Daniel Thwaite riceve il denaro

 

 

 

 

 

Ci fu naturalmente grande fermento in tutti gli ambienti della società londinese non appena si seppe che era stato stabilito che la Contessa Lovel era la Contessa Lovel e che Lady Anna era l’erede del defunto conte. Furono pagate scommesse – e alcune scommesse senza dubbio non vennero pagate – per un grande importo. Gli uomini ai club parlavano dei Lovel più di quanto avessero fatto nel mese precedente al processo. La contessa divenne improvvisamente molto popolare. Storie esagerate vennero raccontate sugli aspetti romantici della sua vita passata – anche se sarebbe stato pressoché impossibile esagerare le sue sofferenze. La pazienza, la lunga sopportazione e la tenacia furono da tutti elogiate. Naturalmente la ricchezza che sarebbe toccata a lei e alla figlia fu raddoppiata. Qualcuno l’aveva vista? Qualcuno la conosceva? Persino i Murray cominciarono a essere orgogliosi di lei, e la vecchia Jemima Magtaggart, che era stata una Murray prima di sposare il Generale Mag, come veniva chiamato, andò subito a trovare la contessa in Keppel Street. Essendo la prima a farlo, quando la contessa ancora non sospettava un’invasione, venne ricevuta – e se ne andò dichiarando che il dolore doveva aver portato la contessa alla pazzia. La contessa, senza dubbio, non ricevette la lontana parente con un gentile inchino. Aveva spesso giurato a se stessa che, qualunque cosa succedesse, non avrebbe mai oltrepassato la soglia di un Murray. Il vecchio Lord Swanage, che aveva sposato una lontanissima Lovel, le scrisse una lettera traboccante di sentimenti. Gli era stato, diceva, del tutto impossibile conoscere la verità prima che venisse alla luce, pertanto non si scusava per non aver tentato in precedenza di instaurare rapporti di amicizia con la parente. Si permetteva ora di esprimere la sua grande gioia perché colei che lo aveva pienamente meritato, aveva ottenuto il successo. La contessa gli rispose con un tono tale da dimostrare senza ombra di dubbio che non era matta. Non era sua politica litigare con un Lovel e la sua lettera fu assai cortese. Gli era molto obbligata per la gentilezza e aveva sentito non meno di lui di non poter avanzare pretese nei confronti dei parenti del marito finché non fosse riuscita a far riconoscere i propri diritti. Accettava la profferta di amicizia nello spirito in cui era stata offerta e sperava che sua signoria potesse diventare un amico per la figlia. Quanto a lei – temeva che tutto quel che aveva sofferto l’avesse resa inadatta a intensi rapporti sociali. La sua forza, diceva, l’aveva sorretta fin là, ma ormai la stava abbandonando.

Poi le giunse anche quel grande onore a cui l’avvocato aveva accennato. Ricevette una lettera dal segretario privato di Sua Maestà il Re, dove le si diceva che Sua Maestà era venuto a sapere della sua storia con molto interesse e ora si congratulava di cuore con lei per il ristabilimento del suo rango e della sua posizione. La contessa rispose con un biglietto molto stringato, con la preghiera di porgere i ringraziamenti a Sua Maestà – dopo di che bruciò la lettera del segretario privato. Le congratulazioni non significavano nulla per lei finché non avesse visto la figlia libera dalla degradante vergogna del fidanzamento con il sarto.

Abbondavano le ipotesi sul genere di vita che la contessa avrebbe condotto. Che fosse ricca a sufficienza per risplendere a Londra con tutta la magnificenza del titolo di contessa, era fuori discussione. Si riteneva che la sua parte dei beni valesse per lo meno diecimila sterline l’anno vitalizie, di cui avrebbe goduto senza detrazioni e senza altre spese di quelle necessarie per lei. La sua età fu accertata con precisione minuziosa e si seppe che aveva solo quarantacinque anni. Non era probabile che qualche uomo fortunato potesse dividere con lei le ricchezze? Che eccellente cosa sarebbe stata per il vecchio Lundy – il Marchese di Lundy – che aveva scialacquato fino all’ultimo scellino dei suoi averi! Prima che fosse trascorsa una settimana, l’impresa fu suggerita al vecchio Lundy. «Dicono sia matta, ma non può essere matta fino a questo punto», replicò il marchese.

Il rettore si affrettò a casa al colmo dell’indignazione, ma prima di partire scambiò qualche parola con il nipote. «Che cosa intendi fare ora, Frederic?» chiese il rettore con aria molto austera.

«Fare? Non credo che farò niente».

«Rinuncerai alla ragazza allora?».

«Mio caro zio, questo è un genere di domanda che a un uomo non penso faccia mai piacere ricevere».

«Ma suppongo di poterti chiedere come intendi vivere».

