fosse più stata soggetta al suo controllo. Ma in verità la ragazza era già sfuggita al suo controllo. «No, mamma, non partirò. Se chiederai all’avvocato Bluestone o a Sir William Patterson, sono certa ti diranno che non dovresti costringermi a partire». Ci furono alcune scenate terribili durante le quali la madre giunse quasi alla disperazione. Lady Anna ripeté alla contessa tutto quel che aveva detto a Lord Lovel – e giurò alla madre, tenendo in mano la Bibbia, che se mai si fosse sposata sarebbe diventata la moglie di Daniel Thwaite. Allora la contessa con gran violenza strappò di mano alla figlia il libro, che andò a finire dall’altro lato della stanza. «Se si andrà avanti così», disse la contessa, «una di noi dovrà morire».
«Mamma, non ho fatto nulla per rendervi così crudele nei miei confronti. Non mi avete rivolto una parola gentile da quando sono tornata da Yoxham».
«Se si andrà avanti così, non ti rivolgerò mai più una parola gentile», disse la madre.
Ma nel mezzo di tutto ciò c’era un punto che le vedeva d’accordo – riguardo al quale erano abbastanza vicine per agire, sebbene persistesse tra loro un notevole divario. Una larga parte dei beni in discussione sarebbe passata a Lord Lovel il giorno in cui la ragazza avesse avuto il potere legale di trasferire i suoi possedimenti. La contessa cominciò con il dare per scontato che tutta la ricchezza di Lady Anna sarebbe stata ceduta – non per mancanza di considerazione verso l’enorme importo, ma perché sentiva che a ogni buon fine sarebbe stato più sicuro nelle mani del conte piuttosto che in quelle della propria figlia. Se si riusciva a far in modo che il sarto non ottenesse nulla con la sposa, rimaneva la possibilità che il sarto rifiutasse di sposarsi. In ogni caso si poteva incoraggiare una lite ed evitare la catastrofe. Ma Lady Anna non accettò. Se avesse potuto agire nell’affare di concerto con il signor Thwaite, riteneva che sarebbe riuscita a comportarsi nei confronti del cugino meglio di quanto si proponesse di fare da sola. Ma poiché non le era permesso sapere quali fossero i desideri del signor Thwaite, avrebbe diviso i beni a metà con il cugino. Tanto era disposta a fare – ed era decisa a farlo, agendo in base alla sua capacità di giudizio. Di più non avrebbe fatto – a meno di non poter vedere il signor Thwaite. Come stavano le cose, la sua proposta, se messa in atto, avrebbe concesso al conte qualcosa come 10.000 sterline l’anno. Poi fu mandato a chiamare il signor Goffe e Lady Anna ebbe il permesso di comunicargli la sua proposta. «La cosa andrebbe ponderata a lungo», disse il signor Goffe con solennità. Lady Anna dichiarò di averci pensato per tutto il tempo in cui era stata malata. «Ma non bisognerebbe agire in fretta», commentò il signor Goffe. Allora Lady Anna fece osservare che nel frattempo il cugino, il conte, il capo della famiglia, non avrebbe avuto nulla per sostenere il suo titolo. Il signor Goffe si congedò, promettendo di consultare il suo socio e di vedere il signor Flick.
Il signor Goffe consultò il suo socio e vide il signor Flick, poi fu chiesto consiglio all’avvocato Bluestone e al vice-procuratore generale. L’avvocato di prima classe si era un po’ stancato dei Lovel e non gli importava di fornire un parere perentorio né in un senso né nell’altro. La signorina, disse, poteva naturalmente fare ciò che voleva con quel che le apparteneva, quando le sarebbe appartenuto; ma lui riteneva che fosse meglio non agire di fretta. Fece notare che di fatto il conte non poteva avanzare nessuna pretesa su nessuna porzione dei beni – non più di quanto avrebbe potuto fare se il denaro fosse giunto a Lady Anna dal ramo materno invece che da quello paterno. Continuava a pensare che i due cugini si sarebbero probabilmente sposati alla fine, se le acque fossero state lasciate tranquille e la ragazza fosse stata portata all’estero per un paio d’anni. Lady Anna, a ogni modo, sarebbe stata maggiorenne nel giro di poche settimane e naturalmente era libera di agire come voleva.
Ma tutti sentivano che a determinare gli eventi sarebbe stato quel che il vice-procuratore generale aveva da dire. Il vice-procuratore generale era sul punto di lasciare la città per una settimana o dieci giorni – perché doveva occuparsi di un caso importante alle Assise di primavera. Egli avrebbe riflettuto sulla proposta di Lady Anna e al suo ritorno avrebbe detto quel che aveva da dire. Lord Lovel, comunque, era stato suo cliente ed egli aveva sempre detto che si sarebbe potuto fare di più per il suo cliente con un accordo amichevole che non con un’opposizione ostile. Se il conte avesse ottenuto 10.000 sterline l’anno con un accordo amichevole, agli occhi di tutti sarebbe apparso evidente che il vice-procuratore generale aveva avuto ragione ed era probabile – come presentivano sia il signor Goffe che il signor Flick – che egli non respingesse una risoluzione degli affari di famiglia grazie alla quale avrebbe dimostrato di essere stato un consigliere prudente.
