Bedford Square
Il conte, senza fare nessuna domanda sull’argomento, aveva scoperto che il vice-procuratore generale non dava il minimo peso all’obiezione che aveva gravato oppressivamente sulla sua mente, riguardo al continuare il corteggiamento di una ragazza che era stata conquistata da un sarto. Il suo spirito si ribellò per un po’ contro una simile condiscendenza. Quando Lady Anna gli aveva rivelato di essersi promessa a un innamorato che occupava un gradino basso nella scala degli uomini, gli era parso che tutto fosse finito. Un’eventuale lotta per impedire la realizzazione di una unione tanto meschina andava intrapresa per il bene della famiglia, e non a proprio particolare vantaggio. Nemmeno per ventimila sterline l’anno, nemmeno per Lady Anna Lovel, nemmeno per tutti i Lovel, avrebbe stretto al petto come sua sposa la ragazza che si era appoggiata con amorevole tenerezza alle spalle di Daniel Thwaite. Ma quando scoprì che gli altri non condividevano i suoi sentimenti, egli riconsiderò la questione e poco a poco divenne meno severo. Senza dubbio tutta la situazione andava molto al di là delle questioni soggette al comune giudizio degli uomini. La posizione di Lady Anna nel mondo era stata assai singolare. Aveva con il sarto un debito di gratitudine, che le era parso richiedesse da lei una qualche grande ricompensa. Come lei stessa aveva detto, aveva concesso l’unica cosa che avesse da dare. Ora ci sarebbe stato molto da dare. L’uomo meritava certamente la sua ricompensa e doveva averla, ma quella ricompensa non doveva essere la mano dell’erede dei Lovel. Lui, il conte, l’avrebbe ancora una volta reclamata come sua.
Si era affrettato a lasciare la città dopo aver visto Sir William, ma non era ritornato a Yoxham. Andò di nuovo in Scozia e non scrisse altre lettere al rettorato dopo quelle tre righe che il lettore ha visto. Poi venne a sapere dal signor Flick che Lady Anna soggiornava dall’avvocato Bluestone in Bedford Square, così tornò a Londra su richiesta del legale. Sarebbe stato così conveniente che si decidesse, se possibile, qualcosa prima di novembre!
Gli unici ospiti invitati a incontrare il conte a casa dell’avvocato Bluestone furono Sir William e Lady Patterson, e il patrocinatore bruno. L’intero modo di procedere era quanto mai irregolare – come il signor Flick, che sapeva quel che stava succedendo, disse più di una volta al suo vecchio socio, il signor Norton. Poteva andar bene che il vice-procuratore generale cenasse con l’avvocato di prima classe – anche se, come dicono i ragazzi a scuola, non erano mai stati amici a casa prima di allora. Ma che dovessero fare incontrare in quel modo i due clienti rivali – i due pretendenti all’enorme fortuna a proposito della quale si sarebbe discussa una causa entro poche settimane – sconvolgeva davvero il signor Flick. «Suppongo che il vice-procuratore generale sappia quel che fa, ma potrebbe ancora trovarsi nei guai», disse il signor Flick. Il signor Norton si limitò a grattarsi la testa. Non era lavoro suo.
Sir William, che arrivò prima del conte, fu presentato alla signorina. «Lady Anna», disse, «da qualche mese a questa parte ho sentito molto parlare di voi. E ora ho il grande piacere di incontrarvi». Lei sorrise, e si sforzò di apparire compiaciuta, ma non aveva una parola da dirgli. «Sapete dovrei essere il vostro nemico», continuò lui ridendo, «ma spero che ormai sia cosa superata. Non mi piacerebbe avere una nemica tanto bella». Poi arrivò il giovane lord, e i legali naturalmente cedettero il passo all’innamorato.