«Confido, zio Charles, che a ogni modo non sarò un peso per i miei parenti».

«Oh, molto bene; molto bene. Naturalmente non ho altro da dire. Ritengo giusto, comunque, esprimere la mia opinione che tu sia stato grossolanamente bistrattato da Sir William Patterson. Naturalmente quel che dico non avrà peso per te, ma questa è la mia opinione».

«Non sono d’accordo con voi, zio Charles».

«Molto bene; non ho altro da aggiungere. È giusto informarti che io non credo che quella donna sia mai stata la moglie di Lord Lovel. Non ci ho mai creduto, e mai ci crederò. Tutto il progetto di sposare la ragazza è stato un imbroglio dall’inizio alla fine – tutto programmato per indurti a fare proprio quel che hai fatto. Non si sarebbe mai dovuta rivolgere una parola gentile a nessuna delle due».

«Sono sicuro che lei è la contessa come io so di essere il conte».

«Molto bene. A me non costa nulla, ma a te costerà trentamila sterline l’anno. Intendi venire a Yoxham quest’inverno?».

«No».

«I cavalli rimarranno lì?». Fino ad allora il ricco rettore aveva tenuto i cavalli da caccia del povero lord senza pretendere dal nipote nessun pagamento per le spese. Era il genere d’uomo che si sarebbe sentito molto infelice se il capo della sua famiglia non avesse avuto cavalli da cavalcare. Ma sul momento non poteva fare a meno di ricordare tutto quel che aveva fatto, tutto quel che stava facendo, e quel che riceveva in cambio. Tuttavia si sarebbe staccato la lingua con un morso per aver rivolto quella domanda non appena le parole furono pronunciate.

«Li venderò immediatamente», disse il conte. «Andranno a Tattersal prima che la settimana sia finita».

«Non intendevo questo».

«Sono contento che ci abbiate pensato, zio Charles. Li farò portar via immediatamente».

«Possono benissimo rimanere a Yoxham».

«Saranno portati via e venduti», disse il conte. «Salutate da parte mia le zie. Arrivederci». Poi il rettore partì per Yoxham, arrabbiato e infelice.

C’erano molti uomini che ancora condividevano l’opinione del rettore nel ritenere che il caso del conte fosse stato condotto male. C’erano sicuramente stati i presupposti per una prolungata contesa che avrebbe permesso al partito dei Lovel di costringere le avversarie a un compromesso. C’era la diffusa sensazione che il vice-procuratore generale si fosse fatto trascinare da una qualche idea romantica di giustizia astratta e avesse agito in aperto contrasto con tutti gli usi della professione forense radicati in Inghilterra. Che importanza aveva per lui che la contessa fosse o non fosse una vera contessa? Il suo dovere era stato di ottenere quel che poteva per il conte, il suo cliente. Da ottenere c’era stato molto, e con pazienza senza dubbio qualcosa si sarebbe potuto avere. Ma lui non aveva ottenuto nulla. Molti ritenevano che si fosse dato la zappa sui piedi e che sarebbe stato costretto ad accettare la prima «insignificante» carica vacante di giudice. «È un grand’uomo – un uomo davvero grande» disse il procuratore generale, in risposta a qualcuno che parlava male di Sir William. «Non c’è uno di noi che si possa paragonare a lui. Ma, d’altronde, come ho sempre detto, avrebbe dovuto fare il poeta!».

Nel discutere la condotta del vice-procuratore generale la gente pensava più a Lady Anna che alla madre. La verità su Lady Anna e il suo fidanzamento era generalmente nota in modo confuso, vago e parziale. Che fosse fidanzata con Daniel Thwaite, il quale stava ormai diventando famoso e causa di un notevole aumento di affari in Wigmore Street, era cosa certa. Era altrettanto certo che il conte avesse desiderato sposarla. Ma quanto alla situazione attuale, l’opinione pubblica era molto divisa. Non pochi erano certi che fosse stata fornita al conte la promessa scritta di avere l’ereditiera, prima che il vice-procuratore generale tenesse il suo discorso – ma secondo tali persone la presa del sarto sulla giovane era talmente potente che ora lei rifiutava di tener fede all’accordo. Ella era nelle mani del sarto e il sarto poteva fare quel che voleva di lei. Era noto che Lady Anna si trovava in Bedford Square e molti passavano davanti alla casa dell’avvocato nella speranza di vederla. La romantica storia comunque non si era conclusa, e poteva ancora esserci un compromesso. Se il conte fosse riuscito a ottenere anche solo cinquemila sterline l’anno del patrimonio, si riteneva che il vice-procuratore generale avrebbe potuto difendersi bene e a tempo debito diventare in ogni caso Giudice Supremo del Tribunale dello Scacchiere.

