Capitolo venticinque

L’ospedale privato era nascosto in fondo a un piccolo complesso industriale. Da davanti sembrava un palazzo di uffici esclusivi, per nulla simile a una clinica di lusso, il che per Nikki era perfetto.

Mickey, ora conosciuto come Jonas (per la sua band preferita) Lincoln (la sua squadra di calcio), si trovava in una piccola stanza singola al primo piano. Nel vedere Joseph, i suoi occhi s’illuminarono. Poi un’espressione imbronciata si fece strada sul suo volto quando notò che il suo eroe non era venuto da solo.

«Ciao, campione! Come va il dolore?»

«Bene, credo», borbottò il ragazzino. «Lei chi è?»

«Ehi, bel modo di parlare al mio capo!». L’uomo gli sorrise, poi si chinò e gli bisbigliò qualcosa all’orecchio. Dopo un paio di secondi, Mickey rivolse a Nikki un sorriso poco convinto, e Joseph proseguì: «D’accordo, ricominciamo da zero, va bene? Permettimi di presentarti l’ispettore Nikki Galena. Capo, lui è Jonas Lincoln».

«Ciao, Jonas. Ti piace la tua nuova stanza?»

«Ha la TV con un sacco di canali, guardi». Lui premette il pulsante di un dispositivo e lo schermo sfrecciò da un programma all’altro.

«Mmm, roba buona, e mi dicono che si mangia anche alla grande», disse Nikki, odiando i convenevoli, e desiderando disperatamente di passare oltre e cominciare a torchiarlo.

«Penso di sì», disse il bambino in tono triste. «Ma per me ha tutto un gusto strano. Il dottore dice che ho mandato giù tantissimo sangue».

«Passerà e presto potrai goderti tutto quello che vuoi, vedrai», disse Joseph con un sorriso. «Ora, te la senti di rispondere a qualche domanda per noi?»

«Sono un po’ stanco». Chiuse gli occhi e sbatté le palpebre un paio di volte per fare scena.

«Allora togliamocele in fretta, così potrai riposare», disse Nikki. «Il mio sergente dice che sei un ragazzino molto sveglio, e mi stavo chiedendo se magari sapevi qualcosa su una persona, una persona che nessun altro sembra conoscere».

Mickey si sollevò sul cuscino e la guardò sospettoso. Il complimento l’aveva colpito, ma si stava di certo domandando di chi poteva trattarsi.

«Mai sentito parlare di Frankie Doyle?».

Lui non ebbe neanche bisogno di riflettere sulla risposta. «Non mi piace!».

«La conosci?»

«Ho visto Marcus che ci parlava, e… Ehi, avete trovato Marcus? Sta bene?»

«Mi spiace, campione, non possiamo darti ancora nessuna notizia». Joseph sembrò rammaricato, poi si voltò verso Nikki e, facendole l’occhiolino, disse: «Vede, signora, gliel’avevo detto che dovevamo chiedere a lui! Il nostro Jonas non si lascia sfuggire niente! Quindi, hai davvero incontrato questa Frankie Doyle?».

Alle sue parole di elogio Mickey-Jonas s’inorgoglì visivamente. «La conosco abbastanza da girarle al largo, e quelli che ci hanno a che fare dicono che non è a posto».

«Non è a posto in che senso?»

«Nella testa, intendo». Lui si mosse, scomodo, e si strinse le costole danneggiate. «Non ho voglia di parlare di lei».

«Ti ha mai fatto del male, Mickey?», chiese Nikki.

«Non mi chiami così! Io mi chiamo Jonas! L’ha detto il sergente Joe».

«Mi dispiace, Jonas, ma devo sapere di lei. Vive vicino a te?»

«No. Si è trasferita, ma adesso gira di nuovo dalle mie parti».

Nikki ebbe la netta sensazione che il bambino avesse avuto qualche tipo di contatto con Frankie, a un certo punto della sua giovane vita, e che lei non gli avesse fatto proprio una buona impressione. «Gira insieme a Fluke?»

«Forse, ma non li ho mai visti insieme». Lui guardò Joseph con aria implorante. «Sono davvero stanco, sergente Joe. Possiamo lasciar perdere, per favore?»

«Certo. Un’ultima domanda e poi ce ne andiamo. L’hai vista con qualcuno in particolare?».

Il ragazzino scosse la testa. «No. Nessuno. Ma dicono che si è messa con uno spacciatore. Qualcuno di fuori città. È tutto quello che so. Lo giuro».

«Va bene, Jonas, vecchio mio. Riposati un po’, più tardi passo a vedere come stai. D’accordo?».

