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CAMERON: ALLA DERIVA

La domenica mattina presto, diverse ore prima della tempesta magnetica sul lago Erie che lo trasformerà in una celebrità a livello globale, Cameron Ackerson è seduto nella sua camera da letto al numero 32 di Walker Row e sta preparando il suo piano per la giornata. Fissa il luminoso occhio verde della sua telecamera, beve un sorso della sua Faygo Red Pop e dice: «’fanculo il Triangolo delle Bermuda. Il più grande mistero della storia della navigazione è qui, per magia, proprio dietro casa mia».

Fa una breve pausa, beve un altro sorso dalla bottiglia, poi aggiunge: «Ehi, ‘per magia proprio dietro casa mia’. Sono un poeta e lo so, fratelli. Faccio sempre rime, e in modo sublime! Io sono… uh. Sono…»

Oh mio Dio, faccio schifo. Chi sono io? Il Re Imbecille della Montagna dei Dementi, ecco chi sono.

Fa un respiro profondo. «Okay, questo video è stupido. Molto stupido. Balbetto come un deficiente. Lo… cancello. Sì. Elimina elimina elimina elimina».

Mentre colpisce con furia la tastiera per cancellare il video, un’altra figura entra nell’inquadratura. Sua madre, con i capelli neri stretti intorno ai bigodini e un cesto della biancheria in mano, lo saluta dall’uscio.

«Oh, tesoro. Non cancellarlo. Le rime in modo sublime era davvero carino!» Cameron alza gli occhi al cielo. Anche se non è più un ragazzino (come le ha già ricordato tipo un milione di volte), alcune cose non sono cambiate, compreso il fatto che sua madre è il miglior sistema di allerta preventiva al mondo per evitare di morire di vergogna e autoumiliazione. Se lei pensa che qualcosa sia carino, è il caso di sbarazzarsene. Fa un altro respiro profondo e riavvia la registrazione.

«Ciao a tutti, sono Cameron e vi presento una piccola lezione di storia sul mistero marino più bello che abbiate mai sentito. Il Triangolo delle Bermuda? No, no. Il lago Erie».

Ecco. Questo va bene. Diamine, va più che bene: è eccellente.

«Cameron? Tesoro?» Sua madre torna nell’inquadratura, salutando di nuovo dalla porta. «Non dovresti dire ‘marino’. Non stai parlando dell’oceano, ma del lago Erie, che come sai non è…»

«Mamma! Per l’amor di Dio, potresti evitare?»

«Ehh, scusa tanto!» ridacchia lei, poi agita la mano rivolta alla telecamera e scompare nel corridoio. La faccia di Cameron sullo schermo è rossa come un peperone per l’imbarazzo. Vorrebbe cancellare anche quel video, ma è costretto suo malgrado ad ammettere che la scenetta è stata piuttosto divertente, e questo non fa che peggiorare le cose. La mamma fa sempre cose così, tipo il moonwalking sullo sfondo di una diretta, in accappatoio con i capelli tutti arruffati, o tenere in mano un cartello su cui ha scritto DITE A MIO FIGLIO DI PULIRE LA SUA STANZA, come se lui fosse in quinta elementare invece che in procinto di prendere il diploma alle superiori. Quella donna non conosce la vergogna… e, a essere sinceri, ottiene sempre più visualizzazioni e subscriber quando salta fuori facendo qualcosa di assurdo. Ma santo cielo, non dovrà mai saperlo. Chissà cosa si metterebbe a fare. Camminerebbe nuda davanti alla telecamera, probabilmente, e se lui protestasse direbbe: «Ma io voglio solo sostenerti!» E la cosa peggiore è che lo penserebbe sul serio. Per la mamma è tutta una questione di Sostegno. Quando Cameron era piccolo, si piazzava a bordocampo durante le partite di calcio, con un cartello e una maglietta personalizzata su cui c’era scritto FAN DI CAMERON #1. Se Cameron esprimeva il suo interesse nei confronti di qualcosa, tipo i pirati, o la magia, o la vita su Marte, lei prendeva un sacco di libri sull’argomento per leggerglieli prima di dormire, tutte le sere, fino a quando non avesse deciso di imparare qualcos’altro. Questo accadeva prima che succedesse tutto, quando papà era ancora con loro. Ora, è come se lei cercasse di sostenerlo con la forza di due genitori. Come se, impiegando tutta quell’energia per incoraggiarlo, potesse impedire a Cameron di accorgersi del vuoto enorme che ha preso il posto di suo padre. Naturalmente, ottiene l’effetto completamente opposto, ma pur di non dirglielo preferirebbe morire. Come preferirebbe morire piuttosto che mettere sua madre in imbarazzo davanti alla telecamera pur di ottenere qualche visualizzazione in più.

