Capitolo quattordici
Dopo aver visto il commissario, Nikki decise che doveva fare un’altra visita a Barnby Eaudyke, e a Kris Brown.
Mentre lei guidava, Joseph fissò dal finestrino i chilometri di campi aperti e pianeggianti ai margini della palude.
«Le piace davvero questo posto?», chiese.
«È casa mia. Lo amo», rispose Nikki.
Joseph annuì. «Immagino che vedere l’intera volta celeste abbia i suoi lati positivi, ma non lo trova un filino…», cercò la parola giusta, «opprimente?».
Nikki scrollò le spalle e ridusse con delicatezza la velocità nelle vicinanze di un ponte a schiena d’asino sopra un canale. «Qui fuori puoi respirare. Quando ero un’agente in prova e mi capitava un brutto turno, andavo alla marina, stavo un po’ da sola e mi schiarivo le idee. So perfettamente perché alla giovane Kerry piace andare lì».
«O perché le piaceva. La sua ultima uscita potrebbe essere stato un errore notevole, se non fatale».
Nikki fece un respiro profondo. «Partiamo dal presupposto che, in assenza di un corpo, sia ancora viva, d’accordo?»
«Voglio credere che sia così, è solo che il tempo passa e…».
«Non c’è bisogno di proseguire. So benissimo che abbiamo le ore contate, e anche quali sono le statistiche riguardo ai giovani scomparsi». Strinse i denti, poi disse: «Mi chiedo se Kris Brown conosca Lisa Jane Leonard».
«Improbabile. Non vedo cosa potrebbe trovarci una giovane modella bellissima in uno sfigato solitario e scheletrico, che passa le notti con un telescopio, e lei?»
«Potrebbe esserci una debole connessione».
Joseph socchiuse gli occhi. «Mi dica».
«Frankie Doyle». Nikki scoprì che anche solo pronunciare il nome era difficile. «Lisa Jane la conosceva, hanno la stessa età, e Archie ci ha detto che quando erano piccole vivevano abbastanza vicine. Kerry la conosceva. I suoi genitori hanno detto che hanno frequentato la stessa scuola. Ergo, anche Kris potrebbe conoscerla».
«Ma questo non significa che Kris debba conoscere anche Lisa Jane».
Nikki storse la bocca. «L’ho detto che era debole». Prima che Joseph potesse rispondere, la radio si accese con un crepitio e sentirono il suo codice identificativo. «Ispettore Galena. Passo».
«Signora. Sono il sergente Jack Conway. Qual è la sua posizione, per favore?»
«Siltmarsh Lane, direzione Barnby Eaudyke».
«Abbiamo ricevuto una chiamata dal proprietario dell’Amber Drove Farmhouse. Sostiene di aver trovato il corpo di una donna IC11 in uno dei suoi fienili. Può occuparsene lei?».
Nikki s’irrigidì. «Stiamo andando, sergente. Arrivo stimato due minuti». Schiacciò l’acceleratore al massimo.
L’Amber Drove Farmhouse era un’imponente costruzione di pietra con una serie di enormi fienili e numerose serre e rustici annessi. L’intero posto era organizzato in modo meticoloso e puzzava di ricchezza tramandata da generazioni.
Mentre Nikki parcheggiava vicino a una stalla, il proprietario uscì in fretta per andare loro incontro. Scendendo dall’auto, lei notò il volto pallido di una donna, probabilmente la moglie, che li fissava da una finestra del pianterreno. A giudicare dalla sua espressione, il ritrovamento di cadaveri non faceva parte delle attività di campagna programmate per il martedì pomeriggio.
Nikki mostrò subito il distintivo e fece delle brevissime presentazioni.
L’agricoltore era un uomo imponente, dalle spalle larghe e il volto rubicondo. «Sono Nigel Grieves. Dio, avete fatto in fretta! Vi ho chiamato solo pochi minuti fa!».