Nel frattempo toccava allo stesso Lord Lovel formarsi un’opinione. Il signor Flick naturalmente gli aveva riferito dell’offerta – che in realtà gli era stata direttamente rivolta dalla cugina. In quel momento i suoi affari non erano in condizioni prospere. Un giovane conte – bello e stimato – in genere riesce a sposare un’ereditiera – e se non una certa ereditiera, allora un’altra. Anche se è povero, il rango e la posizione sostituiscono la ricchezza. E così sarebbe stato per questo giovane conte, – che era molto bello e godeva di grande stima – sennonché tutti sapevano che era suo preciso compito sposare una particolare ereditiera. Non poteva andare a cercare dell’altro miele, avendo, come aveva, un particolare alveare che l’opinione pubblica gli aveva consacrato. Di lì a un paio d’anni avrebbe potuto cercare altrove – ma nel frattempo cosa doveva fare? Era pressoché in bolletta, nonché in debito. Così scrisse una lettera allo zio, il rettore.
Forse si ricorderà che quando lo zio e il nipote si erano separati a Londra non c’era stato grande affetto tra di loro. Da quel giorno non si erano più visti, né c’era stata nessuna comunicazione. I cavalli erano stati portati via e venduti. Più di una volta il rettore aveva parlato con grande amarezza alle signore di casa dell’ingratitudine del giovane e loro più di una volta avevano parlato al rettore, con compassionevole tenerezza femminile, della povertà del giovane lord. Ma tutto era dolore e afflizione. Perché in realtà il rettore non poteva essere felice quando era in cattivi rapporti con il capo della sua famiglia. Poi il giovane lord scrisse come se non fosse successo nulla tra di loro. E davvero gli era passato tutto di mente. Gli era stata fatta un’offerta molto generosa. Significava la ricchezza al posto della povertà – una ricchezza adeguata persino a un conte. Poteva accettarla? Il rettore prese bene la lettera e invitò il nipote ad andare subito a Yoxham. Al che il nipote andò a Yoxham.
«Che ne dice Sir William?» chiese il rettore che, nonostante disapprovasse tutto quel che Sir William aveva fatto, sentiva che l’influenza che avrebbe davvero prevalso nella questione era la sua.
«Non ha ancora detto niente. È fuori città».
«Diecimila sterline l’anno! Chi è stato a fare l’offerta?».
«Lei in persona».
«Lady Anna?».
«Sì, Lady Anna. È una nobile offerta».
«Sì, davvero. Ma d’altronde se non ha diritto a niente, che valore ha?».
«Ma lei ha pieno diritto a tutto, lei e la madre».
«Non ci crederò mai, Frederic, mai; e tanto meno perché ora vogliono legarti a loro con un simile compromesso».
«Penso consideriate la questione in una luce sbagliata, zio Charles».
«Beh, beh. Non dirò null’altro a riguardo. Non vedo perché non dovresti accettare – non vedo proprio. Il denaro sarebbe dovuto esser tuo. Lo dicono tutti. Dovrai comprare della terra, e non ti renderà certo così tanto allora. Spero lo stesso che comprerai della terra, e spero proprio che verrà intestata in modo adeguato quando ti sposerai. Quanto al matrimonio, farai molto meglio di quel che pensavi».
«Di questo non parleremo, zio Charles», disse il conte.
Per quel che riguardava l’opinione del rettore, era chiaro che l’offerta si poteva accettare; ma si continuava ad avere la sensazione che molto dovesse dipendere da quel che avrebbe detto il vice-procuratore generale. Poi la signorina Lovel fornì la sua opinione in materia, che non corrispondeva esattamente a quella del fratello. Lei credeva in Lady Anna, laddove il rettore professava di non crederci. Il rettore e Lady Fitzwarren erano forse le uniche due persone che, dopo tutto quel che era stato fatto e detto, sostenevano ancora che la contessa fosse una truffatrice e che Lady Anna sarebbe stata solo Anna Murray, se ci fosse stata giustizia. La signorina Lovel desiderava il bene del conte quanto il fratello, ma non aveva ancora smesso di sperare in un matrimonio. «Penso ancora che tutto potrebbe aggiustarsi, se solo aspettassi», disse zia Julia.
«È facile parlare di aspettare, ma intanto come dovrei vivere?».
«Potresti vivere qui, Frederic. Nulla renderebbe altrettanto felice mio fratello. Ho creduto che gli si spezzasse il cuore quando i cavalli sono stati portati via. Sarebbe solo per un anno».
«A che servirebbe?».
«Allo scadere dell’anno lei sarebbe tua moglie».
«Mai!» disse il conte.
«I giovanotti sono così impazienti».
«Mai, in nessun caso, glielo chiederei di nuovo. Rassegnatevi. Come è sicuro che voi siete qui, sposerà Daniel Thwaite, se vivrà un altro anno».
«Lo pensi davvero, Frederic?».
«Ne sono sicuro. Dopo quel che mi ha detto, mi sarebbe impossibile avere dubbi».
«E diventerà Lady Anna Thwaite! Oh cielo, che cosa terribile. Vorrei fosse morta quando era malata – dico davvero. Un sarto alle altrui dipendenze! Ma qualcosa lo impedirà. Credo davvero che la Provvidenza interverrà per impedirlo!». Ma riguardo al denaro diede il suo assenso. Se il grande avvocato diceva che lo si poteva accettare – allora andava accettato. Dopo una settimana il conte si affrettò a tornare a Londra per vedere il grande avvocato.