Capitolo sette
«Cosa ne pensi di questo, Davey?». Cat gettò un catalogo sulla scrivania di Dave.
«Oh! Non so mica se il mio vecchio cuore se la sente di guardare quella roba! Dove diavolo l’hai preso, e cosa c’entra con l’indagine?». Dave si sforzò di non fissare la donna dai seni insolitamente grandi nella lucida tuta rossa elasticizzata.
«È stato un tentativo alla cieca, ma sono passata da quel sexy-shop su Carvey Lane». Lei gli lanciò uno sguardo accusatore. «Niente di pervertito, controllavo solo per le maschere».
«E quindi?»
«Be’, se mai mi manderanno sotto copertura in un club sadomaso, saprò esattamente dove comprare la mia tenuta, poco ma sicuro! Ma sto divagando. Il tipo che lo gestisce, Jimmy, importa tutte le sue maschere tramite un grossista dalla Cina. Niente di sorprendente, lo so, ma senti qua. A quanto pare, c’è un grosso mercato per quelle super spaventose e fatte a mano. Prodotte qui nel Regno Unito».
«Le stavo guardando proprio adesso online. Sono orripilanti! Guarda questa».
Lui fece doppio clic con il mouse e un’orribile maschera di gomma apparve a schermo intero.
«Quella è roba da ragazzini, amico, credimi. Dai un’occhiata a questo, se ne hai lo stomaco». Cat sfogliò l’opuscolo fino a trovare la pagina giusta. «Cosa ne dici?».
Dave fece visibilmente un balzo indietro.
Lei nascose un sorriso malizioso alla sua reazione. «Efficace, vero? A quanto pare sono fatte di lattice di alta qualità, disegnate a una a una e dipinte a mano. Coprono il capo per intero e sono modellate sulla forma di una testa umana per risultare realistiche».
«Chi diavolo comprerebbe mai qualcosa del genere?»
«Qualunque pazzo con sessanta sterline da buttare e il sogno di somigliare a un incubo necrotizzante venuto dall’inferno, presumo».
«Sessanta sterline!».
«Prendine una fatta su misura partendo da un tuo disegno, e siamo più vicini alle cento».
Dave chiuse il catalogo. «Be’, chiunque stia spargendo le nostre in giro per la città non avrà speso quel genere di soldi, no?»
«Certo che no. Queste cose di cattivo gusto». Indicò la maschera da uomo-topo morto sulla scrivania. «Sono di gomma, e non si avvicinano affatto alla qualità di quelle». Puntò il dito verso l’opuscolo. «Quello che sto dicendo è che è possibile farsele fare su ordinazione. E Jimmy mi ha detto che su internet puoi anche comprare un DVD che ti spiega come modellarle e stampartele da solo. Non è un procedimento facile, ma è fattibile. Magari lo scarico e scopro che cosa occorre. Potrei passare a controllare i fornitori». Raccolse la rivista e la sfogliò. «Wow! Che tenuta favolosa! Mi chiedo come si faccia a infilarla, o meglio, a toglierla».
«Ti prego». Dave chiuse gli occhi. «Ricordati del mio cuore!».
Cat sorrise e chiuse l’opuscolo. «D’accordo, nell’interesse della tua salute cardiaca, cambierò leggermente argomento. Qualcuno ha fatto qualche passo avanti riguardo al nome Griffyx?».
Dave scosse la testa. «No, niente. Io stesso l’ho cercato su Google, ma non riesco a trovare nulla con nessuna variante ortografica».
«A me non dice niente, ma posso chiedere in giro».
«Io eviterei, almeno finché non ne parli con il capo. Sia mai che lasciamo trapelare qualcosa. Al momento è l’unica informazione che abbiamo su quelle cose maledette».
«Sì, probabilmente hai ragione. Magari provo a fare anch’io qualche ricerca. Credo che potrebbe avere a che fare con dei videogame». Accese il computer e, mentre aspettava che il motore di ricerca caricasse i risultati, disse: «Allora, che ne pensi del ragazzo nuovo?»
«Il sergente Easter? Be’, non è quello che mi immaginavo, questo è certo. Sembra a posto. E, per il momento, abbastanza impermeabile alla lingua acida del capo».
«Be’, io lo trovo figo! Se la religione c’entra qualcosa con lui, alleluia! Sono convertita».
«Sei una causa persa, Cat Cullen. E, al tuo posto, io terrei per me quell’osservazione. Se qualcuno ti sente parlare così, ti denuncerà per discriminazione di un tipo o dell’altro».
«Okay, okay, vecchia scorreggia noiosa! Ma penso comunque che sia figo. Ora, lascia provare me. Forza, signor Griffyx, fatti vedere». Lanciò un’altra ricerca e si appoggiò allo schienale per guardare lo schermo. «Sai, è strano se ci pensi».
Dave sollevò lo sguardo.
«Voglio dire, finora abbiamo beccato soltanto ragazzini con queste maschere, e non è difficile convincere un ragazzino a confessare se gli fai un po’ di pressioni».
«Capisco cosa intendi. Ti riferisci al fatto che, per il momento, nessuno ha spifferato nulla sulla loro provenienza. Quindi…?»
