Impossibile!

 

 

 

 

 

«Mi hanno mandato a chiamare, Lady Lovel, per chiedermi di venire da vostra signoria e domandare a vostra signoria se acconsentireste a un matrimonio tra i due giovani». In tal modo il sarto ripeté per la seconda volta il messaggio che gli era stato affidato, rivelando l’amarezza e l’orgoglio all’opera nel suo cuore con i reiterati titoli nobiliari con cui si rivolgeva alla vecchia amica.

«Desiderano che Anna sposi il giovane lord!».

«Sì, milady. Il senso è questo».

«E io cosa sarei?».

«Proprio la Contessa Lovel – con un terzo dei beni per voi. Suppongo sarebbe un terzo; ma potete star certa che gli avvocati sistemeranno la cosa in modo adeguato. Una volta che avranno accettato tra loro vostra figlia, non saranno avari di onori con voi. Allora saranno tutti pronti a giurare che il matrimonio era valido. Lo sanno già e hanno fatto quest’offerta perché lo sanno. Vostra signoria non deve temere, perché tutto il mondo riconoscerà che siete la Contessa Lovel. Non credo che mi dovrò ancora scomodare a venire a Londra».

«Oh, amico mio!». Se ne uscì con quell’esclamazione sentendo che era necessario dire qualcosa per placare l’orgoglio del sarto; ma il suo cuore si concentrava sul risultato per cui aveva lottato così tanti anni. L’avrebbe davvero ottenuto alla fine? Era possibile che ora, ora d’un tratto, la gente in tutto il mondo l’avrebbe chiamata la Contessa Lovel e avrebbe riconosciuto che sua figlia era Lady Anna – finché anche lei non fosse a sua volta divenuta una contessa? Del giovane non aveva sentito altro che bene ed era impossibile che avesse dei timori a riguardo, anche se fosse stata timorosa di natura. Ma lei era coraggiosa e ardente, speranzosa a dispetto di tutto quel che aveva sofferto, piena d’ambizione e poco propensa a scrupoli femminili. Aveva lottato tutta la vita perché lei e la figlia potessero venir considerate parte dell’aristocrazia del paese. Era a tal punto una madre devota e amorevole che in tutte le sue battaglie pensava più alla figlia che a se stessa. Avrebbe accettato di proseguire la lotta in povertà fino all’ultimo respiro, se in tal modo avesse potuto assicurare il successo alla figlia che le sarebbe sopravvissuta. Ma non era donna da farsi spaventare dall’idea di dare la propria figliola in sposa a un perfetto sconosciuto, quando quello sconosciuto era qualcuno come il giovane Conte Lovel. Lei stessa era stata una contessa, ma una contessa infelice, disconosciuta, indigente, per l’ultima metà della sua vita densa di avvenimenti. Quel matrimonio avrebbe reso la figlia una contessa, fiorente, accettata da tutti e molto ricca. Quale conclusione migliore poteva esserci alle loro lunghe contese? Naturalmente avrebbe dato il suo assenso.

«Non so perché si siano presi la briga di mandarmi a chiamare», disse il sarto.

«Perché siete il miglior amico che abbia al mondo. Di chi altri avrei potuto fidarmi come mi fido di voi? Il conte è d’accordo?».

«Non me lo hanno detto, milady».

«Non avrebbero mandato a chiamare, se non avesse accettato. Non credete, signor Thwaite?».

«Non so granché di cose del genere, milady».

«Lo avete detto… a Daniel?».

«No, milady».

«Oh, signor Thwaite, non parlatemi a questo modo. Suona come se foste sul punto di abbandonarmi».

«Non c’è ragione perché non vi abbandoni ormai. Avete amici a decine più adatti ad aiutarvi del vecchio Thomas Thwaite. E, a dire la verità, ora che la questione sta per giungere alla conclusione, sto cominciando a stancarmene. Non sono più giovane come un tempo e starò meglio a casa a occuparmi degli affari».

«Spero che ora potrete trascurare gli affari senza risultare imprudente, signor Thwaite».

«No, milady; … un uomo dovrebbe sempre lavorare sodo. Spero che Daniel lo farà meglio di quanto abbia fatto suo padre prima di lui – in modo che suo figlio non sia mai costretto a lasciar casa per andare a lavorare alle dipendenze di un altro uomo».

«Le vostre parole sono delle pugnalate per me».

«Non ne avevo intenzione. Sono rozzo di natura e forse in questo momento mi sento un po’ giù. C’è qualcosa di triste nel separarsi dai vecchi amici».

«Non c’è bisogno che i vecchi amici si separino, signor Thwaite».