Finisce tutta la bottiglia di Faygo, rutta con discrezione e preme di nuovo il pulsante della registrazione.

«L’anno scorso, le segnalazioni di fenomeni elettromagnetici inspiegabili in questa zona del lago sono aumentate di dieci volte». Tocca la tastiera, e sullo schermo il suo viso viene sostituito da un grafico che ha creato precedentemente: una vista satellitare del lago Erie, con l’area di cui parla evidenziata da un cerchio luminoso e pulsante di energia elettrica. «Sono solo voci? Leggende metropolitane? Oppure qualcosa di strano sta effettivamente accadendo in questo mare chiuso?» Il grafico viene iconizzato in un angolo dello schermo, e la faccia di Cameron riappare. «Oggi mi dirigerò a Sunfish con la mia attrezzatura, per vedere cosa riesco a scoprire. Caricherò un video con gli highlight del percorso… a meno che non scompaia anche io, ahah. Comunque, se volete seguirmi in tempo reale, il livestream inizia alle due in punto, fuso orario della Costa orientale. Ahoy!»

Da dietro le spalle di Cameron, qualcuno con una voce profonda ridacchia e dice: «Ahoy? E dai. Sono arrivato giusto in tempo. Amico, odio dovertelo dire, ma devi avere la barba prima di poterti permettere di parlare come un pirata».

Cameron si volta. Dove un minuto prima si trovava sua madre, ora c’è un essere umano circa tre volte più grosso di lei, alto più di un metro e ottantacinque, con le spalle così massicce da occupare quasi tutta la larghezza dell’uscio.

«Ciao, Juaquo. Non sapevo che fossi qui» lo saluta, e poi non sa più cosa aggiungere. Il silenzio si prolunga fino a diventare imbarazzante, poi Juaquo sposta il peso da un piede all’altro con un’alzata di spalle e dice: «Tua madre mi ha chiesto di fermarmi al ritorno dal lavoro. Ha fatto quella cosa con le melanzane. Hai presente, no?»

«I rollatini?»

«Sì. Roba buona».

Cameron annuisce, poi cala di nuovo un silenzio imbarazzato, più pesante di prima. La verità inespressa fluttua nell’aria: mamma dà da mangiare al suo migliore amico perché Juaquo non ha una mamma tutta sua. Non più.

Prima che morisse, erano tutti e quattro una sola famiglia. Raquelle Ackerson e Milana Velasquez erano migliori amiche sin dalle superiori, quindi era scontato che anche i loro due figli diventassero migliori amici… e lo sono, anche se Juaquo, che ha due anni in più, di tanto in tanto metteva alla prova la loro amicizia, sedendosi sulla testa di Cameron e costringendolo a mangiare insetti. Ma è anche il suo alleato più feroce, il fratello maggiore acquisito che lo difende ogni volta che un ragazzo più grande attacca briga, che gli ha insegnato tutte le migliori parolacce e ha dormito da lui ogni fine settimana per tre mesi dopo che suo padre era scomparso, senza lamentarsi o prenderlo in giro quando Cameron si svegliava durante la notte piangendo.

E poi, sei mesi prima, tutto si è capovolto. La mamma di Juaquo si è ammalata di cancro, del tipo che sembra solo una brutta influenza e poi si rivela quando ormai è troppo tardi per fare qualsiasi cosa, tranne dire addio. Il giorno in cui Juaquo ha lasciato il college ed è volato a casa per prendersi cura di Milana, Cameron ha deciso che era il suo turno. Doveva stare da lui, tenergli la mano, raccogliere le sue lacrime. Sarebbe stato lì per Juaquo proprio come Juaquo era stato qui per lui.