«Questa zona è già stata controllata dalle squadre di ricerca?», chiese Nikki.
«No, anche se ieri mi hanno chiamato per chiedermi di guardare in tutti i miei rustici. Cosa che ho fatto, ma in qualche modo mi sono dimenticato del fienile più basso. Ormai ha soltanto la struttura esterna, ed è così fuori mano che l’ho lasciato per ultimo, ma poi mi sono distratto». L’uomo apparve mortificato. «Mi spiace, ma mandare avanti tutto questo può essere molto impegnativo».
«Quindi la ragazza dov’è, signor Grieves? Può portarci da lei?»
«Certo. Da questa parte, ispettore». L’uomo si avviò verso la stalla. «Sa andare su uno di questi?». Indicò due quad parcheggiati al limite del campo.
«Nessun problema», disse Joseph.
«Allora prenda quello, e ci segua». Lui saltò sul primo quad e lo mise in moto. «Spero non le dispiaccia viaggiare sul sellino posteriore, ispettore». Diede una pacca sul sellino. «Ma è il modo più veloce di arrivare laggiù».
«Laggiù dove?», urlò Nikki per sovrastare il frastuono del motore.
«Il campo inferiore. Vicino al canale dell’Amber Fen. Come ho detto, è solo il rudere di un vecchio fienile, e mi sto preparando a demolirlo».
Nikki avrebbe voluto chiedergli di descrivere la ragazza, ma due motori su di giri significavano che le sarebbe toccato aspettare e vedere di persona.
Nigel Grieves controllò che fosse pronta, poi accelerò lungo lo stretto sentiero che attraversava i campi.
Joseph fece girare la moto e, con considerevole abilità, li raggiunse.
Impiegarono forse soltanto tre minuti, ma la strada era accidentata e irregolare e, mentre si reggeva torvamente, Nikki si domandò se sarebbero mai arrivati a destinazione. Alla fine il contorno sinistro e fatiscente di un grosso fienile si fece più vicino, e lei iniziò a preoccuparsi.
Si trattava di Kerry Anderson, o Lisa Jane, o forse di un’altra ragazza, una di cui non erano neanche a conoscenza? Chiunque fosse, Nikki non moriva dalla voglia di addentrarsi nelle tenebre e trovare una giovane morta. Deglutì a fatica. Dopo tutto ciò che era successo in passato, le sarebbe servita ogni briciola di forza soltanto per entrare lì dentro e, quando la moto si fermò, quel senso di preoccupazione profonda si trasformò in paura.
Sul vasto paesaggio calò il silenzio. In lontananza poteva vedere il Wash, scintillante e splendente. Una brezza leggera le sfiorò la pelle, e lei fissò il vecchio fenile decrepito. Quell’edificio disgustoso e cadente non era adatto a essere il luogo dell’estremo riposo di una ragazza giovane e incantevole, chiunque essa fosse.
«È verso il fondo. Distesa su alcune vecchie balle di fieno». La voce di Nigel Grieves aveva un tono cupo. «Preferirei non dover entrare di nuovo, se non è un problema. Non sono un codardo, sia chiaro, ma ho anch’io dei figli e…».
Joseph si chinò in avanti e gli strinse una spalla. «D’ora in avanti ci penseremo noi, signore. Non c’è bisogno che veda più di quello che ha già visto». Gli rivolse una sorta di sorriso serio e poi aggiunse: «Le andrebbe di tornare alla fattoria e aspettare i nostri colleghi? Questo posto è molto isolato e penso che ci metteranno tra i quindici e i venti minuti per arrivare dalla città». Si guardò intorno. «Presumo che non ci sia un altro modo di arrivare quaggiù».
L’uomo scosse la testa. «No. La marina devia verso la costa a circa un chilometro e mezzo da qui. La strada che abbiamo fatto noi è l’unica, temo. E per arrivare fin qui non basta neanche un normale veicolo, serve qualcosa che vada fuori strada».
