Capitolo tredici

Se Joseph avesse avuto dei preconcetti su come poteva essere il padrino del Carborough, sarebbero stati spazzati via nell’istante in cui entrò nella stanza degli interrogatori.

Archie Leonard sedeva alla scrivania, sorseggiando caffè nero. Altri tre bicchieri vuoti erano allineati sul tavolo di fronte a lui. Joseph sorrise internamente per quel modo discreto di segnalare all’ispettore da quanto tempo esatto la stesse aspettando.

Joseph fece una rapida valutazione, e considerò che quell’uomo sarebbe parso del tutto a suo agio in un’aula di tribunale, ma non sul banco degli imputati. Archie Leonard sarebbe stato quello vestito con la toga rossa e con in testa la parrucca coi boccoli. Era un uomo dalla schiena dritta e una bellezza un po’ ingrigita e distinta, e aveva vivaci occhi azzurri, penetranti e intelligenti.

Nikki entrò a grandi passi e andò dritta verso di lui.

«Archie! Come stai?».

Joseph rimase vicino alla porta e osservò in silenzio i loro saluti. Non era a Greenborough da molto, ma l’ispettore Galena stava rivolgendo a quel famoso criminale il sorriso più cordiale che avesse visto apparire sul suo volto di pietra da quando l’aveva incontrata. E, cosa altrettanto sorprendente, il sentimento era chiaramente reciproco. Leonard aveva afferrato tra le proprie la sua mano protesa e gliela stava stringendo con evidente calore. C’era un passato, lì, e Joseph si chiese quale diavolo fosse.

Quando alla fine Leonard la lasciò andare, tornò a sedersi e fece un respiro profondo. Il suo sguardo saettò poi su Joseph.

«E tu saresti?».

La voce era profonda e, anche se Joseph non ne era sicuro, gli parve di sentire l’ombra lievissima di un accento. Attese un istante, poi si rese conto che il suo capo non aveva intenzione di presentarlo. «Sono il sergente Joseph Easter. Mi hanno trasferito temporaneamente a lavorare con l’ispettore Galena, signore».

«Ah, Joseph. Un bel nome. Il mio figlio maggiore si chiama Joseph, vero, Nikki?». Il suo folto sopracciglio grigio s’inarcò in un’espressione quasi complice.

L’ispettore scelse di ignorare qualunque cosa implicasse e si limitò ad annuire. «Ma non sei venuto qui per parlare della famiglia, non è vero, Archie?»

«In realtà, sì».

Ci fu un lungo silenzio, poi lei disse: «Senti, so che preferiresti mangiare vetro rotto piuttosto che entrare di tua spontanea volontà qui dentro, quindi dev’essere una faccenda seria. Che cosa è successo?».

L’uomo sembrò farsi più piccolo mentre rispondeva: «Lisa Jane è scomparsa».

«La figlia di tuo fratello Frank? Quella carina con i capelli lunghi e scuri?»

«Tutte le nostre ragazze sono carine». Guardò l’ispettore con aria di rimprovero. «Ma sì, i lunghi capelli scuri. La mia incantevole Lisa Jane».

«Da quanto tempo manca?». Lei era chiaramente scioccata.

«Due giorni. Doveva andare in un nuovo locale con le amiche, ma non ci è mai arrivata».

«Per l’amor del cielo, Archie! Perché non sei venuto prima da me?».

L’uomo parve sfinito. «Lo sai come facciamo le cose, Nikki. Voleva occuparsene la famiglia».

«So che non coinvolgete mai gli sbirri, ma diavolo, Archie, stiamo parlando di Lisa Jane». Lei ruotò su se stessa e guardò Joseph dritto negli occhi. «Lisa Jane Leonard. Diciannove anni. Bellissima. Capelli scuri, occhi castani».

«Una piccola cicatrice sotto l’orecchio sinistro, e il tatuaggio di una farfalla sulla scapola destra», aggiunse Archie in tono addolorato.

«Giusto. Quindi si sieda, Joseph, e prenda nota di quello che Archie ha da dire». L’ispettore puntò un dito verso la sedia accanto a sé.

Joseph si accigliò. «Non dovrei inserire una cassetta nel registratore, signora?»

«No». Lei lo fissò con durezza. «Niente cassette. Soltanto le orecchie e una matita, d’accordo?».