Nel frattempo Daniel Thwaite rimaneva immerso in un cupo silenzio tra i lavoratori di Wigmore Street, nascosto alla vista di coloro che correvano là a ordinare delle nuove livree per riuscire a dare un’occhiata all’eroe coronato dal successo, – finché una mattina, circa cinque giorni dopo la fine del processo, ricevette una lettera dai signori Goffe e Goffe. I signori Goffe e Goffe avevano il piacere di informarlo che era stato tenuto dalla contessa un rendiconto accurato di tutte le transazioni pecuniarie tra la Contessa Lovel e suo padre; che la contessa a nome proprio e di Lady Anna riconosceva che al defunto Thomas Thwaite era dovuta la somma che ammontava a 9.109 sterline, 3 scellini e 4 penny, e che un assegno per tale cifra sarebbe stato immediatamente consegnato a lui – Daniel Thwaite il figlio – se si fosse recato allo studio dei signori Goffe e Goffe, con una copia autenticata del testamento ratificato di Thomas Thwaite il padre.

Novemila sterline – e gli sarebbero state pagate immediatamente – quel giorno stesso se decideva di andarle a prendere! La copia del testamento ratificato l’aveva in tasca in quel momento. Ma terminò la sua giornata lavorativa senza avvicinarsi a Goffe e Goffe. E tuttavia pensò molto al denaro e una volta, quando uno dei suoi datori di lavoro gli si rivolse con una certa asprezza, gli venne in mente che lui forse era un uomo più facoltoso del suo padrone. Che doveva fare ora di sé e del suo denaro, – a che dedicarsi – come usare il denaro in modo da potersi rendere utile all’umanità? Di certo se ne sarebbe andato in qualche paese dove non c’erano né conti né contesse – ma non poteva andare in nessun posto finché non avesse saputo il destino che l’attendeva con la figlia del conte, che al momento era il suo destino. La sua mente era irrimediabilmente divisa. Un’ora diceva a se stesso che il poeta aveva senza dubbio ragione; e l’ora dopo era sicuro che il poeta dovesse essersi sbagliato. Quanto al denaro, novemila sterline erano per lui preziose quanto qualsiasi cifra si potesse immaginare. Con esse avrebbe potuto fare tutto quel che riteneva necessario. Se fosse riuscito a realizzare esattamente i suoi desideri, avrebbe lasciato tutta la restante ricchezza alle sue spalle, perché il conte e la contessa la dividessero tra loro come gli andava, mentre lui sarebbe partito subito portando con sé la ragazza che amava. L’avrebbe riempito d’orgoglio il pensiero che tutti loro sarebbero stati costretti ad ammettere che lui aveva voluto conquistare soltanto la ragazza – e non la ricchezza dei Lovel; che aveva preso solo quel che era suo e che la moglie sarebbe dipesa da lui e non lui da lei. Ma ciò non era possibile. Erano ormai passati dei mesi da quando aveva sentito la voce della ragazza o aveva ricevuto dalle labbra di lei una qualche conferma della sua fedeltà. Aveva invece la conferma che lei fosse in possesso di un’enorme ricchezza e che fosse la cugina riconosciuta di nobiluomini e nobildonne a dozzine.

Quando giunse la sera vide uno dei suoi datori di lavoro e gli disse che desiderava lasciare il posto. Perché se ne andava? Sperava di migliorare la sua condizione? Quando se ne sarebbe andato? Faceva sul serio? Daniel disse subito la verità per quanto riguardava il pagamento del denaro. Avrebbe ricevuto il giorno seguente una somma dovuta al padre e, una volta che gli fosse stata pagata, non gli sarebbe più convenuto lavorare per una paga settimanale. Il sarto brontolò, ma non c’era nient’altro da dire. Thwaite poteva andarsene l’indomani se lo desiderava. Thwaite lo prese in parola e non tornò più nel negozio in Wigmore Street dopo quella sera.

Quando arrivò alla sua pensione trovò un’altra lettera dell’avvocato Bluestone. La contessa aveva ceduto al punto da accettare la proposta di un incontro tra la figlia e il sarto ed era poi sorta la questione di come organizzare tale incontro; la contessa non avrebbe scritto di persona, né avrebbe permesso alla figlia di farlo. Era preferibile, pensava, che il minor numero possibile di persone sapesse dell’incontro e alla fine, con estrema riluttanza, l’avvocato accettò di organizzarlo. Pertanto scrisse quel che segue:

 

Il signor avvocato Bluestone presenta i suoi omaggi al signor Daniel Thwaite; il signor Thwaite senza dubbio conosce l’esito del processo con cui la Contessa Lovel e sua figlia sono riuscite a ottenere il riconoscimento del loro rango. La contessa e Lady Anna progettano di andare all’estero, ma prima di partire Lady Anna desidera vedere il figlio dell’uomo che fu un fedele amico della madre durante molti anni di sofferenza. Lady Anna sarà in casa, al numero ** di Keppel Street, alle undici di lunedì del 23 corrente mese, se per il signor Thwaite può andare bene l’ora e il luogo.

