Arriva il conte
Al termine di due settimane i ragazzi avevano fatto ritorno a scuola e Lord Lovel doveva arrivare al rettorato in serata in tempo per la cena. Ci fu un po’ di agitazione in tutto il rettorato, perché un conte è un conte persino a casa del proprio zio, e il rango esercita il suo dominio finanche su zie e cugine. Per il momento l’ecclesiastico era un uomo assai più ricco del pari – ma il pari era a capo di tutti i Lovel, e poi ci si aspettava che la sua povertà svanisse velocemente. Tutto quel denaro Lovel che era stato investito in titoli bancari, ferrovie indiane, fondi russi, obbligazioni del Devon e miniere di carbone, doveva diventare suo – se non in un modo, allora nell’altro. Il conte sarebbe diventato un uomo molto importante e alla cuoca del rettorato fu ordinato di fare del suo meglio. Era stata preparata la stanza da letto grande e il pastore esaminava il Porto del ’99 e il Margaux del ’16. A quei tempi gli uomini bevevano Porto e lo champagne nelle case di campagna non era ancora una necessità. A voler essere giusti con il Rettore di Yoxham si deve dire che avrebbe fatto tutto quel che poteva per il capo della famiglia anche se non ci fosse stato nessun gran patrimonio a portata di mano del giovane lord. I Lovel erano sempre stati devoti ai Lovel, con l’eccezione dell’ultimo disgraziato conte – il padre di Lady Anna.
Ma se il rettore e la moglie erano consapevoli dell’importanza dell’imminente arrivo, quale doveva essere lo stato di Lady Anna! Si erano incontrati solo una volta prima di allora e durante quell’incontro erano stati da soli. Si era sviluppata in quei pochi minuti, senza che lei sapesse come, una dolcezza celestiale tra di loro. Lui le aveva parlato con una voce che alle sue orecchie era parsa la voce di un dio – era stata così tenera e colma di musica! Egli l’aveva baciata – ma con un bacio così gentile e puro da risultare per lei privo di qualsiasi tocco del male. L’aveva confusa per un momento – ma non aveva lasciato dietro di sé nessun senso di colpa. Le aveva detto che le voleva bene – che l’avrebbe amata teneramente; ma nel dirle così non l’aveva spaventata, sebbene lei sapesse di non poter ricambiare un amore come quello di cui le aveva parlato. C’era stato in tutto ciò un incanto, di cui le piaceva sognare – immaginando di poterlo ricordare per sempre, come un’isola verde nella sua vita; ma avrebbe potuto ricordarlo meglio se fosse stata certa di non dover mai più vedere il conte. Ora però stava per rincontrarlo, e l’incanto si sarebbe rinnovato – oppure il sogno si sarebbe dileguato per sempre. Ahimè! Doveva di necessità succedere quest’ultima cosa. Sapeva che l’incantesimo si sarebbe dissolto.
Ma tra sé dubitava che si sarebbe dissolto senza uno sforzo da parte sua. Sarebbe svanito di colpo se lui l’avesse salutata come i Lovel l’avevano salutata al suo arrivo. Riusciva in parte a capire che le condizioni del loro incontro a Londra gli avrebbero imposto la necessità di essere tenero in modo lusinghiero, cosa di cui poteva benissimo fare a meno incontrandola tra i familiari. Se l’avesse davvero amata – se davvero avesse avuto l’intenzione di amarla – non sarebbe stato lontano così a lungo dopo l’arrivo di lei. Ma lei era stata felice della sua assenza – così diceva a se stessa – perché non ci sarebbe mai potuto essere amore tra di loro. Daniel Thwaite le aveva detto che l’amore fraterno che le era stato offerto era un falso amore, – doveva essere falso – non era per niente amore. I fratelli sposano forse le sorelle e quell’uomo non le aveva già detto che voleva sposarla? E poi non doveva mai più esserci un altro bacio. Daniel Thwaite le aveva detto così; ed egli non solo era il suo innamorato, ma anche il suo signore. Quella era la regola a cui si sarebbe certamente attenuta. Sarebbe stata leale con Daniel Thwaite. E tuttavia aspettava l’arrivo del lord, come si aspetta il sorgere del sole di primo mattino – attendendo quel che renderà bella tutta la giornata.
Ed egli arrivò. Il rettore e la moglie, zia Julia e Minnie andarono tutti nell’ingresso ad accoglierlo, mentre Anna fu lasciata sola nella biblioteca, dove erano soliti riunirsi prima di cena. Erano già passate le sette e tutti si erano cambiati. Sarebbe stato concesso al lord un quarto d’ora e lo si doveva lasciar andare subito in camera sua. Non lo avrebbe visto finché non fosse sceso pronto, e in tutta fretta, per accompagnare la zia in sala da pranzo. Sentì il trambusto nell’ingresso; ci furono dei baci – un gran bacio da Minnie al suo tanto apprezzato cugino Fred; e un rumoroso benvenuto dal rettore con la sua voce risonante. «E dov’è Anna?» – chiese il lord. Quelle furono le prime parole che disse, e lei le sentì, ah, così distintamente. Era la stessa voce – dolce, affabile e virile; per lei dolce al di là di tutta la dolcezza che potesse immaginare.
