Capitolo trentasei
Quando Theo confermò loro che Bryony aveva confessato, Adam si prese la testa tra le mani. Rowan chiuse gli occhi e si lasciò invadere dal sollievo. Grazie al cielo.
«Come sospettava, signorina Winter», spiegò il sergente Grange, «la ragazza aveva intuito che Marianne provava qualcosa per Cory. Anzi, lo sapeva, perché li aveva sentiti parlare al telefono quella mattina. Quando più tardi, quel giorno, sono salite sul tetto per guardare la neve, lei ha affrontato Marianne, che ha detto di non poter negare. A quanto pare, pensava che non fosse giusto».
Sul divano accanto a Rowan, Adam si lasciò sfuggire un sospiro disperato.
«Quindi Bryony l’ha spinta?», chiese Rowan.
«Non è così semplice… Bisogna tenere presente che Marianne soffriva di vertigini. Avevi ragione anche sul fatto che fosse un particolare importante». Theo accennò col capo a Rowan.
«Sua sorella stava cercando di impedire a Bryony di buttarsi, signor Glass», disse il sergente Grange.
Adam alzò la testa. «Che cosa?»
«Bryony ha detto che, quando Marianne ha ammesso i suoi sentimenti per Cory, lei si è sentita disperata. Voleva bene a sua sorella e sapeva che sarebbe stato un duro colpo per il signor Greenwood».
«Ha detto che voleva far cambiare idea a Marianne». Rowan rimase sorpresa dalla gentilezza nella voce di Theo. Si aspettava una nota di trionfo, il piacere del cacciatore al colpo di grazia, invece non ce n’era traccia. «Se Marianne avesse capito quanto era importante, ha detto la ragazza, se fosse riuscita a farglielo capire…».
«Quindi Bryony si è avvicinata al bordo del tetto», proseguì Grange, «e ha detto a sua sorella che si sarebbe buttata se li avesse abbandonati. Marianne le si è avvicinata, ha cercato di tirarla indietro…».
«È scivolata?», domandò Adam, con un tono supplichevole che non sfuggì a Rowan.
Ma Theo scosse la testa. «Lo speravamo anche noi». Lanciò un’occhiata a Grange, che annuì. «No. Quando Marianne ha fatto per afferrarla e tirarla indietro, Bryony ha perso le staffe. Come potete immaginare, quando abbiamo parlato con lei era sconvolta, ci vorrà del tempo per avere un quadro completo, ma in pratica, a quanto abbiamo capito per ora, c’è stata una lotta, una specie di tira e molla durante il quale Bryony non ci ha più visto e l’ha spinta giù dal tetto».
La storia li colpì come pioggia radioattiva e, per diversi secondi, calò il silenzio. Il primo a parlare fu Adam. «James lo sapeva?»
«Sì», rispose Theo. «Bryony gliel’ha detto non appena l’ha visto il giorno dopo. Lui aveva passato la notte a Londra dopo una cena fino a tarda ora con un collezionista indiano. Per questo la ragazza era qui. A quanto pare, veniva sempre quando lui non c’era; non le piaceva stare a casa da sola di notte».
«Accuserete anche lui? Di favoreggiamento o di aver ostacolato il corso della giustizia?»
«Dobbiamo ancora deciderlo».
«Ovviamente la nostra opinione è irrilevante», ribatté Adam, «ma se può contare qualcosa, so di parlare anche a nome di mia madre nel dire che noi non lo vorremmo, che James fosse accusato di qualcosa. Non potremmo mai biasimarlo per aver cercato di proteggere sua figlia».
«Theo, e Cory?», s’informò Rowan con espressione attentamente composta.
«In realtà», disse Theo, «pensiamo che Bryony non c’entri con lui. Non sappiamo ancora nulla per certo, ma lei ci ha detto che non ne sa niente e resterei davvero sorpreso se stesse mentendo. Com’è ovvio, esamineremo tutto con estrema attenzione, senza prendere niente per buono ma, innanzitutto, lei ha ammesso il coinvolgimento nella morte di sua sorella, Adam, e poi, a essere sinceri, in quanto detective, dopo un po’ si sviluppa un certo istinto per queste cose. Nove volte su dieci, anche di più, se penso che qualcuno stia dicendo la verità, poi salta fuori che è così». Guardò Rowan. «E viceversa».
Attenta a non farsi vedere da Adam, Rowan rispose all’occhiata con espressione impassibile.
«Bisogna stare attenti con le spiegazioni ovvie», disse Theo. «È il modo più facile per commettere degli errori».
«E poi», intervenne il sergente Grange, «non abbiamo ancora il rapporto del patologo, quindi non sappiamo ancora se si tratti di qualcosa di illegale oppure no».
«Grazie», disse Adam mentre accompagnava di nuovo alla porta i poliziotti. «Per essere venuti a dircelo di persona. E per essere stati così… gentili. Ve ne sono grato».
Con grande sorpresa di Rowan, Theo poggiò una mano sul braccio di Adam, un gesto che le ricordò Jacqueline, il modo in cui accarezzava le braccia in segno di incoraggiamento e consolazione. «Nessun problema», disse.
«Vi terremo aggiornati non appena scopriremo qualcosa», aggiunse Grange, uscendo sul patio.
Theo si tastò le tasche della giacca, come per assicurarsi di avere il telefono o le chiavi della macchina. «Bene», disse, in apparenza soddisfatto. «Ci sentiamo presto. Prima di andare però, devo chiedervi una cosa rapida: da quanto state insieme voi due?».
Colto alla sprovvista, Adam guardò prima lui e poi Rowan. «Come mai ce lo chiede?».
Theo si strinse nelle spalle, per minimizzare. «Semplice curiosità. Quando ci siamo visti pochi giorni fa, Rowan, non mi avevi detto di avere una relazione».
«Be’, forse allora non l’avevamo», ribatté Adam, confuso. «Ci siamo incontrati anni fa, quindi ci conosciamo da molto tempo, ma questa… questa piega romantica, non so se possiamo già usare la parola relazione, è nuova. Una questione di giorni».