Capitolo sei

Il professor Villiers era nell’atrio che li aspettava. Avanzò rapidamente, la mano protesa. «Vi ringrazio per il vostro tempo, agenti. So che non è la procedura standard, ma lo apprezzo molto. Prego, venite nel mio ufficio, e vi spiegherò perché sono così preoccupato».

Villiers era magro come un chiodo, ma emanava energia. Dava l’impressione di poter affrontare la maratona di Londra senza preavviso o allenamento. Nikki e Joseph si sedettero, ma lui parlò misurando la stanza a grandi passi.

«Studentessa brillante. Incredibilmente sensibile a luci e ombre. La composizione delle foto di Kerry è qualcosa di quasi spontaneo: il tipo di giovane che, senza dubbio, ha scelto la giusta strada professionale da seguire».

Nikki sentì montare la sua solita impazienza, voleva arrivare al sodo, ma si rendeva conto che l’uomo si sentiva in dovere di spiegarsi.

«Ed è questa una delle ragioni per cui non si sarebbe mai persa l’uscita di ieri nel Derbyshire. L’intero viaggio era stato organizzato intorno a una particolare località che lei stessa aveva indicato come luogo ideale per la fotografia paesaggistica. Le foto che sperava di scattare sarebbero state utilizzate nella sua presentazione finale, nel suo portfolio. È fuori discussione che se lo sarebbe perso».

«Ha qualche problema particolare, signore?»

«Non che io sappia, ispettore. Sembra molto equilibrata».

«Amici? Un amico speciale?»

«È popolare ma, stranamente, non ha nessuno che potrei definire un migliore amico». Corrugò la fronte. «Ma penso che il motivo potrebbe solo essere che è troppo dedita ai suoi studi. È una specie rara, ha una vera vocazione. Il suo relatore nutre grandi speranze su di lei, crede che andrà molto lontano».

«Un ragazzo?»

«Nessuno dell’università, ma passa parecchio tempo con un giovane che vive in uno di quei paesini delle paludi, a quanto ho capito. Non saprei se stessero davvero insieme, ma francamente ne dubito».

«Sa come si chiama, professor Villiers?», chiese Nikki, decidendo che sarebbe stato lui la sua prima tappa.

«No, ma sono certo che qualcuno degli studenti sarà in grado di aiutarvi». Le porse un foglio dattiloscritto. «Ho pensato che questo avrebbe potuto esservi utile. È un elenco degli studenti che le sono forse più vicini».

«E la famiglia? I suoi genitori sanno che ha saltato delle lezioni?».

Il preside parve preoccupato. «Non proprio. Prima la segretaria li ha chiamati con un pretesto, per accertarci che non fosse lì, ma loro hanno detto che non si aspettavano di vederla fino a venerdì prossimo per il compleanno di qualche familiare».

«Non si sono allarmati, dato che non sembravate in grado di localizzarla?», chiese Joseph.

«Gli studenti del terzo anno hanno una discreta quantità di tempo libero per i loro studi, sergente. Diamo molto valore all’apprendimento indipendente. Non li teniamo sotto chiave».

«Qual è la sua situazione familiare, signore? È una famiglia benestante?»

«Assolutamente no. Vivono nel quartiere del Carborough. Kerry è venuta qui grazie a una borsa di studio e a un sussidio. I suoi voti e i risultati del suo esame erano esemplari».

Nikki sgranò gli occhi. «Una ragazzina del Carborough che arriva all’università, che novità piacevole!».

«Non tutti i bambini cresciuti in ambienti poveri finiscono su una foto segnaletica, ispettore. Alcuni hanno una predisposizione e una determinazione sufficienti a fare strada».

«Non molti. Purtroppo, noi passiamo buona parte del tempo a guardare l’altra estremità dello spettro». Nikki si alzò. «Possiamo vedere la sua stanza, professor Villiers?»

«Certo, ma non hanno più stanze, le versioni moderne si chiamano scomparti o cubicoli. E se a voi sta bene, io non verrò con voi. Mantengo al minimo le visite agli alloggi degli studenti, e la mia presenza indurrebbe senza dubbio a sospettare che ci sia qualcosa che non va».

«E la nostra no?», chiese Nikki.

«Non siete in divisa. Un sacco di gente passa per la zona comune». Il preside aprì la porta. «Scusatemi, vado a prendervi un tesserino».

«Ecco un uomo seriamente preoccupato», borbottò Joseph, mentre la porta si chiudeva.