Lady Anna, dal momento in cui aveva saputo che lui sarebbe venuto, non aveva fatto altro che pensare a come si sarebbero salutati. Non che si preoccupasse di come riceverlo. Poteva sorridere e rimanere silenziosa, dargli la mano o non farlo, a seconda di quel che lui avrebbe richiesto. Ma in che modo lui si sarebbe avvicinato a lei? Si era sentita sicura che lui la disprezzasse da quando gli aveva detto del suo fidanzamento. Naturalmente l’aveva disprezzata. Quei raffinati sentimenti sulle signore e i gentiluomini, e il baratro incolmabile, le erano venuti in mente prima di sentirli dalla bocca della signorina Alice Bluestone. Capiva, altrettanto bene della giovane amica, quale fosse la differenza tra suo cugino, il conte, e il suo innamorato, il sarto. Naturalmente sarebbe stato bello poter amare una persona come il cugino. Tutti le parlavano come se fosse semplicemente ostinata e sciocca, senza accorgersi, come lei invece faceva, che la sorte avversa aveva stabilito per lei quel destino. Per quanto buono potesse essere Daniel Thwaite, – come lei sapeva che era – si sentiva umiliata per aver promesso di diventarne la moglie. Le lezioni che le avevano tenuto non erano state inutili. Ed era stata umiliata in modo particolare agli occhi di colui che per la sua immaginazione era il più radioso degli esseri umani. Le dicevano che poteva ancora diventare sua moglie se solo avesse acconsentito a tendergli la mano quando lui gliel’avesse chiesta. Lei non ci credeva. Se fosse stato vero, non avrebbe comportato nessuna differenza – ma non ci credeva. L’aveva disprezzata quando gli aveva detto la verità all’Abbazia di Bolton. L’aveva disprezzata quando in gran fretta se ne era andato da Yoxham. Ora stava per venire a casa dell’avvocato, con l’espressa intenzione di incontrarla di nuovo. Perché doveva venire? Ahimè, ahimè! Era sicura che non le avrebbe mai più parlato in quel modo gioioso e solare, con quelle soavi parole, dolci come il miele, che aveva usato quando si erano incontrati per la prima volta in Wyndham Street.
Anche lui era altrettanto a disagio per l’incontro. Non aveva avuto intenzione di mostrare disprezzo quando si era separato da lei, ma era stato suo scopo farle capire che il corteggiamento terminava lì. L’aveva amata ardentemente, ma ci sono ostacoli davanti ai quali l’amore deve cedere. Se avesse già sposato il sarto, che avrebbe fatto lui allora? Quella che gli era parsa la cosa più adatta da fare, era improvvisamente diventata del tutto inappropriata – ed egli aveva detto a se stesso in quel momento che doveva, come meglio poteva, riprendersi il suo amore. Gli era impossibile cercare di ottenere quel che una volta era stato concesso a un sarto. Ma ormai tutto ciò era cambiato, ed egli intendeva provare ancora. Lei era molto bella – a suo parere la vetta stessa della grazia femminile – e piena di attrattive: voce gentile, modi delicati, con quel tanto di vigore che le conferiva carattere. Che felice coincidenza era stata, che fantastica fortuna, che fosse riuscito ad amare la ragazza che era tanto necessario sposare – che felice coincidenza, se non fosse stato per quel miserabile sarto! Ma ora, a dispetto del sarto, avrebbe di nuovo tentato la sorte con lei. Non aveva avuto intenzione di mostrare disprezzo quando l’aveva lasciata, ma sapeva che i suoi modi dovevano averle rivelato che il corteggiamento era finito. Come poteva ricominciare in presenza dell’avvocato e della signora Bluestone e di Sir William e Lady Patterson?
Per prima cosa fu presentato alle mogli dei due legali, mentre Lady Anna sedeva in silenzio in un angolo del divano. La signora Bluestone, prevedendo come sarebbe andata, si era sforzata con molta prudenza di sistemare la giovane amica a una certa distanza dagli altri ospiti, in modo che il conte avesse la possibilità di dirle qualche parola; ma il giovane patrocinatore aveva colto l’opportunità di rendersi gradito e stava in piedi davanti a lei dicendo cose di nessuna importanza sulla vacuità di Londra e sulle glorie della stagione quando questa sarebbe giunta. Lady Anna non sentiva una parola di quel che il giovane patrocinatore diceva. Le orecchie di Lady Anna si sforzavano di sentire quel che Lord Lovel poteva dire, e i suoi occhi, sebbene non proprio volti verso di lui, ne osservavano ogni movimento. Naturalmente lui doveva parlarle. «Lady Anna è sul sofà», disse la signora Bluestone. Ovviamente sapeva che lei era là. Aveva visto il suo caro viso nel momento in cui era entrato nella stanza. La raggiunse e le porse la mano, sorridendole.