Solo che Juaquo non l’aveva voluto. Quando Cameron lo aveva abbracciato si era irrigidito, ritraendosi invece di aprirsi, e Cameron, timoroso di fare un passo falso, da tempo ha smesso di spingerlo a parlarne. Cerca di dirsi che non è un comportamento da codardi e che sta facendo il bene del suo amico lasciandogli i suoi spazi; si ripete che la mamma è comunque più brava a gestire certe emozioni. A volte pensa che quella situazione non riguardi neppure Milana, che forse il distacco era destinato ad avvenire comunque. Lui e Juaquo sono sempre stati profondamente diversi. Forse destinati a prendere strade differenti. Tra un mese Cameron otterrà il diploma, e tra tre se ne andrà a studiare ingegneria nell’Ohio, mentre Juaquo farà… be’, quello che sta già facendo.

Cameron si schiarisce la voce. «Quindi lavori ancora al cantiere delle ferrovie?»

Juaquo annuisce.

«Ti… uhm, piace, vero?» gli chiede Cameron, e Juaquo gli lancia un’occhiata fulminante.

«Sì, è il massimo. Molto più divertente del college. Invece di studiare e andare alle feste con le strafighe delle confraternite californiane, trascorro nove ore al giorno attaccando treni ciuf ciuf ad altri treni ciuf ciuf, in rotazione con un gruppo di stronzi idioti che pensano che il mio nome sia ‘Guano’.».

Cameron guarda il tappeto. «Scusa».

«Va be’» dice Juaquo. Indica l’attrezzatura di Cameron. «Quindi stai ancora cercando di sfondare su YouTube, eh? Vuoi guadagnare tutti quei dollari facili da influencer, come Archer Philips?»

Cameron si stizzisce e pensa Archer Stronzodimerda Philips. Non ci crede che Juaquo sia arrivato a fare un paragone del genere. Il solo pensiero di quel pallone gonfiato gli fa annodare lo stomaco dal disgusto, risentimento e sì, okay, invidia. È così assurdo? Archer è stupido, meschino, affamato di attenzioni, e ha ottenuto un numero infinito di visualizzazioni in più rispetto a Cameron, solo con il suo ultimo video. È esasperante. Soprattutto perché i video di Cameron sono migliori, almeno negli aspetti che dovrebbero essere più importanti: originalità, valore della produzione, narrazione. Anche la sua tecnologia è decisamente migliore, dal sistema di navigazione a realtà aumentata fino all’impianto di stabilizzazione della telecamera, che va su e giù lungo l’albero dell’imbarcazione. Anche se si blocca ogni tre uscite, batte di gran lunga Philips e la sua stupida GoPro: riesce a fare riprese di percorso epiche senza nessuna di quelle schifezze da traballante cam amatoriale. Eppure, per qualche ragione, Cameron continua a languire in un oscuro limbo della rete, mentre il suo compagno di classe idiota raccoglie centinaia di migliaia di visualizzazioni e dollari dagli sponsor ogni volta che beve cibo per cani frullato davanti alla telecamera.

Ma le cose cambieranno. Devono cambiare. La gente merita contenuti migliori, si dice Cameron. Pensano che la gente voglia guardare solamente un ragazzo che infila mini würstel nelle orecchie della nonna mentre dorme, o che caga sulla ragazza invitata al ballo attraverso il tettuccio aperto della limousine (per poi vantarsi, in un video a parte, del fatto che i suoi genitori abbiano pagato perché nessuno sporgesse denuncia, cosa ancor più disgustosa e iniqua). E Cameron sarà l’unico a dare tutt’altro… forse anche oggi. Il nuovo video sarà qualcosa di speciale. Se lo sente. Gli inespugnabili segreti del lago Erie, con i suoi misteriosi naufragi, i piloti dispersi e le inspiegabili tempeste elettromagnetiche. Sarà lui a svelare tutto, e la storia che racconterà cambierà il mondo.

«Io non ho niente in comune con quello stronzo» dice Cameron, tornando alla tastiera. «Chiunque può cagare attraverso un tettuccio apribile, amico. Quello che sto facendo io è come il giornalismo d’inchiesta».