Mentre uscivano, Nikki parlò brevemente ai due agenti di guardia, poi percorse il corridoio in direzione degli ascensori. Dietro di sé sentì il rumorio mutevole di una dozzina di diversi canali televisivi.

«Oh, mio Dio!». Afferrò il braccio di Joseph, orripilata. «E se vedesse la notizia della morte di Marcus?»

«Va tutto bene». Joseph le toccò la mano con fare rassicurante. «Ci ho già pensato io. Ho sintonizzato il televisore su canali specifici, cartoni, film e cose per ragazzi. È tutto prepagato, quindi l’ho impostato io stesso. Non avrà nessuna sorpresa sgradevole da quel particolare televisore».

Nikki si rilassò, e lui ritrasse la mano.

«Oh, bene. Cosa gli ha bisbigliato esattamente quando siamo entrati?»

«Oh, sì! Gli ho detto che lei era un vero pezzo grosso, e che se non facevo colpo su di lei rischiavo che mi rispedisse a Fenchester». Le rivolse un sorriso colpevole. «Gli ho detto di farmi fare bella figura, o ero finito».

«Mmm, parole verissime, sergente Joe. Forse dovrebbe tenerlo a mente per il futuro».

Al loro ritorno trovarono il cortile della centrale pieno zeppo di veicoli, e Nikki dovette guidare con grande attenzione tra la folla di agenti e volontari.

«Che c’è, altri rinforzi? Sembra un caos organizzato!», disse Joseph sorpreso.

«Il commissario ha detto che ci avrebbero mandato aiuti dalle altre forze di polizia». Lei si guardò intorno nel mare di divise. «Almeno potranno estendere la ricerca di Kerry oltre i villaggi delle paludi».

«Era ora», commentò Joseph in tono solenne. «Questo è il quarto giorno, se non la troviamo presto ci toccherà cercare un cadavere, non una sopravvissuta».

Si fecero strada fino alla relativa pace del Dipartimento di Investigazione Criminale, dove s’imbatterono in una sconsolata Cat.

«Gli agenti che sono andati a ispezionare la mia possibile fabbrica di maschere l’hanno trovata completamente ripulita, signora. Era senza dubbio il posto giusto: hanno trovato qualche pezzetto di gomma e delle maschere rovinate, ma la pista finisce lì, temo». Abbassò lo sguardo sul pavimento, chiaramente arrabbiata con se stessa. «Era stata distrutta. Tutti i macchinari, gli stampi e i materiali di base erano spariti. Se mi fossi svegliata un po’ prima, avremmo potuto beccarli».

«Hai fatto meglio di molti altri, agente. Non fartene una colpa». Nikki la fissò pensierosa. «Presumo pagassero l’affitto in contanti, e con un nome falso».

«Esatto. E se la sono filata con quasi tutto».

«Nessuno li ha visti andare via? Nessuno potrebbe identificare i veicoli?».

Cat sospirò. «No, e quell’area è loschissima, niente video-
camere, niente servizi di sicurezza. Sono scomparsi nella notte. È come se non fossero mai esistiti».

«Su col morale. Hai fatto del tuo meglio», disse Nikki. «Su cosa stai lavorando, adesso?»

«Sto aiutando Dave a ricostruire i movimenti di Lisa Jane con le telecamere a circuito chiuso».

«Bene. Per ora resta su quello».

Mentre Cat usciva, Nikki fu all’improvviso colpita da un pensiero spaventoso, un pensiero che le fece girare la testa.

«Qualcosa non va, signora?». Joseph la fissò.

Per un momento lei non poté fare altro che guardarlo, poi disse: «Non sono sicura. Vada a prendere da bere per entrambi, se le va. Ho appena avuto un’idea, e mi farebbe comodo una bella dose di caffeina che mi aiuti a elaborarla».

Nel frattempo che Joseph andava alla macchinetta del caffè, Nikki staccò con cura dalla parete una grossa cartina di Greenborough, la portò nel suo ufficio e la appese dove potesse essere ben visibile.

Joseph posò le tazze sulla scrivania e le lanciò uno sguardo perplesso, ma rimase in silenzio.

Sempre nel tentativo di riorganizzare i pensieri, Nikki prese dal cassetto una scatolina di puntine colorate, e iniziò a conficcarle in vari punti della cartina.

«Ci pensi, Joseph, e mi dica cosa le viene in mente. Uno, la fabbrica delle maschere chiude. Due, entrambi i distributori delle maschere vengono eliminati. Quindi?»