«Lei non lo sarebbe, se questa ragazzina è davvero la secchiona che ci ha descritto?». Nikki andò alla finestra e guardò la distesa di terreno che circondava la scuola, e bisbigliò quasi tra sé: «Ho una brutta sensazione riguardo a Kerry Anderson».

Joseph osservò il campus in lontananza e sgranò gli occhi. «È così diverso da essere irriconoscibile! Uno dei miei zii viveva in una delle vecchie case su Blenheim Road». Indicò un’area oltre il muro di cinta. «Dalla finestra di camera sua potevi vedere la scuola d’arte, com’era allora. Sembrava una vecchia e bizzarra casa signorile spersa in qualche parco incantevole. Niente di simile a questo!».

«Mai sentito parlare del progresso?». Nikki non era in vena di tenere conferenze sulla rigenerazione di Greenborough durante l’ultimo decennio e, grazie al cielo, Joseph capì l’antifona.

Gli alloggi degli studenti non erano per nulla paragonabili a nessuna delle abitazioni studentesche che Nikki avesse mai visto, e nel corso della sua vita aveva visto un bel po’ di stanze sudice. Ultra moderno, l’ingresso principale si apriva su un grande spazio comune con un fulcro centrale che ospitava sedie e tavoli, e una serie di forni, frigoriferi e armadietti delle dispense. Vari studenti erano impegnati a prepararsi uno spuntino, sorseggiare bevande calde e passare in generale del tempo insieme lì fuori. Dal centro s’irradiavano una serie di corridoi e, da questi, si accedeva agli scomparti degli studenti.

Usando il tesserino magnetico, entrarono nel regno privato di Kerry.

Per essere una studentessa, il suo ordine era quasi inquietante. Il letto era rifatto, e in giro c’era pochissima confusione. Sembrava che l’unica concessione di Kelly alla tradizionale vita studentesca fosse stata rivestire le pareti di foto. Ma le sue erano foto estremamente professionali.

«Porca miseria! Villiers aveva ragione». Nikki esaminò il suggestivo studio in bianco e nero di un mulino a vento abbandonato. «È molto brava. Immagino sia opera sua».

«Direi di sì». Joseph spostò lo sguardo da una foto all’altra. «Con la probabile eccezione di queste». Indicò una serie di foto grandi quanto cartoline.

Nikki socchiuse gli occhi. «Cosa sono? Stelle o roba simile?»

«Sono astrofoto, scattate tramite un telescopio, e per ottenerne di questa qualità direi che qualcuno stava utilizzando un equipaggiamento parecchio costoso».

«Non lei?»

«Non credo. A meno che tenga il telescopio e gli accessori da qualche altra parte. Qui non c’è spazio per quel genere di cose». Si guardò intorno, poi aggiunse: «E, francamente, gli appassionati di scienza, astronomia e cosmologia che potrebbero essere in grado di fare scatti come questo tendono a essere maschi».

«Sessista!».

«Lungi da me. Di fatto, sto ammettendo che i tipi imbranati, sfigati e con l’ossessione degli hobby solitari sono in genere uomini. Kerry è chiaramente interessata all’argomento, o non avrebbe queste foto, ma ho come la sensazione, osservando le altre immagini, che sia un tipo più artistico, interessata agli stati d’animo e alle atmosfere».

Bella risposta, sergente Easter! «Giusto, be’, vediamo cosa riusciamo a trovare. Lei prenda l’area del soggiorno e io perlustro la zona della camera da letto».

Nikki non aveva mai visitato uno scomparto per studenti, ed era colpita. In quel piccolo spazio c’era una zona soggiorno con scrivania e postazione da lavoro, una camera da letto con ampi scompartimenti in cui riporre e appendere i vestiti, e degli armadietti costruiti intorno al letto, più un bagno completo. Entrambe le stanze avevano finestre che occupavano l’intera parete, dando al piccolo appartamento un aspetto vivace e arioso. Non c’erano attrezzature per cucinare, a parte uno stretto ripiano per la colazione con un forno a microonde e un bollitore elettrico, ma immaginava che il centro comune fornisse tutto il necessario per mangiare e socializzare.

Ripensò ai suoi anni di gioventù, e decise che era meglio non fare paragoni, perché non riusciva a trovarli.

Iniziò a passare al setaccio le cose di Kerry, e vedere gli abiti colorati e alla moda di una giovane donna le provocò una fitta di nostalgia. Ogni cassetto era ordinatamente stipato di T-shirt ripiegate con cura, camicette, canottiere intime, pantaloncini corti e mutandine.

