Capitolo nove
«Quei poveri genitori. Cosa si deve provare a sapere che tuo figlio è scomparso». Niall scosse la testa, poi scattò di colpo in avanti. «Ehi! Vonnie! Guarda lì!».
Yvonne Collins guardò, poi sterzò bruscamente nella corsia opposta per imboccare una strada laterale che portava al quartiere del Carborough. «Piccoli bastardi! Chiedi aiuto via radio per quella donna. È illesa, quindi io seguo i ragazzini che l’hanno aggredita!».
«Premi sull’acceleratore, Von. Tra qualche centinaio di metri inizia il labirinto di vicoli e non li prenderemo mai più!». Niall si aggrappò al cruscotto mentre Yvonne accelerava.
«Cosa cacchio pensi che stia facendo?», borbottò lei, evitando abilmente un bidone della spazzatura rovesciato. «Cristo! Questi ragazzi di strada sono sempre peggio! In pieno giorno con un’auto della polizia in bella vista, fregano una borsetta e se la svignano su delle moto del cazzo».
Niall riferì in fretta la loro posizione e cosa era accaduto, poi spense la radio. «Qualcuno sta andando dalla vittima». Gonfiò le guance. «Anche se non potrà dare nessuna descrizione. Indossano quelle dannate maschere, vero?»
«Oh, sì, guarda!».
Di fronte a loro, intento a svoltare con la moto per entrare in un vicoletto, un giovane mascherato stava fissando con sfida l’auto della polizia, e alzava un dito medio nel consueto saluto.
«Troppo tardi», imprecò Niall. «Ormai non lo troveremo mai più».
«Non ci contare». Yvonne schiacciò a tavoletta l’acceleratore e tirò dritto oltre il vicolo. «È possibile che stiano andando verso gli appartamenti, e quei vicoli comunicanti danno tutti su Fisher Street. Potrei sbagliarmi, ma vale la pena provare».
«Attacca la sirena, prima di ammazzare qualcuno!».
«Giusto, così informiamo metà quartiere del nostro arrivo. Col cazzo». Yvonne svoltò in un angolo con fare esperto. «E non ho intenzione di ammazzare nessuno. Sempre che non metta le mani su quegli stronzetti, ecco». Raddrizzò la schiena e l’auto balzò in avanti.
«Se solo riuscissi a raggiungere il campo giochi prima di loro, potremmo…». Yvonne s’interruppe, e frenò bruscamente. «Oh, diavolo! Guarda un po’ lì!».
Di fronte a loro c’era una grande distesa di cemento, usata in via ufficiosa come parcheggio, ma in quel momento non c’erano auto, soltanto ragazzi. Due gang che si fronteggiavano quasi fossero tribù in guerra, tutti con brutte facce e pose aggressive. Tra i due gruppi c’era poca differenza per quanto riguardava età e atteggiamenti, l’unica cosa che li distingueva era che una delle gang indossava le maschere.
Niall era già alla radio quando finirono le provocazioni e iniziarono i pugni.
«Di’ che ci servono rinforzi!», urlò Yvonne, preparandosi a saltare fuori dall’auto. «Io intanto farò quello che posso».
«No!». La voce di Niall le esplose nell’orecchio. «Non questa volta, Vonnie. Sono d’accordissimo a intrometterci, ma guardali! Lì fuori qualcuno si farà male sul serio, e preferirei che non fossimo noi».
«Dobbiamo provare». Yvonne aprì la portiera. «Proprio per quello che hai appena detto: qualcuno si farà male, e dobbiamo cercare di impedirlo».
«Oh, merda! La prossima volta che ci offriamo volontari per uno straordinario, ricordami di questo, d’accordo?». Niall spalancò lo sportello per seguirla. «Almeno tu hai una voce che si farebbe sentire anche dall’altra parte dell’Humber Bridge».
Insieme si gettarono nella mischia e iniziarono ad allontanare dal branco alcuni dei delinquenti meno determinati, e all’arrivo di altre due auto della polizia era ormai rimasto soltanto il nucleo infervorato di una decina di ragazzini. Ragazzini brutali con una nebbia rossa davanti agli occhi, che non si sarebbero arresi per niente e per nessuno.
«Lasciali alla cavalleria!», urlò Niall, mentre staccava con uno strattone un giovane magrissimo dalla schiena di un altro. «Abbiamo fatto la nostra parte, e sembra che metà della centrale sia venuta a ripulire».
«Sì», ansimò Yvonne, spingendo un altro ragazzo verso l’auto. «Forse hai ragione!». Volanti e camionette si stavano riversando nel quartiere, e gli adolescenti riottosi stavano scappando in ogni direzione. «Accidenti! Sono arrivati anche la vecchia Nick e il santo Joe. Cosa diavolo hai detto che stava succedendo, qui?».
Niall sogghignò. «Mmm, sembra che potrei avere un po’ esagerato». Tirò il ragazzo scheletrico verso di sé. «Cos’è successo? Non dirmi che stavate litigando per quelle dannate maschere?»
«Fanculo! Io con quello non c’entro niente. Cioè, ci sono tipo finito dentro per sbaglio». Il ragazzo si passò una manica sporca sul labbro macchiato di sangue.
«Davvero?», disse Niall. «E io che pensavo fossi stato tu a saltare addosso a quell’altro brutto ragazzetto lì!». Guardò Yvonne. «Come posso essermi sbagliato tanto? Giurerei di aver visto questo povero innocente che colpiva quell’altro con un tirapugni!».
«Quale, il tirapugni che si è appena infilato nei jeans?»