«Hanno finito con loro. Non gli servono più. Hanno ottenuto qualunque cosa si fossero ripromessi di fare, oppure hanno rinunciato per qualche motivo». Fece una pausa. «E non penso che sia la seconda».

«Neanche io». Lei lo fissò con un’espressione inflessibile. «E sono abbastanza sicura che abbiano fatto esattamente quello che avevano in programma».

«Ovvero?»

«Si è risposto da solo mentre entravamo nel parcheggio. Caos. Caos organizzato, ha detto».

Joseph la fissò senza capire.

«E se…». Nikki si massaggiò con forza le tempie con indice e medio e cercò di concentrarsi. «E se tutta questa maledetta follia fosse soltanto una cortina di fumo per nascondere qualcos’altro? Qualcosa di più grosso!». Iniziò a camminare per la stanza, e di colpo sentì che anche gli altri pezzi iniziavano a incastrarsi. «Oh, mio Dio!». Fissò la cartina. «Come ho fatto a non vederlo prima!».

«Che cosa?», pretese di sapere Joseph. «Cosa diavolo ha visto? E cosa potrebbe esserci di più grosso di omicidi multipli e rapimenti?».

Nikki afferrò un’altra manciata di puntine colorate. «Dove pensiamo che Lisa Jane abbia incontrato il suo assassino?». Ne infilzò una nella mappa. «Da qualche parte vicino a questa zona, giusto? Ora», non attese risposta, «abbiamo l’università, qui». Un’altra puntina. «Kerry è partita a piedi da qui, ed è stata avvicinata alla marina, nel punto in cui hanno trovato il suo cellulare». Una puntina rossa. «Il corpo di Lisa Jane è stato lasciato in un fienile quaggiù». Conficcò una puntina azzurra in un punto vicino alla costa. «E tutte queste puntine che ho già messo mostrano l’elenco che Mickey ci ha fatto dei posti dove dovevano consegnare le maschere e i luoghi specifici in cui andavano a ritirarle». Fece un respiro profondo e indicò la mappa. «Nota qualcosa, Joseph?».

Per un momento, lui corrugò la fronte e fissò senza battere ciglio la cartina costellata di puntine. Poi sgranò gli occhi, la bocca a formare una O muta.

«Esatto». Lei cerchiò lentamente con il dito l’unica zona rimasta priva di puntine. «Il porto! L’unico posto di Greenborough che non sia pieno zeppo di piedipiatti, o pattugliato notte e giorno da criminali vendicativi. Qualcosa sta per succedere al porto!».

Joseph crollò su una sedia. «Non ci posso credere! Intende dire che tutti questi crimini, i combattimenti tra le gang, la Guerra delle Maschere, gli assassini… Tutto orchestrato solo per tenerci impegnati a girare in tondo e strapparci i capelli?». Impallidì. «Santo cielo! Anche il rapimento di Kerry Anderson?»

«Cosa c’è di meglio di una ragazza scomparsa per tenere occupati tutti gli uomini e le donne della polizia? E anche i nostri nemici naturali, i Leonard, si ritrovano in preda allo scompiglio mentre danno la caccia all’assassino di una dei loro. Come diceva lei, caos totale!». Prese il suo caffè, e lo bevve d’un fiato. «E un’altra cosa». Raccolse il rapporto di Joseph sulle sue conversazioni con Mickey e lo sfogliò rapidamente. «Ora so perché hanno tentato di uccidere il ragazzino!».

Trovò quello che stava cercando, poi lanciò il fascicolo sulla scrivania. «Ci avrei scommesso! Mickey Smith stava vendendo le maschere a suo cugino, che vive qui». Piantò un dito sulla cartina. «È un piccolo quartiere di villette, esattamente al confine della zona del porto».

Joseph gonfiò le guance. «Per quello erano così specifici riguardo a dove distribuire le maschere! E per questo hanno scelto il Carborough! Quel dannato posto si trova dalla parte opposta di Greenborough, nel punto più lontano dal porto». Si chinò in avanti, la testa tra le mani. «E Mickey, quello scemotto, stava introducendo le maschere proprio nella zona che doveva restarne priva».

«E dove ci sono le maschere, ci sono i poliziotti, quindi rischiava di mandare a monte tutti i loro piani». Lei fece una smorfia. «Ci credo che Fluke ha perso le staffe. Vedeva l’intera operazione che andava dritta alla malora».

«E l’intera operazione sarebbe…?»

«Droga». Nikki quasi lo sussurrò. Nel suo mondo, si tornava sempre lì. «Senta, devo andare a parlare con il commissario. Nel frattempo, ha degli amici al CID di Peterborough? Qualcuno che sia bene informato, e di cui si fidi anche senza riserve?»