«Quindi non la conoscono davvero, giusto? E dunque sorge spontanea la domanda: perché diavolo qualche adulto sta sparpagliando in giro delle maschere orrende in modo che le prendano dei ragazzini?»
«Secondo Niall Farrow è una mossa pubblicitaria. Forse il preludio di qualche nuova trovata di marketing. Sai, l’aggeggio “indispensabile” del mese».
«E allora perché darle via?»
«Rinunci a un uovo oggi per avere una gallina domani. Li fai diventare dipendenti, poi cominci a farli pagare un occhio della testa».
«Scusa, ma penso che sia una grossa stronzata». Cat sbuffò. «Quale genitore sano di mente sborserebbe dei soldi perché i figli si mettano in testa qualcosa che li fa sembrare degli animali spiaccicati sulla strada?».
Dave fece una smorfia. «Per alcuni degli stronzetti che passano di qui, sarebbe un miglioramento».
«Forse, ma…». Cat non ebbe modo di finire perché il telefono sulla scrivania squillò.
Un paio di secondi dopo, riagganciò il ricevitore e si morse il labbro. «Era il capo. Sta tornando. Ci vuole nel suo ufficio tra dieci minuti».
Dave storse la bocca. «Non suona promettente. Sarà per la ragazza scomparsa?»
«Penso di sì, mio caro amico cicciottello. Quindi, se vuoi un caffè o una brioche, io andrei a prenderli adesso. L’istinto mi dice che tra poco saremo molto impegnati».
Nikki saltò giù, lasciando a Joseph il compito di chiudere a chiave l’auto e poi inseguirla fino alla porta di servizio della centrale. Lei sapeva che prima avessero agito e più possibilità avrebbero avuto di trovare la ragazza, e non aveva intenzione di sprecare neanche un secondo. Per una volta, gli spacciatori uscirono dalla sua mente, e Kerry Anderson occupò il loro posto.
Inserì il codice di sicurezza e spinse con impazienza la porta. «Come si chiama quel ragazzo con cui si vede spesso?»
«La sua vicina di scomparto dice che si chiama Kris, scritto con la K». Joseph ansimò mentre afferrava la porta prima che gli si chiudesse davanti. «Vive a Barnby Eaudyke».
«Cognome?»
«Brown».
«La sua amica pensa siano amanti?»
«Decisamente no. Dice che sono solo amici».
«Sì, certo, be’, chissà se il signor Kris con la K la vede nello stesso modo».
Salirono di corsa le scale diretti al Dipartimento di Investigazione Criminale, intanto che la mente di Nikki stava già lavorando frenetica. Kris Brown era il loro punto di partenza. E bisognava informare i genitori. E poi…
«Ispettore Galena!». Un’agente li raggiunse da dietro di corsa. «Il commissario Bainbridge vuole vederla subito, signora. È nel suo ufficio».
Senza rispondere, Nikki si voltò e si affrettò lungo il corridoio.
Rick Bainbridge si alzò appena entrarono. «Chiudete la porta». Il volto spigoloso sembrava ancora più devastato del solito.
«Cosa è successo, signore?», chiese Nikki col mento sollevato.
«Alcuni escursionisti che giravano per la marina hanno trovato un cellulare. In più, hanno trovato anche questo». Il commissario posò una busta per le prove sulla scrivania.
«Cos’è?», domandò Nikki, scrutando attraverso la plastica trasparente.
«Un fotometro portatile», disse Joseph tetro. «Di quelli usati da fotografi professionisti».
«Fotografi come Kerry?».
Il commissario si passò una mano grossa tra i capelli. «Non penso ci siano molti dubbi in proposito. La maggior parte dei fotografi amatoriali si danno allegramente al digitale, di questi tempi». Fece una pausa. «Ma abbiamo avuto un briciolo di fortuna: anche se il telefono è stato danneggiato, dalla scientifica sostengono che saranno in grado di recuperare qualche informazione».
«D’accordo, quindi adesso sappiamo che è stata rapita». Nikki fece un respiro profondo. «È ora di mettere in moto gli ingranaggi ufficiali».
Il commissario alzò la mano. «Sì, ma prima di scatenare una valanga, ispettore, voglio essere sicuro al cento percento che il cellulare apparteneva a lei».
«Deve essere suo!», esplose Nikki. «I suoi amici dicono che va spesso alla marina, per fare foto o per guardare il cielo con il suo “amichetto” Kris. E l’ultima volta che è stata vista indossava scarponi da trekking, cosa vuole di più?»
«Una conferma», disse il commissario in tono paziente.
«Signore! Conosce le tempistiche per ritrovare le vittime di rapimento. Le prime ventiquattro ore sono cruciali! E abbiamo già perso del tempo prezioso…».
Il commissario si sporse a prendere il telefono che squillava. «È la scientifica», borbottò, coprendo il microfono con una mano. Dopo aver scambiato alcune brevi parole, riagganciò e spostò lo sguardo da lei a Joseph. «È proprio di Kerry Anderson. L’ultimo messaggio ricevuto, e l’ultima telefonata fatta, rimandano entrambi a una stessa persona».
«Non me lo dica». Nikki stava già andando verso la porta. «Kris Brown».