Si sono arresi?
Poiché tutto il mondo venne a sapere quel che stava succedendo, anche Daniel Thwaite tra gli altri ne fu informato. Era un uomo industrioso, coscienzioso, cupo, abituato a rimanere silenzioso tra i compagni di lavoro – un uomo per cui la vita rappresentava un affare molto serio; non un uomo felice, sebbene avesse davanti a sé una prospettiva di prosperità che avrebbe reso felice la maggior parte delle persone. Ma era fondamentalmente un uomo sensibile, affettuoso, pronto a sacrificarsi per la felicità di colei che amava se necessario. Quando seppe del matrimonio che si progettava, rivolse a se stesso molte domande sul proprio dovere e il bene della ragazza. L’amava davvero con tutto il cuore e credeva pienamente nell’affetto che lei provava per lui. Non aveva, per il momento, ragioni sufficienti per dubitare della sua lealtà – ma sapeva bene che la corona nobiliare di un conte doveva costituire una tentazione per una ragazza nella situazione di Lady Anna. Vi erano attimi in cui pensava che fosse quasi suo dovere rinunciare a lei e dirle di andare a vivere tra la gente del suo stesso rango. Ma d’altra parte lui non credeva al rango. Non ci credeva per niente e sentiva nel profondo del cuore che sarebbe stato per quella ragazza un marito migliore e più adatto di un conte che ha a disposizione tutte le tentazioni del vizio. Pensava costantemente a qualche mondo migliore dove potesse condurla, che non fosse stato contaminato da vuoti titoli e da un’impudente ostentazione di ereditaria, e pertanto falsa, dignità. Per quel che riguardava il denaro, sarebbe appartenuto a lei tanto che sposasse lui o il conte. E se lei lo amava, come aveva giurato di amarlo, perché avrebbe dovuto tradirne la fiducia? E per quale ragione doveva già credere che avrebbe preferito un giovane lord vacuo e dorato all’amico che le era stato amico fin dai tempi a cui la memoria poteva risalire? Se avesse chiesto di venir liberata dall’impegno, in tal caso le avrebbe certamente concesso la libertà – ma non senza spiegarle, con tutta l’eloquenza che fosse stato in grado di usare, che cosa si proponeva di abbandonare e di prendere in cambio. Era un uomo silenzioso e controllato, ma anche sicuro di sé, e credeva davvero di essere una persona migliore del giovane Lord Lovel.
Nel prendere quella decisione egli ignorava l’imperiosità del proprio carattere. Ci sono uomini che esercitano un dominio, per la natura stessa della loro indole, e lo fanno fin dalla giovinezza, senza esserne consapevoli, finché non raggiungono un’età avanzata. Vi sono uomini persuasivi e al tempo stesso imperiosi, che non si rendono conto di usare con gli altri parole scottanti, ma che per loro non sono nemmeno tiepide. Era il caso dell’uomo in questione, mentre in solitudine parlava tra sé dell’intenzione di rinunciare all’ereditiera titolata. Ai ragionamenti, alle preghiere o alle minacce degli altri, non avrebbe dato retta. La contessa poteva imperversare con il suo rango, e lui non se ne sarebbe minimamente curato. Non gli importava nulla dell’intera tribù dei Lovel. Se Lady Anna chiedeva la libertà, avrebbe avuto la libertà. Ma non prima di aver sentito quel che lui aveva da dire. Quanto potessero risultare brucianti le sue parole, come potessero impedire alla ragazza di scegliere davvero il suo destino, egli stesso non lo sapeva.
Sebbene vivesse nella stessa casa di lei, la vedeva di rado – a parte quando certe sere bussava alla porta e rivolgeva qualche parola alla madre piuttosto che a lei. Da quando Thomas Thwaite aveva lasciato Londra per l’ultima volta, la contessa era diventata quasi fredda verso il giovane. Non lo sarebbe stata se fosse riuscita a evitarlo; ma aveva cominciato a temerlo e non le riusciva di essere cordiale con lui né a parole né nei modi. Egli se ne accorse subito e divenne, a sua volta, freddo e impacciato.