Joseph rifletté un istante. «Sì, ce l’ho. Cosa vuole che chieda?»

«Quello che si dice in città. Voci di una consegna imminente, probabilmente cocaina. Una grossa, e intendo grossa sul serio. Per prendersi tutto quel disturbo, dev’essere gigantesca».

Joseph saltò in piedi. «Ci penso io, signora».

Con la testa che ancora vorticava, Nikki salì di corsa nell’ufficio del commissario e gli disse tutto quello che sospettava.

«Potrebbe chiamare il suo amico, quello nella Polizia Metropolitana, signore? In passato mi ha già aiutato una volta con informazioni relative a una grossa rete di spaccio».

Ancora non aveva finito di parlare che Rick Bainbridge stava alzando il telefono per chiedere di essere messo in contatto con Londra. Cinque minuti dopo, tornò a posizionare accuratamente la cornetta sul dispositivo, e la guardò dritto in faccia.

«Sembra che tu avessi ragione, Nikki Galena! La squadra antidroga sotto copertura ha sentito che nei prossimi giorni arriverà sul mercato un grosso quantitativo di cocaina. Solo, non hanno idea di dove o come entrerà». Si passò una mano tra i capelli grigio ferro e scosse la testa. «Intendi davvero dire che tutta questa… questa carneficina è una distrazione?»

«Sì, signore. Cosa ci costringerebbe a concentrarci più di un’indagine per omicidio? Cosa ci porterebbe a esaurire le forze più di cercare una ragazza scomparsa?»

«E cosa occuperebbe i nostri uomini restanti più del tentativo di reprimere una guerra tra bande? Com’era il detto? Divide et impera?»

«Be’, signore, ci hanno diviso, ma che il cielo mi fulmini se ci conquisteranno!». Il cervello di Nikki stava accelerando il ritmo. «La consegna dev’essere imminente, no? Hanno smesso di fabbricare le maschere, e fatto fuori i distributori». Le s’illuminarono gli occhi. «Ma non sanno che abbiamo scoperto cosa stanno architettando, e questo ci offre un vantaggio, signore! Dobbiamo contattare la dogana e le autorità portuali, per sapere quali sono le navi che attraccheranno al porto di Greenborough».

«E li faremo accogliere da un gruppo di benvenuto numeroso e molto ben armato». Il commissario sembrava aver perso di colpo alcuni degli anni accumulati nei giorni precedenti. «Lo farò subito, e coinvolgerò la Squadra Speciale Antidroga, hanno un protocollo per gestire situazioni così grosse».

«La gang che ha organizzato il tutto dev’essere convinta che sarà una passeggiata».

«Be’, grazie a te, sarà tutta un’altra storia». Rick Bainbridge le sorrise calorosamente. «Ben fatto, Nikki. Se mettiamo a segno questa, avrai il posto assicurato finché non vorrai andare in pensione!».

«O solo finché non darò fastidio a qualcun altro, signore. Ma grazie, apprezzo davvero il sostegno che mi ha dato di recente. So di essere stata una vera spina nel fianco». Si alzò di scatto. «Ma questo può aspettare, Kerry Anderson è ancora da qualche parte là fuori, e io devo trovarla».

«Un’ultima cosa, Nikki. Ogni cooperazione con Archie Leonard finisce qui. So che tieni a lui, per ragioni che non voglio conoscere, ma questa potrebbe essere la più grossa operazione antidroga del secolo e, che ci piaccia o no, i Leonard sono dei criminali. Non possiamo permetterci il minimo passo falso e parlare con lui rappresenta un rischio inaccettabile. Capisci la mia posizione?».

Nikki annuì. «Mi trovo bene con lui, ma sono uno sbirro al cento percento, e non sono stupida. Anche se», aggiunse, «sono convinta che sia stato usato tanto quanto noi».

«Da questo Fluke?».

Lei scrollò le spalle. «Fluke potrebbe non esistere nean-
che, signore, ma c’è qualcuno appostato nell’ombra, e quando lo troveremo, sono pronta a scommettere che ci sarà Frankie Doyle abbarbicata al suo braccio come un’edera». Un sorriso gelido le torse gli angoli della bocca. «Il che sarebbe una specie di bonus, per me. C’è una persona che mi piacerebbe molto presentarle».

Il commissario parve disorientato, ma lei si limitò ad allargare il sorriso. «Scusi, signore. Una cosa privata tra me e il professor Rory Wilkinson».