«Quando vostra signoria ha avuto la bontà di richiamare la mia attenzione sul modo improprio del mio ragazzo di rivolgersi a Lady Anna, sapevo come sarebbero andate le cose. Avevate pienamente ragione, milady. Non può esserci nessuna amicizia confacente tra la futura Lady Lovel e un sarto alle altrui dipendenze. Ho sbagliato fin dall’inizio».

«Oh, signor Thwaite! Senza tale sbaglio, dove saremmo finite?».

«Non c’è possibilità di amicizia tra persone come voi e persone come noi. Lord e nobildonne, conti e contesse, sono i nostri nemici, e noi siamo i loro. Possiamo fare loro abiti, prenderne i soldi e trattarli come l’ebreo della commedia11 trattava i cristiani; ma non possiamo mangiare con loro o bere con loro».

«Quante volte ho mangiato e bevuto alla vostra tavola, quando nessun’altra tavola era imbandita per me?».

«A quel tempo eravate un’ebrea quasi come noi. Ora non potremmo stare fianco a fianco come dovrebbero fare gli amici».

«Quante volte mia figlia è stata tra le vostre braccia quando era piccola, rimanendovi più tranquilla di quanto lo sarebbe stata persino tra quelle di sua madre?».

«È tutto passato. Altre braccia si apriranno per riceverla». Mentre il sarto pronunciava quelle parole, si ricordò di come il suo ragazzo fosse solito portare la piccolina sul versante della montagna e di come i due vagassero senza meta nelle lunghe sere estive; ed egli pensò che il ricordo di quei giorni fosse ancora senza dubbio intensamente vivo nel cuore del figlio. Un’ombra del dolore che avrebbe certamente colpito il giovane cadde allora su di lui, facendogli quasi rimpiangere l’opera di tutta una vita. «I sarti dovrebbero frequentare altri sarti», disse, «e lord e nobildonne dovrebbero stare tra di loro».

Un sentimento analogo investì anche la contessa. Se non fosse stato per il figlio, il padre, dopo tutto quel che aveva fatto per loro, avrebbe quasi potuto essere l’amico intimo e benvoluto di sempre. Avrebbe potuto chiamare Lady Anna con il nome di battesimo, a ogni modo finché il conte non l’avesse portata via sposandola. Ma, sebbene tutto ciò fosse così intensamente doloroso, era stato assolutamente necessario frenare il figlio. «Ah, beh», ella disse; «non si può sperare che così tante storture si raddrizzino senza molto dolore. Se voi sapeste, signor Thwaite, quanto poco mi aspetto per me stessa!».

«È perché lo so che mi trovo qui».

«Sarà un bene per lei – non è così – diventare la moglie di suo cugino?».

«Se è un uomo buono. Una donna non sempre farà la propria felicità sposando un conte».

«Quanti pugnali sapete usare, signor Thwaite! Ma questo giovane è buono. Voi stesso avete sostenuto di averlo sentito dire».

«Non ho sentito dire il contrario, milady».

«E io cosa dovrò fare?».

«Solo spiegare tutto a Lady Anna. Penso che sarà chiaro allora».

«Credete che sarà così facile compiacerla?».

«Perché non dovrebbe essere compiaciuta? Avrà qualche scrupolo virginale, senza dubbio. Quale fanciulla non l’avrebbe? Ma esulterà per una simile risoluzione di tutti i suoi problemi; … e quale fanciulla non lo farebbe? Fateli incontrare al più presto e concludete la cosa. Quando lui le avrà messo l’anello al dito, avrete vinto la vostra battaglia».

A quel puntò il sarto si rese conto di aver svolto il suo compito e di potersi congedare. Si era convenuto, in caso la contessa acconsentisse al matrimonio proposto, che egli si recasse dal signor Flick per comunicarglielo. Se lei non fosse stata d’accordo, sarebbe bastato un breve biglietto. In tal caso, il vice-procuratore generale avrebbe incitato il giovane lord a provare quel che poteva fare di persona con la contessa e la figlia. Il sarto aveva suggerito alla madre di rendere subito nota la proposta a Lady Anna, ma la contessa sentiva che era necessario aggiungere qualcos’altro mentre il vecchio amico la lasciava. «Tornerete subito a Keswick, signor Thwaite?».

«Domattina, milady».

«Magari non ne parlerete a vostro figlio… non ancora?».

«No, milady. Non ne parlerò a mio figlio… non ancora. Mio figlio è di animo nobile ed è caparbio, e ha un gran cuore. Se trovasse qualcosa da ridire su questo matrimonio sarebbe capace di farlo a gran voce». Poi il sarto si congedò senza nemmeno stringere la mano della contessa.