«Se lo dici tu».

Juaquo si stringe nelle spalle e si volta per andarsene. «A me sembrano tutti uguali».

* * *

Cameron aspetta che Juaquo si sia dileguato prima di scendere al piano inferiore, dove sua madre schiaffa un panino con la frittata sul bancone della cucina. «Hai visto Juaquo?»

Cameron dà un morso prima di rispondere, un ottimo modo per non doverlo fare. «Hm».

«Immagino che se ne sia andato. Vorrei che vedesse qualcuno, un terapeuta o… insomma, qualcuno. Non credo che gli faccia bene stare tutto solo in quella casa».

Cameron si riempie la bocca di sandwich. «Hm. Hm hm».

Sua madre sospira. «Sai, speravo che passassi un po’ di tempo con lui quest’estate. So che hai i tuoi progetti, e tante cose da fare, ma… ehi, e se lo portassi con te al lago, oggi? Voi due adorate stare insieme su quella barchetta».

Cameron deglutisce. «Barchetta è la parola chiave, mamma. Juaquo è grosso come un difensore della NFL, e io non sono esattamente mingherlino. C’è spazio a malapena per me e per l’attrezzatura».

Sua madre sembra un po’ sorpresa, ma poi sorride. «È vero. Immagino che voi ragazzi ai miei occhi sembriate sempre piccoli. Comunque, continuo a pensare che sarebbe meglio se ci fosse qualcuno con te…»

«Be’, io no» dice Cameron, spazientito. «E poi mi piace stare da solo».

«Lo diceva sempre anche tuo padre» commenta la mamma. Non sorride più. Impossibile negare che Cameron stia seguendo le orme del padre, ogni volta che va al lago. Giù per la strada, con le stesse file di tozze case di mattoni, i cortili separati da recinzioni a catena, dove alcuni disordinati cespugli di rose tardive si aggrappano ostinati alla vita. Oltre la chiesa diroccata all’angolo, dove i piccioni hanno fatto la loro seconda casa in un buco frastagliato nel tetto. Mentre guida, il profilo della città luccica placido nello specchietto retrovisore. All’uscita dal centro abitato, un cartellone lampeggia, pubblicizzando l’elenco autunnale degli eventi all’I-X Center, e poi i servizi di uno studio legale specializzato in danni alle persone. Il colore del paesaggio si schiarisce man mano che si avvicina all’acqua, nella zona in cui le grandi case di pietra che un tempo ospitavano le famiglie dei magnati e degli industriali della città si ergono, ricoperte di rampicanti e separate l’una dall’altra da un mare tremolante di erba ingiallita lasciata quasi tutta lì a sbriciolarsi. Mentre Cameron volta l’angolo, un vecchio dai capelli arruffati seduto sul lungo portico di una villa fatiscente gira la testa, osservandolo passare. Anche se è chiuso al sicuro nella sua auto, Cameron guarda istintivamente dritto davanti a sé, per evitare di stabilire un contatto visivo. Non ha mai interagito davvero con quell’uomo, che tutti chiamano ‘Barry il Suonato’. Cameron ha sentito un milione di storie su di lui, ma in tutte ha avvertito il distinto aroma delle cazzate. A seconda di chi ne parla, Barry è un eccentrico miliardario, un vampiro immortale o il Killer dello Zodiaco, o forse tutti e tre contemporaneamente. È un informatore dell’FBI in fuga dalla malavita, o uno scienziato pazzo in fuga dall’FBI. È un maniaco sessuale così famoso che non gli è permesso di vivere a meno di cinquecento metri da bambini, gatti, o qualsiasi ristorante che abbia la zuppa nel menù. In realtà non crede a nessuna delle cose che si dicono su Barry: ha ragioni solo sue per sentirsi a disagio quando si avvicina a quel vecchio.

Stando a quanto aveva detto la polizia, Barry il Suonato era stata l’ultima persona a vedere William Ackerson prima della sua scomparsa.