Lei si era preparata un discorsetto. «Spero stiano tutti bene a Yoxham», disse, con quella voce sommessa, dolce, argentina, che sarebbe stata così adatta alla futura Contessa Lovel a parere del conte.
«Oh, sì; credo di sì. Sono ritenuto uno scansafatiche là, perché non rispondo alle lettere di zia Julia puntualmente come dovrei. Credo che ci andrò per la caccia il mese prossimo». Poi fu annunciata la cena; e poiché era necessario che il conte desse il braccio alla signora Bluestone e l’avvocato a Lady Anna, – in modo che il giovane patrocinante si trovò ad accompagnare a tavola nientedimeno che la moglie del vice-procuratore generale – la conversazione si concluse. Né fu possibile farli sedere uno accanto all’altra a tavola. E poi, quando infine giunse la tarda serata e si trovarono tutti in salotto, altre cose accaddero e la mezz’ora trascorse in modo tale che non riuscirono praticamente a parlarsi. Ma nell’andarsene lui le rivolse due parole. «Verrò a trovarvi», disse.
«Non credo che abbia davvero intenzione», l’avvocato disse alla moglie quella sera, quasi in collera.
«Perché no, mio caro?».
«Non le ha parlato».
«La gente non riesce a parlare ai dinner-party quando ha qualcosa di riservato da dirsi. Se non avesse avuto intenzione, non sarebbe venuto. E se avrete tutti un po’ di pazienza vorrà anche lei. Non riesco a perdonare la madre per essere così dura con lei. È una delle creature più dolci che abbia mai incontrato».
Un po’ di pazienza, e intanto novembre era alle porte! Il conte, che aveva ormai pranzato a casa dell’avvocato di prima classe, dove aveva incontrato la sua cliente, a novembre doveva nuovamente diventare il suo nemico, a meno che la questione non venisse sistemata. L’avvocato per il momento non vedeva altro modo di procedere. Il conte senza dubbio poteva ritirarsi dalla causa, ma in tal caso una giuria avrebbe dovuto decidere se la donna italiana aveva dei diritti. E contro le rivendicazioni dell’italiana il conte si sarebbe di nuovo fatto avanti. L’avvocato nel pensarci, quasi si rammaricava di aver invitato il conte e il vice-procuratore generale a casa sua.
Proprio la mattina successiva – sul presto – il conte fu annunciato in Bedford Square. L’avvocato naturalmente era nel suo studio. Lady Anna era nella sua stanza e la signora Bluestone sedeva con la figlia. «Sono venuto a trovare mia cugina», disse il conte arditamente.
«Sono così contenta che siate venuto, Lord Lovel».
«Grazie, beh, sì. So che non baderete al fatto che lo dica apertamente. Anche se gli incartamenti dicono che siamo nemici, abbiamo molte cose in comune».
«La manderò da voi. Mia cara, noi andremo in sala da pranzo. Troverete il pranzo pronto quando scenderete, Lord Lovel». Poi lo lasciò ed egli rimase in piedi per un po’ a guardare i libri sparsi sul tavolo.
Gli parve che passasse un secolo, ma alla fine la porta si aprì e la cugina entrò lentamente nella stanza. Quando si era separato da lei a Yoxham l’aveva chiamata Lady Anna; ma aveva deciso che dovesse perlomeno tornare a essere sua cugina. «Non sono quasi riuscito a parlarvi ieri», disse, tenendole la mano.
«No, Lord Lovel».
«La gente non ci riesce mai, credo, alle piccole cene come quella. Cara Anna, mi avete così sorpreso con quel che mi avete detto sulle sponde del Wharfe!». Lei non riuscì a rispondergli nemmeno con una parola. «So di essere stato sgarbato con voi».
«Non l’ho pensato, milord».
«Vi dirò proprio la pura verità. Anche se può essere amara, la verità sarà meglio tra di noi, tesoro. Sulle prime quando ho sentito quel che mi avete detto, ho creduto che tutto dovesse finire tra voi e me».
«Oh, sì», lei disse.
«Ma ci ho pensato da allora, e non lascerò che sia così. Non sono venuto per rimproverarvi».