«La vedrai quando scenderai dopo esserti vestito», disse la signora Lovel a voce bassa, ma tuttavia udibile per la fanciulla solitaria.
«La vedrò prima di andarmi a vestire», disse il lord, facendosi largo tra di loro e varcando la porta aperta che dava nella biblioteca. «Così, eccovi qui. Sono talmente felice di vedervi! Avevo promesso di andare in Scozia prima che fosse fissata la data del vostro arrivo – prima di avervi incontrata – e non potevo sfuggire. Avete pensato male di me perché non sono stato qui a darvi il benvenuto prima?».
«No, milord».
«Ci sono punizioni terribili per chiunque mi chiami milord in questa casa – non è così zia Jane? Ma vedo che mio zio vuole la sua cena».
«Vi accompagnerò di sopra, Fred», disse Minnie, che teneva ancora il cugino per mano.
«Arrivo. Voglio solo dire che preferirei vedervi qui piuttosto che in qualsiasi altra casa d’Inghilterra».
Poi se ne andò e durante i pochi minuti che trascorse a vestirsi poco o nulla venne detto in biblioteca. Il pastore in cuor suo non era contento dell’entusiasmo con cui il giovane aveva salutato la nuova cugina; e tuttavia perché non avrebbe dovuto essere entusiasta se era inteso che si sposassero?
«Orsù, Lady Anna», disse il rettore nell’offrirle il braccio per condurla a cena. Era solo un lieve correttivo dell’ardore del nipote. Il lord si trattenne un momento con la zia in biblioteca.
«Non siete andati oltre questo con lei?» chiese.
«Tuo zio è più all’antica di te, Fred. Le cose non andavano così in fretta quando era giovane lui».
Durante la serata egli andò a sdraiarsi su un’ottomana a due posti alle spalle di Lady Anna che si trovò ben presto a rispondere a un fuoco di fila di domande. Era stata felice a Yoxham? Le piaceva il posto? Che cosa aveva fatto? «Allora conoscete già la signora Grimes?». Lei rise nel rispondere che sì, conosceva la signora Grimes. «La signora Grimes è la celebrità di Yoxham. Si ritiene che abbia tutte le sventure e tutte le virtù a cui è soggetta l’umanità. E andate d’accordo con Minnie? Minnie è il mio primo ministro. Suppongo che i ragazzi vi abbiano tormentato a morte?».
«Mi sono piaciuti così tanto! Non avevo mai conosciuto un ragazzo prima di incontrare loro, Lord Lovel».
«Di sicuro fanno in modo di farsi conoscere. Ma sono ragazzi simpatici, allegri, che assomigliano alla madre. Non riferite al padre che ho detto così. Trovate piacevoli i dintorni?».
«Deliziosamente piacevoli».
«Solo dalle parti di Yoxham – perché ci sono così tanti alberi. Ma questa non è la parte bella dello Yorkshire, sapete. Mi chiedo se riusciremo a fare un’escursione a Wharfedale e all’Abbazia di Bolton.15 Trovereste davvero bello il Wharfe.16 Proveremo a organizzarla. Dovremo dormire fuori una notte; ma ciò renderebbe la cosa ancora più divertente. In Inghilterra non c’è locanda migliore del Devonshire Arms – e nemmeno un angolo più gradevole a mio parere. Zia Jane, … non potremmo andare per una giornata all’Abbazia di Bolton e fermarci là per la notte?».
«È molto lontano, Frederic».
«Più o meno trenta miglia – non dovrebbero essere nulla nello Yorkshire. Ci riusciremo. Potremo prendere dei cavalli di posta a York e la carrozza ci porterebbe tutti. Mio zio, dovete sapere, è molto cauto con i cavalli da carrozza, poiché ritiene che l’ozio – così rovinoso per giovani uomini e donne – sia eccellente per il bestiame. Ma ci riusciremo e voi attraverserete con un salto lo Stryd». Poi le raccontò la storia del giovane che annegò – e dei lamenti dei monaci; dopo passò ad altre leggende, alla daina bianca di Rylston17 e al dipinto di Landseer18 dell’abbazia in tempi andati. Prima di allora lei non aveva mai sentito nulla di quelle storie – né in verità di simili argomenti – e stare ad ascoltare era molto piacevole. Il pastore, che era ancora irritato, se ne andò a dormire. Minnie era stata mandata a letto e zia Julia e zia Jane dicevano una parola di tanto in tanto. Prima della fine della serata si decise di fare l’escursione all’Abbazia di Bolton. Naturalmente il nipote doveva avere delle occasioni per fare la corte alla ragazza che era destinato a sposare. «Buona notte, tesoro», le disse quando lei andò a dormire. Era certa che l’ultima parola fosse stata pronunciata e che nessun orecchio tranne il suo l’avesse udita. Non poteva dirgli che una parola del genere non andava proferita e tuttavia sentiva che la parola sarebbe risultata per Daniel Thwaite quasi altrettanto offensiva del bacio. Era necessario che trovasse qualche modo per dirgli che non poteva, non voleva, non doveva essere il suo tesoro.