Il padre di Cameron doveva aver guidato lungo lo stesso percorso fino alle banchine, dieci anni prima, la mattina presto, proprio al sorgere del sole. Non c’erano molte persone sveglie che potessero vederlo passare, ma Barry lo era. Quando il giorno dopo la polizia bussò alla sua porta, disse agli agenti che sì, aveva intravisto il furgoncino di William che passava davanti casa sua, svoltando a destra per prendere la strada che portava al lago. No, non credeva che ci fosse qualcun altro nel furgone a parte il guidatore. No, quel giorno non aveva visto né sentito niente di strano.

Per i poliziotti, Barry aveva solo confermato ciò che già sapevano: il padre di Cameron era andato al molo usando il solito tragitto, aveva parcheggiato il furgone al solito posto, aveva sganciato la sua barca dal solito attracco ed era partito per quella che, come aveva detto a sua moglie, avrebbe dovuto essere una giornata intera di pesca solitaria. A seconda della persona a cui lo chiedevi, si trattava di un progetto sensato, o di un modo per sfidare la sorte: nel momento in cui la madre di Cameron si era preoccupata al punto di chiamare la polizia e denunciare la scomparsa del marito, erano trascorse quasi diciotto ore da quando qualcuno l’aveva visto, e ne sarebbero passate altre sei prima che ci fosse abbastanza luce per riuscire a far partire sul serio le ricerche. Nessuno ebbe il coraggio di dirlo in quel momento, ma a quel punto le probabilità di trovare William Ackerson vivo erano minime, nella migliore delle ipotesi.

E invece non fu mai trovato.

Disperso in mare: è così che Cameron lo descrive sempre nella sua mente, anche se il lago non è un oceano, e anche se c’erano indizi sospetti che suo padre avesse programmato di fare ben altro che una battuta di pesca solitaria, quel giorno: un borsone pieno di vestiti non fu mai ritrovato, e il conto in banca era stato svuotato. Cameron aveva sentito cosa si diceva in giro. La storia la sa. Un tempo, William Ackerson era stato un uomo con grandi sogni e possibilità ancora più grandi: un pioniere della giungla che era Internet agli albori. Tra i primi a usufruirne, come ideatore di un’azienda digitale chiamata Whiz. All’inizio, era solo una sorta di laboratorio a cui si dedicavano William e il suo socio Wesley Park, un tizio barbuto e occhialuto che aveva abbandonato il MIT, ma entro il 2000 era sbocciato, trasformandosi in un’utopia piena di entusiasti fruitori della rete, che erano entrati con gli occhi spalancati nel glorioso universo online, dove tutto era nuovo, scintillante e pieno di potenziale ancora inutilizzato. Gli investitori si fiondarono a riempirli di soldi: Whiz superò tutte le aziende locali e diventò la più grande fonte di occupazione della città, e neppure l’allontanamento di Park, dopo un chiacchierato litigio a proposito della proprietà di un software, riuscì a far cadere William Ackerson dalla vetta del suo impero.

Fu invece l’improvviso scoppio della bolla delle dot-com a farlo: William finì sommerso dai debiti e dall’oblio lo stesso anno in cui venne al mondo suo figlio. Cameron era troppo piccolo per ricordare i momenti più brutti, le continue chiamate dei creditori infuriati o il frettoloso trasloco da una verde enclave di periferia all’angusta casa in rovina di Walker Row. E naturalmente doveva ancora nascere, durante i momenti belli. Aveva conosciuto suo padre quando aveva già perso tutto, e la sua amarezza era superata solo dalla disperata volontà di risalire la china.

Fu allora che arrivarono i pettegolezzi: secondo le voci che giravano, quello che una volta era stato il re di Whiz era caduto nelle sordide profondità del lato oscuro della rete. Furti d’identità, truffe con carte di credito, giochi d’azzardo online, persino ricatti: le notizie che Cameron aveva scovato non ne parlavano in modo diretto, ma qualcosa si poteva leggere tra le righe. Un blogger locale aveva addirittura fatto circolare una teoria secondo la quale William Ackerson aveva fatto affari con la gente sbagliata ed era stato assassinato e poi gettato nella parte più profonda del lago da alcuni membri della malavita perché sapeva troppo su… una certa cosa. La mamma era scoppiata a ridere quando Cameron le aveva chiesto notizie al riguardo, ma il suo era stato una specie di rozzo latrato che non conteneva alcuna ironia.