Non era quello il momento di discutere. Joseph annuì, prese il blocco per gli appunti e ubbidiente iniziò a scrivere.

Ci volle pochissimo tempo per appuntare i dettagli rilevanti sul conto di Lisa Jane. Era uscita da casa, tutta eccitata e vestita per fare festa, e poi era scomparsa.

«E non avete idea di chi potrebbe averla presa, ammesso che sia questo ciò che è successo?», chiese l’ispettore.

«Certo che ho dei nemici, ma non il tipo che farebbe questo».

Onore tra i ladri, pensò Joseph, possibile?

Archie Leonard proseguì: «Ci chiedevamo se potesse avere qualcosa a che fare con uno dei nuovi gruppi che infestano il Carborough. Ma», Archie sollevò le sopracciglia e scrollò le spalle, «a essere sinceri, non sappiamo neanche se esistono davvero».

«Come mai?»

«Circolano voci e vaghi accenni al fatto che qualcuno stia cercando di intromettersi nei nostri affari, ma non è così che funziona». Guardò l’ispettore. «Sai come vanno le cose. Il nuovo capo dichiara le sue intenzioni. Ti ruba gli affari, ti rovina i lavori e fa pressioni sui tuoi. Sono i preliminari standard prima che inizi la vera e propria guerra tra bande».

«E non avete avuto niente di simile?», chiese Joseph.

«No, sergente». Archie lo scrutò con attenzione. «Come potrete immaginare, ho parecchi agganci significativi, ma nessuno è in grado di darmi un nome o una faccia». Scosse la testa. «È il nostro modo di risolvere i problemi, ma qui si tratta di una cosa che non posso risolvere io, e non rischierò la vita di mia nipote per rispettare le vecchie regole del mondo della malavita».

«Sai che farò tutto il possibile per aiutarti, Archie», disse l’ispettore in tono solenne.

«Lo so. È per questo che sono venuto da te. Ma Nikki», la fissò intensamente, «per il momento niente stampa. Qualunque cosa tu faccia, mantieni un basso profilo, d’accordo?».

Joseph vide il suo capo inspirare a fondo. «Come ho detto, farò quello che devo, nel miglior modo possibile. L’importante è riportare a casa Lisa Jane». Lei osservò Archie per un attimo, poi disse: «Puoi dirci qualcosa su una certa Guerra delle Maschere?»

«Ah, quei dannati ragazzini! Ma questo non c’entra niente con la scomparsa della mia bambina, no?»

«Probabilmente no, ma ci sta costando tempo e uomini, e questo ci distoglie da questioni molto più importanti, se capisci cosa intendo». I suoi occhi non lasciarono mai quelli dell’uomo più anziano.

Lui annuì, scaltro. «Farò il possibile, ma quegli idioti mascherati non ascoltano nessuno, neanche me. Sono solo dei ragazzini inutili e senza cervello». Le sopracciglia si unirono a formare rughe profonde. «In sostanza, il punto è che una gang ha le maschere e l’altra no. Sono il bottino per cui si battono. Semplice e stupido».

«E da dove arrivano le maschere, Archie?».

Lui alzò le mani. «Non ne ho idea, e ho avuto problemi più urgenti di cui occuparmi».

L’ispettore sorrise. «Lo so. Lo stesso vale per noi. Ma devo mettere fine alla faccenda, prima che qualcun altro venga accoltellato, o ci resti secco».

«Immagino di sì». Archie Leonard si sollevò in piedi. «Ora devo andare, nessuno sa che sono passato da te, ma vedrò cosa riesco a scoprire riguardo alle tue maschere». Le rivolse un sorriso fiacco. «Nikki? Troverai la mia bambina? Per favore».

L’ispettore gli porse un biglietto da visita. «Ecco il mio numero di cellulare privato. A qualunque ora, giorno o notte. Fidati di me, e fai attenzione, Archie».

Dopo che Archie Leonard fu accompagnato fuori, Joseph e il suo capo tornarono nella stanza degli interrogatori. L’ispettore chiuse la porta, vi si appoggiò contro e lasciò andare un lungo sospiro. Poi rimase a fissare il pavimento finché Joseph non cominciò a chiedersi se stesse bene. Per spezzare il silenzio, disse: «Non deve essere stato facile, venire qui dentro e chiedere aiuto».