Aveva già ricevuto due lettere dalla madre da quando era a Yoxham e in ognuna vi erano delle chiare istruzioni per la sua condotta. Era ormai la metà di agosto e lei doveva fare sì che le cose si risolvessero in modo che il matrimonio potesse venir dichiarato un fatto stabilito quando il caso sarebbe stato discusso a novembre. Il signor Goffe e il signor Flick si erano incontrati e tutto era stato chiarito tra i due gruppi di legali. Se il conte e Lady Anna fossero stati fidanzati con il mutuo consenso di tutti gli interessati – e fidanzati così da poter stabilire la data delle nozze – allora quando sarebbero stati esposti i fatti in tribunale, il vice-procuratore generale avrebbe dichiarato che era intenzione di Lord Lovel evitare qualsiasi ulteriore opposizione alle rivendicazioni della contessa e di sua figlia, mentre l’avvocato Bluestone non avrebbe dovuto far altro che produrre le necessarie prove del matrimonio nel Cumberland e del battesimo di Lady Anna. Il vice-procuratore generale allo stesso tempo avrebbe dichiarato alla corte che era previsto un matrimonio tra i lontani cugini e che in tal modo tutto sarebbe stato sistemato. Ma – e in tale clausola delle sue istruzioni la contessa era estremamente pressante – ciò non poteva avvenire a meno che il matrimonio non fosse cosa decisa. Il signor Flick era stato assai insistente nel fare notare al signor Goffe che in verità avevano prove determinanti per dimostrare che quando il conte aveva sposato la cosiddetta contessa, la prima moglie era ancora viva, sebbene non prestassero fede alla donna che ora si faceva chiamare contessa. Ma in entrambi i casi – sia che la contessa italiana fosse al momento viva o morta – la figlia sarebbe stata un’illegittima e il secondo matrimonio nullo, se la loro congettura su quel punto si fosse dimostrata fondata. Comunque la parte italiana non poteva far nulla di per sé e il proposto matrimonio avrebbe sistemato ogni cosa. Le prove, però, si sarebbero dovute presentare in tribunale e vagliare ulteriormente, a meno che per novembre il matrimonio non fosse cosa decisa. La contessa lo spiegava per esteso nelle sue lettere, rivolgendosi alla figlia perché salvasse se stessa, la madre e la famiglia.
Lady Anna rispose alla prima lettera, – o meglio, ne scrisse un’altra in cambio – ma non disse nulla del nobile corteggiatore, tranne che Lord Lovel non era ancora arrivato a Yoxham. Si limitò ai semplici dettagli della sua vita quotidiana e alla speranza che la cara madre potesse essere felice. La seconda lettera della contessa era di tono severo – chiedeva perché non fosse stata fornita nessuna promessa, data nessuna assicurazione, fatta nessuna allusione all’unico argomento che ormai poteva avere importanza. Implorava la figlia di dirle che era disposta ad accettare la corte del conte. Lei aveva la lettera in tasca quando arrivò il conte e la tirò fuori per rileggerla dopo che il conte le ebbe sussurrato quella parola così dolorosamente dolce.