Perché Hannah non era stata altrettanto ordinata, quando era a casa? Ci sarebbero state molte meno liti furibonde, quello era sicuro. Prese una trousse di trucchi, ne estrasse un rossetto e tolse il tappo. Fece ruotare la base. Stesso colore di quello preferito da Hannah. Gettò un’occhiata alla marca e già sapeva che avrebbe letto le parole ROSA SEXY. Lo rimise a posto e cercò di accantonare il pensiero della figlia. Lanciò invece uno sguardo furtivo a Joseph. Purtroppo non scoprì nulla di cui lamentarsi sulle sue tecniche di perquisizione. Era fastidiosamente preciso, metodico e attento.

«Ho trovato un biglietto di compleanno per suo padre», urlò l’uomo.

«Il preside ha accennato a un compleanno in famiglia. Ci ha scritto dentro qualcosa?»

«Sì. Dice: “Passa una bella giornata, vecchio mio! Ci vediamo venerdì per festeggiare con una bella bevuta. Baci e abbracci. K.” Oh». Il suo tono cambiò. «Signora, ho appena trovato le sue carte di credito, il tesserino studentesco e dei soldi contanti».

Nikki sentì serpeggiare un brivido freddo tra le scapole. «L’avevo detto che avevo una brutta sensazione».

Joseph fece un breve sospiro e le porse un pezzetto di carta con una scritta scarabocchiata a mano. «Guardi. Si è anche appuntata di chiamare qualcuno per un gruppo di lavoro la settimana prossima. Non proprio il genere di cosa che fai se hai intenzione di tagliare la corda».

«Giusto, penso sia ora di parlare con qualche suo compagno di studi, e in maniera molto informale, sergente, non voglio che nessuno di questi ragazzini vada nel panico».

«Non si preoccupi, signora. So essere delicato».

«Perché la cosa non mi stupisce? Andiamo, partiamo dai vicini».

Un’ora dopo, fecero ritorno all’auto.

«Guidi lei». Nikki lanciò le chiavi a Joseph. «Mentre io aggiorno il commissario. Presumo che, se suo zio viveva da queste parti, saprà tornare in centrale senza bisogno del navigatore».

«Farò del mio meglio, signora». Lui si aggiustò il sedile, agganciò la cintura di sicurezza e ascoltò il suo capo parlare con il commissario.

«Sì, signore. A quanto pare il suo amico accademico potrebbe avere ragione. La stanza della ragazza non mostra nulla d’insolito. Kerry non ha portato con sé niente che faccia pensare avesse intenzione di andare via, ed è stata vista uscire dal campus intorno alla mezzanotte di lunedì. Indossava abiti sportivi e scarponi da trekking, e portava solo una borsa a tracolla».

Dopo una breve pausa nella sua parte di conversazione, disse: «No, non è insolito. Mezzanotte non è certo tardi per uno studente, signore, e i suoi amici dicono che usciva spesso con la macchina fotografica per fare foto notturne, anche se gli scarponi indicano che, dovunque stesse andando, non si trattava certo di qualche discoteca».

Ci fu di nuovo silenzio, poi l’ispettore disse: «Concordo, signore. Perciò, se non ha avuto qualche incidente durante la sua escursione clandestina, di qualunque cosa si trattasse, sono costretta a pensare al peggio». Richiuse il telefono. «Il commissario ha già sentito gli ospedali della zona: nulla». Rimase seduta per un po’, mordicchiandosi il labbro. «Appena tornati, chiamerò Villiers per assicurarmi che nessuno entri in quello scomparto. Di solito, manderei un agente a sigillarlo, ma finché non ne sapremo qualcosa di più, dovremo continuare ad agire in via ufficiosa. Il nostro cazzo di budget non copre l’inseguimento di tutti i ragazzini che si sbronzano per tre giorni». Fece un breve sospiro. «Non che io creda minimamente si tratti di quello, qui. Comunque, sembra che il nostro prossimo compito sarà parlare ai genitori».

Joseph le lanciò un’occhiata e vide il suo volto indurirsi. Quella parte del lavoro non piaceva a nessuno. Lui la detestava ma, guardandola, ebbe la sensazione che l’ispettore Galena la odiasse tanto quanto lui.

Senza pensarci, il suo piede ridusse la pressione sull’acceleratore. Iniziava a sentirsi inquieto come il suo nuovo capo.