Una volta, e una volta soltanto, incontrò Lady Anna da sola, dopo la partenza del padre e prima dell’incontro di lei con Lord Lovel. Allora la incontrò sulle scale di casa mentre la madre era fuori, allo studio dell’avvocato.
«Sei qui, Daniel, a quest’ora?» lei chiese, tornando nel salottino, dove lui la seguì.
«Volevo vederti e sapevo che tua madre sarebbe stata fuori. Non mi capita spesso di fare qualcosa di nascosto, anche se si tratta di vedere la ragazza che amo».
«No, davvero. Non ti vedo spesso ormai».
«Ti importa molto, Lady Anna?».
«Lady Anna!».
«Ho ricevuto ordine, sai, di chiamarti così».
«Non da me, Daniel».
«No, non da te; non ancora. I modi di tua madre sono molto cambiati nei miei confronti. Non è forse vero?».
«Come posso dirlo? I miei non lo sono».
«Non è una questione di modi, amor mio, tra noi. Non siamo arrivati a questo, spero. Desideri qualche cambiamento – per quel che mi riguarda?».
«Oh, no».
«Quanto al mio amore, quello non può cambiare. Se a tua madre va di essere sprezzante con me, posso sopportarlo. Ho sempre pensato che si sarebbe arrivati a questo un giorno o l’altro».
Ben poco fu aggiunto in quell’occasione. Lui non le rivolse altre domande – nessuna perlomeno a cui le risultasse difficile rispondere – e ben presto se ne andò. Era un innamorato appassionato più che tenero, e dopo averla tenuta una volta tra le braccia, averle baciato le labbra e chiesto che rispondesse al suo gesto d’affetto, aveva la pazienza di aspettare finché non potesse rivendicare queste cose come sue di diritto. Ma, due giorni dopo l’incontro tra Lord Lovel e la sua innamorata, egli fece in modo di trovarla da sola una seconda volta.
«Sono di nuovo qui», disse, «perché ho saputo che tua madre è fuori. Non ti disturberei con incontri segreti se non fosse che proprio ora ho molto da dirti. E poi, potresti andartene da qui persino prima che io venga a sapere che ve ne state andando».
«Sono sempre felice di vederti, Daniel».
«Sì, amor mio? Davvero?».
«Certo, certo che è vero».
«Sarei un traditore se dubitassi di te – e non ho dubbi. Non dubiterò mai di te, se mi dirai che mi ami».
«Sai che ti amo».
«Dimmi, Anna – o dovrei dire Lady Anna?».
«Lady Anna, se desideri schernirmi».
«Allora non ti chiamerò mai così, finché non accadrà che io ti voglia schernire. Ma dimmi. È vero che il Conte Lovel è stato qui con te l’altro giorno?».
«È stato qui l’altro ieri».
«E perché è venuto?».
«Perché?».
«Perché è venuto? Sai che per quel che mi risulta è ancora il tuo nemico e di tua madre e vi sta perseguitando per derubarvi del vostro nome e dei vostri beni. È venuto in veste di amico?».
«Oh, sì! Certamente in veste di amico».
«Ma continua a sostenere le sue rivendicazioni».
«No; dice che non lo farà più, che riconosce mia madre come la vedova di mio padre e me come l’erede di mio padre».
«È generoso – se questo è tutto».
«Molto generoso».
«E lo fa senza condizioni? Non c’è nulla da dargli in cambio di questa resa?».
«Non c’è nulla da dargli», lei disse con quella voce bassa, dolce e malinconica che usava sempre quando parlava di se stessa.
«Non vuoi ingannarmi, cara, lo so; ma c’è qualcosa da dare e mi dicono che egli l’abbia chiesto, o certamente lo chiederà. E io non credo proprio che un conte, nobile, ma bisognoso, rinuncerebbe a tutto senza avanzare una controrichiesta che lo condurrebbe per un’altra strada a tutto ciò che cercava di ottenere. Anna, sai quel che voglio dire».
«Sì, lo so».
«Ha fatto una simile richiesta?».
«Non saprei dirlo».
«Non sai dire se ti ha chiesto o meno di diventare sua moglie?».
«No, non lo so. Non guardarmi così, Daniel. È venuto qui e mamma ci ha lasciato soli e lui è stato gentile con me. Oh, così gentile. Ha detto che sarebbe stato un cugino per me, e un fratello».