«Lei torni indietro, signore. Li contatteremo via radio e faremo arrivare un 4x4».
«Usate pure qualcuno dei veicoli della fattoria». Nigel Grieves risalì sul quad. «Ehi, c’è una cosa che non ho detto». Fece una pausa e li guardò, improvvisamente incerto.
«E quale sarebbe, signore?». Nikki stava ricevendo delle pessime vibrazioni.
«Quando ho chiamato, non ho potuto descriverla, perché ha addosso una qualche orribile maschera. Mi ha lasciato di ghiaccio, vi avverto. Ho capito che era una giovane donna soltanto dai vestiti e dalla corporatura».
«D’accordo», disse Joseph in tono greve. «Adesso vada, signore».
Grieves non se lo fece ripetere due volte e ripartì sulla moto, alzando la terra con gli pneumatici spessi, e senza neanche guardarsi indietro. Era più che felice di allontanarsi dal rudere di quel fienile e da tutto ciò che nascondeva.
Nikki desiderò di poter fare lo stesso. Poi riprese il controllo. Evitarlo era impossibile. S’infilò un paio di guanti.
«Forza, sergente. Facciamola finita». Cominciò ad avanzare, consapevole di apparire molto più decisa di quanto fosse realmente.
I loro occhi ebbero bisogno di un paio d’istanti per abituarsi all’oscurità del vecchio edificio. Il pavimento era cosparso di detriti, e dovettero procedere con cautela tra scatoloni fatti a pezzi, montagne di ortaggi a radice in decomposizione e mucchietti di escrementi di uccello.
«Stia attenta a dove mette i piedi». Joseph l’aveva superata, e la sua voce aveva assunto una sfumatura di comando. «Ci sono pezzi di vecchi macchinari agricoli, qui. Una punta o una lama scoperta potrebbero tranciarle di netto la caviglia».
È di nuovo in ricognizione, pensò Nikki, e di colpo fu felice di averlo con sé.
Sottili raggi di luce attraversavano il fienile, dove il sole si faceva strada tra le fessure delle pareti marce e crepate. Particelle di polvere galleggiavano all’interno, dando all’intero luogo un aspetto strano e surreale.
Mentre avanzavano con precauzione, l’odore delle verdure decomposte e del legno ammuffito si trasformò in qualcosa di diverso, qualcosa di molto più sgradevole.
Nikki rischiò di vomitare. Era un odore a cui non si sarebbe mai abituata. Lanciò un’occhiata a Joseph, ma come un automa lui stava ancora avanzando, il volto scolpito nella roccia. Lei sospirò. Sebbene apparisse mite e gentile, Joseph era evidentemente abituato alla morte violenta.
«È qui», disse in tono sommesso.
Nikki rabbrividì. Non sapeva bene come avrebbe fatto ad affrontarla, ma aveva la netta sensazione che non se la sarebbe cavata bene. Era tutto troppo familiare. La toccava sul vivo.
«Chi è?», sussurrò. Il corpo di Joseph si trovava ancora tra lei e la ragazza morta.
«Impossibile dirlo. È come ha detto il contadino, ha in faccia una di quelle maschere maledette».
«Kerry portava degli scarponi da trekking». Nikki si fece più vicina, ma non riuscì comunque a costringersi a guardare il corpo della ragazza. Poi vide due piedi nudi e bianchi, con le dita rigide, che sporgevano dalla balla di fieno marcio. Oh, santo cielo! Povera bambina!
«Dobbiamo toglierle quella maschera disgustosa», disse Joseph.
«No», scattò lei. «Comprometteremmo la scena del crimine. Dovranno fotografarla».
La voce di Joseph era calma. «Signora, dobbiamo sapere chi è. Prenderò tutte le precauzioni». Tirò fuori dalla tasca una grande busta per le prove.
Aveva ragione. «Allora lo faccia, sergente».