Bedford Square,

17 novembre, 18*

Se il signor Daniel Thwaite volesse recarsi dall’avvocato prima di quella data, di mattina a casa sua, o di sabato allo studio, Inner Temple, ciò potrebbe risultare utile.

 

Il poscritto era stato aggiunto dopo molte riflessioni. Che avrebbe pensato il sarto dell’invito? Non sarebbe stato disposto a interpretarlo come un incoraggiamento al suo pernicioso corteggiamento? Non sarebbe andato in Keppel Street con la determinazione ad insistere? L’avvocato riteneva che sarebbe stato meglio correre il rischio. Ma la moglie e le figlie dell’avvocato e anche la contessa erano tutte d’accordo che se possibile si dovesse dire qualcosa per disilluderlo. Avrebbe ricevuto novemila sterline. Di certo potevano bastare. Ma se era avido e voleva altro denaro, altro denaro gli sarebbe stato dato. Solo gli si doveva far capire che il matrimonio era fuori questione. Così l’avvocato cedette di nuovo e propose di incontrarlo. Daniel ricambiò gli omaggi all’avvocato e disse che avrebbe fatto ciò che gli veniva chiesto. Sarebbe andato allo studio dell’avvocato sabato e in Keppel Street il lunedì successivo, all’ora stabilita.

Il mattino dopo – la prima mattina di libertà dalla schiavitù di Wigmore Street – andò dai signori Goffe e Goffe. Si alzò tardi e fece colazione tardi, per vedere come era essere un uomo ozioso. «Ora potrei essere altrettanto ozioso del giovane conte», si disse; «ma se ci provassi, che ne farei di me? Come farei a passare le ore?». Si accorse di esser scivolato nell’encomio di sé, mentre l’idea gli passava per la mente, e si sforzò di domare il suo orgoglio. «E tuttavia», si disse, «non è forse opportuno che io sappia di essere migliore di lui? Se non sono sicuro di me come posso avere il coraggio di perseverare. L’uomo che lavora in confronto all’ozioso è come la luce paragonata alle tenebre».

Fu subito ricevuto nella stanza privata del signor Goffe e fu accolto con un benvenuto sorridente, e una mano tesa. «Sono felicissimo, signor Thwaite, di poter soddisfare la vostra richiesta nei confronti di Lady Lovel con così poco indugio. Spero siate soddisfatto del rendiconto di sua signoria».

«Molto più che soddisfatto per la somma. Mi sembrava di non avere nessuna pretesa legale tranne che per qualche centinaia di sterline».

«Noi la sapevamo più lunga, signor Thwaite. Avremmo badato a che non venisse inflitto un grave danno. Ma fortunatamente la contessa è stata scrupolosa e ha annotato tutte le somme ricevute, cifra per cifra. È stato concesso il pieno interesse al cinque per cento, come è giusto. La contessa è un’eccellente donna d’affari».

«Senza dubbio, signor Goffe. Avrei voluto che si degnasse di onorarmi con due righe ma è una questione di sensibilità».

«Oh, signor Thwaite; ci sono delle ragioni, dovete sapere che ci sono delle ragioni».

«Possono esserci buone ragioni o cattive ragioni».

«E possono esserci in questioni simili opinioni buone o opinioni cattive. Ma comunque… Vorrete il denaro con un assegno, senza dubbio. Eccolo £9.109 3s 4d. Non ci capita spesso di scrivere un assegno per una cifra maggiore di questa, signor Thwaite. Volete che lo giri alla vostra banca? Niente banca! Con una somma del genere lasciate che vi raccomandi di aprire subito un conto». E il signor Goffe nientedimeno andò in Fleet Street con Daniel Thwaite il sarto e lo presentò alla sua banca. La transazione fu subito conclusa e Daniel Thwaite se ne andò verso ovest, un capitalista, con un carnet di assegni in tasca. Che doveva fare di sé? Prima che il giorno finisse tornò nella zona orientale della città e si informò in vari uffici sulle navi che partivano per Boston, New York, Baltimora e Quebec. Come sarebbe andata per lui se avesse veleggiato verso est invece che ovest? Così si procurò anche informazioni sulle imbarcazioni per Sydney. E cosa avrebbe fatto una volta giunto nel nuovo paese? Non intendeva fare il sarto. Rimase stupito rendendosi conto di quanto poco avesse messo a fuoco i dettagli dell’esodo che si era proposto.

Lady Anna
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