«Un fratello!».
«È quel che ha detto».
«E non intendeva niente più di questo – semplicemente essere un fratello?».
«Penso che intendesse di più. Credo volesse dire che avrebbe cercato di amarmi in modo da poter diventare mio marito».
«E tu cosa hai detto?».
«Gli ho detto che non poteva andare così».
«E poi?».
«Ebbene, allora ha di nuovo detto che eravamo cugini; che non avevo cugino più stretto di lui in nessun luogo, e che sarebbe stato buono con me e mi avrebbe aiutato, e che l’azione legale non sarebbe proseguita. Oh, Daniel, è stato così buono!».
«Questo è stato tutto?».
«Mi ha baciato, dicendo che i cugini si possono baciare».
«No, Anna; cugini come voi non si possono baciare. Mi ascolti?».
«Sì, ti ascolto».
«Se vuoi essere leale nei miei confronti, non deve succedere più. Sai che tutto questo significa che vuole ottenere la tua mano? Non è venuto da te con tale scopo?».
«Penso di sì, Daniel».
«Lo penso anch’io, mia cara. Arrendersi! Ti dirò io cosa significa arrendersi. Si rendono conto alla fine di non avere neanche una parvenza di giustizia, o anche solo una remota possibilità di ingiusto successo, nelle loro rivendicazioni. Che con tutta la disponibilità di denaro da spendere, proveniente dai tuoi beni, non possono comunque ottenere nulla; che i loro testimoni mendaci non verranno ad aiutarli; che non hanno un altro palmo di terreno su cui reggersi in piedi. Il loro grande legale, Sir William Patterson, non ha il coraggio di comparire in tribunale con un caso così falso e fraudolento. Alla fine i diritti di tua madre e i tuoi stanno per essere riconosciuti. A questo punto si girano e si rigirano, e pensano in quale altro modo si possa conquistare la posta in palio. Non è probabile che un nobile lord rinunci a una posta del genere. Al giovane viene fatto capire che non può ottenere tutto senza un qualche inconveniente e che deve avere a un tempo te e la ricchezza. Ecco come stanno le cose, e subito lui viene da te, chiedendoti di diventare sua moglie, così che in tal modo possa mettere le mani sulla ricchezza che ha cercato di rubarti».
«Daniel, non credo che lui sia così!».
«Ti dico che è esattamente così. Non è chiaro come il sole? Viene qui a parlarti d’amore una persona che non ti ha mai visto prima. È così che gli uomini amano?».
«Ma, Daniel, non ha parlato in questo modo».
«Mi meraviglia che sia stato così abile, visto che credevo fosse uno stupido. Ha parlato di rapporti tra cugini e tra fratelli, ma tuttavia ti ha fatto sapere che intende sposarti. Non è andata così?».
«Penso di sì, a dire il vero».
«Naturalmente è andata così. I fratelli sposano forse le sorelle? Se non fosse per il denaro, che deve diventare tuo, e al quale è così gentile da rinunciare, sarebbe venuto da te con i suoi buoni rapporti tra fratelli e tra cugini, e con il suo finto amore? Dimmi, milady! Può essere vero amore – senza nessuna precedente conoscenza?».
«Credo proprio di no».
«E non deve trattarsi allora di brama di ricchezza? Quella può nascere benissimo senza fondamento. È un amore che non richiede una lunga conoscenza prima di bruciare con forza autentica. Sarà un ragazzo dall’aria allegra, senza dubbio».
«Quanto all’aria allegra non saprei, ma è bello».
«Più che probabile, ragazza mia; con mani morbide e capelli arricciati, e un dolce profumo, e un colorito brillante, e un cuore falso. Non ho mai visto il ragazzo; ma posso rispondere della falsità del suo cuore».
«Io non credo che sia falso».
«Non falso! E tuttavia viene da te chiedendoti di diventare sua moglie, proprio nel momento in cui scopre che tu – la legittima proprietaria – stai per ottenere la fortuna di cui ha vanamente cercato di defraudarti! Non è così?».
«Non può aver torto a voler tener alta la gloria della famiglia».