Nikki avrebbe voluto soltanto scappare via, ma sapeva che quella era una cosa che doveva affrontare. Così serrò la mascella e indossò a sua volta una maschera; la facciata professionale. Con lo stomaco stretto dall’ansia, fece un passo in avanti e iniziò a valutare clinicamente la situazione.
La ragazza, vestita soltanto di una gonna blu corta e una T-shirt sottile con maniche ad aletta, era distesa sulla schiena sopra due balle di fieno sul punto di sfaldarsi. L’orribile maschera da topo le nascondeva il volto e, a giudicare dalle chiazze di decolorazione sulla pelle, era morta da un po’. Nikki aveva visto un buon numero di morti innaturali e ipotizzò che fossero passati forse un paio di giorni. Non c’era nessuna causa di morte evidente.
«D’accordo. Pronta?». Joseph si era spostato con cautela dietro il quadro grottesco, e con dita guantate si preparava a togliere la maschera.
«Lo faccia e basta», borbottò lei.
Con un abile gesto, il sergente iniziò a rivoltare la maschera e, nel farlo, sulle spalle della ragazza si riversò delicatamente una cascata di capelli castani.
Nikki tentò di soffocarlo, ma dalle sue labbra appena socchiuse sfuggì un gemito basso. E in quel momento fu sbalzata nel passato e si ritrovò di nuovo in una cantina schifosa, a cullare una ragazza morente tra le braccia. «Oh, no! Per favore, no!». Fece un passo indietro, quasi inciampando nella fretta di andarsene. Sapeva che il suo respiro stava diventando irregolare e la testa le girava. Poi il cuore iniziò a martellare contro le costole e capì subito cosa stava succedendo. Erano anni che non aveva un attacco di panico vero e proprio, e la sua intensità era terrificante.
«Respiri! Andiamo, ispettore! Mi guardi e respiri con me».
Joseph era di fronte a lei, la teneva per le spalle e pretendeva che lo guardasse. Il suo volto appariva stranamente distorto, ma lei sentì la sua voce echeggiare come se fossero sott’acqua, e cercò di fare quello che chiedeva.
«Non ci riesco!». Un rumore fragoroso le riempì la testa e il suo petto si contrasse.
«Sì, invece! Si concentri su di me! Adesso, dentro e fuori. Lentamente, con calma, può farcela. Dentro e fuori».
Dopo un po’, la sua lotta disperata per prendere fiato iniziò a placarsi, ma ancora non riusciva a concentrarsi a fondo o a parlargli.
«Va bene, va bene. Non è Hannah. Ha capito, Nikki? Non è Hannah».
Hannah? A cosa si riferiva? Lei si lasciò cadere su uno scatolone, e cercò di comprendere. Di cosa stava parlando? «Cosa…?», ansimò, sempre cercando di controllare il respiro. «Che diavolo… ne sa lei… di Hannah?»
«L’ho vista. L’ho vista insieme a lei, all’ospedale».
Nonostante il disagio, lei notò che suonava molto infelice nell’ammetterlo.
«Non l’ho detto, perché volevo rispettare la sua privacy. Al lavoro nessuno ha accennato al fatto che lei ha una figlia malata, perciò ho dedotto che non lo sapessero».
La rabbia l’attraversò, bruciante, poi d’improvviso si spense e fu sostituita da un sollievo catartico. Lei lo fissò, poi sospirò. «Non stavo pensando ad Hannah. Era un’altra ragazza. La sua morte è stata…». S’interruppe. Non parlava mai della morte di Emily Drennan. «Uno spreco intollerabile».
Joseph si sedette accanto a lei e, senza il minimo imbarazzo, le posò fermamente un braccio intorno alle spalle. «Un vecchio caso? Brutto?»
«Il peggiore».
«Ce n’è sempre uno che fa a pezzi il tuo mondo».