«Non ne ha idea!». Lei raggiunse una delle sedie e ci crollò sopra. «Ha infranto ogni possibile regola della malavita, rivolgendosi a noi».

«Quindi lei sa qualcosa di questi misteriosi nuovi gruppi?». Joseph si lasciò cadere sulla sedia di fronte e desiderò non sentirsi tanto spaesato. Nella sua zona conosceva il nome di tutti, sapeva cosa stava succedendo, ma in un altro distretto era difficile e frustrante.

L’ispettore rifletté un momento, poi scosse la testa. «Non molto. Un informatore mi ha detto che girava voce di una nuova gang. Crudele, violenta e decisa a prendersi un pezzo di territorio. Forse lo sta cercando al Carborough».

«Allora non dovremmo sapere esattamente dove cercare i rapitori della ragazza?», chiese Joseph sorpreso.

«C’è solo un minuscolo problema. Proprio come Archie, non sappiamo chi sono». Si accigliò. «E, dato che non ci sono state precedenti minacce a lui o a qualcuno della sua famiglia, questi misteriosi nuovi venuti potrebbero in realtà non essere altro che un mito». L’ispettore si morse il labbro. «Al momento il nostro problema più grosso è come gestire la situazione, quando Archie non vuole che la scomparsa di Lisa Jane sia resa pubblica».

A disagio, Joseph cambiò posizione, consapevole che stavano sprecando tempo. «Be’, quello che lui vuole o non vuole è irrilevante visto che adesso abbiamo due ragazze scomparse. Non abbiamo scelta se non lavorare in fretta, no? Quindi che si fa?».

L’ispettore si appoggiò allo schienale della sedia e lo fissò. «Ci muoviamo con discrezione, ecco cosa faremo. Non ci precipiteremo lì fuori come galline senza testa. Questa è roba delicata, Joseph. Lisa Jane è una ragazza incantevole, ma fa comunque parte di una famiglia molto compatta della malavita».

Joseph calmò i pensieri e ci rifletté su, poi si rese conto di come i media avrebbero sfruttato la notizia, e l’enfasi che avrebbero riversato sulle pagine dei giornali. Cosa che avrebbe potuto intralciare pesantemente le indagini su entrambe le persone scomparse. Tornò a guardare l’ispettore e vide una preoccupazione evidente incisa sul suo volto. «Archie Leonard le piace, vero?».

Per un attimo pensò che gli avrebbe detto di farsi i fatti suoi, ma poi annuì.

«Forse non userei proprio la parola “piacere”, ma come ha detto anche lei, in passato le nostre strade si sono incrociate. Qualche tempo fa mi ha aiutato con una cosa». Scrollò le spalle. «E anche se ho potuto ricambiare in un’altra occasione, mi sento ancora in debito con lui». Fece un respiro profondo. «In ogni caso, vuole bene a Lisa Jane ed è sconvolto per quanto le è successo, e dobbiamo fare tutto il possibile per trovarla».

«Naturalmente. Una ragazza scomparsa è una ragazza scomparsa, non conta la sua provenienza», disse Joseph.

«Certo, ma le politiche di questa storia potrebbero essere un campo minato, e non voglio che nessuno venga a dirmi come gestire l’indagine». Si alzò in piedi di colpo, con il viso atteggiato a cupa determinazione. «Andrò a parlare con il commissario, e lo implorerò di nascondere la notizia alla stampa. E più a lungo riuscirà tenerlo per sé, meglio sarà». Raggiunse la porta, poi si voltò verso di lui. «Questo potrebbe non avere nulla a che fare con la scomparsa di Kerry Anderson. A parte la possibile nuova gang, nel corso della vita Archie si è fatto molti nemici, uno dei quali potrebbe essere meno onorevole di quanto lui creda e avere deciso che fosse ora di fargliela pagare». Fece una pausa. «Ma per quanto appaia semplice, il mio istinto dice che non è così. Lei cosa ne pensa?».

Joseph non ebbe neanche bisogno di riflettere sulla risposta. «Due ragazze scomparse. Stesso arco temporale, stessa zona, troppe coincidenze. Credo siano connesse, signora. Il mio istinto la pensa come il suo».