«Proprio quello». Niall afferrò saldamente il ragazzo, gli estrasse dalla tasca l’arnese in questione e lo spinse verso l’auto. «Tu vieni con noi, amico».
Mentre l’adolescente avanzava di un passo, qualcosa gli scivolò da sotto la giacca e cadde sul marciapiede.
Yvonne raccolse la maschera con disgusto. «È tua?».
Il ragazzo si divincolò per liberarsi dalla stretta ferrea di Niall e, quando non ci riuscì, le lanciò uno sguardo malevolo. «Ridammela, piedipiatti!».
«Mi spiace, tesoro. Anche se è molto più adatta a te che a me, penso che la terrò io. Ora, sali in auto! C’è una bella cella comoda in commissariato, tutta per te!».
«È tutto contro di me, adesso?». Nikki era furiosa. «Perché diavolo hai dovuto fare questa strada per arrivare alla cazzo di università proprio non lo capisco».
«Non sono di qui», disse Joseph in tono ragionevole. «È l’unica strada che ricordo. E non potevamo ignorare la richiesta di assistenza, giusto?». Senza quasi alcuno sforzo, trasportò di peso due ragazzini verso un furgone della polizia fermo in attesa.
«Questo lo so!». Nikki schivò un oggetto volante, poi atterrò un ragazzo grosso il doppio di lei e gli rimase sopra in ginocchio finché un agente in divisa non lo tirò su e gli mise le manette. «Ma il tempismo fa schifo!».
Joseph aveva appena lasciato la presa sui due che aveva in custodia e stava tornando verso di lei, quando Nikki lo sentì urlare: «Signora! Laggiù!».
Lei ruotò su se stessa e vide un ragazzo strappare una maschera dal volto di un altro, per poi girarsi e scappare dalla rissa. L’altro rimase fermo, urlò e cadde a terra, con il sangue che gli si allargava lentamente sulla maglietta.
«Cristo! È stato accoltellato! Qualcuno chiami un paramedico!».
Non fece in tempo a raggiungerlo che un paio di agenti la precedettero. «I soccorsi stanno arrivando!», urlò qualcuno, e Nikki si voltò per vedere Joseph che scattava dietro a due ragazzi, uno dei quali aveva ancora con sé la maschera rubata.
«Oh, merda! Quello stupido si farà uccidere!». Imprecò sottovoce, poi lo inseguì.
I due ragazzi scapparono in un vicolo stretto, uno dei loro soliti percorsi di fuga, ma lo trovarono ostruito da un camion delle consegne. Bloccati lì senza altre vie d’uscita, furono raggiunti in pochi secondi.
«Vieni qui, stronzetto!». Nikki si gettò contro il più basso, quello che aveva rubato la maschera, e lo sbatté brutalmente contro la porta di un garage. I polmoni del ragazzino si svuotarono in un rantolo rumoroso, e con un bel colpo secco lei gli chiuse le manette intorno ai polsi. Con prudenza, gli mise la mano in tasca ed estrasse un coltello a serramanico dalla lama insanguinata. «Oh, sei proprio fregato».
Tenendolo saldamente, si girò e vide Joseph che sollevava il ragazzo più alto per il bavero, tirandolo su dal canale di scolo.
«Anche tu, raggio di sole», disse allegro.
Lei espirò rumorosamente. «Riportiamo questi due teppisti al furgone, poi…».
Non fece in tempo a finire che sentì un grugnito e, quando si voltò, vide Joseph rovesciare il ragazzo in una strana posizione che gli bloccava le braccia tese, immobilizzandolo del tutto. Prima che potesse dire qualunque cosa, lo sentì bisbigliare: «Al prossimo movimento in direzione della tasca, ti svegli con entrambe le spalle dislocate e le braccia pronte per il gesso, capito?».
Il ragazzo sgranò gli occhi a dismisura, ma non poté fare altro che gemere.
Con assoluta sorpresa di Nikki, Joseph si mosse alla velocità della luce e trasferì la stretta da una mano all’altra, senza perdere neanche per un microsecondo la presa o ridurre la morsa d’acciaio delle sue dita. Fece poi scivolare la mano libera nella tasca della giacca e la ritrasse, stringendo una lama dall’aria pericolosa.
Nikki rimase a bocca aperta. «Scommetto che quella mossa non l’ha imparata al catechismo!».
Joseph alzò la testa di scatto e, per un istante, a lei non piacque per nulla l’espressione che gli balenò sul volto. Poi, altrettanto rapidamente, questa si trasformò in uno sguardo di rimprovero. «Pensavo che avessimo un patto».
«Scusi, scusi. Era solo un’osservazione! Non ho mai visto insegnare niente di simile alla scuola di addestramento della polizia, e non è neanche il genere di cosa che impari rimettendo a posto gli ubriaconi il venerdì sera».
Joseph rimase in silenzio, poi, spingendo il ragazzo terrorizzato di fronte a sé, si avviò di nuovo lungo il vicolo.
Nikki lo seguì, continuando a chiedersi cosa avesse appena visto. Lei era una dura. Non risparmiava i colpi, e aveva rischiato fin troppo spesso di passare il segno, ma quello era tutto un altro livello. Il punto non era soltanto la mossa poco ortodossa, ma la velocità, non solo quella con cui aveva agito, ma anche quella con cui aveva valutato la situazione.
Senza dubbio, il sergente Joseph Easter aveva molti talenti nascosti. Nikki ricordò lo strano sguardo gelido che le aveva rivolto, e rabbrividì.