Nikki annuì, intontita, poi ebbe un pensiero tristissimo. Era irrilevante rispetto al caso, ma non riusciva a ricordare l’ultima volta che qualcuno l’aveva abbracciata. Nell’occhio le si formò una lacrima, e lei tirò su con il naso per trattenerla. Quando aveva avuto degli attacchi in passato, e subito dopo la morte di Emily ce n’erano stati diversi, erano sempre stati seguiti da un periodo di depressione nera. Non durava a lungo, ma in quell’arco di tempo era innaturalmente aggressiva e preferiva essere lasciata sola. Quel giorno era diverso. Si sentiva solo nauseata, stanca e vulnerabile. Ma non c’era tempo per quelle cose. Si raddrizzò. «Dovremmo contattare la centrale. Comunicare…».
«Non ancora. Si prenda un attimo per calmarsi prima del loro arrivo, d’accordo? Sono già in marcia, e questo posto è troppo isolato». Lui si fermò un momento, poi disse: «La ragazza morta? È Lisa Jane Leonard, vero? Ho visto la piccola cicatrice sotto l’orecchio».
Nikki annuì. «Archie e la sua famiglia saranno distrutti».
«Tutte le famiglie sono distrutte a un certo punto, no?». Il braccio delicato rimase sulle sue spalle e la sua mano la strinse in modo rassicurante. «Da quanto tempo è in coma, Hannah?»
«Non è in coma», rispose Nikki. Parlare di sé le sembrava strano. Talmente strano che non sapeva quasi come fare. «Lo era, ma adesso può respirare da sola». Abbassò lo sguardo. «Ma è l’unica cosa che riesce a fare. È in quello che definiscono stato vegetativo persistente».
Joseph gonfiò le guance. «Caspita, da quanto?»
«Undici mesi».
Lui si voltò verso di lei e il suo sguardo era pieno di sincera ammirazione. «Come diavolo ha fatto a resistere?»
«Non faccio altro che quello, Joseph». Lei gli rivolse un sorriso triste. «Resisto. Resisto e basta. Non vivo, non mi godo niente. Esisto, lavoro e tiro avanti. Devo farlo, perché un giorno riavrò indietro mia figlia».
«Spero sia così, davvero». Una tristezza terribile si fece strada sul suo bel viso. «Perché io sono certo che non rivedrò mai più la mia».
«Ha una figlia?», chiese lei incredula. In qualche modo, non aveva mai pensato che potesse avere una famiglia.
«Ce l’avevo. È da qualche parte all’estero con la madre. Non la vedo da sei anni».
Una strana quiete calò su entrambi, mentre si perdevano in una sorta di fantasticheria personale e pensavano alle loro figlie perdute.
Dopo un po’, Nikki disse: «Immagino che non ci sia nulla che possiamo fare per Lisa Jane, ormai, non senza contaminare qualcosa. Faremmo meglio a telefonare in centrale e sentire quanto ci vorrà prima che la scientifica riesca ad arrivare. Questo non è più un caso di persone scomparse. È omicidio».
«Lo faccio io, signora?», chiese Joseph.
Nikki sgusciò via dal suo braccio con notevole riluttanza e si alzò. «È tutto a posto, adesso, sergente, grazie. E un po’ d’aria fresca mi farà bene».
«Farà bene a tutti e due».
Insieme tornarono indietro uscendo in un sole acquoso, e Nikki aprì il telefono e riferì cosa avevano scoperto. «Calcolano ancora più o meno cinque minuti, poi dovranno attraversare tutti i campi, certo». Guardò la distesa pianeggiante di terreni agricoli. «Mi chiedo perché l’assassino abbia scelto questo posto».
Joseph si appoggiò al quad e scosse il capo. «E come ha fatto a portarla fin qui senza farsi vedere da Nigel Grieves o da qualcuno della sua famiglia o dei suoi lavoratori?»
«Sono quasi sicura che lui, o loro forse, abbia usato il canale». Nikki indicò lo stretto corso d’acqua che scorreva vicino al fienile. «Con la pioggia estiva che abbiamo avuto negli ultimi tempi, potresti arrivare facilmente fin qui con una piccola imbarcazione».