Aveva intenzione di rispondere prima di colazione il mattino seguente. Al Rettorato di Yoxham facevano colazione alle dieci e lei era sempre in piedi come minimo prima delle otto. Decise mentre si coricava che ci avrebbe pensato tutta la notte. Poteva essere meglio, credeva, dire alla madre l’intera verità – che aveva già promesso tutto a Daniel Thwaite e che non poteva venire meno alla parola data. Poi cominciò a costruire castelli in aria – castelli che dichiarò a se stessa dovevano per sempre rimanere in aria – di cui Lord Lovel, e non Daniel Thwaite, era l’eroe, il signore e padrone. Si diceva che non stava immaginando nessuna prospettiva di vita realmente possibile, bensì stava semplicemente sognando di un impossibile Elisio. Quante persone avrebbe reso felici se avesse potuto far sapere a quel giovane Febo con una mezza parola – o con un unico sguardo silenzioso – che sarebbe in verità diventata il suo tesoro. Non poteva succedere. Ne era ben consapevole. Ma di certo poteva sognarlo. Tutte le preoccupazioni di quella madre ansiosa e logorata sarebbero terminate. Come sarebbe stato bello accogliere la creatura dolente nella sua allegra casa e rendere gioioso il luogo dove la gioia era stata sconosciuta! Come l’avrebbero lodata tutti gli avvocati, dicendole che aveva salvato dalla rovina una nobile famiglia. Aveva già cominciato a provare nei riguardi della famiglia dei sentimenti a cui era stata estranea prima di arrivare tra i Lovel. E se davvero ciò l’avesse reso felice, quel Febo, che cosa splendida sarebbe stata! Ed egli era così degno di esser reso felice! Daniel aveva detto che era sordido, falso, disonesto e sciocco – ma Daniel non capiva, non poteva, la natura dei Lovel. E poi c’era lei – come sarebbe stato per lei? Aveva dato il suo cuore a Daniel Thwaite e aveva solo un cuore da dare. Se non fosse stato così, sarebbe stato talmente dolce amare quel giovane tesoro ricciuto. C’erano due generi di vita e ora lei era riuscita a vederli entrambi. Daniel le aveva detto che quella vita indolente e lussuosa era del tutto nefasta. Non poteva sapere nel dire ciò quanto veniva fatto per i vicini poveri persino da gente come i Lovel. Non poteva essere male l’essere gentili, tranquilli e carini, godere di dolci profumi, sedere comodamente e mangiare in piatti di porcellana dal decoro delicato – finché nessuno veniva defraudato e molti erano confortati. Daniel Thwaite, lei credeva, non andava mai in chiesa. Lì a Yoxham c’erano sempre le preghiere mattutine e ogni domenica andavano in chiesa due volte. Aveva trovato molto piacevole andare in chiesa e farsi condurre lungo l’agevole sentiero della devozione compiaciuta su cui tutti camminavano a Yoxham. I sedili della chiesa a Yoxham erano larghi, con soffici cuscini, e gli inginocchiatoi erano ben imbottiti. Di certo Daniel Thwaite non poteva sapere ogni cosa. Mentre così costruiva i suoi castelli in aria, – castelli impossibili ad abitarsi – si addormentò prima di aver deciso che risposta scrivere.
Ma la mattina scrisse davvero la lettera. Andava scritta – e quando la famiglia fosse stata in giro per casa, sarebbe stata troppo disturbata per uno sforzo così grande. Diceva così:
Yoxham, venerdì
Carissima mamma,
grazie per la lettera, che ho ricevuto due giorni fa. Lord Lovel è arrivato ieri, altrimenti avrei potuto rispondere allora. Qui tutti sembrano quasi adorarlo ed egli è così buono con ognuno! Andremo tutti quanti a fare una gita all’Abbazia di Bolton e dormiremo in una locanda da qualche parte, sono sicura che mi piacerà moltissimo perché dicono che sia splendida. Se guardate sulla mappa, si trova quasi in linea retta tra qui e Kendal, solo molto più vicino a York. Non è ancora stato fissato il giorno, ma credo che sarà molto presto.
Se ci libereremo della causa sarò felice, per amor vostro, mamma carissima. Vorrei che vi permettessero di avere il vostro titolo e la vostra parte di denaro e dessero il resto a Lord Lovel, perché è a capo della famiglia. Sarebbe la cosa più giusta e non vedo perché non debba andare così. La vostra parte sarebbe più che sufficiente per voi e me. Non posso dir nulla di ciò di cui scrivete. Lui non ha parlato e di certo io spero che si asterrà. Non credo che potrei farlo e non credo che gli avvocati dovrebbero volerlo da me. Penso che sia molto inopportuno da parte loro dire così. Siamo degli estranei e io sono quasi certa che non potrei mai essere quel che lui vorrebbe. Non penso che la gente dovrebbe sposarsi per denaro.
Carissima mamma, per favore non siate in collera con me. Se lo sarete, mi farete morire. Sono molto felice qui e nessuno parla della mia partenza. Non potreste chieder all’avvocato Bluestone se non sia possibile fare qualcosa per dividere il denaro, così che non ci siano più azioni legali? Sono convinta che potrebbe se volesse, con il signor Goffe e gli altri.
Carissima mamma, resto
la vostra affezionata figlia
ANNA LOVEL
Quando era giunto il momento e impugnava la penna, non aveva avuto il coraggio di fare il nome di Daniel Thwaite. Sapeva che la terribile storia andava raccontata, ma al momento si consolava – o cercava di consolarsi – ricordando che lo stesso Daniel aveva chiesto che il loro fidanzamento rimanesse segreto ancora per un po’.