«Potete se volete».
«Non ho nessun diritto di farlo, e se l’avessi non lo farei. Posso capire i vostri sentimenti di profonda gratitudine e rispettarli».
«Ma io lo amo, milord», disse Lady Anna, tenendo alta la testa e parlando con gran dignità. Lei stessa non riusciva bene a comprendere l’emozione che la spingeva a rivolgersi a lui in tal modo. Quando da sola pensava a lui e all’altro innamorato, il suo cuore era incline a rimpiangere di non aver conosciuto il cugino dall’infanzia – come aveva conosciuto Daniel Thwaite. Poteva confessare a se stessa, sebbene non potesse dirlo a nessun altro essere umano, che quando aveva pensato di dare il suo cuore al giovane sarto, non sapeva in realtà cosa volesse dire avere un cuore da dare. Il giovane lord era come un dio per lei; laddove Daniel era solo un uomo – con cui aveva un debito di gratitudine così profondo da dover sacrificare se stessa, se fosse stato necessario. E tuttavia quando il conte le parlava della sua gratitudine verso quell’uomo, – lodandola e dichiarando addirittura di capire quegli stessi sentimenti che avevano governato la condotta di lei – ella si infiammava quasi fino alla collera e giurava di amare il sarto.
Il compito del conte era senza dubbio difficile. Il suo primo impulso era di correr via di nuovo, come era corso via in precedenza. Correr via e abbandonare il paese, e lasciare che gli avvocati sistemassero tutto come volevano. Era possibile che una simile ragazza dovesse amare un sarto alle altrui dipendenze, e dovesse andar fiera del suo amore? Le voltò le spalle e camminò fino alla porta, per poi tornare indietro, e durante quel lasso di tempo lei quasi si pentì della propria audacia.
«È giusto che lo amiate come un amico», disse.
«Ma ho giurato di essere sua moglie».
«E dovete mantenere il giuramento?». Poiché lei non gli rispose, continuò a perorare la sua causa. «Se vi ama sono sicuro che non può desiderare di farvi del male, e voi sapete che un matrimonio del genere vi arrecherebbe grande danno. Come può esser giusto che dobbiate abbandonare la vostra posizione per pagare un debito di gratitudine, e che dobbiate farlo a spese di tutti coloro che vi appartengono? Volete spezzare il cuore a vostra madre e a me, e gettare la famiglia nella vergogna semplicemente perché lui è stato buono con voi?».
«È stato buono con mia madre oltre che con me».
«Ciò non le spezzerà il cuore? Non vi ha forse detto così? Ma forse non credete nel mio amore».
«Non so», disse lei.
«Ah, tesoro, potete crederci. Ai miei occhi siete la più dolce delle creature del Signore. Forse pensate che lo dica solo per il denaro».
«No, milord, non lo penso».
«Naturalmente quell’uomo merita molta riconoscenza».
«Vuole solo che io diventi sua moglie. Ha detto così e lui non mente mai. Posso fidarmi di lui a ogni modo, anche se dovessi tradirlo. Ma non lo tradirò. Me ne andrò via con lui e non si sentirà parlare di me e nessuno ricorderà che sono la figlia di mio padre».
«Persino ora siete in dubbio, cara».
«Ma non dovrei essere in dubbio. Se sono in dubbio è perché sono debole».
«Allora siate debole. Di certo una debolezza simile sarà un bene visto che farà felici tutti coloro che più vi sono cari».
«Non farà felice lui, Lord Lovel».
«Farete questo, tesoro? Vi concederete una settimana per considerare la questione e poi mi scriverete? Non potete rifiutarmi questo, sapendo che la felicità, l’onore e il benessere di ogni Lovel dipendono dalla vostra risposta».
Lei sentì di non poter rifiutare e promise. Dopo una settimana gli avrebbe scritto, dicendogli allora a quale decisione era giunta. Egli le si avvicinò, con l’intenzione di baciarla, se glielo avesse permesso. Ma lei si tenne a distanza e si limitò a sfiorargli la mano. Avrebbe obbedito al suo fidanzato – perlomeno finché non avesse deciso di venir meno alla parola che gli aveva dato. Lord Lovel non poteva insistere e lasciò la casa dimentico del pranzo della signora Bluestone.