Joseph attraversò il campo fino al margine del canale. «Penso che lei abbia ragione. La sponda è piuttosto calpestata. Quelli della scientifica potrebbero trovare qualcosa».
«Speriamo». Nikki si sedette su un pilastrino di pietra che un tempo aveva forse fatto parte di un muro, e sollevò lo sguardo sul sergente. «Perché non vede sua figlia da così tanto tempo?»
«Perché mi odia». Lui salì sul quad e si accomodò sulla sella. «Be’, in realtà odia la persona che ero, ma Tamsin si rifiuta di credere che quell’uomo sia morto e sepolto».
«E quell’uomo chi era?»
«Un soldato. Un membro altamente qualificato delle forze speciali. Qualcuno che per lavoro uccideva le persone». Le lanciò uno sguardo rassegnato. «Quindi non posso biasimarla per avermi disconosciuto, no?»
«I soldati non uccidono per divertimento».
«Se mai dovesse incontrare Tamsin, magari potrebbe dirglielo». Si grattò la testa. «Ma a essere onesti, capisco il suo punto di vista». Fece una risata priva di divertimento. «Sa come sono certi giovani di oggi, pieni di passione e determinazione: vogliono salvare le balene, gli orsi polari, le foreste tropicali, il pianeta! Tamsin ha passato l’infanzia a collezionare animali abbandonati e curare ali rotte. Per lei, ogni vita è sacra. Il lavoro di suo padre non era in sintonia con la sua idea di cosa rende buona una persona».
«Perciò ha rinunciato alla carriera per il bene di sua figlia?»
«No». Joseph scosse il capo tristemente. «Come lei, ho avuto una brutta missione».
Nikki lo osservò, la testa inclinata su un lato. La sua curiosità naturale voleva saperne di più, ma proprio lei sapeva quando non era il caso di insistere.
«Diciamo solo che abbiamo ricevuto delle informazioni errate. Alcune persone sono morte. Le persone sbagliate». Lui rabbrividì. «Dopo, ho gettato il mio fucile d’assalto nel fiume e detto al mio comandante che andavo a casa, per sempre. Sapeva di aver fatto una cazzata, e non ha mai tentato di fermarmi. Mi hanno dato un congedo d’onore. Che assurdità!».
«E poi è entrato in polizia?»
«Non per un bel pezzo. Sapevo di avere dei problemi, così sono partito. Ho viaggiato, poi ho passato un anno in un ashram, e alla fine la guarigione è iniziata». Le sorrise. «La prego di non raccontarlo in sala comune, ma non sono mai stato religioso. Ho solo passato molto tempo ad ascoltare persone che conducevano un’esistenza realmente spirituale, e adesso riesco ad abbracciare le cose belle della vita, e cerco di perdonare quelle brutte».
«Oh, vorrei che fosse così semplice, Joseph! Non penso che potrei mai perdonare alcune delle persone cattive che ho incrociato nella mia vita». Nikki chiuse gli occhi e rivide lo sguardo perfido di Frankie Doyle che luccicava malevolo di fronte a lei. «No, mai».
Joseph le rivolse una lunga occhiata. «Non ho mai detto che fosse semplice. Un giorno potrebbe sorprendersi di ciò di cui è capace». Sorrise di nuovo. «Ma ora come ora, vedo che sta arrivando la cavalleria».
Nikki si alzò. Dalla parte opposta dei campi, due Land Rover stavano smuovendo il terreno fertile mentre avanzavano verso di loro. Lei tornò a osservare il suo sergente. In qualche modo, intuiva che non c’era bisogno di chiedergli di mantenere il silenzio sul suo attacco di panico.
Per un momento rimase solo lì a fissarlo. Per la prima volta in molto tempo, l’ispettore Nikki Galena si fidava davvero di qualcuno.
1 Codice con cui la polizia britannica definisce il tipo razziale europeo bianco.