«La gloria della famiglia – sì, la gloria del defunto lord, che viveva come se fosse un demonio liberato dall’inferno per la rovina dell’umanità! La gloria della famiglia! E come la manterrà? Alle corse dei cavalli, nelle sale di scommessa, tra donne di malaffare, con vini sontuosi, senza mai fare il minimo lavoro né per gli uomini né per Dio, consumando senza mai produrre, o del tutto ozioso o intento all’opera del demonio. Questa sarebbe la gloria della famiglia. Anna Lovel, dagli la possibilità di fare la sua scelta». A quel punto prese la mano di lei nella sua. «Chiedigli se è disposto a prendere questa mano anche senza ricchezza, o se preferisce tutto il patrimonio dei Lovel. Hai il mio permesso».
«E se scegliesse la mia mano che cosa dovrei fare?» lei chiese.
«Mia coraggiosa ragazza, no; anche se ci fosse solo una possibilità su mille a mio sfavore, non correrei il rischio. Ma sottopongo la cosa a te, alla tua ragione, perché tu giudichi i suoi motivi. È possibile che la sua mente non sia sordida e disonesta in quest’affare? Quanto a te, sei libera di scegliere».
«No, Daniel; non sono più libera».
«Sei libera di scegliere. Se mi dirai che desideri così intensamente diventare la sposa di un lord, che la verità e l’onestà e l’amore, e tutti i sentimenti degni che legano una donna a un uomo si possono gettare ai quattro venti, per far strada a una simile ambizione – io non dirò una parola. Sei libera».
«Ho chiesto la libertà?».
«No davvero! Se l’avessi fatto, sarei stato molto più breve».
«Allora perché mi tormenti dicendomi ciò?».
«Perché è mio dovere. Come posso sapere che egli viene qui a chiederti in moglie; come posso sentir dire da tutte le parti che questa lite familiare verrà appianata da un felice matrimonio in famiglia; come posso scoprire che tu stessa sei pronta ad amarlo come un cugino o un fratello – senza sentirmi costretto a parlare? Ci sono due uomini che ti vogliono sposare. Uno può fare di te una contessa; l’altro semplicemente la moglie di un onest’uomo e, se ciò è da ritenersi cadere in basso, renderti meno importante del titolo nobiliare che non vogliono permetterti di anteporre al tuo nome. Se io sono ancora la tua scelta, dammi la mano». Naturalmente lei gliela diede. «Così sia; e ora nulla mi farà paura». Allora lei gli disse che avevano deciso che andasse in visita a Yoxham; ma lui dichiarò ancora che nulla gli avrebbe fatto paura.
Il giorno seguente, di primo mattino, egli si recò dal signor Goffe, il procuratore, per sapere come stesse andando l’azione legale. Al signor Goffe non piaceva molto il sarto più anziano, ma per il più giovane provava una decisa antipatia. Non riusciva a essere proprio sgarbato con loro, perché sapeva tutto quel che avevano fatto per soccorrere la sua cliente; ma quando era possibile li evitava ed era molto parco nel fornirgli informazioni. In quell’occasione Daniel chiese se era vero che la parte avversa aveva abbandonato le sue rivendicazioni.
«Davvero, signor Thwaite, non posso dire che l’abbiano fatto», disse il signor Goffe.
«Potete dire che non l’hanno fatto?».
«No, neanche questo».
«Se fosse stato deciso qualcosa del genere, suppongo che voi l’avreste saputo, signor Goffe?».
«Davvero, signore, non saprei dire. Vi sono domande a cui un gentiluomo della professione non può rispondere, nemmeno ad amici quali siete stati voi e vostro padre. Quando verrà stabilita qualsivoglia effettiva assegnazione, la Contessa Lovel ne sarà, naturalmente, informata».
«Dovrebbe venirne informata subito», disse Daniel Thwaite severamente: «e così pure coloro che con lei sono stati interessati alla questione».
«So che vantate notevoli crediti nei confronti della contessa».
«Mio padre vanta crediti, che non la importuneranno mai, che vengano onorati o meno; ma è giusto che egli sappia la verità. Non credo che la contessa stessa la conosca, sebbene sia stata spinta a credere che le rivendicazioni sono state abbandonate».
Il signor Goffe era desolato, ma non aveva proprio nulla da aggiungere.