La donna rimase seduta da sola per le successive due ore, pensando a quel che era avvenuto. In quel periodo era nata una sorta di amicizia tra la signora Bluestone, le due signorine Bluestone e Lady Anna, originatasi più per la condizione infelice della giovane che per una reale scelta affettiva. La signora Bluestone era gentile e materna. Le ragazze erano fanciullesche e buone. Il padre era il Jupiter Tonans della casa – come naturalmente era giusto che fosse – ed era adorato in tutto e per tutto. Per chiunque l’avvocato di prima classe Bluestone era un legale roboante, confusionario, sanguigno ed energico, per cui nessuno provava una decisa avversione, nonostante fosse così grosso e rumoroso. A casa invece l’avvocato Bluestone era tutti i giudici del paese fusi in un solo essere. Ma era un uomo di buon cuore e aveva mandato la moglie e le figlie a far visita alla sconsolata contessa. La sconsolata Lady Anna che non aveva altre amiche, aveva trovato piacevole la compagnia delle ragazze Bluestone e in quel momento si trovava con loro nella casa dell’avvocato in Bedford Square. La signora Bluestone, ovunque andasse, parlava dei torti e dei diritti, che presto sarebbero stati riconosciuti, della Contessa Lovel; quanto alle ragazze Bluestone, conoscevano perfettamente il caso. Mettere in dubbio la vittoria dell’avvocato, o sospettare che la vittoria della contessa e della figlia potesse avere una fonte diversa dall’eloquenza e dallo zelo dell’avvocato, sarebbe stata un’eresia in Bedford Square. La splendida idea che il giovane Jack Bluestone, che si trovava a Brasenose,12 sposasse Lady Anna, era venuta in mente solo alla madre.

Lady Anna era con le amiche mentre la contessa sedeva riflettendo sulle nuove speranze che si erano schiuse per lei. Sulle prime non le riuscì di distogliere la mente dalla posizione che lei stessa avrebbe occupato non appena la figlia si fosse sposata e allontanata. Il giovane conte non avrebbe voluto la suocera – una suocera che aveva trascorso i migliori anni della sua vita in compagnia di un sarto. La figlia poi, che era ancora abbastanza giovane per cominciare una nuova vita in un altro ambiente, non avrebbe più avuto bisogno della madre per aiutarla. Quanto a lei, la contessa era consapevole che il tipo di vita condotta così a lungo e la condizione di tormentosa lotta a cui era stata costretta, l’avevano resa inadatta al sorridente, lieto, prospero, aristocratico lusso. Le rimaneva un’unica gioia ed era la gioia della vittoria. Quando quella coppa sarebbe stata vuotata, a lei non sarebbe restato nulla. Avrebbe avuto il rango, naturalmente, – e il denaro per sostenerlo. Non temeva più che qualcuno potesse infliggerle qualche danno materiale. Il marito della figlia senza dubbio avrebbe provveduto a che lei avesse una casa adeguata, con tutte le prerogative e gli appannaggi adatti a una contessa vedova. Ma chi avrebbe diviso con lei la casa e dove avrebbe trovato degli amici? Già ora le due signorine Bluestone erano per sua figlia più di quanto non fosse lei. Una volta stabilita nella sua nuova lussuosa dimora, con i domestici a chiamarla milady, senza nessuno che disputasse i suoi diritti, non avrebbe più potuto rimanere a discutere della situazione fino a tardi con il suo amico sarto. Quanto a lei, sarebbe stato meglio, forse, se la battaglia fosse continuata.

Ma non aveva lottato per se stessa, bensì per la figlia; e la sua perseveranza avrebbe conquistato la vittoria per la fanciulla. Tutta la sua vita era stata consacrata a dimostrare la validità dei diritti della figlia e a tal scopo sarebbe stata consacrata fino alla fine. Era stato suo fermo proposito far riconoscere il rango della figlia dal mondo intero, e ora sarebbe stato riconosciuto. Non solo con il matrimonio sarebbe diventata la Contessa Lovel, ma il nome che aveva assunto tra lo scherno di molti, e l’incredulità quasi generale, si sarebbe dimostrato essere il suo legittimo e giusto titolo. Infine tutti avrebbero saputo che lei stessa, la madre maltrattata e sofferente, era entrata nella casa di quell’uomo malvagio, non come un’amante, ma come la legittima sposa!

Quanto all’acquiescenza della figlia, praticamente nulla la preoccupava. Non aveva il minimo sospetto che il giovane sarto le avesse turbato il cuore. Aveva vissuto in modo da sapere ben poco degli innamorati e del loro amore e pur temendo Daniel Thwaite, non aveva immaginato un pericolo simile. Per lei era semplicemente inappropriato che sussistesse tra i due una stretta familiarità. Si aspettava che la figlia fosse ambiziosa, come ambiziosa era lei, e che fosse estremamente felice per un così pieno successo. Lei stessa aveva predicato e praticato l’ambizione per tutta la vita. La sua posizione l’aveva di necessità spinta a dar più valore al diritto a un titolo nobiliare che a qualsiasi altro bene sotto il sole. Era più che naturale da parte sua credere che la figlia condividesse tale sentimento.

