QUARANTADUE
I
Walters cercava di ammazzare il tempo con un film, ma non riusciva a concentrarsi su niente. Luke e Rachel erano come un pezzo di carne fra i denti, impossibile non pensarci fino a quando non se ne fosse sbarazzato. Sarebbero presto arrivati in Israele, e gli israeliani non erano certo famosi per lasciare atterrare gli aerei senza sapere esattamente chi c’era a bordo. E come avrebbero fatto sparire Luke e Rachel a quel punto?
Si diresse a prua, bussò alla porta di Croke ed entrò. Croke alzò lo sguardo da un qualche documento di lavoro, irritato. «Cosa c’è?», domandò.
«I nostri ospiti», disse Walters.
«Ti ho detto che mi sarei occupato di loro».
«Sì, ma se gli israeliani li trovano a bordo, noi…».
«Non li troveranno. Li faremo sparire prima».
«Come?».
Croke sospirò. «Non hai mai notato la nostra stiva? Possiamo depressurizzare in quota, scaricare roba; roba ben impacchettata e attaccata a un peso perché affondi e resti a fondo. Poi potremo pressurizzare di nuovo prima dell’atterraggio».
«Li scarichiamo in volo? Dove?»
«Tu dove credi?». La sua televisione era accesa su un canale all news, senza volume. Cambiò canale su una schermata che mostrava la loro posizione in volo e la rotta. Bastò un’occhiata per vedere che c’era solo un bacino d’acqua adatto allo scopo: il Mediterraneo. «L’Egeo non va bene», disse Croke. «Troppe isole. Troppe secche. Quindi dovremo aspettare di trovarci a sud-ovest di Cipro».
«E con Kohen?», chiese Walters. «Frignerà se i suoi amici spariscono».
«Non se ci sbarazziamo anche di lui».
«E con suo zio?»
«Non gliene fregherà un cazzo, vedrai. Gli interessa solo l’Arca. Una volta che la vedrà su suolo israeliano, farà la sua parte».
«È sicuro?»
«Sono sicuro».
Walters annuì. «Aspettiamo il Mediterraneo, allora».
II
Nathaniel sollevò la ruota posteriore destra del furgone per cambiare il pneumatico e dare così copertura ad Ana e Ruth che scaricavano i missili Predator e li trasportavano nel cimitero ebraico. Era un’operazione molto delicata, poiché un contingente della fanteria delle Forze di Difesa Israeliane stazionava nella Valle di Giosafat, abbastanza vicino perché Nathaniel e le due donne potessero ascoltare stralci di conversazione e risate, e vedere di tanto in tanto lo sfarfallio arancione di qualche sigaretta.
Nathaniel aveva tolto la suoneria al cellulare. Adesso vibrava. Il cuore sembrò quasi vibrare in sua risposta. Controllò il messaggio per sicurezza. Sì. Le mani iniziarono a sudargli appena si avvicinò alle due donne.
«È il momento?», domandò Ruth.
«È il momento», disse Nathaniel.
Le ultime generazioni di missili Predator integravano il GPS. Tutti e nove erano già stati montati, programmati e pronti a sparare. Ne imbracciarono uno ciascuno. La notte era chiara e luminosa, la biglia dorata della Cupola brillava. Solitamente la sua vista disgustava Nathaniel, lo disgustava vedere l’Islam dominare sull’ebraismo in quel modo; ma non questa notte.
Ana fece il conto alla rovescia con voce calma, pacata.
«Tre».
«Due».
«Uno».
«Fuoco».
Il rumore della tripla scarica fu abbastanza intenso. Il cimitero si accese di arancione e tre grossi missili volarono sorprendentemente lenti attraverso la valle. Loro non li guardarono, in ogni caso, ma gettarono a terra i gusci vuoti dei Predator, imbracciarono e spararono un altro missile ciascuno. Adesso lanciavano il terzo e ultimo gruppo. Sorprendentemente, tutti e nove i missili erano in volo prima che il primo avesse colpito.
L’elettricità per il Monte del Tempio veniva prodotta da due generatori sulla parete nord. Entrambi furono distrutti in un istante con la prima scarica. Tutto il Monte del Tempio si accese come un fuoco d’artificio in silenziose eruzioni. I riflettori puntati sulla Cupola sfarfallarono e poi si spensero. Solo in quel momento il triplo boato li raggiunse attraverso la valle. Per puro caso si sincronizzarono quasi perfettamente con l’impatto della seconda scarica. La Porta d’Oro sul Monte del Tempio era stata murata secoli prima. Quando la seconda tranche di missili la colpì, le enormi pietre tremarono eppure restarono al loro posto. Poi l’ultima scarica colpì e l’antica struttura collassò in una valanga di macerie che precipitarono sul cimitero arabo e sulla strada sottostante.
Le ultime esplosioni morivano lontane. Il rumore degli spari li raggiunse. Suonavano stranamente triviali al confronto. All’inizio furono alla cieca ma presto si aggiustarono sulla loro posizione. Si inginocchiarono e alzarono le mani sopra la testa. «Non sparate!», urlarono. «Ci arrendiamo! Ci arrendiamo!». Le loro voci affogarono nel tuono degli elicotteri. Nell’oscurità, i fari li accecarono. Si prepararono ai proiettili, ma i proiettili non arrivarono. I soldati sciamarono su per la collina e li gettarono faccia a terra. Legarono le loro mani dietro la schiena con delle fascette di plastica e li condussero giù dalla collina. Ma i tre sorridevano trionfanti mentre li seguivano. Avevano fatto la loro parte.
Era iniziata.