«Mi dispiace, tesoro» sospirò. «In un certo senso, sarebbe più facile se si trattasse di una cosa del genere, perché avremmo almeno qualcuno da incolpare. Ma la verità è che tuo padre pensava di squagliarsela da anni. Non riusciva a gestire le conseguenze di quello che gli era successo, non riusciva a trovare un modo per essere felice con quanto ci era rimasto, perché non era quello che voleva. Parlava in continuazione di andare via. Sono stata una sciocca a pensare che fossero solo chiacchiere, e che non l’avrebbe mai fatto».

Quel discorso poteva avere un senso per la mamma, ma non per Cameron. Se papà se n’era andato davvero di sua spontanea volontà, dov’era finito? La barca non era mai stata trovata, e neppure il corpo. Nessuno aveva mai usato il suo numero di previdenza sociale per cercare un lavoro o chiedere una carta di credito, nessuno che corrispondesse alla sua descrizione era mai stato catturato dalle telecamere, mentre correva alla fermata dell’autobus o passava la dogana all’aeroporto, diretto verso una nuova vita. Non c’era nulla nella sua cronologia di Internet, nessuna ricerca a partire da parole chiave rivelatrici come ‘ricominciare in Messico’ o ‘come simulare la propria morte’. E nessuno, dai suoi genitori alla sua ex fidanzata, dai suoi compagni di bevute al suo ex collaboratore Wesley Park, aveva più avuto sue notizie. Non una mail, non una cartolina, e neanche una richiesta di amicizia da un account Facebook creato con uno pseudonimo.

E non era così che funzionavano certe cose. Giusto? Se suo padre era ancora lì fuori da qualche parte, a rifarsi una vita, avrebbero trovato una sorta di impronta digitale, del tipo che nemmeno un genio della tecnologia come William Ackerson avrebbe potuto cancellare del tutto. Non puoi nasconderti da Internet. Le persone non svaniscono e basta. Qualcosa di strano doveva essere successo, lì al lago.

Non che conti qualcosa, pensa Cameron, con una furiosa belligeranza che in realtà non prova davvero. Se scopro la verità su quello che è successo a mio padre mentre divento famoso, sarà solo un extra. Un bonus. Non gli interesserebbe neppure, a meno che non renda tutta la storia più interessante. La gente ama quando la butti sul personale, quando viene fuori un trauma. Questo è il solo motivo per cui ci sta pensando. Forse inserirà nel suo prossimo riepilogo persino alcuni vecchi filmati di suo padre, per toccare un po’ le corde del cuore degli spettatori.

Sistema il Sunfish e salpa, mentre un vento leggero ma costante gonfia la vela e la città pian piano svanisce alle sue spalle. Abbassa la visiera di navigazione e aggrotta le sopracciglia: la scritta digitale lo rassicura che davanti a lui non c’è altro che il cielo terso e un vento regolare. Niente di insolito, e il suo livestream è attivo e funzionante, ma il conteggio degli spettatori è ostinatamente a zero: no, aspetta, uno. Uno spettatore. Sua mamma, probabilmente. Se non altro, è una giornata bellissima per andare sul lago. Fa un saluto spavaldo alla telecamera montata a prua, poi utilizza il sistema di localizzazione sull’albero della barca per seguire un gabbiano che volteggia sopra la sua testa.

«Ahoy!» dice. «Bene, eccoci qui. Sono sul lago Erie in cerca di guai, ma tutto ciò che ho trovato finora è questo gabbiano. Continuate a guardare, però! Potrebbe accadere di tutto. Forse mi cagherà addosso».

Dio, speriamo che non mi caghi addosso.

Poi ricorda il numero delle visualizzazioni dell’ultimo video di Archer Philips e pensa: Okay, forse spero che lo faccia.

Non si rende conto che tutto sta per cambiare.

Non si rende conto che sta cambiando già.

Cameron Ackerson – l’avventuroso pirata dei Grandi Laghi, aspirante influencer di YouTube e, soprattutto, essere umano come gli altri – sta per trascorrere l’ultimo giorno normale della sua vita.