E poi arrivò Lady Anna. «Volevano che mi fermassi a cena, mamma, ma non mi piaceva l’idea che rimaneste da sola».

«Mi ci dovrò abituare, mia cara».

«Perché, mamma? Ovunque siamo state, siamo sempre state insieme. La signora Bluestone era così dispiaciuta perché non siete voluta venire. Sono così buone! Vorrei che ci andaste».

«Sto meglio qui, mia cara». Poi ci fu una pausa di qualche attimo. «Ma sono contenta che tu sia venuta a casa questa sera».

«Naturalmente sarei tornata a casa».

«Ho qualcosa di speciale da dirti».

«A me, mamma! Di che si tratta, mamma?».

«Penso che aspetteremo fino a dopo cena. È già tutto qui. Vai di sopra a toglierti il cappello e dopo cena ti racconterò».

«Mamma», disse Lady Anna, non appena la cameriera ebbe lasciato la stanza, «il vecchio signor Thwaite è stato qui?».

«Sì, mia cara, è stato qui».

«Lo immaginavo, visto che avete qualcosa da dirmi. È qualcosa da parte sua?».

«Non da parte sua, Anna, – sebbene lui sia stato il messaggero. Vieni a sederti qui, mia cara, – vicino a me. Hai mai pensato, Anna, che sarebbe un bene per te sposarsi?».

«No, mamma; perché dovrei?». Ma quella era certo una bugia! Quante volte aveva pensato che sarebbe stato un bene essere sposata con Daniel Thwaite e farla finita con quella logorante ricerca del rango! E ora cosa voleva intendere sua madre? Thomas Thwaite era stato là, ma era impossibile che sua madre ritenesse Daniel Thwaite un marito adatto alla propria figlia. «No, mamma, – perché dovrei?».

«Bisogna pensarci, mia cara».

«Perché ora?». Capiva perfettamente che doveva esserci qualche ragione particolare perché la madre parlasse a quel modo.

«Dopo tutto quel che abbiamo passato, alla fine stiamo per raggiungere lo scopo. Sono disposti a riconoscere tutto, a concederci tutti i nostri diritti… a una condizione».

«Quale condizione, mamma?».

«Vieni più vicino a me, tesoro. Non ti renderebbe infelice pensare che stai per diventare la moglie di un uomo che potresti amare?».

«No; non se lo amassi davvero».

«Hai sentito parlare di tuo cugino – il giovane conte?».

«Sì, mamma, ne ho sentito parlare».

«Dicono tutto il bene possibile di lui. Che ne diresti di averlo come marito?».

«Che sarebbe impossibile, mamma».

«Impossibile!… Perché impossibile? Che potrebbe esserci di più adeguato? Il tuo rango è pari al suo – anche più alto, perché tuo padre era lui stesso conte. Quanto al patrimonio saresti molto più che sua pari. La tua età è perfettamente adeguata. Perché dovrebbe essere impossibile allora?».

«Oh, mamma, è impossibile!».

«Che cosa te lo fa dire, Anna?».

«Non ci siamo mai visti».

«Via! Bambina mia. Perché non dovreste incontrarvi?».

«E poi noi siamo le sue nemiche».

«Non siamo più nemici, tesoro. Ci hanno mandato a dire che se noi – tu e io – acconsentiremo a questo matrimonio, allora anche loro acconsentiranno. È loro desiderio e viene da loro. Non può esserci epilogo più adatto a tutta questa estenuante causa. È più che giusto che il titolo e il nome di famiglia siano sostenuti. È più che giusto che la fortuna che tuo padre ha lasciato vada, in tal modo, a sostenere la famiglia di tuo padre. Tu diventerai la Contessa Lovel e tutto ci sarà stato concesso. Non potrebbe esserci modo più adeguato per uscire dalle nostre difficoltà». Lady Anna rimase seduta a guardare con sgomento la madre, ma senza riuscire a dir nulla. «Non devi avere timori riguardo al giovane. Tutti dicono che è proprio l’uomo che una madre accetterebbe con gioia come marito per sua figlia. Non sarai felice di vederlo?». Ma Lady Anna si limitò a dire che era impossibile. «Perché impossibile, mia cara, che intendi per impossibile?».

«Oh, mamma, è impossibile!».

La contessa si rese conto di dover abbandonare l’argomento per quella sera e poté solo consolarsi sforzandosi di credere che la subitaneità della notizia avesse confuso la figlia.

Lady Anna
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